La scuola pubblica e la meritocrazia: riflessione sul perché, in Italia, ad applicare il liberismo in senso stretto si rischia di creare di nuovo le caste chiuse

Il mio post di qualche giorno fa sulla scuola ha suscitato un sacco di commenti, ed anche delle vivaci polemiche. Fra quanti hanno scritto, credo però che una risposta un po’ più articolata di quella che gli ho potuto dare per limiti di spazio meriti Vaal, il quale, nonostante qualche gratuita offesa nei miei confronti sul suo blog,  pone una serie di interrogativi precisi, e fa anche una serie di affermazioni, per sostenere i suoi punti di vista, su cui non concordo un accidente, per cui gli ribatto con post apposito, punto per punto.

Vaal comincia con farmi notare una mia supposta mancanza: Perché la scuola ha smesso di insegnare? A quanto pare la colpa è della “società”. Domanda, dunque: perché la colpa è della società? Perché la scuola è influenzata dalla società, e perché lo è negativamente?-(quel che voglio dire è che mi sembra che tu non colga il punto, ovvero la motivazione sottesa).

In realtà a me il punto pare di averlo colto pienamente: la scuola è influenzata dalla società per forza di cose. Anzi, in realtà, Vaal, è ben più che influenzata dalla società: è completamente creata da essa: il fine dell’istruzione, infatti, è formare per la società le generazioni future. La scuola, quindi, passa quei saperi che la società ritiene necessari per la sua perpetuazione e per il suo sviluppo. Se la società ha bisogno esclusivo di carpentieri, la scuola insegnerà carpenteria, e la società farà capire ai ragazzi, lodando ad ogni piè sospinto i carpentieri, che diventare dei bravi carpentieri è ciò che ci si aspetta da loro se vogliono essere persone di successo. Ora, non si può costruire una società in cui viene premiata costantemente la velina decerebrata, la escort, l’arruffapopoli, il raccomandato, il maneggione, il ladro, il furbetto del quartierino ignorante come una zucca e poi pretendere che la scuola non risenta di questi modelli. Paradossalmente soffrono di più della crisi quelle scuole che non li fanno propri: se io imposto la mia scuola come un’isola felice in cui vige la più spietata meritocrazia, ma poi ho attorno una società in cui questa meritocrazia non vale una cippa (come la nostra attuale in Italia), saranno i miei alunni a soffrire di più: perché avranno investito moltissimo, in termini di tempo e di energie, e, una volta usciti, si troveranno messi in un canto da emerite nullità. Uno delle cause delle “fughe di cervelli” dall’Italia è proprio questa: scappano quei giovani che hanno avuto una buona formazione dalla scuola, ma che la società rifiuta perché così  preparati non rispondono agli standard sociali vincenti.

Inoltre c’è anche un po’ di confusione: ininspiegabilmente in un tuo commento sembri rimangiarti un bel po’ di roba e dire “beh no in america è peggio qui in fondo escono bravi diplomati” [qui ci sarebbe da notare che, giacché la quasi totalità degli studenti frequenti scuole pubbliche, è NORMALE che escano anche persone brave, ogni tanto, e che raramente ci siano persone bravissime. Il punto è: quante persone brave sarebbero uscite dalla scuola privata? Alcuni casi “ai margini” {e cioè non bravi ma non così cattivi} nelle scuole pubbliche si sarebbero comportati meglio nelle scuole private? Queste domande vengono completamente ignorate])

No, Vaal, non è confusione: rispetto ai livelli di qualche anno fa la scuola italiana è peggiorata: le giovani generazioni hanno meno capacità mnemonica e di concentrazione e, obiettivamente, sanno meno cose di quante ne sapevano i loro coetanei di qualche anno fa. Questo è un dato di fatto. Altro dato di fatto incontrovertibile è che, però, la situazione generale della scuola italiana non è peggiore di altre in Europa ed in America: se si comparano, ad esempio, i risultati di apprendimento fra gli alunni della stessa età frequentanti le scuole pubbliche americane e quelle pubbliche italiane ci si rende conto che gli alunni italiani sono molto più preparati; il liceo pubblico in Italia fornisce una preparazione media molto buona, tanto è vero che spesso i ragazzi che vanno poi a studiare negli Stati Uniti si rendono conto che alcune lezioni del loro liceo là sono ritenute di livello universitario. In America per avere una preparazione equivalente bisogna per forza entrare in una buona scuola privata, qui l’abbiamo gratis e a disposizione di tutti.

qui ci sarebbe da notare che, giacché la quasi totalità degli studenti frequenti scuole pubbliche, è NORMALE che escano anche persone brave, ogni tanto, e che raramente ci siano persone bravissime. Il punto è: quante persone brave sarebbero uscite dalla scuola privata? Alcuni casi “ai margini” {e cioè non bravi ma non così cattivi} nelle scuole pubbliche si sarebbero comportati meglio nelle scuole private? Queste domande vengono completamente ignorate])

In realtà il tuo ragionamento zoppica: se è normale che escano persone brave dalla scuola pubblica per puro accidente statistico, allora è normale che escano persone brave, per puro accidente statistico, anche dalle private: cioè, in pratica, i “bravi” sono bravi qualsiasi scuola frequentino (Mia madre, vecchia insegnante, dice sempre, scherzando: nonostante la scuola, i professori, i presidi, i genitori, alcuni ragazzini imparano comunque!)

Perché tu avessi ragione bisognerebbe dimostrare che tutti coloro (bravi e non bravi) che escono dalla scuola privata hanno sempre una preparazione migliore di quelli che escono dalla scuola pubblica, cosa che non accade, e per dimostrarlo basta guardare i risultati, ad esempio, delle prove di ammissione alle facoltà universitarie: quando si testa la cultura e la preparazione generale, si vede che non c’è nessun sensibile scarto fra chi ha frequentato la scuola pubblica e la privata.

Tu mi dirai: gli alunni delle scuola private sono meno e prendono voti più alti. Può essere (ma anche qui, mancando un criterio di valutazione generale, i voti sono poco indicativi); però dimentichi un dato fondamentale: chi accede alla scuola privata di solito ha alle spalle una famiglia con reddito e cultura più alta, il che automaticamente favorisce il ragazzo negli studi; inoltre è inserito in classi dove non ci sono casi particolarmente problematici (non solo stranieri, ma anche ragazzini con handicap o disturbi comportamentali).Ciò rende automaticamente più facile svolgere i programmi nei tempi stabiliti, fare approfondimenti etc. C’è da aggiungere che la scuola privata ha mezzi che la pubblica spesso non ha: un conto è poter avere a disposizione una struttura con personale docente praticamente fisso di anno in anno, aule informatiche efficienti, palestre, piscina, possibilità di offrire il doposcuola e i corsi di recupero (a pagamento) con assistenza spesso personalizzata agli alunni, e un altro aver a che fare con edifici fatiscenti, computer che si rompono una volta su due, impossibilità di organizzare corsi di recupero per mancanza di fondi, personale che cambia non solo di anno in anno ma di mese in mese. Per la mia esperienza personale posso assicurarti che quando nelle scuola pubbliche la struttura è in buone condizioni, il rendimento è ottimo.

Qual è la soluzione? Il privato, il privato, il privato: l’unico modo per creare delle scuole altamente competitive che abbiano la massima intenzione a portare i suoi alunni verso il lavoro in modo da aumentare la sua reputazione (clientela), facendo studiare materie UTILI e non arbitrariamente segnalate come tali da ministri dell’istruzione varii.

Il privato, il privato, il privato è una soluzione parziale ed adatta solo ad una fascia di popolazione borghese, quella di cui, assai probabilmente, sia tu che io, Vaal, facciamo parte. Quella che abita in centro città o nella prima periferia, automunita, che ha un reddito discreto e figli di intelligenza media e salute fisica e mentale nella norma. Trovamelo tu un imprenditore privato che vada a fondare una scuola in un quartiere operaio o disagiato della periferia, dove le famiglie non possono pagare una retta. Certo, tu mi dirai, quelli bravi potranno andare nelle scuole del centro. Dopo essersi alzati alle quattro della mattina per prendere un bus scalcagnato, e arrivare a scuola già pieni di sonno, come accadeva ai ragazzi di Barbiana, che venivano presi per stupidi perché crollavano sul banco? E li prenderanno, nelle scuole del centro, quando li vedranno provenire dalle elementari o dagli asili della suburra? E l’imprenditore privato che gestisce la scuola accetterà il ragazzino disabile, autistico, dislessico, che richiede un surplus di spesa per venire seguito? E gli stranieri? Questi chi li segue?

Quanto alle materie “utili”..e chi decide quali siano “utili”? Il mercato? Peccato che la scuola la scelgo oggi, e magari fra cinque anni, quando esco, il mercato richieda magari già altre competenze, e le materie che ho studiato potrebbero essere obsolete. Peccato che magari le materie “inutili” possono rivelarsi inaspettatamente utilissime: il greco e il latino affinano la logica, la storia aiuta a capire i rapporti di causa ed effetto…Carlo Azeglio Ciampi, governatore per anni della Banca d’Italia, è laureato in lettere classiche, non in economia; io stessa, laureata in Storia Greca, ho studiato una materia inutilissima, secondo i più. Il fatto è che il compito dell’istruzione non dovrebbe essere quello di insegnare una materia, ma un metodo di studio: formare un individuo ragionante, insomma, non un prodotto da porre sul mercato: gli esseri umani, per fortuna, non sono bulloni. E questo non è un discorso da filantropo o politico dell’ultima ora: tu stesso, caro Vaal, sei probabilmente il frutto di un sacco di cose “inutili” che hai imparato, a scuola o per conto tuo. Neghi agli altri quello che ha formato te?

Sull’abolizione del valore legale del pezzo di carta, potremmo anche essere d’accordo (almeno per le Università), purché, però, contestualmente venga costruito allora un serio metodo di valutazione degli istituti su scala nazionale e si garantisca la possibilità reale da parte di chiunque di accedere alle scuole migliori: il che non vuol dire solo borse di studio per pagare le eventuali rette, ma anche per gli affitti e le sistemazioni fuori sede (se la scuola migliore è a Roma e io sto a Trento, anche se posso iscrivermi gratuitamente alla scuola devo pur sempre trovare i soldi per prender casa lì). Altrimenti ricadiamo sempre nel solito problema che solo chi ha una famiglia agiata si potrà permettere studi qualificati. Il che, detto tra noi, non è solo ingiusto dal punto di vista morale (personalmente il problema morale, in questo caso, è secondario), ma è in primis uno spreco di intelligenza che non ci possiamo permettere: se uno ha la testa per fare lo scienziato biochimico ma viene istruito al massimo per diventare operaio alla pressa non è solo un guaio per lui, è tutto il Paese che ha perso una irripetibile occasione!

Ovviamente è sottointeso che l’obbligo di frequentare la scuola fino al tot di anni è una delle merdate più grandi mai pensate dall’essere umano (anche se quest’idea è così poco diffusa, ma non capisco perché)

Te lo spiego io, perché: perché mia nonna, che pure aveva una gran voglia di imparare e una gran testa, ma era di famiglia modesta, non appena ha fatto la quinta elementare (allora quella era la soglia dell’obbligo) l’hanno mandata a lavorare, e non ha potuto studiare più. Tu ed io veniamo fuori da famiglie che comunque ci avrebbero tenuti a scuola almeno fino al diploma, ma se non vi fosse l’obbligo di restare comunque a scuola fino ai 14/16 anni molti ragazzini, anche bravi, finirebbero in fabbrica a 11, 12, 14. Succede già adesso, che l’obbligo di legge c’è, figuriamoci se fosse abolito. Già qui nel nordest, alle volte, a me tocca smadonnare con genitori che vorrebbero mandare in fabbrica dopo le medie ragazzini che invece meritano una istruzione superiore, solo perché cussì el ciapa lo stipendio. E siamo in una delle parti più ricche del paese!

Vaal, non pensare che il mondo sia per tutti uguale a quella porzione che conosci e frequenti tu. Applica quello che proponi in Italia e, per come siamo combinati, non avrai una scuola migliore, avrai soltanto una società più chiusa, divisa in rigide caste, in cui chi è ricco ha ancora più opportunità e chi non lo è non ha più nemmeno una labile speranza. Non è il buonismo a farmi parlare così, ma il buon senso: di intelligenza ne abbiamo già sprecata tanta, cerchiamo di coltivare almeno quella poca che ci resta.

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181 Comments

  1. Confermo il vizio di mandare a lavorare figli tredicenni anche a Trieste: ne avevo uno in classe. E probabilmente era anche uno dei ragazzi più intelligenti della classe. Non so cosa sarebbe potuto diventare. Ha finito le medie a sedici anni (prima veniva segato sempre perchè non faceva i compiti e perchè ogni tanto si addormentava in classe), è andato a lavorare nel cantiere dove lavorava anche il padre. Qualche anno dopo è morto cadendo da un pontile: non c’erano i sistemi di sicurezza, e mi ricordo che quando ho letto il tuo post sulle morti bianche nelle piccole aziende ho pensato proprio a lui.

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  2. Io comunque sto dalla parte di Galatea!!!
    a tutti i Vaal gli dedico perl’appunto la bella canzone di Alberto Sordi
    “E Và…e Và…” ….e non tela pijà…che tanto fa lo stesso pure se te la piji….

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  3. Leggo sul blog di Vaal:
    gli studenti sanno che la preparazione nella scuola pubblica è così mal considerata da qualsiasi datore di lavoro che avere 100 o 60 al diploma è indifferente
    Questo non corrisponde al vero: se puoi scegliere, è meglio assumere uno uscito col 100 che uno col 60. Diglielo pure, Gala, ai tuoi studenti, che non credano alle baggianate che si sentono al telegiornale o da giornalisti in cerca di facile sensazionalismo: il voto della maturità conta, eccome!
    Quando un imprenditore mi eccepisce che “la scuola non prepara per il lavoro”, gli rispondo nei medesimi termini usati da Galatea: ” il compito dell’istruzione non dovrebbe essere quello di insegnare una materia, ma un metodo di studio: formare un individuo ragionante, insomma, non un prodotto da porre sul mercato”
    Le scuole estere, soprattutto quelle d’oltreoceano, producono dei superspecializzati, in grado di mettersi a lavorare non appena usciti dalla scuola; basta una variazione nei metodi di produzione o la necessità di modificare il settore produttivo a causa di variazioni significative della domanda, perché questi soggetti siano di colpo scaraventati fuori dal mercato del lavoro per incapacità ad adattarsi alle nuove condizioni.
    Chiedete a uno studente delle superiori britannico se sa chi è Geoffrey Chaucer: molto probabilmente, vi guarderà con gli occhi sbarrati!
    La scuola pubblica italiana è ancora valida e va preservata con le unghie e con i denti: nonostante tutti i suoi mali, è ancora la miglior garante della democrazia che ci rimane.

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  4. Tra l’altro, se fosse vero quanto sostiene Vaal, gli imprenditori privati non dovrebbero assumere ragazzi usciti dalla scuola o dalle università pubbliche… e ciò non mi risulta.

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  5. Mi sembra semplicemente una forma di bieca selezione classista che preserva lo status quo e non ha neppure nulla di darwiniano. Non sopravvivono così i più adatti all’ambiente, solo chi ha il gran culo di nascere più ricco.

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  6. lo trovo inevitabile. dopo la fine del comunismo, la restaurazione. non essendoci più l’obbligo di “cedere qualcosa per non perdere tutto” (è una citazione, ma non ricordo la fonte) si torna al prima; berlusconi l’ha detto chiaramente qualche tempo fa, che i figli dei professionisti e i figli degli operai non sono la stessa cosa.

    l’obiettivo è l’abolizione della scuola pubblica e il ritorno alle caste. e questa è una fase di transizione. si sottraggono risorse alla scuola pubblica perché l’avvocato aulo agerio non vuole pagare per formare uno che un giorno magari insidierà i privilegi di suo figlio. la favola di fleming e churchill è solo – appunto – una favola per filantropi sognatori, e questi sono tempi per gente pratica.

    io ho studiato (poco) gratis in una scuola di preti, in pieno secolo scorso. se avessi avuto un figlio (figlia) mi sarei tolto il pane di bocca per mandarlo a scuola privata; non avrei certo avuto tempo e voglia di sorvegliare e/o integrare la sua preparazione. molto verosimilmente, mi sarei limitato a giocare alla playstation con lui (lei).

    e comunque, donna galatea, quella di vaaal è richiesta di attenzione, probabilmente generata da invidia “buona”. e vista la sua accurata (accorata) replica, la richiesta non cade nel vuoto. l’op vaticina un grande amore incipiente :)))

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  7. [anziché una risposta punto per punto, rispondo un po’ a caso, ma, mi sembra, a tutto]

    “il fine dell’istruzione, infatti, è formare per la società le generazioni future. La scuola, quindi, passa quei saperi che la società ritiene necessari per la sua perpetuazione e per il suo sviluppo. ”

    Hai ragione, ed è questo il compito della scuola attualmente, ma dovrebbe essere così? Questo è un mantra che, durante il periodo scolastico, i professori mi hanno ripetuto così tante volte che oramai mi scoppia la testa; la domanda che io mi pongo, quando mi viene detto ciò, è: chi decide quale debba essere la società futura? Perché il tanto abusato “bravo cittadino perfettamente inserito nella società” deve essere deciso da un organo superiore quale lo stato e non al locale livello dei singoli istituti scolastici? Questo porta sempre risultati desiderabili? Mi sembra di no, e lo sottolinei tu stessa: oggi la scuola basa la sua istruzione su “generazioni future” dal gusto veramente opinabile. In che modo la scuola pubblica reagisce a questo? In nessun modo, accetta il modello punto e basta. A mio parere non può far altro che peggiorare.

    Quindi, sotto questo aspetto, vedere la attuale scuola come preparazione per la società futura può essere corretto, ma non dovrebbe essere così. Questo a mio avviso è un punto a favore per il privato (che, come vedremo in seguito, stimola la diversificazione e l’anticonformismo).

    Quindi, a cosa davolo dovrebbe servire la scuola? Beh, la scuola fornisce istruzione, cioè informazione. La qualità, la quantità, il genere di tale istruzione può essere scelto dall’individuo o dalla sua famiglia. Le scuole che forniscono istruzione/informazione giusta (e cioè voluta dai clienti) sopravvivono, le altre vengono ridimensionate o scompaiono.

    Qual è l’istruzione giusta, dunque? Io credo che la paura che possano prosperare scuole di veline o scuole di arruffapopolo sia temuta solo da chi ha perso di vista la motivazione originaria per cui le famiglie mandavano i ragazzi a scuola (anche prima dell’obbligo scolastico, come vedremo in seguito): li mandano in genere per far imparare qualcosa che possa fruttare (non solo a livello economico, ma anche). Se il mestiere di velina permette ad una ragazza su un milione di guadagnarsi da vivere, state sicuri che le famiglie non saranno incentivate a mandare i ragazzi nelle suddette scuole; queste scuole si ridimensioneranno: non vedo alcun motivo perché, effettivamente, non possano esserci scuole del genere. Invece, se il mestiere della velina promette grandi fonti di guadagno, dunque, perché non creare grandi scuole apposite? Galatea è così feroce nel giudicare negativamente il mestiere di velina o di escort, che non capisco proprio come possa essere appoggiata. Ritenere che esistano lavori migliori o lavori peggiori è DAVVERO una idea classista.

    Il punto è che in un sistema privatizzato l’individuo ha più o meno una scelta diversificata.
    In un sistema pubblico non c’è alcun motivo per cui un grande istituto con materie inutili debba fallire: riceverà sempre soldi, indipendentemente da quanto sia utile per i clienti/studenti. Può quindi trattare gli studenti un po’ come gli pare e fornire l’educazione più scarsa possibile. (ci ritonerò in seguito)

    Con questo affrontiamo anche il problema della scelta delle materie utili: quali materie sono utili e quali inutili?

    “Peccato che la scuola la scelgo oggi, e magari fra cinque anni, quando esco, il mercato richieda magari già altre competenze, e le materie che ho studiato potrebbero essere obsolete. ”

    Questo potrebbe accadere (e accade) anche nelle scuole pubbliche. Prova ad andare in un istituto di informatica e vedi cosa studiano fino al quinto anno: cosa che erano obsolete 20 anni fa e che ora fanno ridere tutti, bidelli compresi.
    Un mercato privato, per avere molti clienti, deve offrire materie che permettano allo studente di guadagnare, in modo da costruirsi una buona reputazione e fare entrare ulteriori clienti/soldi. Forse è difficile sapere cosa il mercato chiederà fra 10 anni, ma è più incentivato a scoprirlo una scuola privata o una scuola pubblica? La risposta l’abbiamo sotto gli occhi: per materie per cui ci sono novità ogni mese (come informatica o sistemi, di questo vi posso dare esperienza personale e di questo vi parlo) i professori si limitano ad insegnare male, spesso malissimo, cose già vecchie quando loro andavano a scuola, facendo letteralmente perdere mesi e mesi su cose inutili. Non si tratta di prevedere il futuro, si tratta di essere almeno al passo con i tempi, e qui la scuola pubblica fallisce perché, ovviamente, non ha nessun incentivo a migliorare e ad essere competitiva. Forse vi piacciono gli aneddoti: quando facemmo notare che una nostra professoressa di Sistemi era completamente impreparata (completamente-impreparata), ci venne risposto: “cosa ci possiamo fare?”. Che incentivo aveva il preside a cambiare quest’insegnante? Avrebbe perso alunni? La reputazione della scuola sarebbe peggiorata? Sì, e allora?
    Come mai i master class a pagamento di qualsiasi materia non sono così ridicoli come quelli pubblici? Sarà una specie di miracolo? O forse è puro egoismo, la voglia di fare soldi che porta l’imprenditore a chiamare personale preparato e aggiornato e perché no stimolante?
    Ripeto che il paragone con le scuole private italiane non esiste: le scuole che ricevono soldi pubblici, per definizione, non sono private. Le scuole “private” italiane sono nei fatti scuole pubbliche che rilasciano pezzi di carta. In una società di libero mercato tali scuole funzionerebbero al massimo come società stampatrice di pezzi di carta con su scritto “il tal x si è diplomato in yyy”. Una “scuola” del genere sarebbe competitiva sul mercato?: quali genitori desiderosi per il loro figlio di una buona istruzione (seguita da una assunzione) manderebbero il suddetto figlio a Grandi Scuole, o al CEPU? Quali aziende prenderebbero soggetti diplomati in scuole con bassa reputazione? Vedete già oggi che cattiva reputazione che hanno questi istituti “privati”?

    Fino ad ora mi sono limitato a spiegare perché una scuola privata sarebbe migliore di una scuola pubblica. Mi sembra di aver portato argomentazioni piuttosto forti. In effetti è così che vanno le cose, non solo nel settore scolastico ma in tutto il settore pubblico. Quando qualcuno riceve soldi gratis indipendentemente dal suo operato, non ha incentivo a migliorare. C’è bisogno di un sistema di feedback che permetta di tener presente il funzionamento dell’azienda (o scuola o istituto postale).
    Il feedback stilizzato che un governo può organizzare basandosi su controlli di ispettori o su valutazione degli studenti non può che essere parziale e ridicolo. Il sistema ideale è una specie di sistema a punti nel quale ognuno ottiene punti se fornisce servizi, e può utilizzare questi punti liberamente per comprare servizi. Questo sistema esiste ed è quello del libero mercato. I punti sono i soldi.

    Rimangono due problemi:

    1) DISCORSO EGALITARIO: solo i ricchi potranno permettersi di mandare i figli a scuola
    2) PROBLEMA DELL’OBBLIGO: se non c’è l’obbligo scolastico i genitori manderebbero i figli a spaccarsi le ossa sul luogo di lavoro a 7 anni, nessuno studierebbe, società allo sfascio ecc..

    1) questo è il punto più difficile da affrontare perché la nostra visione è agli antipodi. Per quanto mi riguarda non accetto nessuno discorso egalitario, perché questo tipo di discorsi presuppongo sempre che le persone abbiano diritto ad appropriarsi illeggittimamente della proprietà altrui per un loro desiderio. Tu stai cioè affermando che il povero x possa prendere i soldi del ricco y (tramite tassazione, quindi minaccia, quindi senza il suo consenso) per ottenere qualcosa (in tal caso scuole, prof, istituti ecc.). Questo è immorale sotto tutti i punti di vista e viene accetato da tutti chiamandolo “diritto allo studio”, ma è in realtà il “diritto di appropriarsi della proprietà altrui” legittimato. La sinistra da sempre adora affermare uguaglianza per tutti: sono consapevoli che per risanare presunte ingiustizie se ne devono compiere altre ancora più gravi? (ma è da sottolineare che queste ingiustizie egalitarie sono solo presunte! Non è certo colpa di y se x non può permettersi questo o quello, e non c’è alcun motivo per cui lui debba pagare.) Potrei inventarmi or ora il “diritto all’automobile” e rubare quella bellissima ferrari. In fondo perché lui, solo perché è ricco, deve avere una macchina più bella della mia? Non sono gli esseri umani tutti uguali? Questo ovviamente ci porta verso strade così complesse … (tu pensi che l’istruzione abbia un valore incredibilmente superiore a quello della macchina e che ciò possa legittimarci ad appropriarci delle ricchezze latrui, ma questo presuppone che i valori delle cose siano oggettivi, cosa che evidentemente non è)…

    Proverò comunque ad argomentare sotto un diverso punto di vista, senza prendere neanche lontanamente in considerazione il problema ideologico.
    A parte tutto ciò, dovrei chiederti: sei sicura che è impossibile la formazione di scuole per i meno abbienti? Puoi dimostrarmi che le persone con reddito più basso non avrebbero una buona istruzione?
    Sei sicura che non potrebbero avere una istruzione SUPERIORE a quella ottenuta ora senza (apperentemente) sborsare nulla? (perché anche il più povero paga un sacco di imposte indirette e a volte tasse di iscrizione o altro alle univ. o soldi per i testi scolastici ecc.).

    Il povero studente in periferia che deve fare tanti chilometri per andare a scuola esiste già oggi: nella mia classe 20 persone si svegliavano all’alba per raggiungere l’istituto. A quanto pare la scuola pubblica non soddisfa questi poveretti.
    E in effetti quali interessi può avere lo stato a fare una scuola in una piccola borgata? Si riceve più voti se si soddisfa un grande città con una scuola magnifica o un piccolo paese di 200 anime? L’imprenditore invece può sempre aprire un piccolo istituto guadagnando su una piccola fetta di mercato. Perché lo ritieni così assurdo?
    In ogni caso non andrebbe peggio che con la scuola pubblica.

    Io sto sempre facendo il caso di famiglie a basso reddito che, raccogliendo i loro risparmi, magari rinunciando ad una nuova macchina o ad un computer, possono comunque permettersi di pagare una scuola.
    Puoi pensare che esistano delle famiglie che non possano fare neanche ciò, e cioè anche se accettano di mangiare tutti i giorni riso e acqua, andare in giro per 5 anni con gli stessi vestiti e raggiungere i posti camminando, non possono permettersi di mandare il loro figlio a scuola. Potrei risponderti che, a mio parere, per questa famiglia sarebbe meglio guadagnare un piccolo stipendio in più anziché parcheggiare il proprio figlio in una scuola per 10 anni dove, spesso, si ritrova con un nulla in mano.

    [qui voglio aprire una lunga parentesi: ho conosciuto tanti tanti amici che, subito dopo la scuola, hanno finalmente avuto TEMPO ed ENERGIE sufficienti ad trovare un lavoro dignitoso che gli permettesse di guadagnarsi da vivere. Per loro la scuola è stata semplicemente un luogo in cui passare 10 anni a perdere tempo; la scuola non ha loro insegnato nulla di utile, nulla che gli andasse di sapere, nulla che ha cambiato il loro modo di vedere le cose. Semplicemente ha impedito loro di impegnarsi in cose che DAVVERO ritenevano utili. Potete dirmi quale favore fa alle famiglie povere trattenere un ragazzo fino a 18 (20?) anni quando potrebbe lavorare benissimo anche a 14, con profitto suo e della sua famiglia? Queste non sono cazzate lette nei libri, ne ho conosciuti tanti ritrovatisi a vent’anni a dover iniziare un lavoro che non c’entrava un tubo né con foscolo né con le derivate, e che di foscolo e delle derivate si erano giustamente dimenticati la settimana dopo. Chi siete voi per affermare che alcune informazioni valgono più di x? Chi siete voi per credere che conoscere le più grandi opere del boccaccio sia più utile o moralmente superiore che sapere come si costruisce un motore? Eppure pretendete di imporre il vostro senso di utile e di importante e di rubare lavoro a ragazzi altrimenti volenterosi. Andare a scuola per questi ragazzi è semplicemente un altro lavoro. Solo non è volontario, non paga, è demoralizzante e inutile. Questo per il bene dell’individuo, che voi ovviamente sapete cos’è e l’individuo no.]

    Questo ci porta dritti dritti al punto due, sull’obbligo di andare a scuola:

    2) da Friedman M. e R., Liberi di Scegliere, capitolo 6:

    A quanto pare, anche senza nessun obbligo e in un sistema finanziato in maniera prevalentemente privata, le famiglie erano più responsabili di quanto ci si voglia far credere.

    Per concludere, la scuola pubblica è un luogo che serve per far sopravvivere schiere di insegnanti e personale più o meno utile. Questo non è un attacco a Galatea o a nessun professore in particolare, ovviamente.

    Cito ancora da Friedman: “All’inizio del 1840 si sviluppò una campagna per sistotuire il sistema diversificato e per lo più privato vigente, con un sistema di scuola cosiddetta gratuita, cioè un sistema scolastico in cui i genitori pagavano i costi indirettamente, per mezzo di imposte, invece che direttamente per mezzo di rette. Secondo E.G.West, che ha studiato a fondo lo sviluppo dell’intervento pubblico nel settore scolastico, questa campagna non era guidata da genitori insoddisfatti, ma “principalmente da insegnanti e funzionari pubblici”. … Benché gli argomenti fossero tutti esposti in termini di interesse pubblico, gran parte dell’appoggio dato da insegnanti e amministratori al movimento per la scuola pubblica derivava da ristretti interessi egoistici. Queste categorie si attendevano, qualora il settore pubblico avesse sostituito i genitori come ufficiale pagatore, maggiori garanzie di occupazioe, maggiore sicurezza del pagamento dei loro stipendi e un grado di controllo più alto …
    (ancora da Friedman, p. 155) Come la Sicurezza sociale, l’istruzione controllata dallo stato è un altro esempio di elemento comune alle filosofie autoritarie e socialiste. La Prussia aristrocratica e autoritaria e la Francia imperiale ufrono i pionieri del controllo dello stato sull’istruzione …

    [in un sistema burocratizzato l’aumento della spesa sarà associato ad un calo della produzione. Friedman nota che ciò si è esattamente verificato nel settore della scuola pubblica: ]

    Nei cinque anni dall’anno scolastico 1971-72 all’anno scolastico 1976-77, il personale professionale totale in tutte le scuole pubbliche statunitensi crebbe dell’ 8%, il costo per l’alunno crebbe del 58%. Vi è un aumento dei fattori di produzione.
    Il numero degli studenti diminuì del 4%, e del 4% diminui il numero delle scuole [alla faccia dello stato che si preoccupa di favorire i poveri ragazzi in periferia]. E immaginiamo che pochi lettori avranno da obiettare se si afferma che la qualità si è abbassata ancora più drasticamente della quantità. Questo è comunque ciò che risulta dall’abbassamento dei voti riscontrato in base a esami standardizzati. Vi è un netto calo della produzione [cvd].
    [ancora per tornare al discorso del povero ragazzo di periferia:] Un elemento probante [dell’avvenuta burocratizzazione che causa un calo della produzione] può essere la riduzione del numero dei distretti scolastici nella misura del 17% nei sette anni dal 1970-71 al 1977-78 proseguendo la tendenza a più lungo termine verso una maggiore centralizzazione. Quanto alla burocratizzazione, relativamente a un periodo un po’ più breve per il quale sono disponibili i dati (dal 1968-69 al 1973-74), a un aumento dell’ 1% del numero degli studenti corrispose un aumento del 15% del personale professionale totale e del 14% del numero degli insegnanti, ma gli ispettori aumentarono del 44%! [questo per dimostrare come la scuola sia stata resa pubblica non a favore degli studenti, che invece ne hanno sofferto, ma a favore del personale e della burocrazia]

    [il libro di Friedman è una miniera di informazioni, e vorrei ricopiare tutto il capitolo. Forse lo farò nel mio blog.
    In breve Friedman nota come la scuola pubblica favorisce le famiglie ad alto reddito che, trovandosi in quartieri migliori, possono usufruire di scuole pubbliche migliori. Viceversa per i ghetti, ovviamente. Ecco cosa dice: >>>>>>>Le spese d’istruzione per alunno negli agglomerati urbani sono spesso alte tanto quanto quelle sostenute nelle lussuose zone periferiche, ma la qualità dell’istruzione è enormemente più bassa.>
    a quanto pare le cosiddette caste chiuse si creano più probabilmente in un sistema pubblico. Per non parlare della segregazione razziale che può essere favorita (e lo è stata) solo in un sistema dove l’istruzione è gestita dallo stato con la forza. Nessun imprenditore ci tiene a perdere clienti, bianchi o gialli che siano (o handicappati o stranieri o con deficit di attenzione, per rispondere velocemente ad un’altra nota di Galatea)]

    Infine, come cilegina sulla torta, Friedman dimostra qualcosa di enormemente interessante per tutti i difensori dei poveri:

    “lo studio relativo alla Florida mise a confronto i benefici totali che i membri di ognuna delle quattro classi sociali di reddito ricevettero nel 1967-68 dalle spese pubbliche per istruzione superiore con i costi da essesostenuti sotto forma di imposte. Solo la classe di reddito più alta risultava avere ottenuto un guadagno netto, avendo ricevuto il 160% di ciòche aveva pagato. Le due classi inferiori avevano sostenuto pagamento superiori del 40% a ciò che avevano ottenuto. La classe media aveva pagato una cifra superiore del 20% a quella ricevuta.”

    Chiaro? I poveri pagano (sotto forma di imposte) di più, e ricevono di meno. La soluzione di Galatea e di tutta la sinistra e dei commentatori del blog di galatea è quella di iniettare più soldi nel sistema scolastico e far calare, come dimostrato sopra, ancora di più la produzione. Una grande idea.

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  8. è stata tagliata la seguente IMPORTANTISSIMA parte sull’obbligo di andare a scuola:

    2) da Friedman M. e R., Liberi di Scegliere, capitolo 6:
    “Benché la scuola non fosse né obbligatoria né gratuita, la scolarizzazione era praticamente universale (esclusi, ovviamente, gli schiavi). Nella sua relazione per il 1836, l’ispettore delle scuole pubbliche dello Stato di New York affermava: “sotto ogni punto di vista è ragionevole ritenere che nelle scuole pubbliche, nelle scuole private e nei collegi il numero dei giovani che attualmente ricevono un’istruzione è pari all’intera popolazione tra i cinque e i sedici anni di età”

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  9. A Vaal vorrei dire: “Est modus in rebus”.
    In un paese di cultura cattolica non si può applicare “sic et simpliciter” il sistema economico liberale, nato in paesi di cultura protestante. Ci hanno già provato, subito dopo l’unità d’Italia, producendo disastri di cui ancora avvertiamo le conseguenze.

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  10. @Vaal
    non ti preoccupare sapessi quante volte mi ci mando da solo….ehhh

    comunque è lodevole il tuo sforzo di argomentazione….

    più per il gusto di dibattere…vorrei aggiungere brevemente che ci sono state due significative riforme nel passato dell’ordinamento scolastico:
    Legge Casati all’indomani dell’unificazione dell’Italia… e La Legge Gentile nel 1923 all’alba del ventennio….

    Una cosa salta agli occhi…Scuola e Potere sono intimamaente connesse…

    da cui l’esigenza di regolamentare e controllare il sistema educativo in due momenti significativi della nostra storia….

    mi domando perchè oggi si parla e si discute sul sistema…ma non vedo una riforma importante all’orizzonte…manca una volontà o la classe politica al potere valuta nel breve periodo l’impatto di una riforma…solo sul piano elettorale?

    Perchè la riforma Gentile non fu rivoluzionata nel periodo costituente…forse non era poi così male rispetto alla Casati (basti pensare all’obbligo fino ai 14 anni già previsto nel 1923!! e fu considerata meno elittaria della precedente).

    Temo che dobbiamo attendere una legge europea…per arrivare a qualcosa di nuovo… veramente…e qui fermo

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  11. Caro Vaal,
    ho l’impressione che nella tua foga liberista tu continui a saltare alcuni passaggi logici, senza nemmeno accorgertene:
    1.la funzione di qualsiasi scuola (pubblica o privata, confessionale o laica) è quello di passare il sapere alle generazioni future. Per questo è nata: la scuola è un modulo di trasmissione della cultura di appartenenza. Anche la scuola che tu vagheggi farebbe questo:passerebbe quelle conoscenze che tu, nel momento in cui scegli quella scuola per tuo figlio, reputi importanti.
    2.L’attuale scuola pubblica ha già in sé una varietà di offerta: c’è una offerta di base (elementare) che comprende i saperi ritenuti fondamentali (Leggere, scrivere, far di conto), la media che approfondisce e le superiori, che sono differenziate per indirizzo.
    3.Al fine di poter rendere omogenee le valutazioni e dare comunque una garanzia di base alle famiglie, è ovvio che lo Stato deve fornire delle linee di indirizzo che stabiliscano (sempre rispettando l’autonomia dell’insegnamento, garantita dalla nostra costituzione) cosa vada insegnato e quando. Tu puoi anche aprire una elementare privata, ma i tuoi docenti devono comunque garantire che saranno insegnati agli alunni alcuni concetti fondamentali, altrimenti la tua scuola non può essere considerata “adatta” ad essere definita una elementare (o una media, o un liceo).
    4.La scuola pubblica è formata da docenti di provenienza diversissima, sia sociale, sia culturale sia religiosa. Da questo punto di vista garantisce maggior “anticonformismo” che non quella privata, dove invece gli insegnanti vengono reclutati in base a requisiti di vicinanza alla linea di pensiero della scuola (cioè: in una scuola cattolica è impossibile che venga assunto un docente ateo, buddista o animista mentre nella scuola pubblica un docente ateo e un docente cattolico possono benissimo ritrovarsi fianco a fianco e dividersi la stessa classe). La stessa cosa vale per gli alunni: mentre in una scuola privata possono sì esserci alunni provenienti da famiglie con cultura diversa, la possibilità di pagare la retta fa da discrimine: quindi, magari, in una scuola privata laica posso avere alunni musulmani, cattolici e atei nella stessa classe, ma saranno tutti alunni provenienti da famiglie abbienti. Dal punto di vista del blocco sociale di alunni/professori le scuole private sono sempre più “uniformi” che non quelle pubbliche. Questa è una ricchezza, in quanto permette di venire in contatto con realtà diverse dalla propria, e aprire la mente.
    5.La scuola non è soltanto un corso di formazione professionale: è un percorso che serve a migliorare l’individuo. Come tale deve offrire qualcosa di più che non il semplice appagamento dei desideri dei clienti, soprattutto perché, trattandosi di ragazzini, gli utilizzatori sono ancora troppo piccoli per sapere cosa possa loro piacere, e non sempre i genitori sono in grado di intuirlo, perché abbiamo a che fare con personalità non ancora formate. Facciamo un esempio pratico: io genitore sono stonato come una campana e odio la musica. In casa non ho dischi e mio figlio non conosce nulla di musica, quindi. Se scelgo una scuola in base a ciò che conosco dalla mia esperienza, probabilmente non sceglierei una in cui si insegna anche musica, perché non ne comprendo l’importanza: la giudico una materia inutile. Lo Stato, invece, nelle sue linee guida impone che almeno alle elementari e alle medie il bambino abbia delle nozioni musicali di base. Può darsi che lui sia stonato come i genitori, e non se ne faccia nulla; può darsi che scopra di avere un talento naturale, e ci guadagniamo un futuro Mozart.
    6.Non ho nulla acchè si facciano scuole per “veline” (a dire il vero ci avevano anche provato). Il senso della mia critica era diverso: non si può pretendere che la scuola abbia una sua credibilità come ente di formazione se poi la società propone come modelli vincenti personaggi (la donna cretina, il furbetto, etc) che sno la negazione di quei valori che la scuola propone. Il ragazzo non è incentivato a studiare e a farsi una formazione seria se poi vede premiati nella vita e portati come esempio di persone di successo chi non studia, non si impegna ma fa solo il maneggione.
    7.L’ente pubblico che studia e fa studiare materie inutili, dici tu, è bene che fallisca. Certo, il problema, come ti ho fatto notare, è determinare quali siano queste materie “inutili”. Quelle che non hanno immediato riscontro nella pratica? Allora, sarebbero da abolire tutte le materie umanistiche (serve ad un cazzo saper commentare Dante!), e gran parte di quelle scientifiche che non abbiano una immediata valenza pratica. Peccato che le materie apparentemente inutili servano ad apprendere magari un corretto metodo di ragionamento, o aiutino a comprendere meglio il mondo in cui siamo immersi (il greco è morto e non serve a nulla, apparentemente: salvo che poi nella vita di tutti i giorni usiamo in gran parte ancora la logica aristotelica e le armi della retorica classica, quelle che sono alla base di questa disputa fra me e te, per dire…) Tu mi dici: sono utili solo le materie che permettono a chi le conosce di diventare ricco. Einstein non divenne particolarmente ricco, quindi ne deduciamo che era un cretino perditempo?
    8.La tua tirata sull’egalitarismo, lasciatelo dire, è quanto di più allucinante mi sia capitato di leggere, anche perchè attribuisci a me, non so su quali basi, una visione ideologica che non condivido. In un sistema di libero mercato, quello che piace a te e che io sono dispostissima a sostenere, i migliori devono poter emergere. Ma quello che tu ipotizzi non è un sistema di questo tipo. L’individuo x deve avere, in partenza, le stesse possibilità di sviluppare la propria intelligenza. Quindi io, Stato, devo garantire a tutti di poter partire alla pari, altrimenti non sarò in grado di scegliere o di selezionare quelli veramente migliori. Allora x è povero (non per colpa sua, nasce in una famiglia con scarsi mezzi) e y è ricco (non per merito suo, ha solo culo). Per permettere ai due di partire alla pari, io Stato metto x nella condizione di frequentare la stessa buona scuola di y, che pago con soldi pubblici, cioè di tutti, prelevati in ragione dei guadagni: poi vedo chi dei due è il migliore. Se fosse una gara di corsa podistica, non è pensabile che x parta a piedi e y con una Ferrari solo perché papà gliela può comprare: anche perché, se anche vincesse y alla fine, gli spettatori si alzerebbero imbufaliti gridando che la gara è una truffa. La competizione ha senso se non è truccata: x deve avere la reale possibilità di emergere, altrimenti non ha nemmeno senso farlo partecipare. L’invidia per la Ferrari non c’entra un caspita: se x è bravo la Ferrari se la comprerà con i suoi guadagni, e buon per lui; mentre quella di y resterebbe sempre un Ferrari regalatagli dai soldi di babbo, quindi acquisita senza alcun merito proprio
    9.Tu mi dici: sei sicura che è impossibile la scuola per i meno abbienti? Che non potrebbero avere una istruzione superiore? Perché, tu sei in grado di garantirmi che la avrebbero? E chi pagherebbe le rette per le buone scuole? Lo Stato, fino ad oggi, ha garantito almeno le scuole elementari e medie anche nei piccoli comuni e una scuola superiore a costi accessibili. Sei certo che i privati sarebbero in grado di assicurare la stessa cosa? Una scuola, così come un asilo, ha costi altissimi, se si vuole che funzioni a dovere. Un imprenditore privato non è detto che trovi attraente “quella” nicchia di mercato.
    10.Puoi pensare che esistano delle famiglie che non possano fare neanche ciò, e cioè […]non possono permettersi di mandare il loro figlio a scuola. Potrei risponderti che, a mio parere, per questa famiglia sarebbe meglio guadagnare un piccolo stipendio in più anziché parcheggiare il proprio figlio in una scuola per 10 anni dove, spesso, si ritrova con un nulla in mano. Benissimo, complimenti: quindi chi è povero è meglio che si contenti…peccato che così, come ti ho già spiegato, non solo ragazzi intelligentissimi finiscono a fare i manovali in cantiere, ma l’intero Paese perde una possibilità di crescita: mandiamo magari un potenziale nobel per la medicina a battere pali, perché alla famiglia servono cinquecento euri alla settimana..del resto, sono poveri! Questa non è selezione del migliore, ne converrai anche tu: è solo classismo.
    11.Casomai il problema è costruire una scuola in cui la gente non resti parcheggiata per 10 anni come in galera. Ma la scuola privata garantirebbe ciò? No. I ragazzi ricchi, anche se cretini, sarebbero comunque portati fino al diploma (tanto le famiglie pagano!) e quelli poveri, invece, subito avviati al lavoro.
    12.Pagando, le famiglie si sentirebbero più responsabili. E quelle che non possono pagare? Perché gira e rigira, caro mio, il punto è questo. Chi non ce la fa economicamente è giusto che venga emarginato socialmente, e non abbia accesso a quella conoscenza che gli permetterebbe di migliorare anche la sua situazione economica? Perchè finché non risolviamo questo, caro il mio Vaal, non c’è citazione di Friedman che tenga.

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  12. mi sfugge, nel ragionamento di vaal, perchè i poveri dovrebbero finanziare con le loro tasse la sicurezza delle proprietà dei ricchi. Al di là della battuta, non sono sicuro che la mancanza di un’offerta formativa pubblica seppur scadente valga la pena in termini di costi benefici per gli individui alfa: a volte costa meno la prevenzione che la repressione.
    Viceversa sono proprio i poveri che dovrebbero essere interessati a ricevere un’istruzione di qualità per motivi di miglioramento e promozione sociale. Ma come detto da Galatea nell’altro post, ad una preparazione x non corrisponde oggi in Italia la certezza di un esito sociale corrispondente, causa scomparsa della meritocrazia. Ragionando su questo io sarei giunto alla conclusione che il problema sia la società più che la scuola. Per esempio:
    i due ricercatori italiani autori recentemente di importanti scoperte genetiche sui tumori del cervello avrebbero potuto continuare a lavorare in Italia se la loro preparazione fosse avvenuta in un sistema di scuola privata? Io non credo

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  13. Vaal, mi pare che la tua fiducia nella presunta “mano invisibile” che guida il c.d. “privato”, si sia trasformata col progredire del tempo quasi in una fede.
    La scuola pubblica italiana è ancora a un ottimo livello e garantisce un egualitarismo che quella privata non riuscirà mai a raggiungere: perché non lottare per salvaguardare questo bene comune, piuttosto di fare il gioco di coloro che – chissà per quali secondi fini – la vorrebbero invece distrutta?
    Ti voglio fare un’altra domanda: come mai, tra i compagni di mio figlio, che han fatto l’esame d’ammissione alla “privata” Bocconi (più di 12.000 Euro l’anno di sola retta), sono passati tutti, mentre nella “pubblica” Padova son riusciti ad entrare solo i migliori (a scanso d’equivoci, chiarisco che mio figlio non era tra questi, perché s’è iscritto a una facoltà a libero accesso)?
    Ho molti dubbi sul fatto che la scuola privata riesca ad essere del tutto insensibile al proprio conto “dei profitti e delle perdite” al punto da rinunciare a parte degli introiti, pur di garantire uno standard d’eccellenza. Secondo me, è più facile che poi, nei fatti, il sistema funzioni come “le grandi estati di Canale Cinque”: solo bei contenitori, del tutto privi di contenuto. Un buon sistema per sopravvivere e lucrare – molto utilizzato negli Stati Uniti, ad esempio – è quello di garantire a nomi altisonanti l’accesso e il titolo di studio, attirando in questa maniera il grande pubblico pagante. Posta in questi termini, come vedi, in un sistema così impostato proprio non c’è spazio per chi, pur meritevole, non possa permettersi di far fronte economicamente alla propria istruzione.

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  14. Non sono il Marcello tuo commentatore abituale, per differenziarmi ho aggiunto l’anno di nascita così hai anche una idea della fascia di età cui appartengo e di quello che ne consegue.

    Ho letto con molta pazienza il post, il commento di Vaal ed il controcommento tuo. Sono un amante della sintesi (apprezzo molto gli aforismi) e quindi è stata un gran fatica ma rispetto la verbosità altrui.

    Ho preso atto delle ragioni di entrambi senza peraltro spostare una mia convinzione precedente, frutto di ottime esperienze quando ero a scuola io negli anni 40, 50 ed inizio 60 e di pessime quando vi sono andati i miei figli negli anni 70 ed 80, con insegnanti sessantottini.

    Dal punto di vista dei principi hai ragione da vendere ma dal punto di vista pratico gli argomenti di Vaal mi trovano molto più solidale.
    Il problema di fondo nel dilemma tra scuola pubblica e scuola privata è il fatto che nella scuola pubblica si dovrebbe entrare per concorso e quindi per merito ma nella realtà vi sono mille scappatoie per ovviare al problema e quando sei dentro non ti valuta né ti licenzia più nessuno.
    Se sei una persona preparata e responsabile ne godranno gli alunni, se sei un lavativo/a saranno loro a farne le spese. Tu sei ormai intoccabile.
    E allora ben venga la scuola privata dove se non vali squalifichi l’istituto e quindi non ti rinnovano il contratto. Non solo, ma sapendolo i lavativi si guarderanno bene dal presentare domanda di assunzione.

    Una soluzione dal mio modestissimo punto di vista potrebbe essere:
    – Scuola di base (elementari e medie) pubblica con criteri meritocratici sia per gli insegnanti che per gli allievi
    – Scuola secondaria/università privata con alcuni vincoli:
    -Linee guida delle materie gestita centralmente a livello nazionale
    -Un numero di iscrizioni gratuite proporzionale ad esempio al numero degli iscritti per i meritevoli non abbienti che comprenda anche un contributo statale per il soggiorno fuori casa.
    -L’obbligo di aprire una o più sedi secondarie ove il bacino di utenza sia vasto,

    Sono certo che il mammismo italico vedrebbe di malocchio l’uscita da casa dei pargoli per andare a studiare altrove come è normale in altri paesi ma questo potrebbe contribuire a diminuire il numero dei quarantenni che vivono ancora con mammà.

    Niente vieta che nelle grandi città possano essere aperte scuole o più probabilmente università dallo stato, ma gestite con gli stessi criteri delle private. Con buona pace di molti, specie nel sud, gli intoccabili dovrebbero sparire per far posto a chi realmente vuole contribuire alla crescita del paese.

    Secondo i miei criteri ho già scritto troppo, attendo commenti se del caso.

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  15. In questo commento trovo agevole risponderti punto per punto (salto i punti su cui non ho nulla da dire):

    2. Questa varietà è ridicola rispetto alla varietà che si potrebbe avere in un sistema privato. Immagina che si sperimentino diversi tipi di insegnamento. (ad esempio [come è stato fatto con buoni risultati, se poi ti interessa vado a trovarti il riferimento preciso] scuole dove i ragazzi non erano divisi per età e quindi i più grandi erano nella stessa classe con i più piccoli ecc. ). Sebbene non tutti gli esperimenti di questo tipo possano essere corretti (e cioè possano portare al risultato di una ottima istruzione, come richiesta dai genitori), nessuno ci dice che il sistema attualmente utilizzato sia il migliore (per quanto ne sappiamo, potrebbe essere pessimo). Nessuno ha interesse nello scoprirlo. La diversificazione quindi non solo nelle materie di insegnamento (ma anche), ma anche nei metodi di studio e di organizzazione

    3. “è ovvio che lo Stato deve fornire delle linee di indirizzo che stabiliscano (sempre rispettando l’autonomia dell’insegnamento, garantita dalla nostra costituzione) cosa vada insegnato e quando.”

    la frase principale e quella tra parentesi sono contradditorie tra loro. I maggiori casi di scuole faziose che trasmettono informazioni false o manipolate si riscontrano proprio quando lo stato dà linee guida su ciò che è bene insegnare e ciò che è meglio evitare “per il bene della società e dell’educazione dei bambini”. O mi sbaglio?

    4. Se c’è una richiesta di classi diversificate con docenti di fede religiosa o perché no politica diversa tra di loro, e se la gente è disposta a spendere per ottenere classi diversificate ecc., allora qualche imprenditore farà classi del genere. Domanda: cosa impedisce ad uno stato di licenziare tutti i professori che non si attengano alla politica dello stato stesso? (i richiami sono evidenti)

    5. Qui c’è la solita pretesa che lo Stato abbia una miglior conoscenza della famiglia o dell’individuo e che, quindi, sappia “cos’è meglio per te” (in questo caso cos’è meglio insegnarti). Questo discorso però può essere esteso: cosa ti dice che il bambino in questione non abbia una forte propensione per gli scacchi? O per la fine arte del mosaico? O per lo studio della pornografia bizantina? A rigor di logica (cioè della logica del tuo ragionamento del presente punto 5), lo stato dovrebbe dare una infarinatura generale di TUTTO, in modo da poter ricercare il talento particolare del bambino. Cosa ovviamente impossibile; ma così come la scelta di cosa potrebbe essere utile per il bambino è arbitaria per il genitore (che magari è stonato quando il bambino è un mozart, appunto, o per un certo caso non conosce le mosse degli scacchi quando il bambino potrebbe essere un grande scacchista) lo è quindi anche per lo Stato. Non vedo perché il secondo si debba sostituirsi al primo (perché si pensa che gli errori e le arbitrarietà dello stato siano meglio delle stesse dei genitori (o dell’individuo))

    7. Non affermo che le uniche cose che valgano conoscere sia come programmare un computer o come costruire una automobile.

    Come tu dici “peccato che le materie apparentemente inutili servano ad apprendere magari un corretto metodo di ragionamento, o aiutino a comprendere meglio il mondo in cui siamo immersi”
    se queste materie apparentemente inutili sono utili (e cioè formano cittadini migliori che aumentano la reputazione della scuola) queste materie saranno favorite. Non perché l’imprenditore è un gran filantropo e sa risconoscere quali materie apparentemente inutili siano invece utili (lo stato ha questa conoscenza? Come?) per il metodo di ragionamento e la comprensione del mondo . Semplicemente alcuni potrebbero insegnare la logica aristotelica e altri no. Gli studenti che escono alla prima scuola potrebbero essere più bravi ad argomentare i loro discorsi: potrebbero avere più opportunità di lavoro o avere una vita più bella: l’istituto ne guadagnerebbe in reputazione ecc.
    Non è detto che vada così. Potrebbe darsi che imparare la logica aristotelica non serva a niente. In tal caso non vedo motivo per cui si debba continuare ad insegnarla.
    (il discorso di “apparentemente inutile ma in realtà utile” quindi viene disinnescato dal funzionamento stesso del libero mercato)

    “Tu mi dici: sono utili solo le materie che permettono a chi le conosce di diventare ricco. Einstein non divenne particolarmente ricco, quindi ne deduciamo che era un cretino perditempo?”

    Non ho detto nessuna delle due cose. Non per niente ho specificato:>>>>>>> li mandano in genere per far imparare qualcosa che possa fruttare (non solo a livello economico, ma anche).

    Di certo l’università che sfornò un Einstein ne guadagnò di reputazione. Le università private sono interessate a sfornare Einstein, giuro. Le pubbliche no.

    8. Questo è il punto più importante, assolutamente, quindi eccoci qui.

    “L’individuo x deve avere, in partenza, le stesse possibilità di sviluppare la propria intelligenza. Quindi io, Stato, devo garantire a tutti di poter partire alla pari, altrimenti non sarò in grado di scegliere o di selezionare quelli veramente migliori.”
    Permettimi di citare ancora Friedman che, come avrai capito, è per me particolarmente illuminante (sottolineo di volata che non cito friedman perché ciò che dice lui è vero, ma perché lui dice esattamente ciò che voglio dire ma meglio):

    “Molto del fervore morale che sta dietro lo sforzo per l’uguaglianza di risultati deriva dalla diffusa convinzione che non è equo che alcuni bambini debbano avere un grande vantaggio sugli altri solo perché è capitato loro i avere genitori ricchi. Certo che non è equo! Tuttavia, l’ingiustizia può prendere diverse forme. Può prendere la forma di eredità di beni: obbligazioni e azioni, case, fabbriche; può anche prendere la forma di eredità di talento: sensibilità per la musica, forza, genio matematico. Si può interferire nell’eredità di beni più direttamente che nell’eredità di talento. Ma da un punto di vista etico, qual è la differenza tra le due? Eppure molti disapprovano l’eredità di beni ma non quella di talento.

    Esaminiamo lo stesso problema dal punto di vista dei genitori. Se vuoi assicurare a tuo figlio un reddito più alto, puoi farlo in diversi modi. Puoi pagargli un’istruzione che lo metta in grado di esercitare un lavoroche dia un reddito maggiore; oppure puoi affidargli un’azienda che gli frutti un reddito più alto di quello che potrebbe guadagnare come lavoratore dipendente; oppure puoi lasciargli delle proprietà, il cui reddito lo metta in ggrado di vivere meglio. C’è qualche differenza etica tra questi tre modi di usare la tua proprietà? O ancora, se lo stato ti lascia del denaro da spendere, detratte le imposte, lo stato stesso dovrebbe permetterti di spenderlo in una vita sregolata ma non di lasciarlo ai tuoi figli?
    I problemi etici implicati sono sottili e complessi, e non possono essere risolti con una formula semplicistica come “parti eque per tutti”.
    Invero, se dovessimo prendere sul serio questa formula, ai giovani con minori doti per la musica dovrebbero esser impartita un’educazione musicale estremamente approfondita, in modo da compensarli dei loro svantaggi ereditari, e a quelli che hanno maggiori attitudini, dovrebbe essere negato l’accesso a una buona educazione musicale [in un racconto si diceva, in nome dell’egalitarismo, che le persone più agili dovessero andare in giro con una palla al piede e quelle più dotate musicalmente dovessero essere assordate in modo da riequilibrare il loro ingiusto talento. Faccio notare come anche il talento sia in parte una eredità genitoriale. Inoltre ci sono anche fattori da considerare: i bambini potrebbero partire più avvantaggiati perché i genitori possono essere più intelligenti o più interessanti o più inclini al ragionamento. Cosa si fa in questo caso? Si crea un “centro genitori interessanti”, i bambini vengono prelevati e ficcati lì in modo da dare a tutti le stess possibilità?]. …

    Insomma una totale eguaglianza di partenza non è né possibile (anche per altri motivi che sinceramente è troppo lungo riassumere qui) né desiderabile.

    Seguiamo il tuo esempio della gara podistica, se proprio vuoi. Ti sembra normale che ad ogni cambio di staffetta (e cioè ad ogni passaggio genitori-figli) i giocatori si ritrovino a ricominciare tutto da capo?
    A me sembra normale che se un genitore si “metta a correre” più degli altri il figlio possa esserne avvantaggiato. Solo chi è mosso dall’individia può desiderare altrimenti.

    C’è sempre il ragionamento di fondo, comunque: questi soldi pubblici, questi soldi “di tutti”, vengono prelevati in maniera leggittima? La risposta non può che essere un vigoroso NO. I soldi pubblici vengono prelevati in maniera illeggittima, punto. Ti sfido a dimostrare altrimenti. (velocemente: se io voglio x e tutti sono d’accordo che io debbo avere x io ho il diritto di prendere x da te?)

    (molti dei punti seguenti sono connessi a questo)

    10. “mandiamo magari un potenziale nobel per la medicina a battere pali, perché alla famiglia servono cinquecento euri alla settimana”
    Qui pretendi, come prima, di avere una conoscenza migliore e assoluta e di sapere cos’è meglio per la famiglia o per il ragazzo, e di poter prevedere chi diverrà nobel e chi diverrà un vagabondo, ma io posso farti un ragionamento analogo:
    immagina un ragazzo che, lasciato a se stesso (cioè senza educazione scolastica), riesca a diventare un grande industriale che fornisce l’umanità di servizi preziosissimi.

    Insomma, riferirsi a “genii potenziali” è un ragionamento che non funziona (assomiglia al ragionento di qualcuno sui feti che vogliono fare gli astronauti, eh?)

    11. “I ragazzi ricchi, anche se cretini, sarebbero comunque portati fino al diploma (tanto le famiglie pagano!) e quelli poveri, invece, subito avviati al lavoro.”
    I ragazzi ricchi che prendono un diploma senza merito, ammettendo che il valore legale del diploma fosse abolito, che possibilità avrebbero di trovare lavoro? Hai appena detto che sono cretini, e non sarà un pezzo di carta a cambiare questo stato (questo modo di ragionare, e cioè diploma=lavoro, può nascere solo frequentando società così malate di burocrazia da non accorgersi della fallacia. La realtà è che le aziende vogliono competenza, quindi competenza=lavoro. La scopo delle scuole [delle scuole che puntano a creare lavoratori] sarà quindi scuole=competenza, non scuole=diploma). Certo, possono sempre lavorare nell’azienda del padre e (come sopra) a parte il senso di invidia non c’è nulla di ingiusto in ciò. (se sono abbastanza incapaci possono far fallire tutta la fortuna paternza [cosa decisamente comune], rendendo tutti voi molto sogghignanti e soddisfatti, immagino).

    12. Se non possono pagare? (questo si ricollega al ragionamento del punto 8. e del mio commento precedente).
    Se io non posso pagare per una macchina ultimo modello? Ho il diritto di averla rubandotela (perché prendere i soldi dai ricchi tramite l’imposizione fiscale è la stessa identica cosa)? E se per me avere la macchina vale quanto per te andare a scuola e avere l’istruzione? Il valore dell’istruzione è assolutamente maggiore di quello di avere una macchina fiammante? Se sì, vuol dire che abbiamo trovato un oggettivo assoluto? Complimenti!

    [e ancora, che colpa ne hai tu se hai una bella macchina e io una vecchia 500? A parte che io sono invidioso, cosa ne possiamo dedurre? Se tutti fossero d’accordo che io debba avere la tua ferrari o un pezzo di essa contro il tuo consenso, sarebbe giusto costringerti a cedermela?
    Anche non avere una bella macchina potrebbe portarmi all’emarginazione sociale. Potrei addirittura suicidarmi, per una bella macchina, ecc. ecc. ecc.]

    perdonami gli errori o le eventuali stronzate o le omissioni, ma ho scritto assai e non ho voglia neanche di rileggermi!

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  16. lector, non pensare che non prenda in considerazione i tuoi interessanti commenti. Conto di rispondere al più presto. Ora sono decisamente stanco.

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  17. @paolo:
    i due ricercatori italiani autori recentemente di importanti scoperte genetiche sui tumori del cervello avrebbero potuto continuare a lavorare in Italia se la loro preparazione fosse avvenuta in un sistema di scuola privata? Io non credo

    —-

    e perché no? La Columbia University, dove hanno fatto la scoperta, è una università privata.

    (ma sarebbe potuto accadere anche in una università pubblica. Il discorso è più generale)

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  18. quello che volevo dire è che a me sembra che vada rovesciato il termine del discorso: indipendentemente dal dilemma pubblico-privato non ci sono attualmente le condizioni di meritocrazia per premiare gli studenti virtuosi. E infatti l’eccellenza è spesso costretta ad emigrare. Non ti pare che questo condizioni pesantemente le prospettive di avere un’istruzione di qualità? (indipendentemente dal fatto che sia pubblica o privata). Se infatti non viene garantito il rispetto dell’equazione studio e preparazione uguale promozione sociale non ci sarà la richiesta da parte della società per un sistema di istruzione migliore. Se so che come prospettiva storica (e non contingente o temporaneo) il mio orizzonte lavorativo sarà determinato da fattori esterni alla mia preparazione l’unica richiesta sarà quella di un pezzo di carta dequalificato ma dal valore legale, condizione di partenza per entrare in una clientela. Fenomeno storicamente ben conosciuto dalla borghesia meridionale in questo paese. Non so se sono riuscito a spiegarmi, ma anch’io sono alla fine di una lunga giornata…

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  19. c’è da dire che gli imprenditori, contrariamente a quanto sostiene glatea hanno tutto l’interesse a fare sconti ai clienti più poveri, o a investire in formazione, in borse di studio, e le banche hanno interesse a concedere prestiti per studenti brillanti che vogliono comletare gli studi.

    io come istituto scolastico ho intresse che chi esca dalla mia scuola sia brillante, far uscire un povero intelligente dalla mia scuola fa sì che migliori la percezione del brand dell’istituto perchè chi lo assumera o chi avrà a che fare con lui si renderà conto che sarà una persona con grandi potenziali e chiedendo dove si è diplomata si senirà rispondere “dall’istituto scientifico Hogsworth” “a be certo dall’istituto hogsworth, si vede che li sfornano sempre i migliori”
    Inoltre anche se non fosse particolarmente sveglio ma comunque dotato pagherebbe meno: un cliente in più che paghi più di quello che costa conviene comunque anche se paga meno degli altri, l’alternativa sarebbe comunque un cliente in meno.
    chi pagherebbe?
    beh, visto che l’istituto hogworth ha questa fama spettacolare, i ricchi manderebbero i loro stolidi rampolli a farsi insegnare un minimo di come si sta al mondo, ma siccome sono stolidi le loro rette sarebbero ben alte.

    ma usciti dalla hogworth, cosa fa lo studente povero? vorrebbe studiare ma non ha i soldi, va in banca, chiede un prestito.
    la banca chiede al giovine squattrinato a cosa gli servono i soldi.
    il giovine studente risponde ingegneria, la banca si fa 4 conti. si rende conto che questo tizio uscito dalla hogsworth col massimo dei voti probabilmente finirà gli studi, e avrà quindi un buon reddito, quindi la banca gli paga la retta che si ripagherà con un tasso di interesse finita la laurea.

    ok ametto che in questo sistema classista vengono fatti fuori gli studenti poveri e stupidi che vogliono fare il dams.
    Sinceramente non vedo tanto la negatività della cosa, vedendo tali menti allocate in maniera migliore da altre parti (tipo settore agricolo o industriale) comunque a parte un sistema privato integrato coi voucher che permettrebbe almeno in parte ai poveri dementi di esprimere la loro creatività cannabinoide, ricordiamoci che al mondo esiste galatea.

    mi spiego.
    assumiamo per ipotesi che i berluscones siano degli avidi egoisti che pensano solo a trombarsi le veline e ad evadere le tasse, mentre galatea, i piddini e i radical chic in genere invece siano buoni, e con tanto senso civico.
    ebbene, una bella fetta della popolazione vota a sinstra e ha gran senso civico.
    può raccogliere i soldi necessari per finanziare i tonti nei loro tentativi di fare gli intellettualoidi.

    galatea potrebbe opporsi dicendo che i soldi non bastano, bisogna rubare i soldi ai berluscones per finanziare il dams.
    Già
    però c’è un problema: non c’è Galatea al governo: e quindi non può farlo.
    i berluscones sono di più e vogliono finanziare le scuole delle veline e della mafia.
    siccome siamo in democrazia si finanzia quello che vogliono loro.
    l’alternativa è galatea che fa un golpe e la sovrana illuminata oppure che ognuno finanzia coi soldi suoi quello che vuole lui

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  20. Punto 2. Niente vieta di sperimentare stili di insegnamento alternativi anche nella scuola pubblica. Hai una idea curiosa di cosa si possa fare nella scuola pubblica, Vaal: sembra che tu la immagini come una sorta di “scuola di partito” in cui tutti gli insegnanti sono omogenei come dei manichini. Ogni scuola pubblica, ormai, ha un offerta differenziata, che viene illustrata annualmente nel Pof. In realtà in Italia la scuola pubblica è stata molto sperimentale: si pensino agli asili dell’Emilia Romagna, poi diventati punti di riferimento internazionali; attualmente si stanno sperimentando (o meglio si stavano sperimentando) la programmazione modulare, i corsi integrativi per gli stranieri, i programmi particolari che consentono lo studio di più lingue (ci sono medie che per anni, prima che fosse introdotto per legge, avevano sezioni con bilinguismo, le sezioni ad indirizzo musicale, etc). Nessuno ci dice che il sistema odierno sia il migliore, infatti nella scuola pubblica si sperimenta di continuo.
    Punto 3: in qualsiasi Stato, anche negli Stati Uniti, lo Stato fissa dei parametri: tipo: al primo anno di liceo si studia questo, questo e questo. I programmi ci sono per qualsiasi ordine di scuola, o non sarebbe possibile gestire alcun tipo di istruzione pubblica o privata: a questo facevo riferimento. Informati. Sei tu che, per preconcetto, vedi in questa una imposizione statalista: in realtà è semplicemente una questione pratica.
    Punto 4:la gente è disposta a pagare per avere classi differenziate. Benissimo, quindi quando un fanatico islamico fonderà sotto casa tua una scuola coranica a pagamento immagino che farai salti di gioia, vero?
    Punto4 bis: Cosa impedisce allo Stato di licenziare tutti i professori che non si attengano alla politica dello stesso? Be’ nel nostro Stato, la Costituzione, tanto per cominciare, che garantisce la libertà di insegnamento. Negli Stati totalitari i professori vengono licenziati se non si attengono alle disposizioni del regime. Ma in quegli Stati anche il liberalismo non è tollerato, quindi, come vedi, le tue scuole private, sotto una dittatura, non potrebbero avere alcuna libertà: difatti le scuole private in Italia sotto il fascismo non avevano alcuna possibilità di insegnare qualcosa di diverso dal programma deciso del Pnf.
    Punto 5: Lo Stato fissa dei requisiti minimi per l’istruzione, fissando alcune cose che il bambino ha diritto di sapere, anche se magari i genitori le ritengono superflue. Un genitore, al limite, potrebbe anche giudicare superfluo per il figlio imparare a scrivere, ma ciò lederebbe gli interessi del bambino. Il diritto all’istruzione, ti faccio notare, è contemplato nella carta dei diritti dell’uomo, non è una invenzione di uno Stato dittatoriale.
    Punto 7: l’imprenditore privato può sì riconoscere che alcune materie sono utili anche se apparentemente inutili, ma resta sempre il problema che, essendo un imprenditore privato, le offrirà soltanto a coloro che possono permettersi di pagare i suoi servigi. Resta sempre il solito problema: e gli altri?
    Tra l’altro, Einstein fece scuole pubbliche.
    Punto8: eh no, caro mio, c’è una bella differenza fra il la predisposizione o il “talento” che sono una dote dell’individuo (e non è assolutamente provato che sia ereditato dai genitori o dai parenti) e i soldi che si ereditano da mamma e papà. Inoltre il tuo ragionamento è sballato di fondo: nessuno ha detto che siccome tutti devono essere uguali allora bisogna livellare chi è più bravo e chi no, casomai sostenevo l’esatto contrario: chi ha un determinato talento deve essere messo nelle condizioni di svilupparlo senza che questo venga tarpato dal fatto che non ha i soldi sufficienti per coltivarlo! Come vedi, il mio ragionamento è esattamente il contrario di quello che hai riassunto tu, non so se per incomprensione o per un briciolo di malafede. Inoltre, permettimi: se vuoi assicurare a tuo figlio un reddito più alto, dici, puoi pagargli una istruzione o dargli da gestire una azienda… già, ammesso che tu, anche sacrificandoti, possa permetterti di pagargli una istruzione adeguata o tu abbia una azienda da dargli da gestire, o delle proprietà. Mica tutti sono in tali condizioni, tesoro mio! C’è gente che lavora onestamente una vita e non è in grado di pagare, ad esempio, i 12mila euri per l’iscrizione alla Bocconi del figlio che citava sopra Lector.. non ci fossero delle università pubbliche buone, sarebbero tagliati fuori, questi ragazzi, per quanto bravi, dalla possibilità di laurearsi. Beato te, che evidentemente hai avuto genitori in grado di lasciarti un capitale; per quelli però che non ci sono riusciti, ti pare giusto che la loro “incapacità” debba ricadere sui figli? Cos’è, un castigo biblico?
    Punto 10: Non ho la pretesa di riconoscere da piccolo chi diventerà un nobel e chi no. Ma il talento non è una illuminazione o qualcosa iscritto nel dna che si sviluppa a prescindere: se io non coltivo le potenzialità di molti fin da piccoli, investendo, questi non potranno nemmeno essere messi nella condizione di sviluppare un domani un talento. Se io non insegno a scrivere ai ragazzini, non è certo che troverò un Tolstoj tra di loro, ma è certissimo che quelli rimarranno analfabeti.
    Punto11: Il diploma che avranno sarà senza valore, certo. Ma dato che avranno ereditato comunque dai genitori l’azienda , come hai detto prima tu, loro il posto di lavoro lo troveranno senza merito, con il bel risultato che magari sul lungo periodo la faranno pure fallire, mandando per giunta in rovina le famiglie degli operai che lavorano per loro.
    Punto12: Cazzo, offrendo a tutti una istruzione gratuita non sto rubando niente: L’istruzione non è un lusso, è un DIRITTO riconosciuto a livello internazionale. Se TU non mi permetti di istruirmi sei TU che rubi a me qualcosa a cui ho diritto. Ficchiamocelo bene in testa, questo: è come se mi privassi dell’aria o del cibo. Già, immagino che tu sosterrai che è legittimo lasciar morire di fame e di sete chi non si può permettere di pagare. Ma questo non è liberismo, Vaal, è solo barbarie.

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  21. Astrolabio, in un sistema corretto sono convinta che funzionerebbe così come dici tu. Ma siamo in Italia, dimentichi? Le scuole private non farebbero pagare meno agli studenti promettenti. Gli studenti promettenti in banca si sentirebbero ridere dietro a chiedere un prestito, perché le banche in Italia li concedono solo dietro garanzie di beni di famiglia. Inoltre un laureato anche con il massimo dei voti si vedrebbe comunque passare avanti il figlio cretino dell’amico dell’amico, e finirebbe a lavorare part time in un call center, per di più oberato dai debiti di studio. E’ già così, figuriamoci togliessero anche quel poco di scuola pubblica che resta.
    Purtroppo, o per fortuna, non ho vocazioni a fare golpe. 🙂

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  22. Io nella scuola pubblica sono entrata per concorso, e senza alcuna raccomandazione. Sono convinta che bisognerebbe assolutamente valutare meglio i metodi di reclutamento e anche avere la possibilità di allontanare parecchi che non dovrebbero stare in cattedra perché sono incapaci. Da alunna, però, ho avuto esperienze nella scuola privata, e non sono state esaltanti. Le tue proposte mi sembrano molto interessanti, anche se io la scuola pubblica la terrei anche alle supeiriori: più che altro incentiverei l’autonomia scolastica dei singoli istituti, anche nell’assunzione dei docenti, e darei loro risorse finanziarie più dirette, per rispondere meglio alle esigenze del territorio.

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  23. in merito a questo:
    “Punto12: Cazzo, offrendo a tutti una istruzione gratuita non sto rubando niente: L’istruzione non è un lusso, è un DIRITTO riconosciuto a livello internazionale. Se TU non mi permetti di istruirmi sei TU che rubi a me qualcosa a cui ho diritto. Ficchiamocelo bene in testa, questo: è come se mi privassi dell’aria o del cibo. Già, immagino che tu sosterrai che è legittimo lasciar morire di fame e di sete chi non si può permettere di pagare. Ma questo non è liberismo, Vaal, è solo barbarie.”

    supponiamo che io sia un essere umano che vive nel diecimila AC, la mia nistruzione è evidentemente carente, vivo con la mia tribù di caccia e raccoltà, non so ne leggere ne scrivere. visto che sono un essere umano e dotato di pari diritti degli altri esseri umani, quindi ho diritto all’istruzione, che non è un lusso ma un diritto.
    eppure anche se vorrei tanto istruirmi, l’istruzione non mi viene fornita, neanche le divisioni a due cifre e le tabelline, quindi stando al ragionamento di cui sopra, qualcuno mi sta derubando.
    Ma esattamente CHI mi sta derubando?
    chi ha derubato l’uomo del neolitico della sua giusta istruzione?

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  24. “Ma siamo in Italia, dimentichi? Le scuole private non farebbero pagare meno agli studenti promettenti.”

    non si capisce perchè, visto che in altri settori è una cosa comune, sconti per studenti in pizzerie cinema musei ecetera, e non solo, la differenziazionie dei prezzi è una cosa assai comune.

    “Gli studenti promettenti in banca si sentirebbero ridere dietro a chiedere un prestito, perché le banche in Italia li concedono solo dietro garanzie di beni di famiglia.”

    non è vero li offrono anche se hai un reddito fisso ad esempio, e poi non si può ragionare così, anche ai tempi della precarizzazione del lavoro si diceva che se non hai lavoro fisso niente mutuo, in realtà piano piano le cose sono un po’ cambiate, e quando il lavoro fisso non esisterà più le banche saranno costrette a dare prestiti anche a chi è precario.
    in realtà basta che un solo capitalista decida di prestare a universitari e diventerebbe ricco, (or come ora no, perchè le scuole non sono garanzia di qualità, ma col sistema sopra sì.).

    “Inoltre un laureato anche con il massimo dei voti si vedrebbe comunque passare avanti il figlio cretino dell’amico dell’amico, e finirebbe a lavorare part time in un call center, per di più oberato dai debiti di studio.”

    io li voglio proprio vedere alla luxottica che assumono il figlio cretino dell’amico dell’amico di delvecchio invece del phd al MIT, mentre il phd al mit fa l’operatore call center. il nepotismo funziona solo nel settore pubblico, in italia il privato funzionerebbe meglio del pubblico proprio perchè fanno tutti i magnoni e non hanno il minimo senso civico, ma se per disgrazia si accorgono che facendo così ci perdono soldi allora col cazzo che lo fanno.

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  25. hahaha (per l’ultimo commento di astrolabio, che era serio, e io pure)

    giusto due puntualizzazioni:

    4a: che sotto casa mia ci sia una scuola di musulmani non mi fa più paura che se ci fosse una scuola di comunisti.

    “Negli Stati totalitari i professori vengono licenziati se non si attengono alle disposizioni del regime. Ma in quegli Stati anche il liberalismo non è tollerato, quindi, come vedi, le tue scuole private, sotto una dittatura, non potrebbero avere alcuna libertà: difatti le scuole private in Italia sotto il fascismo non avevano alcuna possibilità di insegnare qualcosa di diverso dal programma deciso del Pnf.”

    Già, lo statismo porta dittatura che porta controllo dell’istruzione. Orbene?

    Gli altri punti a mio parere non meritano ulteriori commenti o argomentazioni rispetto a quelli che ho già dato.

    Questo però è da controbbattere:

    “Punto12: Cazzo, offrendo a tutti una istruzione gratuita non sto rubando niente: L’istruzione non è un lusso, è un DIRITTO riconosciuto a livello internazionale. Se TU non mi permetti di istruirmi sei TU che rubi a me qualcosa a cui ho diritto. Ficchiamocelo bene in testa, questo: è come se mi privassi dell’aria o del cibo. Già, immagino che tu sosterrai che è legittimo lasciar morire di fame e di sete chi non si può permettere di pagare. Ma questo non è liberismo, Vaal, è solo barbarie.”

    Stia calma, Galatea, non si agiti. Il fatto che sia un DIRITTO (si scrive proprio così, tutto maiuscolo?) riconosciuto anche fosse a livello mondiale non mi interessa manco per niente. Non è una legge divina, non è un diritto oggettivo, di questi diritti stupidi inventati di tanto in tanto per far piacere gli intellettuali non so che farmene.
    offrendo a tutti una istruzione gratuita non sto rubando niente <–stai rubando a tutti coloro che stanno pagando perché tu possa esperimere le tue idee personali & soggettive & assolutamente opinabili di uguaglianza. (vedi in seguito, dopo il rigo vuoto che segue)

    Se TU non mi permetti di istruirmi sei TU che rubi a me qualcosa a cui ho diritto. <—quest'atteggiamento è da combattere, ed ecco:
    non dandoti i miei soldi non sto impedendoti niente, perché i soldi sono DI MIA PROPRIETA' e decido io a chi darli o per cosa spenderli. Il fatto che tu pretenda di avere dei "diritti" che dichiari tali solo perché sono riconosciuti a livello internazionale non ti dà "IL DIRITTO" di derubarmi (perché è esattamente ciò che fai, e non è una metafora). (questo mi fa capire molto di te: ciò che è universalmente accettato è vero? In Russia era giusto rinchiudere i contestatori nei gulag, giacché tutti gli altri avevano IL DIRITTO a tutto ciò che saltava in mente al partito, e chi non collaborava "rubava" (secondo la tua super ambigua definizione) qualcosa a cui gli altri avevano diritto?).

    (questo non c'entra con la mia estrazione sociale, non vedo perché devi mettere in mezzo queste cose, potrei essere povero o ricchissimo, cosa c'entra? Stai dicendo che sono uno che si crea la giustizia personale sul momento? No, no, no.)

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  26. Ho letto con molto interesse questo post e non posso fare a meno di esprimere i miei apprezzamenti per le lucide analisi che Galatea ha fatto e che condivido.
    Vorrei aggiungere una cosa; la scuola non può e non deve funzionare come una azienda: gli studenti non sono oggetti o serbatoi da riempire con nozioni o con attività pratiche manuali.
    La scuola svolge un ruolo di formazione, educazione, integrazione all’interno di una società, deve sviluppare le capacità critiche e intellettuali degli studenti e non deve imporre concezioni religiose o ideologiche, come si vorrebbe da parte di coloro che hanno una concezione dualistica secondo cui lo Stato sarebbe il male e il mercato liberista il bene.
    Per quanto riguarda le materie: è inutile dire che sono d’accordo con Galatea quando afferma che non esistono materie inutili.
    Chi dovrebbe stabilire e attraverso quali criteri sarebbero utili o inutili certe materie?E’ forse inutile la letteratura? E’ inutile il tentativo di apprendere una lingua straniera?
    E’ inutile lo studio delle lingue morte quali il greco e il latino?
    E’ inutile la storia, la geografia, la filosofia?
    O è forse inutile la storia dell’arte? La biologia, la chimica, la fisica?
    Vorrei chiedere a Vaal quali sarebbero le materie inutili e perché secondo lui sarebbero tali.

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  27. jazztrain, mi sembra di aver risposto ampiamenti nei commenti di cui sopra. Io non posso dirti quali sono le materie utili e quali inutili. Tu non puoi farlo e nemmeno Galatea. Il mercato, in un certo senso, sì.

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  28. Le cose non cambieranno se la scuola pubblica non verrà liberata dall’essere anche e spesso un deposito di fannulloni assunti per clientelismo, non tutti ovviamente ma comunque sempre troppi.
    Se un postino fa il lavativo la posta arriva in ritardo o qualche volta non arriva affatto ma se un insegnante non insegna o insegna male rovina i ragazzi per sempre.
    Questo non potrà avvenire fino a che sarà pubblica, quindi in primis in mano ai politici. Le mie esperienze si riferiscono al primo dopoguerra e anche se già allora vi erano eccezioni i miei insegnanti furono in massima parte responsabili e capaci.
    Non così quelli dei miei figli (di gran lunga peggiori le donne) figli del 68 e dei suoi voti “politici” di gruppo.
    Sono certo che tra le tue conoscenze ci sia o ci sia stato qualche emulo di Capanna, uno dei più schifosi opportunisti che ho visto nella mia vita.

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  29. Vorrei farvi leggere un post di un mio amico che è un professore da diversi anni.

    Vorrei farvi notare lo stile nell’esporre i fatti, si esprime non in termini di ragionamenti, ma parla con il cuore con l’anima:
    in sostanza ragazzi, se vi state preparando per diventare avvocati, politici o affabulatori, non dimenticate questa semplice e fondamentale cosa-comunicate con tutto il vostro essere e non solo con la ragione.

    Il mio amico si chiama Scorfano e il suo pezzo che vi pregherei di leggere con attenzione è il seguente:

    Lo spunto mi è venuto da questo commento di ieri (lasciatomi da lasuoceradelbabau, che ringrazio). Vi si parla di avvocati e di famiglie protettive e di suggerimenti tra il larvato e il minaccioso, a proposito della valutazione dei figli. Sono atteggiamenti quasi incredibili, che vorrei tanto smentire, ma che invece mi tocca confermare, anche se indirettamente.

    Io lavoro in un liceo piccolo, in provincia, senza grossi problemi di questo tipo. Ogni tanto mi capita di dover affrontare qualche mamma iperprotettiva, qualche padre un po’ maleducato, a volte qualche ragazzo un po’ troppo pieno di sé. Ma mai molto più di questo, in realtà.

    Però parlavo pochi giorni fa con un collega del più prestigioso liceo classico della città (che è il più prestigioso anche perché è l’unico, a dirla tutta; nel senso che l’altro, quello frequentato dalla Gelmini, è privato, e non conta) e mi descriveva una realtà del tutto diversa, anche lui. Mi parlava di avvocati di famiglia; di lettere che arrivano al preside, scritte appunto da importanti studi legali, in cui si diffida la scuola dal «continuare a tenere certi atteggiamenti nei confronti del ragazzo xy». E gli atteggiamenti sono voti, in realtà. Qualche 4 o qualche 5; magari assegnato durante un’interrogazione che viene dopo tre giorni consecutivi di manifestazione, e quindi ritenuto inaccettabile da parte dei genitori e, evidentemente, del ragazzo stesso.

    Mi si raccontava di colloqui pomeridiani con le famiglie che durano sette o otto ore, perché ogni voto viene discusso, ogni parola viene vagliata e criticata, ogni compito assegnato viene valutato dalla famiglia dello studente nella sua maggiore o minore opportunità. Mi si raccontava di lamentele che arrivano fino alle minacce di ritorsioni politiche, fondate sulla conoscenza di questo o di quel personaggio. Mi si diceva di un preside che passa tutto il suo tempo lavorativo a ricevere delegazioni di studenti e di genitori, che si presentano come soggetti qualificati a insegnare agli insegnanti il loro mestiere.

    Il collega che mi diceva queste cose è un amico, e non ho nessun motivo per non fidarmi di lui; e infatti lo ascoltavo allibito. Poi, lo ripeto, a me non è mai capitato niente del genere; nemmeno quando lavoravo in una scuola privata della stessa identica città e avevo in classe figli e nipoti della classe imprenditoriale più ricca del nord Italia. Sono passati dieci anni e forse le cose sono cambiate; forse anche le lamentele hanno qualche ragione dalla loro parte; forse dovrei chiedere il trasferimento in una scuola del genere, per capire come le cose possano funzionare in realtà meno comode della mia.

    Ma, dopo quello che ho scritto ieri sull’amore delle mamme, oggi mi sentivo in dovere di scrivere anche questo, sulla degenerazione dell’amore di alcune altre mamme (e di alcuni padri, immagino proprio). Che diventa protezione e giustificazione a tutti costi; che diventa disprezzo del lavoro altrui; che diventa nostro futuro, tra qualche anno, di cui dovremo preoccuparci.

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  30. Quale mercato? Se stiamo parlando del mondo del lavoro, siamo fritti.
    A sentire qualcunoi sembra che gli imprenditori siano alla ricerca di personale altamente qualificato Ormai da pareccho tempo la preparazione- conoscenza per l’imprenditore non ha più alcun valore.
    Oggi il mondo del lavoro sfrutta la ” sacca dei precari” senza alcuna distinzione di istruzione, l’assunzione e’ garantita quanto più basso è il salario, e grazie a questa logica ci si ritrova con una massa notevole di lavoratori che offrorno il loro lavoro-cervello solo parzialemte, cioe’ per quello che vengono pagati.
    Non possiamo creare una scuola legata alle richieste del mondo del lavoro, anzi la scuola deve servire a creare una formazione globale e critica per la ricerca di nuove soluzioni e prospettive per il mondo del lavoro.
    Ritornando alla scuola privata, mi sembra che sia considerata una chimera,
    dove tutto è possibile e fruibile, purtroppo la realtà è molto diversa , infatti molte scuole private sono solo il punto di arrivo di studenti che non riescono nella scuola pubblica.
    Mi sembra scorretto e assurdo cercare di affossare la scuola pubblica, bisogna anzi fornire i mezzi che sono stati deviati verso interessi privati.

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  31. Per concludere la testimonianza diretta di lasuoceradelbaubau:

    L’atteggiamento qui descritto ha molto a che fare con la denuncia dei redditi di chi lo pratica, ed infatti anche lo scorfano afferma che è più tipico di un liceo prestigioso che di un altro tipo di scuola di una stessa città. Confermo, anche per quel che riguarda la mia città. Il cosiddetto “liceo prestigioso” riempie, ad esempio, qualche volta le pagine della stampa locale con casi di insegnanti dietro ai quali vengono aizzati stuoli di altrettanto prestigiosi avvocati. Magari questi insegnanti i torti che vengono loro ascritti li hanno davvero, però il modo di risolvere la questione non potrebbe essere diverso dal volgare “Lei non sa chi sono io”?
    Per la mia esperienza (lunga quel che basta e anche un po’ di più) posso dire che gli esempi migliori di genitori mi vengono dalle famiglie della zona periferica, magari rurale, di questo ameno luogo del ricco Nordest. Questi genitori educano ancora i loro figli al senso del dovere, mentre per certi genitori più cittadini e danarosi (ma non certo più colti o più educati) ai loro figli tutto è dovuto, e se le cose non vanno secondo le loro aspettative, fanno la voce grossa. E sfoderano il legale. Meglio questo o essere presi a cazzotti, come avviene in altre parti del nostro ridente Paese? Personalmente non saprei cosa scegliere, forse la randellata. Fortuna che ancora non mi sono messa nei guai. questione di tempo … Scusate la replica fiume.

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  32. Domanda da un milione di dollari: “Perché dovrei dare i soldi DI MIA PROPRIETA’ ad un ipotetico Vaaal che aprisse una scuola privata ?”. Più che un liberista sembra un personaggio di Giovanni Verga (ricordate “la ròbba méa” ?)

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  33. Non entro nel merito del post, mi basta dichiarare che sottoscrivo tutto quanto ha scritto Galatea e stop. Ma mi interessa l’atteggiamento mentale di vaaal per due motivi, connessi fra loro: 1) perchè il suo sistema di valori testimonia il fallimento della scuola pubblica. Se un ragazzo (perchè sei giovane, vero?, molto più giovane di me, almeno) intelligente, capace di scrivere praticamente non fare errori e di studiare, evidentemente ben preparato, arriva a disprezzare nei modi che ostenta la struttura che gli ha permesso di diventare così, c’è davvero una debolezza della struttura, però, 2) siccome penso che l’istituzione scolastica sia creata dal sistema sociale-economico-politico per perpetuarsi, evidentemente tale sistema è conflittuale e contraddittorio come la struttura che ha creato.
    Non giriamoci tanto intorno : il sistema che vuole distruggere la scuola pubblica è un sistema che vuole, semplicemente, che il più forte economicamente schiacci il più debole economicamente. E a culo tutto il resto. Non esiste altro valore che l’essere ricchi e poter spendere di più per comprare sempre di più di qualunque cosa. E anche se ciò che si desidera non è una “cosa” la si trasforma in merce così la si può comprare. In quest’ordine di idee, vecchio di circa 200 anni, Valore e Utile sono termini economici che non hanno nessun altro significato che quello denotativamente basico.
    Questo bellum omnium contra omnes da qualche parte lo chiamano liberismo ma non è altro che una visione disperata e arida dell’esistenza umana. Altro che Libertà!

    Per essere un liberista, caro vaaal, non sei riuscito bene. Un liberista è innanzitutto un libero pensatore che, come tale, non ha idoli.
    Immagino che a te sembri di dimostrare il tuo liberissimo status di liberissimo pensatore dichiarando cinicamente che “Il fatto che sia un DIRITTO (si scrive proprio così, tutto maiuscolo?) riconosciuto anche fosse a livello mondiale non mi interessa manco per niente. Non è una legge divina, non è un diritto oggettivo, di questi diritti stupidi inventati di tanto in tanto per far piacere gli intellettuali non so che farmene.”
    Immagino che con “diritto oggettivo” tu intenda il diritto relativo agli “oggetti”, ovvero a possedere oggetti (tipo la ferrari a cui tieni così tanto da infilarla nelle esemplificazioni che ritieni più significative). Se non è un diritto oggettivo quello allo studio, cosa lo è, oltre a quello di proprietà?
    Non certo la vita, perchè è legata alla salute e ho letto abbastanza dei tuoi post da avere conferma che, ovviamente, anche la salute (e perciò la vita) si compra o sennò ciccia. E’ un diritto oggettivo la Libertà? Ma se è un diritto oggettivo dovrebbero goderne tutti e non solo chi se lo può permettere economicamente. Insomma, voltiamola come ci pare, si torna sempre al diritto oggettivo inteso come proprietà di oggetti, beni, denaro.

    Immagino, in secondo luogo, che tu ritenga che questa sparata dimostri la tua natura di sostenitore della libertà di un individiduo anche contro il mondo.
    Invece no. Primo: non sei un libero pensatore perchè sei un idolatra: idolatri il libero mercato, di cui ci fornisci un’immagine fantasmatica e non realistica, tutta infarcita di idealismi (“dovrebbe”, “dovrebbe essere” “sarebbe”, “se” ipotetici che tu sembri condiderare del secondo tipo, quello della possibilità, e invece sono del terzo, ovvero dell’irrealtà ma comunque certo non del primo, quello della realtà). Tu parli del mercato come idea, come tua idea – non solo tua, comunque, tanti condividono le 4 nozioni di questo bignamino ricavato da riflessioni sette-ottocentesche comunque di grande calibro ma, in ogni modo, sette-ottocentesche, ma forse la struttura sociale dell’occidente è un po’ cambiata da allora, che ne dici? Ah, già: lo studio della storia dell’economia non è utile, visto che il mercato, cioè l’insieme delle compravendite e dei compravenditori, cioè tutti noi, non lo richiede e preferisce ricominciare ottusamente e ciecamente, sempre daccapo, il suo meccanismo acefalo di ricerca dell’Utile, ovvero del maggior profitto vs la minor spesa, in qualunque settore e con qualunque mezzo.
    Forse, studiare un po’ di storia aiuterebbe, sai, a evitare che, come scrivi tu, “ad ogni cambio di staffetta (e cioè ad ogni passaggio genitori-figli) i giocatori si ritrovino a ricominciare tutto da capo”.
    Secondo: tu non sei un libero pensatore perché a dispetto delle tue sparate come quella di cui sopra, non sei un sostenitore dei diritti dell’Individuo. Non solo, nei tuoi ragionamenti, l’individuo è sovradeterminato dal tuo dio-mercato ma, soprattutto, non “si fa da sè” perchè è comunque determinato dalla dotazione familiare. La famigghia, l’eredità familiare. Una risorsa come un’altra? Nossignore. Nella tua ottica tipicamente italiana, ovvero di familismo amorale, è LA risorsa. E chi non ce l’ha e subisce un handicap, si arrangi o si fotta. Dove sta la difesa della libertà dell’individuo in tutto questo? Nell’arrangiarsi, ovviamente. Tipicamente italico, appunto. E per niente liberista.
    E poi vedi, vaaal, lo Stato a cui pensi e che tanto detesti, non è altro che l’altro nome del tuo stesso idolo. Tu non fai altro, nei tuoi poco razionali ragionamenti (l’ossimoro è voluto, nel caso di venisse in mente di polemizzare tentando di cogliermi in contraddizione) che immaginare lo Stato al posto del tuo idolo buono, come un idolo cattivo e usurpatore. Ora, a parte che non si capisce, in termini logici,( in termini irrazionali lo si capisce eccome) perchè tu non vuoi concedere allo Stato quello che concedi al dio-mercato (non sono fatti da esseri umani entrambi? o gli “statalisti” sono delle demoiniache presenze mentre i “mercatisti” sono degli umani nel pieno delle loro libere facoltà? boh!), a parte questo, dicevo, ti svelerò in segreto che la realtà delle cose politiche-economiche-sociali non è per niente come tu la immagini, nè in un verso nè nell’altro.

    Lo Stato effettivamente costruito a partire dal progetto costituzionale vigente, quello Stato che tu e altri milioni come te cercano in tutti i modi di smantellare (ti sembrerà assurdo, tieniti forte) salvaguarda proprio il libero pensiero e i diritti dell’individuo. Sai perchè non te ne accorgi? Perchè lo Stato previsto dalla nostra costituzione pensa a TUTTI come individui e li pensa SOLI, LIBERI IN SE’, (in questo e solo in questo, ma è un dato imprescindibile, più che fondamentale) TUTTI UGUALI davanti alla stessa LEGGE. Lo so, capisco, lo vedo il fremito d’orrore che ti pervade alle parole che ho scritto in maiuscolo. Ma tutto questo è COMUNISMO!!! ti sento urlare inorridito.
    Eh no, caro (è un modo di dire) vaaal, è una forma avanzatissima di Liberalismo, quello che ha sconfitto il feudalesimo, con i suoi gruppi di uguali fra loro ma diversi da tutti gli altri con cui bisognava o accordarsi in un gentlemen agreement sempre precario o schiacciarli sotto lo stivale di ferro quando possibile. E’ il Liberalismo che ha sconfitto i totalitarismi (per i quali gli individui non erano nè soli nè liberi in sè) e che cerca continuamente, lottando con le armi della civiltà e della Legge, di convincere gli zucconi idolatri come te che io NON ho più diritti di te solo perchè ho più soldi e che quello che piace a me e a quelli come me che hanno tanti soldi NON è meglio di quello che piace a te solo perchè costa di più o perchè qualcuno ci guadagna tanto.
    La lotta di tutti contro tutti per guadagnare di più NON è l’unica dimensione in cui è possibile articolare le strutture politiche sociali ed economiche ma la tua idolatria per quel feticcio di dio-mercato che ti hanno agitato davanti te lo fa credere. Per questo sei un illuso poveroatté.
    E che tu sia molto povero (dentro, ovviamente) lo fa capire anche la frequenza con cui usi la parola “invidia” nei tuoi commenti qui sopra. Usata ovviamente così a sproposito che non può non colpire l’attenzione. Ti avranno detto che la prima gallina che canta ha fatto l’uovo, no?
    Pensa, di vizi capitali ce ne sono sette, e neanche una parola per non dico indicare ma almeno sottintendere gli altri 6, che sono tutti, se ci si pensa bene, vizi da ricchi (dentro e/o fuori).

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  34. Senti Gala, voglio sperare che ora tu non faccia un post di risposta alla risposta della risposta di Vaaal al tuo post originale, eh?
    Mica per niente, il mondo è bello anche perché è vario e ciascuno è libero di credere a tutto ciò che meglio ritiene.
    Ma siamo anche in agosto e fa parecchio caldo.
    Voglio dire… fiumi di parole per teorizzare (lasciamo perdere come) una società in cui gli individui abbiano titolo ad elementari diritti (istruzione, informazione, salute, ecc.) in virtù solamente del denaro che possiedono; con dinamiche totalmente guidate dal ‘mercato’.
    Una roba talmente medioevale e in sé talmente idiota che andrebbe liquidata con un semplice “Ma Vaaal a…”.
    Se non fosse che il copyright è del PD-ellino Ghedini.

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  35. Carissima,
    anzitutto un’osservazione storica: possibile che nessuno ricordi la legge 17 del 1971, e la successiva intesa (che per comodo chiamo Andreotti-Lama) che nell’ottobre del 1973 portò allo stesso livello il salario per tutti gli insegnamenti (aumentando del 20% scarso lo stipendio dei docenti di lettere e matematica, e del 40% quello dell’insegnante di applicazioni tecniche), comprese tutte le scempiaggini che non faranno mai parte di nessun trivio o quadrivio antico o moderno, parificate alle discipline fondanti con conseguenze facilmente immaginabili ma alle quali nessuno pensa, tanto che ci si riempie la bocca di “pari dignità delle materie” (che è tout court una connerie), tanto che si è arrivati alla pari indegnità, quella sì, fino ad avere tra i commentatori un semianalfabeta che insegna storia e filosofia al liceo?
    Osservo questa carenza storica perché il tuo post lascia intravedere (sai com’è: “balbuzie o non balbuzie, il linguaggio ha le sue astuzie”) una forma che si potrebbe dire grosso modo di antiberlusconismo che obnubila il dovere di conoscere, senza attenuanti anagrafiche, i dati storici. Come scrive Marcello, la rovina della scuola italiana è cominciata negli anni ’70, e siccome l’ho vissuta tutta a partire dal 1972 e da sinistra, è imputabile soprattutto appunto alla sinistra, per l’egualitarismo stupido comprensivo della sorda lotta contro il greco e il latino. Ora che l’hanno spuntata, per la disperazione di Concetto Marchesi (dopo tanto arrabbattarsi in parlamento oggi si rivolta nella tomba, quel povero grande senza pace), tutti, e mi stupisco che lo faccia anche tu, innalzano un coro di lamenti che negli anni ’80 erano grosso modo radical chic ma, ancor privi del nome di un capro espiatorio, si riferivano genericamente a un ritorno al privato e ad altre amenità del genere; mentre oggi finalmente, anche in questo campo*, hanno placato in Berlusconi il loro nominalismo.
    Ironia della sorte, quel poco di non indecente che è stato fatto dal 1974 ad oggi lo si deve proprio a una presunta escort (parlo della Gelmini, e uso un termine che tu hai scomodato).
    Tutti fingono di ignorare che l’errore storico, anzi, il peccato originale della sinistra che conta (quello per cui i Turati hanno sempre ragione da morti) non si limita ad alcune cosette come i cambi di nome: investe tutta una concezione della società. Da qui anche la decisione di sostituire una visione ancora classista, ma seria, dell’insegnamento, con una anche più classista, ma che fa pure strame di quell’articolo della costituzione che recita che “i capaci e meritevoli, pur privi… eccetera.
    Naturalmente ogni tentativo di porre oggi rimedio a 38 anni di scempio (taciuto con la solita ipocrisia dei nostri intellettuali di sinistra, così pronti a fare gli eroi di carta contro il nemico tremendo che opprime da tutte le parti) è destinato a fallire.
    Non ci credi? Leggiti il commento del tizio che si associa al coro scrivendo di non poter fare a meno (chiaro?) di esprimere i suoi apprezzamenti (stai messa male, Galatea) per le tue lucide analisi che condivide, e poi, ma guarda un po’, precisa che la scuola non è azienda etc. Sai che significa per questa gente? Non formalizzarsi troppo su errori di ortografia, su ridicole sintassi linguistiche e perciò mentali, sulle virgole randomatiche.
    Quando partecipano alla discussione personaggi di tal fatta, molto più numerosi di quanto si pensa e purtroppo per lo più giovani (sic), si può arrivare a un qualche risultato? Ricordi di aver accennato al trattatello del vecchio oligarca, che sarebbe interessante da rileggere? Ecco, con le dovute differenze, per non dimenticare Tucidide, siamo lì.
    Un tizio insegna filosofia ignorando il greco il latino e tutte le lingue moderne a partire dall’italiano, e parla di studenti che non sono oggetti o serbatoi da riempire con nozioni o con attività pratiche manuali: ma di che cosa dovrebbero temere gli studenti? Mai visto un vuoto che faccia il pieno di nozioni o di altro. Qui ha portato la lotta al nozionismo in mano a gente stupida e/o in malafede, che poi, non contenta, parla di formazione, educazione, integrazione all’interno di una società, e di sviluppo di capacità critiche e intellettuali; e infine, difendendo il latino e il greco (vade retro, defensor) li definisce, come una qualsiasi apprendista escort, “lingue morte”? A questo bisogna guardare, a: di queste molecole vive la realtà, non di generalizzazioni astratte. In questo modo i vari Vaal, che qualche ragione ce l’hanno, otterranno un trionfo.
    Sia chiaro: non si attacca nessuno, si parla di un archetipo dell’invadenza del volgo, il volgo dell’Ariosto, quello del “non dirò squadre, non dirò falange, ma vulgo e populazzo voglio dire, degno, prima che nasca, di morire”. Fa scandalo? Aboliamo la lettura dell’Orlando Furioso, ché tanto non lo legge più nessuno.
    Torno al dunque: una gigantesca e vergognosa colpa della sinistra, non a caso collusa con il barcamenarismo della DC, oggi viene trasformata in un processo alla TV e in particolare alla TV commerciale. Troppo banale, troppo, Galatea.

    * anche in questo campo perché il dovuto grado di parresia ed episteme, pur con tutta la eunoia di questo mondo, non può far chiudere gli occhi su una menzogna reiterata fino a che è stata credibile, con assoluto sprezzo del ridicolo anche da sotto le macerie di un muretto come quello che il salvifico comunismo aveva eretto per tener lontani i veleni del capitalismo: e il libro di Luca Telese è ancora poca cosa se si vuol far giustizia – e non si farà – di un fallimento storico e di un inganno politico colossale. Inutile girarci intorno: da lì non solo nasce la crisi della scuola, il disamore per l’inegnamento da parte dei giovani di valore, la corruzione di cui Platone nel Gorgia, ma sic et simpliciter la vittoria di Berlusconi e i successi della lega nord tra gli operai. E non ne abbiamo ancora viste abbastanza, con la celebrazione del 150° anniversario dell’unità di un paese voluto in un certo modo dalla Francia in funzione antiaustriaca, trasformato in altra cosa dall’Inghilterra in funzione antifrance, e soprattutto tanto vigliacco da non avere il coraggio di festeggiare se stesso il 20 settembre, e non nella ricorrenza di una guerra di conquista.
    Sarà il caso di ritrovare qualcuno che esorti di nuovo gli italiani alle istorie. Quelle vere, però.

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  36. p.s.

    Bisogna pur che precisi che ero d’accordo con quasi tutto quello che avevi scritto nel post precedente, e che da bastian contrario non sto a elencare le buone ragioni: dove non ci sono obiezioni, vuol dire che avevi già detto bene tu. Mi son limitato, ispirandomi al principio dell’albero del sapere, a fare ancora un po’ di strada in risalita, induttivamente.
    Ma una cosa dev’essere chiara: non c’è rimedio, e mi spiace per te che sei giovane. Un solo barlume di speranza: con questo governo reazionario è nata un’iniziativa, non disdetta da Prodi, che prevede una valutazione relativa all’efficienza delle scuole superiori sulla base dei risultati conseguiti dai loro studenti all’università. E’ tardi, ed è troppo poco, ma dà almeno la soddisfazione di rivelare quanto la “concorrenza” virtuosa voluta da quel fesso di Berlinguer con l’autonomia scolastica del 1999 fosse diventata una gara di lancio del diploma. E a muoversi contro questa iniziativa sono spesso alcuni tra gli istituti più “prestigiosi” di Roma e Milano, e anche della mia città.
    Notte, anzi, boa madrugada.

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  37. @->Vaal: a questo punto, caro Vaal, mi rendo conto che risponderti forse non serve più, perché non c’è terreno comune. A quanto pare tu non riconosci i diritti, non riconosci le leggi, non riconosci in realtà neanche il merito: riconosci solo i soldi, che sono tuoi, tuoi tuoi, e vivi nel terrore che qualcuno te li possa strappare… Ti inviteri però a non definire questo “liberismo”: da come lo descrivi è tutt’altro, come ti ha spiegato Caterina. Il liberismo è una cosa seria, che ammette la difesa del libero pensiero,rispetta la dignità di tutti gli individui, viene fuori dalla costola dell’Illuminismo e, come tutti i parti delle menti razionali, sa che anche il Mercato è un mezzo partorito dalla mente umana, non un Moloch cui si deve (e perché poi?) sacrificare qualsiasi cosa. La tua, invece, è una sorta di mentalità arcaica e chiusa, che vede solo, come ha scritto Area, la “Robba”, come un qualsiasi Mastro don Gesualdo sfigato.
    Ciò che mi consola profondamente è che ha ragione Area: il “mercato” farà giustizia di te, dato che il tuo egoistico isolamento non ti permetterà di sopravvivvere in un mondo-giungla come quello che vagheggi: non appena avrai finito i soldi, o non ne avrai abbastanza per permetterti quello che ti serve (non la Ferrari, magari una casa, una cura sanitaria etc) forse comincerai a ragionare su cosa vuol dire stare dall’altra parte. O forse no, ma sono cavoli tuoi: continuerai a strepitare a vuoto, pensando che tutti quelli che stanno attorno siano dei “comunisti” e che ti vogliono portare via i soldi, solo, incattivito, terrorizzato. Buona fortuna.

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  38. Forse latino e greco non sono una panacea, però io il latino obbligatorio lo rimetterei: aiuta non solo a comprendere meglio la grammatica, ma anche ad allenare il pensiero, costruire periodi sintatticamente complessi, costringe a praticare la concentrazione…insomma, serve a prescindere. Nel ’71, effettivamente, non ero ancora nata. Quindi sono un prodotto della scuola successiva: non mi pare di essere riuscita così male. Per altro, posso dire una cosa? al Liceo ho avuto quasi tutti insegnanti sessantottini, tranne una, una sedicente liberale che ce l’aveva a morte con i laureati del ’68 e faceva comizi politici invece di insegnare: lei era una iattura (mitica la volta che spiegò tutto Aristotele in sei minuti e venti secondi, o sbagliò allegramente Schopenauer con Kirkengaard), mentre i sessantottini erano bravissimi, cattivissimi e severamente meritocratici. Ho un ottimo ricordo delle mie scuole pubbliche, forse per questo le difendo con affetto, nonostante le magagne siano tante.
    Quanto alle colpe della sinistra, sì, lo so sono tantissime: ha affossato il sistema che giudicava (giustamente) classista ma senza costruire qualcosa di alternativo. Invece di dare a tutti la possibilità di studiare materie prima riservate a pochi, ha semplicemente abolito le materie formative, non rendendosi conto che così chi può le studia lo stesso e gli altri restano ciucci. E continua allegramente a farlo, senza un minimo di autocritica. Non glielo so perdonare e mi ci incazzo ogni volta, credimi.

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  39. chi diavolo vuole i tuoi soldi? (ammettiamo?)

    Il privato è bello perché non ruba i soldi a nessuno. Il pubblico sì.

    (e non sto parlando del falso privato italiano, ma del vero privato che è l’unico che meriti tal nome)

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  40. Vaal hai tutta la mia simpatia…un tempo ero come Te…ma poi si cresce…e non lo dico per dire…pensa il mio idolo era Paperon de Paperoni..sono cresciuto indottrinato senza saperlo del liberismo più becero…ma poi un giorno ho scoperto Schrunch e da lì ho cominciato a capire…qualcosina di più.

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  41. @-> Vaal sei poi cosi sicuro della capacità di quello che definisci “libero mercato” sia in grado di autoregolarsi da solo e di garantire ottimi servizi? La recente crisi economica mi sembra abbia dimostrato il contrario, mi vengono in mente i diversi “salvataggi” di banche ed imprese a cui sono stati costretti molti stati. Secondo te avrebbero dovuto farli fallire e chi si è visto si è visto? Nel ’29 accadde una cosa del genere e dato che hai avuto la possibilità di avere una buona istruzione dovresti ricordare quali siano stati in seguito i costi politici e sociali.
    Seguendo il tuo ragionamento una scuola privata che dovrebbe prosperare offrendo eccellenti servizi in cambio del pagamento della retta in un regime di libera concorrenza anche con il pubblico ma come si spiega allora l’insistente e costante richiesta di finanziamenti pubblici da parte degli stessi istituti privati?

    Charlot

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  42. ha-ha-ha, secondo il vostro punto di vista devo essere un folle.
    Visto che ti piacciono tanto le profezie, Gal., potrei dirti: quando ti prenderanno tutto, in nome di un “bene sociale” di cui inizierai a sospettare, quando la tua barca nella quale tutti vivono alle spalle degli altri inizierà ad affondare, forse ti renderai conto che ti è sfuggito qualcosa. Comunque non voglio assumere il vostro stesso orribile atteggiamento, quindi fai finta che io non l’abbia detto.

    (il mercato non è un mezzo partorito dalla mente umana, così come vediamo l’organizzazione di una colonia di formiche non è partorito dalla mente delle formiche. Questo è uno dei vostri tanti errori imbarazzanti)

    “La tua, invece, è una sorta di mentalità arcaica e chiusa, che vede solo, come ha scritto Area, la “Robba”, come un qualsiasi Mastro don Gesualdo sfigato.”
    (questo volevo solo copincollarlo, è sempre bello vedere come si rivelano utili gli studi di letteratura italiana, haha)

    Il commento di cancaterina è così schifoso in ogni suo punto e in ogni sua più piccola bastarda e fastidiosissima accusa nei miei confronti nonché per l’atteggiamento paternalistico di chi pretende di parlare solo in nome dei tanti anni di esperienza (;) che non mi fa venire in mente nulla, a parte una pernacchia (in parte rabbiosa, devo ammettere, perché a quanto pare accuse come “essere povero dentro” o “mancare di valori” (intendete i Giusti Valori, cioè i vostri, vero?) e “essersi informato con 4 nozioni del bignami” si sprecano.)

    Vabbè, per quanto mi riguarda sono almeno riuscito ad organizzare alcuni pensieri in una maniera abbastanza decente.

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  43. “il mercato non è un mezzo partorito dalla mente umana”.
    Anche questo bisogna che me lo segni…evidentemente è il frutto di una Rivelazione divina, anzi è proprio Dio. Spiacente, sono una bieca illuminista, non credo in nessun tipo di Assoluto: è un altro portato di aver studiato filosofia in maniera seria, Vaaal. Ciao ciao, stammi bene.

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  44. Invito Vaaal a leggersi, tanto per iniziare, Max Weber (almeno “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” e “Storia generale dell’economia”).
    Invito Galatea a leggersi, quale esempio di lluminista nostrano, Francesco Mario Pagano nel suo “Progetto di Costituzione della Repubblica Napoletana”, per capire che “il libero barbarismo” di Vaaal ha qualche radice anche nell’illuminismo.
    Voglio poi precisare che la capacità di sintesi e di semplificazione dovrebbe essere propria degli insegnanti. Cerchiamo di evitare interventi prolissi e logorroici (con questo caldo).

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  45. OVVIAMENTE (OVVIAMENTE (OVVIAMENTE)) non intendevo dire che il mercato è una cosa propria di Dio ecc.

    Ma il mercato NON E’ partorito dalla mente umana. RIGUARDA la mente umana, ma non è da essa concepita. Così come l’evoluzione umana RIGUARDA l’uomo, ma non è partorito dall’uomo. Il mercato è un sistema emergente. (potrebbe anche essere immorale, come l’evoluzione [anche se a mio parere non ha senso dirlo], ma rimane un sistema emerg.)
    [potresti essere non d’accordo con ciò, ma non mi sembra il caso di prendere per il culo tale definizione in maniera così leggera]

    “è un altro portato di aver studiato filosofia in maniera seria, Vaaal”

    che atteggiamento classista verso chi ha fatto uno stupido istit. tecn. industriale (: p )

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  46. ciao Charlot, poni delle domande che sono INTERESSANTISSIME (tutto maiuscolo e quasi urlato) e mi fa così tanto piacere risponderti che potrei scoppiare.

    Mi permetto di mettere in dubbio la tua convinzione che la recente crisi economica sia causata dal capitalismo. Anziché dilungarmi in merito ti linko questo bello e non troppo complicato articolo da La voce del gongoro:

    http://gongoro.blogspot.com/2009/03/il-mito-del-laissez-faire-come.html
    (da lì puoi andare alla seconda e terza parte)

    Per la seconda parte del tuo post: se le scuole private chiedono soldi vuol dire che non riescono ad attrarre abbastanza clientela, in altre parole “non fanno abbastanza bene il proprio lavoro”. Non solo mi sembra normale che debbano fallire, ma mi sembra anche giusto.
    Non è vero che TUTTE le scuole private debbano chiudere se non ricevono finanziamenti pubblici. Ne abbiamo tanti esempi in tutto il mondo (questo perché l’istruzione è un valore per molte persone, cioè sono disposte a pagare per essere istruite, c’è una domanda di istruzione bla bla)
    Chiedere soldi pubblici è un modo come un altro con cui lobby che riescono ad alzare la voce e ad intrallazzare in maniera arguta con i politici possono scavalcare il sistema del libero mercato per assicurarsi soldi senza preocccuparsi di fare un buon lavoro. E’ ciò che succede ovunque in italia e in america (e lo chiamano capitalismo).

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  47. La scuola privata. Vediamo. L’ho frequentata per un paio d’anni, quando pensavo che ottenere un diploma di corrispondente interprete mi avrebbe dischiuso le porte del mondo del lavoro più facilmente.
    Scuola privata, dunque, a conduzione familiare, età media degli insegnanti 70 anni (non sto scherzando, quella di stenografia si avvicinava agli 80).
    Retta salata, promesse che il loro diploma sarebbe stato un lasciapassare per il successo. Programma di studi vecchio di almeno vent’anni. Ci facevano studiare dattilografia su macchine per scrivere anteguerra (parlo degli anni 80, c’erano già le elettriche). Favoritismo sfrenato nei confronti dei “figli e figlie di”.
    Conseguito il diploma scopro che non ha alcun valore legale.
    Ho detto tutto?

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  48. @->Buboreale ed Area: sì, effettivamente questa discussione sta diventando un dialogo fra sordi, completamente inutiile peraltro, visto che le posizioni mi sembrano cristallizzate e stiamo ampliando le contestazioni a tutto lo scibile umano. Per quanto mi riguarda la finisco qui.

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  49. ““il mercato non è un mezzo partorito dalla mente umana”.
    Anche questo bisogna che me lo segni…evidentemente è il frutto di una Rivelazione divina, anzi è proprio Dio. Spiacente, sono una bieca illuminista, non credo in nessun tipo di Assoluto: è un altro portato di aver studiato filosofia in maniera seria, Vaaal. Ciao ciao, stammi bene.”

    studiato filosofia in maniera seria ma a quanto pare tralasciato biologia e microeconomia (teoria dei giochi) visto che a quanto pare il concetto di istituzione emergente ti è alquanto oscuro.

    secondo te i termitai vengono progettati dalle termiti architetto, gli alveari dalle api architetto e gli esseri umani da un qualche intelligent designer presente nel dna?

    No, sono risultati delle sommatorie di singoli comportamenti adattivi non organizzati da una mente.

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  50. Posso umilmente esternare tutta la mia gioia nel riconoscere tra noi un convinto seguace ed asertore del “capitalismo laissez-faire” che solamente chi sarà capace di sorbirsi 1100 pagine del “prestigiosissimo” trattato “Capitalism – A Treatise of Economics” di G. Reisman potrà davvero apprezzare sin nel profondo?
    Ueilà signori, stiamo parlando del capitalismo “vero”, quello buono e giusto, insomma, mica cotiche.
    Sinteticamente, dal link Vaaliano (che tutto il resto è solo della gran fuffa):

    Il capitalismo laissez-faire è un sistema politico economico basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione nel quale i poteri dello stato sono limitati alla protezione dei diritti dell’individuo contro l’uso aggressivo della forza fisica. Questa protezione si applica all’uso aggressivo della forza fisica da parte di altri privati individui, di governi stranieri e, soprattutto, del proprio governo. In quest’ultimo caso si realizza con mezzi quali una costituzione scritta, un sistema di divisione dei poteri e di pesi e contrappesi, una dichiarazione dei diritti esplicita e la vigilanza perpetua da parte di una cittadinanza con il diritto di possedere e portare armi. Nell’ambito del capitalismo laissez-faire, lo stato consiste essenzialmente solo di una forza di polizia, di tribunali, e di una struttura per la difesa nazionale, che scoraggia e combatte coloro che iniziano l’uso della forza fisica. E niente di più.

    Vabbè… giusto perché siamo al 20 di agosto e fa parecchio caldo, voglio astenermi dal commentare ulteriormente questa gigantesca str… anezza para-ideologica sull’intrinseco valore del concetto di “libero mercato”.

    Va bene sopportare il caldo, ma i nefasti effetti che il medesimo produce quale effetto collaterale, compresa l’incapacità di sintesi di alcuni, può essere in alcuni casi clamorosamente devastante. 😉

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  51. Wow, leggere tutto è stato impegnativo!
    Ho varie cose da commentare:
    – scuole private
    diplomifici a parte hanno tre vantaggi che non menzioni:disciplina, organizzazione, assenza di prof completamente incompetenti. Se alla fine non emergono rispetto alle pubbliche credo sia per i diplomifici di cui sopra; per il resto concordo con la tua analisi (ho fatto le superiori dai preti, il resto alle pubbliche)

    -scuole pubbliche americane
    sono molto segmentate, la regola di base è che sono buone nei quartieri ricchi e pessime nei ghetti.Uno dei fattori determinanti nel prezzo delle case è il distretto scolastico!
    Da un’ occhiata qui: http://www.noisefromamerika.org/index.php/articoli/Stuyvesant__e_il_sogno_americano

    -scuole pubbliche italiane
    è falso che diano risultati uniformi: l’ indagine PISA per le competenze matematiche a nord-est dava risultati da scandinavia, al sud da maghreb.
    Non so quanto si possa estendere il discorso alle altre materie, ma ritengo probabile che ci sia una certa continuità

    -Milton Friedman
    ne ho letto un po’, e lo riconosco poco nei brani (corretti ma parziali) riportati da vaaal.E’ un liberista di ferro, ma molto più attento alle esigenze dei poveri di quanto lo si dipinga.
    In sostanza non mette in dubbio il diritto allo studio e ritiene che lo stato debba garantire a tutti pari opportunità di sviluppare i propri talenti.Contestra la pretesa di garantire parità di risultati (come a dire: il povero ha diritto di diventar ragioniere a spese dello stato, se poi il ricco ha migliori contatti o si sa vendere meglio non è un problema dello stato) ed il mezzo dell’ istruzione pubblica.
    La soluzione che propone è questa: se la scuola pubblica costa X € ad allievo, diamo a ciascun allievo un voucher da X euro da spendere nella scuola (pubblica o privata) che preferisce.Lo stato garantisce condizioni minime (come oggi per le private, magari un po’ meno stringenti) cui le scuole devono attenersi per accedere ai voucher.Ha l’ indubbio vantaggio di mettere in concorrenza le varie scuole, pone alcuni problemi di copertura nelle zone poco popolate e questioni controverse, visto che lo stato finanzierebbe scuole cattoliche, islamiche, scientiste, marxiste e quant’altro, e che i ricchi potrebbero integrare il voucher con un’assegno per accedere a scuole d’elite.Tutte cose controverse, anche se a me non creano nessun problema.

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  52. Dimenticavo: il discorso di vaaal sull’ ‘utilità’ secondo me ha un po’ di senso se applicato a scuole professionalizzanti, come gli isittuti tecnici.Anche qui non lo prenderei alla lettera.

    Ed un’altra cosa: il precariato da call center è un fenomeno legato all’ orientamento scolastico: ingegneri, economisti o fisici finiti così non ne conosco.

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  53. Non mi va di polemizzare con un personaggio acido, frustrato e in perenne malafede come l’esimio prof. che si permette di esprimere giudizi apodittici su di me e che ostenta più volte in modo semplicemente insopportabile la sua pedante e noisisima saccenza scolastica.
    Il fatto stesso che perda tempo a ricoprirmi di insulti la dice lunga sul misero livello di questo patetico omuncolo che si vanta di essere nello stesso tempo (senza accorgersi della palese contraddizione) accademico della crusca e difensore della purezza della lingua ITALIANA, nonché elettore dichiarato della Lega Nord, di un partito che non nasconde le sue volontà secessioniste, la sua cultura razzista e la sua visione greve e gretta figlia di una cultura provinciale e gretta.
    Su di lui non esprimo alcun giudizio, le sue parole si qualificano o meglio si squalificano da sole.

    Vaal ha risposto in modo alquanto generico dicendo che il mercato avrebbe dato una risposta.
    Risposta alquanto debole oserei dire, che rafforza in me una concezione secondo la quale i liberisti all’italiana hanno una concezione fideistica e religiosa del Mercato.
    Come se questo, dotato di poteri divini, stabilirebbe quali siano le materie utili e quali siano le materie inutili.

    Vaal adotta senza volerlo il principio di ragion sufficiente.
    Attraverso questo principio cui è necessaria e sufficiente quella materia che rispetta i criteri di Mercato, mentre non è necessaria e sufficiente ciò che non è.
    Dividiamo le aree disciplinari in scientifico e umanistiche: le aree scientifiche potrebbero avere una funzione e potrebbero essere utili al Mercato, mentre quelle umanistiche sarebbero immediatamente tagliate fuori.
    Che ruolo avrebbe all’interno di una società di mercato lo studio del greco e latino?
    La storia o la geografia, o meglio ancora l’astratta e astrusa metafisica?

    Questo è il nocciolo del problema ed è per questo che non è possibile adottare un metodo che ricorda quella dei medici napoleonici che, durante le famose battaglie del Generale corso, erano solito amputare le carni martoriate dei feriti.

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  54. Al limite, si potrebbe fare all’inverso: Posto che il costo che ogni abitante paga per la scuola pubblica è X, se tu mandi tuo figlio alla scuola privata te lo decurto dalle tasse, visto che non usufruisci del servizio. Poi, è ovvio, una cosa del genere la puoi fare solo dopo aver abolito il valore legale del titolo di studio. E restano comunque i problemi che hai segnalato tu, per chi si trovi in aree dove le scuole private non ci sono perché magari non è conveniente aprirle.

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  55. “Ed un’altra cosa: il precariato da call center è un fenomeno legato all’ orientamento scolastico: ingegneri, economisti o fisici finiti così non ne conosco.”

    sono daccordo, il fatto è che i tontolotti al dams studiano quasi “gratis” (leggasi pagati da gente che è andata a spaccar le pietre appena diplomata).
    quindi uno allegramente si iscrive a scienze dello spettacolo, e siccome gli hanno detto che lo studio è un diritto, il lavoro è un diritto, il posto fisso è un diritto ecceter si iscrive allegramente per poi pretendere che qualcuno lo accolga a braccia aperte e piene di soldi per fargli organizzare feste spettacoli teatrali integrazione con extracomunitari e tutto quello che la sua mente sinistrorsa è stata in grado di concepire durante gli anni di studio.

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  56. @->Vaaal: ““è un altro portato di aver studiato filosofia in maniera seria, Vaaal”

    che atteggiamento classista verso chi ha fatto uno stupido istit. tecn. industriale (: p )”

    No, non è atteggiamento classista: se vieni qui e sdottori, devi accettare che tu venga criticato per ciò che non dimostri di padroneggiare. La filosofia puoi anche imparartela per conto tuo, senza andare in una specifica scuola.
    E poi, Vaaal, scusami, ma entri in contraddizione con quanto sostieni: io ho fatto il classico, quindi ho acquisito (perché i miei genitori me l’hanno pagata) una istruzione superiore in filosofia, che i permette di sfoggiare citazioni più colte delle tue. I tuoi genitori non ti hanno pagato un liceo e tu di filosofia non sai un’ostrega? Cazzi tuoi. E’ il liberismo, bellezza.
    PS:Vedi che quando ci si trova dalla parte sbagliata scoccia?

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  57. “Come se questo, dotato di poteri divini, stabilirebbe quali siano le materie utili e quali siano le materie inutili.”

    Questa è una frase che, nel contesto, risulta davvero notevole.

    Saluti

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  58. Mi sa che ti è sfuggito uno dei punti fondamentali: le scuole pubbliche non sarebbero più finanziate direttamente dallo stato, ma tramite gli alunni.
    Questo è il nocciolo dell’ idea, perchè fornirebbe ai presidi ed agli insegnanti l’ incentivo ad attrarre alunni, pena la chiusura o il ridimensionamento della scuola.Più che la dicotomia pubblico/ privato interessa fornire alle scuole gli incentivi giusti.
    E poi il rimborso obbligherebbe la famiglia a finanziarsi per l’ importo della retta, discriminando i più poveri (perlomeno nella libertà di scelta).
    Premesso che in un post puoi al massimo delineare l’ idea in genarale e non discutere i dettagli, credo che non ci siano grossi problemi per le zone disagiate: basta aprire scuole pubbliche sovvenzionate dallo stato, come avviene oggi.Solo che oggi rischiamo di sovvenzionare scuole inefficienti anche in città.
    Di sicuro ci sarebbero scuole che attirerebbero alunni con le promozioni facili, specie se manteniamo un valore legale ai titoli di studio e l’attuale peso dello stato nell’ economia, causa prima di quasi tutti i favoritismi.
    Il sistema, per quanto prfettibile, mi piace.Soprattutto non mi sembra liquidabile come una truffa ai danni di chichessia.

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  59. haha ma che cazzo dici!, dio santo

    (a parte che chi sembra non padroneggiare alcuni concetti (es. a quanto pare credi che “il mercato non è un mezzo partorito dalla mente umana” voglia dire “il mercato è dato all’uomo da una divinità”, cosa abbastanza imbarazzante) sia tu)

    il resto del tuo ragionamento è sbagliato, deduci da ciò che dico ciò che io non dico né penso e che non hai il diritto (haha) di dedurre (ad esempio che giacché tu hai pagato di più per la tua istruzione tu sia più intelligente di me, e puoi sfoggiare citazioni più colte* delle mie. Uh uh uh)

    *ma non ti vien da ridere a scrivere ‘ste minchiate?!

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  60. No, confesso che non so che cosa si intenda per “istituzione emergente” perché non ho mi studiato la teoria dei giochi, ma se mi dai un link o una bibliografia mi attrezzo.
    Presumo però, da quello che dite, che sia una struttura che emerge “in maniera spontanea”, per sommatoria di comportamenti istintivi messi in atto dagli individui di un gruppo. Quindi, il mercato sarebbe una specie di istituzione “naturale”?
    Può essere, non ne dubito. Ma non il tipo di mercato vagheggiato da Vaaal (vedi i suoi commenti sopra) che è, in buona sostanza una legge della giungla in cui chi ha i soldi può tutto e non dà niente a chi non ne ha. Se non sbaglio le società in natura non si strutturano così: dal momento che l’uomo è un individuo sociale, sa bene che, neppure se è ricco, può vivere isolato, quindi ha sempre costruito società in cui la solidarietà ed il mutuo soccorso sono presenti. Del resto, proprio in base alle leggi della selezione naturale, se gli istinti di solidarietà non portassero vantaggio agli individui, essi sarebbero già scomparsi. O no?

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  61. Veramente finora l’unico che ha citato qualcuno è stato vaal citando friedman.

    in realtà mi sembra che dal punto di vista filosofico ti sia persa tutto il dibattito sull’etica tra i filosofi analitici negli anni 70.

    Rawls Vs Nozick ed es.

    ti dice niente? No eh. Beh sappi che si vede da alcune affermazioni particolarmente naif (la scuola pubblica è un diritto, sei un egoista eccetera eccetera senza che sto qui ad elencarle tutte).

    Ok, magari il programma del classico degli anni 80 non prevedeva le questioni del decennio precedente, comunque visto che come dici la cultura uno se la può far da solo consiglio vivamente di aggiornare la propria biblioteca con:
    Robert Nozick “anarchia, stato e utopia” (1974)

    prima di dare dell’egoista a vaal senza argomentare, essendo nozick un analitico sono quasi 400 pagine belle pese che parlano di istituzioni, diritti, etica eccetera eccetera, ma vista la superiore formazione del classico immagino che non sarà un problema per galatea sbobbarselo tutto e magari farci un bel post per smontarne le tesi, nel qual caso mi piacerebbe leggerlo.

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  62. ah dimenticavo, entrambi gli autori stanno sull’Abbagnano, ma sono esposti in modo molto sintetico, quindi è difficile controargomentare senza leggere le opere originali quindi bando alla pigrizia.

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  63. Vaal, a questo punto è chiaro che sei tu che non capisci quello che hai sostenuto fino ad adesso.
    Allora, prova a concentrarti: i miei genitori mi hanno pagato una istruzione in un liceo classico. In questo contesto in cui stiamo interagendo sia tu che io, la mia istruzione classica, acquisita con i soldi, si dimostra più utile della tua, perché ti ribatto citando cose che tu non hai appreso nel tuo curriculum di studi (fra l’altro, non hai appreso nemmeno l’uso della punteggiatura, come si evince dal commento sopra, a cui mancano tutte le doverose virgole). Non è questione di essere intelligenti, è che io ho avuto, grazie al denaro dei miei genitori, la possibilità di impadronirmi di tecniche retoriche che sono più raffinate delle tue. Infatti, sono in grado di scrivere periodi più articolati, post costruiti in maniera sintatticamente più complessa, mentre tu, di commento in commento, stai perdendo colpi, non argomenti più, non sei in grado di ribattere e la prova ne è che stai scadendo negli insulti (“minchiate!”): ti chiedevi, nel tuo primo post, perché il mio blog sia così letto? Anche per questo: arrivo ad un pubblico vasto (Di destra e di sinistra, perché molti dei miei lettori sono accesi liberisti) che non legge il tuo blog, perché scrivi peggio. Ciò mi permette di esser vicente in questo contesto (non migliore in assoluto, sia chiaro), e difatti il mio sito è più letto del tuo.
    Ora, caro Vaaal, tu non puoi usare come scusante, quando non sai ribattere, il fatto che hai alle spalle un istituto tecnico, perché appunto, nella tua logica, vuol dire che i tuoi genitori non avevano abbastanza soldi per pagarti l’istruzione adatta, che in questo contesto ti avrebbe permesso di scrivere con maggiore eleganza e controbattere: non sei più stupido di me, magari, ma non hai i mezzi necessari per far valere la tua intelligenza, e quindi soccombi. E la prova ne è che non riesci nemmeno ad afferrare la logica di questo ragionamento che ti ho sciorinato sotto il naso. Muori, in pratica, della tua stessa medicina, tesoro. Peggio per te.

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  64. Veramente ho sempre argomentato le mie controaffermazioni a Vaaal, se noti, e punto per punto. Non ho letto Nozick, ma vuol dire che me lo prenderò. Sono curiosa, per niente pigra e, di solito, grazie alla formazione del liceo classico, riesco a sbobbarmi i saggi di filosofia senza soverchi problemi.
    PS: Certo, anche tu che definisci sul tuo blog “comunista” Metilparaben qualche rilettura ai testi di filosofia politica la dovresti dare, eh…

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  65. Scusa, Marcello. Ma sono caduto anch’io, tempo fa, nel medesimo equivoco. Il Friedman che viene citato sistematicamente da Vaaal non è il buon, vecchio Milton, bensì il figlioletto David, guru d’un neo-liberismo estremo, oggi molto di moda negli U.S.A.

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  66. ciò che dici è incredibile sotto ogni punto di vista. Dimostri di aver frainteso praticamente tutto. Dici che le mie argomentazioni perdono colpi, ma sinceramente non rispondo a tutti perché mi sembra di aver già detto tutto nei miei lunghissimi commenti sopra (e alcune minuscole precisazioni mi prenderebbero troppo tempo).

    “Infatti, sono in grado di scrivere periodi più articolati, post costruiti in maniera sintatticamente più complessa, mentre tu, di commento in commento, stai perdendo colpi, non argomenti più (ecc.)”

    Mi viene da piangere
    (inoltre a me non sembra di scrivere peggio, manco per niente!)
    (mi chiedevo perché il tuo blog fosse seguito, ma per me non c’è alcun problema che lo sia: puoi scrivere tutte le baggianate che vuoi e credere di essere una grande anima del web [forse lo sei!]; io continuerò a scrivere cose diverse e verrò seguito da 2 persone. Non posso di certo obbligarti a darmi i tuoi lettori! : D )

    (prima di mettermi a piangere sottolinerei che il discorso di galatea è completamente sbagliato, ha travisato tutto e sta praticamente parlando a caso [muoio della mia stessa medicina? oooooddio])

    “tu non puoi usare come scusante, quando non sai ribattere, il fatto che hai alle spalle un istituto tecnico”
    (non penso che questa frase abbia bisogno di commenti, almeno per chi abbia letto un po’ delle mie risposte/argomentazioni)

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  67. “PS: Certo, anche tu che definisci sul tuo blog “comunista” Metilparaben qualche rilettura ai testi di filosofia politica la dovresti dare, eh…”

    solo se tu lo dai al manuale di rettorica alla voce “iperbole”.

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  68. no lector, in quel caso ho citato Milton e Rose Friedman del libro Liberi di scegliere. M. Friedman in effetti non ha una visione molto radicale e non lo condivido sempre (ma mi sembra proprio che il suo sistema di buoni scolastici porterebbe effettivamente grandi miglioramenti).

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  69. Ragazzi, Galatea, scusatemi tanto ma non si capisce più un accidente.
    Ci sono risposte a commenti scritti dieci punti più sopra, epiteti indirizzati chissà a chi, frasi apparentemente decontestualizzate rispetto all’insieme.
    L’argomento e la sua discussione sono interessantissimi ed è un peccato non poterli seguire, solo per una questione di mero soqquadro.
    Sarebbe possibile riordinare il tutto o, almeno, da parte di chi interviene d’ora in poi, precisare meglio i propri riferimenti?
    Grazie.

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  70. Signore e Signori…chiudo come ho iniziato…sto dalla parte di Galatea…qualunque cosa dica…la mia è una fiducia a priori, visto l’intento che è quello di stimolare a ragionare ed argomentare…è per questo che a volte è un pò…scassaminchia…ma è apprezzabile..anche quando rigira le fritattate da buona mirandolina:-))

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  71. Chiedo scusa, sono intervenuto a titolo personale perché un povero vecchio acido e geloso, non ha potuto sopportare il mio intervento a favore di Galatea.
    Ho risposto per motivo personale, e poi ho espresso le mie perplessità su quello che ha detto Vaal, scrivendo un post ironico.
    Purtroppo la mamma degli imbecilli è sempre incinta e due tristi perditempo hanno fatto commenti provocatori e sciocchi.
    Tra l’altro uno di questi è un viscido e infimo personaggio che colpisce sempre alle spalle e che strumentalizza qualunque cosa io scrivo.

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  72. La cosa davvero davvero triste di tutto il pseudo-ragionamento Vaaliano consiste, imho, nell’assegnare al ‘mercato’, al ‘privato’ ed al ‘denaro’ un valore primario in un contesto come quello della formazione culturale personale di base (leggi: l’istruzione scolastica).

    Per non parlare della visione essenzialmente “utilitaristica” di una scuola il cui fine ultimo dovrebbe evidentemente essere quello di concentrarsi nel preparare gli individui al “mondo del lavoro” e giammai quella di stimolare la curiosità e/o la crescita culturale personale con materie ritenute “non utili” dal “mercato” e/o dall’umana società.

    Dove naturalmente l’affermazione personale ed il criterio primo di valutazione del “merito”, non potranno che essere riconosciute e misurate dal ‘denaro’, dall’accumulazione personale del medesimo e dalla conseguente personale capacità di acquisto di beni e servizi di ogni tipo e sorta (istruzione compresa).
    Naturalmente per il bene complessivo del ‘mercato’ e dell’umana società.

    Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all’anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: – Roba mia, vientene con me! –

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  73. Se Lei, gentile Jazztrain, avesse per puro caso qualcosa a che vedere con il nostro buffone di redazione, che si chiama sig. Train e si serve di un sicofante che non si chiama più Sacripante ma, in base a una rigorosissima divisione in sillabe, Sa-cri-pa-nte, gli faccia sapere che un archetipo è un archetipo, un topos un topos (ma anche un topo), un macaco un macaco e un somaro un somaro.
    Finché questi archetipi trovano posto nell’istruzione pubblica, in questi buchetti facciamo solo delle esercitazioni con caricatori a salve. Il solo a credere di essere armato potrebbe essere, appunto, un archetipo.

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  74. Red. cac., lei è solo un vecchio patetico che nasconde tutte le sue frustrazioni comportandosi da arrogante e prepotente con chi non la pensa come lei.
    Sfoga le sue frustrazioni e i suoi miseri fallimenti umani e scolastici seminando veleno e discordia per pura cattiveria contro il prossimo.
    Lei è solo un egoista affamato di denaro e che per i soldi farebbe qualunque cosa.
    Lei è convinto di essere un Padre Eterno mentre in realtà non ha capito di essere una povera nullità.
    Il vero buffone è lei.

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  75. Abbi pazienza vaaal, ma qui non ti seguo: argomenti in modo piuttosto confuso, e di conseguenza vieni spesso frainteso.
    E non hai l’aria di avere le idee confuse, piuttosto dimostri qualche limite nell’ esporle.

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  76. Ho notato anch’io un certo soqquadro (simpatica parola) negli interventi, che rende quasi impossibile capire la logica di alcune risposte.
    Qualsiasi tifoso del libero mercato estremo deve fare i conti con la necessità di imporre regole e limiti all’anarchia devastante che presto ne deriva. I padri teorici del capitalismo ritenevano che bastassero i limiti imposti dalla rigida etica protestante, ma dovettero presto rendersi conto che la realtà non ama farsi ingabbiare dalle teorie. L’idea dello stato di diritto, forte, che ponesse limiti invalicabili, tornò presto a galla anche negli scritti dei liberali più incalliti.
    Negli ultra liberisti Stati Uniti gli imprenditori sono sottoposti a controlli incessanti e spietati, che sarebbero considerati vessatori anche dal più statalista degli Italiani. Dichiarazioni dei redditi infedeli portano dritti in carcere, come l’emissione di assegni a vuoto e l’utilizzo di manodopera in nero. Tanti emigranti Italiani, un po’ furbacchioni, sono stati ammanettati per questi comportamenti, che in Italia rappresentano la regola.

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  77. Scusa, Galatea, se mi permetto di farti ancora degli appunti, una volta chiarito che l’assunto del sig. Vaal è erroneo e potenzialmente foriero di catastrofi, ma che ha ottime probabilità di inverarsi, per quanto solo lo stato potrebbe e dovrebbe, in teoria, occuparsi della formazione e del reclutamento nei suoi tre settori portanti, che sono la sanità l’istruzione e la giustizia: e credo che per chi ha il ben dell’intelletto non occorra aggiungere altro.
    Io non so per chi voti, ma so che è perfettamente inutile incazzarsi e non perdonare se non si castiga con il voto – tanto più che, non eleggendo noi i componenti della BCE, le cosiddette elezioni politiche sono ormai poco più che semplici amminsitrative.
    Il fatto di non essere ancora nata nel ’71 non ti esonera dal dovere di informarti su quei fatti; se poi sei nata anche solo pochi anni dopo, hai vissuto un’esperienza particolarissima, quella dei prof. sessantottini che, avendo superato un qualche esame, erano spesso bravi (senza superlativo), in qualche caso cattivissimi, quasi mai severamente meritocratici: basta consultare gli annuari statistici*. L’aspetto decisivo sta nel fatto che quegli insegnanti, quelli come potrei essere io per citare Giorgio Gaber, erano ancora convinti che la scuola potesse cambiare qualcosa. I più sciocchi ancora credevano nella rivoluzione (magari anche solo dei costumi) ma sia pure per via indiretta operavano per il bene dei loro studenti e della società; i più avveduti sapevano che l’ignoranza, che pure la sinistra aveva deciso di favorire, gioca sempre a favore del populismo, e la combattevano con tutti gli scarsi mezzi messi a loro dispozione. Erano anni ancora ferventi, e meno indottrinati di quelli che hanno preceduto il tuo ingresso nella scuola superiore; ma erano anni ciechi, perché ci si rifiutava di vedere quale strada era stata imboccata, irrimediabilmente e definitivamente.
    Ti citerò un fatto: tutta la sinistra preriformista nel 1987 e per due tre anni si riempì la bocca col titolo di un libretto dell’oggi oscuro Norterto Bottani, “La ricreazione è finita”. Anche Norberto non aveva capito che era appena cominciata, storicamente parlando, e mai avrebbe immaginato che più recentemente il magistrale libro di un docente dell’Università di Napoli (un Russo di cui non ricordo il nome), “Segmenti e bastoncini” avrebbe illustrato la permanenza del complesso della scuola italiana fuori dalle aule: nei corridoi, nei cessi a fumare, in cortile: dove preferisci.
    In quegli anni in cui tu stavi studiando proficuamente, anche grazie, questo è ovvio, a fortunate coincidenze, si avviava il reclutamento di tutti i somari che avessero per così dire consumato una qualche sveltina con la scuola. Questi sono i fatti, non ci sono santi: di questo devi parlare.

    * Tra il 1987 e il 1989 nel mio liceo furono mandate tre ispezioni. A chi? A tre docenti di ginnasio che avevano il torto di essere troppo severi (cattivi, forse) e di impedire quindi l’espansione numerica della scuola. Poco importa che tutti e tre fossero persone colte. Non ebbi modo di leggere, ovviamente, le risultanze delle ispezioni, ma tutte le tre ispezionate l’anno successivo andarono in pensione, due senza aver raggiunto i limiti di età che esistono oggi. Lo scopo era quello: dissuaderli, farli rinunciare. Ma sarò più esplicito: il sottoscritto, per la gioia del somaro che ogni tanto ti legge e si azzarda a commentarti, ha ricevuto fra il 2000 e il 2003 due ispezioni da due presidi diversi, uno ignorante di sinistra, l’altro ignorante fascista: senza aver molestato alunne o maltrattato alunni se non assegnando anche gli uno e i due che meritavano, ed essendosi anzi salvato grazie a loro (al punto che oggi, per me, il DS è una figura retorica e faccio, bene quel che cazzo mi pare, pur di non fare le scempiaggini di cui hai parlato anche tu nel post precedente); soprattutto, dubitando che sia così facile trovare un ispettore tecnico in grado di coglierlo in fallo sia sul latino sia sul greco, e non solo (e scusi la modestia, sig. somaro guatante).
    Questi fatti hanno una logica, nascono da situazioni precise, e oggi i bideli che non puliscono i cessi escono prima da suola, ma l’insegnante che non dà la sufficienza è sempre sotto la spada non del sig. Damocle (defunto, sig. somaro!) ma del ricorso.
    Questi sono fatti concreti, Galatea, rispecchiati nel prestigio sociale di cu godono gli insegnanti oggi.
    Forse ho dimenticato di scrivere che ritengo le attuali scuole private meri diplomifici, anche perché la cosa mi sembra di evidenza palmare. Quindi, se un tempo ero per l’abolizione tout court di tutte le scuole private, a partire da quelle religiose, e per la rimozione del crocefisso dalle aule, oggi non sono più convinto che queste decisioni darebbero risultati positivi. La prima, perché si finirebbe nella mangiatoia di stato; la seconda, perché non sarebbe una vittoria della laicità ma la vittoria di qualche islamico fanatico. Poi ognuno se le vive come gli pare, le situazioni, ma la storia, quella vera, è un’altra cosa.
    Ed è, se mi permetti, un atteggiamento un po’ superbo pensare di poter giudicare a partire da un’esperienza così limitata nel tempo e ovviamente ristretta nello spazio. I tuoi insegnati sessantottini meritocratici, storicamente parlando, e di fronte all’evidenza dei dati, non significano nulla. Aggiungo, perché riguarda i tuoi anni: dal 1989 al 2006 sono sempre stato membro interno agli esami di maturità, con l’eccezione del 1990 al 1993, quando volli, ahimè, fare l’esperienza del commissario esterno. So di che cosa parlo: li ho visti all’opera al momento di prendersi la responsabilità del no, gli insegnati della mia generazione.

    p.s.
    Quanti a quelli della tua, non sono tutti somari come il filosofo tuo scoliaste, che poi è ormai vecchi come il cucco. Ho salutato con gioia la recente assunzione (coincidente con la tua, ho il sospetto) di tre miei ex studenti, oggi 36-37enni, tutti bravi, tramite concorso, anche se hanno dovuto emigrare un po’ per fare posto, a Genova, a più titolati 45enni.
    Ah, dimenticavo: a te risulta che a lettere e filosofia vengono ormai laureati analfabeti della forza di un dipietro*? E solo a lettere e filosofia? E se ti risulta, perché?

    * per il tuo scoliaste: cito i dipetri e non i bossi (neppure i ligustri e gli acanti) perché solo i primi hanno ottenuto una laurea.

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  78. Mi scuso per l’eccesso di refusi. Non son causati solo dal fatto che scrivo all’impronta, ma pure da una certa lentezza non so se della tastiera, del sistema o del server.

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  79. Per i due che continuano ad insultarsi: “Abbiate un po’ di rispetto per chi non vi conosce e non sa niente delle vostre rivalità personali”.

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  80. Lasciamo perdere lo stupido intervento del povero chiachiello, come lo ha giustamente definito il grande Malvino.
    Area, non ti devi preoccupare, non ho certo intenzione di creare caos.
    Ho letto il tuo commento e devo dire che mi è piaciuto, così come mi è piaciuto il post di Galatea e il modo come ha smontato gli argomenti del buon Veel.

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  81. Sentite, questa discussione sta diventando ingestibile, quindi inviterei per cortesia tutti a moderare i toni, che mi sembra trascendano in alcuni nell’insulto personale fine a se stesso.
    Concordo con l’analisi fatta da Area, e, quanto a Vaaal, credo che Marcello abbia colto nel segno: il modo confuso con cui argomenti rende impossibile una risposta, alla fin fine. Ti suggerirei quindi di chiarirti meglio le idee, leggere qualcosa di più sulle teorie liberiste di cui ti credi, magari in buona fede, campione (non accorgendoti che non è proprio quello che intendi tu il “liberismo”, almeno inteso nella maniera classica) e anche ripassare un pochina di sintassi, o nel caso in cui, come sostieni, gli “errori” fossero voluti, imparare che quando si vuole essere presi sul serio in una discussione, fare errori per “vivacizzare” la risposta è solo una forma di infantilismo. Visto che mi pare che le posizioni di tutti siano state abbondantemente eviscerate, suggerirei di chiuderla qui, e di riparlarne magari un’altra volta. Oppure continuare la discussione sui vostri blog, perché su questo, dato l’alto numero di commenti ormai presenti, si finisce per perdere il filo.

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  82. “io continuerò a scrivere cose diverse e verrò seguito da 2 persone.”
    Apprendiamo quindi che la logica del successo sul “mercato” vale come misura per giudicare tutto, tranne che il tuo blog… 😉 Benissimo, per me va bene, ma fa a pugni con le tue teorie “liberiste”… Friedmann non ne sarebbe contento, mica per niente, sai? 😀

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  83. solo un utlima cosa prima di rimandare il tutto alla recensione di nozick.
    rispono qua che il sistema ad albero del blog è sfiancante, comunque cito:

    “Può essere, non ne dubito. Ma non il tipo di mercato vagheggiato da Vaaal (vedi i suoi commenti sopra) che è, in buona sostanza una legge della giungla in cui chi ha i soldi può tutto e non dà niente a chi non ne ha.”
    vaal non ha detto questo, ha detto che non è giusto rubare i soldi alla gente per i propri benchè nobili fini.
    non ha detto che chi ha i soldi non dà niente a chi non ne ha, se vuole li può dare e siamo tutti contenti, se non vuole vedi sotto ->

    “Se non sbaglio le società in natura non si strutturano così: dal momento che l’uomo è un individuo sociale, sa bene che, neppure se è ricco, può vivere isolato, quindi ha sempre costruito società in cui la solidarietà ed il mutuo soccorso sono presenti. Del resto, proprio in base alle leggi della selezione naturale, se gli istinti di solidarietà non portassero vantaggio agli individui, essi sarebbero già scomparsi. O no?”

    e infatti un perfetto egoista è malvisto dal resto della società, si viene sanzionati socialmente se si è egoisti, si ha difficoltà ad essere amici, o addirittura si viene esposti al pubblico dileggio, o addirittura boicottati (tu ricco sei egoista? e io non ti parlo, non lavoro per te, non compro i prodotti che produci, vedi nestlè).

    qual’è però la differenza tra quello che ho scritto sopra ed un sistema statale? che nel sistema statale vengono presi brutalmente i soldi del ricco e dati agli altri (peraltro usando criteri spesso assai discutibili) nell’altro invece tutti gli attori agiscono liberamente, o più precisamente seguendo la massima “la mia libertà finisce dove finisce la libertà degli altri” e dove libertà è inteso nell’accezione più semplice secondo la quale non sei obbligato da estranei a fare quello che non vuoi sotto minaccia dell’uso di violenza (insomma sei libero quando non sei schiavo di qualcuno, lo specifico perchè in genere c’ èqualcuno che dice che uno senza istruzione è prigioniero dell’ignoranza o cose così, ma tecnicamente se uno è prigioniero dell’ignoranza dovrebbe far causa all’ignoranza per sequestro di persona e non sequestrare una terza persona innocente per liberarsi dall’ignoranza. Se uno è ignorante gli altri non hanno colpa e qui ritiro fuori l’esempio del neolitico, dove tutti erano ignoranti e non c’è nessuno a cui dar la colpa).

    insomma tirando le somme quella di vaal non è un’apologia dell’egoismo quanto piuttosto una condanna del furto.

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  84. @ Galatea

    “Posto che il costo che ogni abitante paga per la scuola pubblica è X, se tu mandi tuo figlio alla scuola privata te lo decurto dalle tasse, visto che non usufruisci del servizio.”

    io credo che questa frase possa venire incontro al pensiero dei due schieramenti. A me andrebbe benissimo come soluzione e parlo da “wanna be” minarchico.
    Vorrei fare però una domanda a Galatea che nessuno ha ancora affrontato:
    poiché la scuola pubblica è pesantemente influenzata dalla politica e dal governo di turno, non ti farebbe paura una scuola pubblica del futuro dove le bugie papiste venissero insegnate, le ore di religione cattolica venissero triplicate, l’indottrinamento clericofascista fosse la base dello studio ecc.?
    Faccio questa domanda perché so che Galatea come il sottoscritto è anticlericale. Ora con la piega che stanno prendendo gli eventi la scuola pubblica italiana si avvierà di certo a clericofascizzarsi sempre di più. Stanno incominciando a togliere l’evoluzionismo, poi a parlare dell’inquisizione e della conquista spagnola delle americhe come se fossero “leggende nere”. Parlano della Rivoluzione francese e del risorgimento come se fossero le basi del nazifascismo ecc. Tutto questo entrerà fra qulache anno nei libri di storia perché i libri di storia pubblici sono il riflesso della società.
    Non capisco perché la scuola pubblica fascista era un male perché era lo specchio del fascismo, ma la scuola pubblica della terza repubblica si dovrebbe salvare perché è bersluconiana? Quello che voglio dire è che per risposnderre ai tuoi dubbi sul perché la scuola pubblica di questi anni sia una merda, il perché è lì sotto i tuoi occhi: una società di merda come l’attuale può produrre solo una scuola pubblica di merda.
    Un sistema misto e con più scelte aiuterebbe la società a creare anticorpi per un futuro che potrebbe assomigliare un po’ troppo al passato del ventennio.

    Scusare i refusi e la consecutio temporum traballante ma è agosto… 😀

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  85. @astrolabio @vaaal
    Ci dicevate subito che non siete liberisti, ma libertari dediti al proselitismo 2.0 e tutto veniva più semplice ed immediato.
    Du’ palle… 😉

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  86. Ma quante cose sono, e tutte in una volta! Ahimè non sono il sig. Train, ma come guidogozzano di non esser gabrieldannunziano, mi accontento.

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  87. Sig. Vaal, mi scusi ma mi pare che Galatea, con il garbo che le è solito, abbia dimostrato sulla pelle Sua (di Lei Vaal) che Lei non è in grado di affrontare una discussione del genere. Lei sì è tragicamente fuori mercato: e pensi che sarei stato pure disposto a darLe ragione per alcuni aspetti.

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  88. Mi scusi, sig. Area, ma la Sua lettura è stata disattenta, se parla di “due” chee continuano a “insultarsi”. Sia il numerale cardinale sia il verbo sarebbero inesatti se riferiti sia a red. cac. sia al somaro amico del sig. Train.
    Se invece intende dire che non è bello che red. cac. maltratti, e sempre en passant, un somaro inerme, dal momento che non conosce i pregressi*, devo ammettere che ha delle buone ragioni.
    Non è bello, ma il somaro ci tiene, e spiace deluderlo.

    * Lei non sa però cosa si perde in buonumore!

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  89. Sig. Nardi! Ma che dice? Se vorrebbero quei, taluni potessero farLe, del male ma per, fortuna; sono buoni e, perdonano chi nega loro; lo spazio che gli spetta di, diritto per. Ter tenere una rubrica, di scacchi.

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  90. Galatea, un suggerimento: ti consiglierei di eliminare i commenti ad albero con le nicchie. E’ un metodo veramente disastroso e confusionario, io l’ho tolto nel mio.

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  91. Se Lei chiede al somaro filosofo la differenza tra liberale, liberista, libertario e libertino, quello borbotterà qualche scempiaggine sull’ultimo dei 4 termini in questione.

    p.s.
    Perdonami Galatea: la discussione è conclusa, ma il somaro torna a guatare per almeno una settimana.

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  92. Non avevo letto tutto. Ecco, questo è uno di quei commenti che ti farebbero venir voglia di gridare “forza Vaal”

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  93. Perché, come io mi astengo dall’intervenire in fisica quantistica, e non solo, gli incompetenti non si astengono dallo scrivere in merito a ciò che non conoscono? Per loro, qui, queste brevi povere parole di un minore della letteratura italiana: “Nelle cose occulte vede meglio sempre il minor numero, nelle palesi il maggiore. È assurdo l’addurre quello che chiamano consenso delle genti nelle quistioni metafisiche: del qual consenso non si fa nessuna stima nelle cose fisiche, e sottoposte ai sensi; come per esempio nella quistione del movimento della terra, e in mille altre. Ed all’incontro è temerario, pericoloso, ed, al lungo andare, inutile, il contrastare all’opinione del maggior numero nelle materie civili”.
    Ma, si sa, questo minore è noto per le sue inclinazioni reazionarie.

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  94. Non sapevamo, sig. Astro, che Galatea dovesse rispondere a citazione con citazione. Esistono fessi famosi,sa? La genia dei Friedman vi appartiene a pieno titolo. Si potrebbero anche, però, citare fessi più recenti, come il sig. Skinner, o fessi di prima grandezza, come il sig. Chomsky.

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  95. Caro Astrolabio,
    avrai anche letto il tuo Nozick, ma mi sa che per il resto non hai una ben chiara percezione di come funzioni una società e di come questa sia stata analizzata, fin dai tempi di Aristotele (che,permettimi, come filosofo è un pochino più fondamentale del tuo Nozick, lo ammetterai…). L’uomo non riesce a vivere da solo, e anche il ricco, per diventare tale, ha bisogno di vivere all’interno del consorzio umano. Quindi gli uomini si consorziano, scambiandosi reciprocamente beni e servizi, ed ad un certo punto creano lo Stato, che, secondo la teoria liberale classica che io condivido, non è un Moloch, ma semplicemente un arbitro ed un coordinatore che cerca di perseguire il vantaggio dei suoi cittadini, lasciando loro la massima libertà di seguire le loro inclinazioni personali. Ma per farlo e dare loro quei servizi che i singoli da soli o non riescono a procacciarsi o farebbero fatica a gestire, ha bisogno comunque di finanziarsi. Come? In una democrazia (come la nostra è, ti ricordo) lo Stato impone forme di tassazione per finanziarsi, e queste vengono liberamente accettate dei cittadini: la tassazione, quindi, non è un furto, ma una sorta di quota associativa: vuoi far parte del club? paghi, come pagheresti la tessera di iscrizione. Le tasse sono stabilite per legge dai Governi, che sono eletti dagli stessi cittadini. Trovi che il governo te ne metta troppe? Alle prossime elezioni voti il partito contrario, che promette di fartene pagare meno, (sia ben chiaro, fornendoti anche meno servizi, però, che dovrai pagarti di tasca tua!)e così via.
    Se non ti va di pagare le tasse di uno Stato, sei liberissimo, anche subito, di trasferirti in un’altro dove non se paghino, posto che tu sia in grado di trovarne uno (anche a Montecarlo, infatti, non paghi tasse, ma solo se sei in grado di comprarti almeno un immobile nel principato, e, con i prezzi che costano, equivale ad un salasso…).
    Tu commetti due ordini di errori: in primo luogo sembri non fare alcuna differenza fra uno Stato democratico, che nasce dal libero consenso fra i cittadini, e uno Stato non democratico, che impone la sua volontà a priori, con la violenza, e invece la differenza c’è, eccome, come ti ho dimostrato. In secondo luogo, hai una visione ben strana del darwinismo e della selezione naturale (intesa anche come libera concorrenza liberista: gli ultimi studi su Darwin sottolineano come la teoria di Darwin possa essere considerata una sorta di liberismo applicato alla natura, infatti, e io sono d’accordo): se le società hanno favorito la nascita di meccanismi che calmierino le differenze sociali e favoriscano la solidarietà fra individui (comprese lo sviluppo di una certa riprovazione sociale verso chi si tiene i soldi o i beni per sè solo e non coopera per il bene comune) è perché questi comportamenti si sono rivelati utili alla preservazione e allo sviluppo delle società stesse; altrimenti, essi sarebbero stati eliminati in quanto nocivi. Non puoi essere liberista o darwiniano a fasi alterne, Astrolabio: e le tue tesi, che adombrano una sorta di “violenza” del debole sul forte più che liberiste mi sembrano echeggiare Nietsche.
    E poi ripeto: non vuoi pagare tasse per l’istruzione pubblica (o la sanità, o qualsiasi cosa)? Benissimo, siamo in uno stato libero, tu sei liberissimo di andartene altrove, esattamente come sei liberissimo di dimetterti da socio di un club che non ti aggrada. Posto che tu sia in grado di trovarne uno di tuo gradimento in cui iscriverti, a questo punto, però.

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  96. a me una scuola pubblica del genere farebbe paura, e come. Ma, allo stato attuale delle cose, siamo ancora in uno stato democratico, e la Costituzione garantisce la libertà di insegnamento per i docenti delle pubbliche. Questo vuol dire che il Ministero può imporre sì delle linee guida di programma (tipo: si deve insegnare nelle scuole la grammatica, oppure è obbligo parlare della teoria del Disegno intelligente) ma non può sindacare su come io decido di insegnare queste cose: quindi io posso essere costretta per legge a fare a una lezione sul disegno intelligente, ma posso scegliere di adottare nella mia classe un libro di testo che ne dice peste e corna e io dedicare l’intera lezione ed unità didattica a dimostrare che è una solenne cazzata.
    Allo stato attuale delle cose, nella pubblica è impossibile attuare un controllo capillare sugli orientamenti dei docenti o imporre loro una “istruzione berlusconiana”, posto che questo orientamento esista (cosa che invece è molto facile fare nel privato: una scuola di bigotti non assumerà mai un docente ateo, per quanto magari clamorosamente bravo).
    In realtà neppure il fascismo riuscì mai, in pratica, a tenere sotto controllo del tutto il sistema scolastico pubbblico: pretese il giuramento dei docenti e impose il libro di testo, ma nei licei e nelle università soprattutto professori antifascisti continuarono, dopo un giuramento puramente formale, a insegnare cose contrarie alla logica del regime.
    Nella scuola pubblica, oggi come oggi, ci sono docenti delle più svariate tendenze politiche; ma, cosa che stupirà molti, poi raramente queste hanno una ricaduta pratica in classe, e spesso e volentieri docenti di diversi orientamenti si ritrovano nello stesso consiglio e vanno d’accordo. Io, per esempio, ho avuto ottimi rapporti con alcuni colleghi e Presidi di “destra” e pessimi con alcuni di “Sinistra”. Anche perché, nel caos ideologico di questi tempi, ormai le distinzioni sono spesso e volentieri saltate.

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  97. Le teorizzazioni riferite a valori trascendentali come il “mercato” servono a poco. La dura e prosaica realtà delle cose non ama farsi racchiudere in teorie.

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  98. giacché nessuno mi ha mai chiesto di definirmi, non vedo perché avrei dovuto farlo : |
    (è chiaro, anche leggendo vagamente il mio blog, che sono un libertario)

    Ovviamente le offese del tipo “Se Lei chiede al somaro filosofo la differenza tra liberale, liberista, libertario e libertino, quello borbotterà qualche scempiaggine sull’ultimo dei 4 termini in questione.” lasciano il tempo che trovano. Ma in realtà sono decisamente fastidiose, perché mi dicono troppo di chi le scrive.

    Nessuno fa proselitismo 2.0, almeno che ciò non voglia dire affermare le proprie idee nei blog e nei commenti ai blog. In tal caso anche voi fate proselitismo 2.0.

    Galatea, per la tua lucida e divertentissima analisi delle libertà dello stato democratico, mi limito a scompisciarmi e spero che qualcuno abbia voglia di mettere le mani nel groviglio di ignoranza e sragionamento lì sopra.
    Sei rimasta ad Aristotele, eh? (tra l’altro è questo ciò che ti insegnano nella scuola, per il tuo bene : p )

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  99. @->Vaaal: Bene Vaaal, prendiamo atto che tu ti scompisci quando non sai come replicare a chi elenca, semplicemente, i fondamenti della democrazia.
    Del resto, visto le carenti nozioni di grammatica e la scarsa padronanza lessicale che dimostri (i riassunti dei miei interventi che hai dato sul tuo blog ne sono prova: non solo non sei capace di riassumere correttamente quanto ho scritto, ma neppure di copiaincollare: hai infarcito ogni riga con svarioni di sintassi e fraintendimenti lessicali che fanno venire i brividi!) ciò non mi stupisce. A me avranno insegnato il ridicolo Aristotele, ma mi vien da chiedere cosa caspita abbiano insegnato a te. In una scuola veramente meritocratica non arriveresti alla sufficienza manco con il binocolo. Quando finisci di scompisciarti, un ripassino alle concordanze, punteggiatura, uso dei congiuntivi e dei pronomi relativi. Credimi, è necessario.

    @->rad cac: suggerisco a Lei un giro sul blog di Vaaal. Potrebbe trovare delle buone perle per i suoi archivi.

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  100. ehm, questo mi era sfuggito.

    Il mio blog non è fuori mercato: il mio blog è per un “mercato” di nicchia (se volete, visto che galatea ci tiene a sottolinearlo, per semi analfabeti).
    Non vedo assolutamente nulla di scorretto.

    (inoltre il libertarismo non dà valutazioni morali e non dice, ad esempio, che la grande impresa sia “buona” o che sia “giusta”. Ci dice che la grande impresa è grande, probabilmente lo è perché soddisfa i suoi clienti)

    (insomma, non avete capito un cazzo)

    (io pensavo che questa analisi libertario del mio blog fosse uno scherzo, invece siete serii)

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  101. Cara Galatea, quello che dà con una certa nonchalance del somaro, è un elettore convinto della Lega, un partito che vive e si nutre di razzismo.
    Un mediocre insegnante di latino e greco che ripete in maniera noiosa due o tre concetti del tipo (mi pagano poco e voglio essere pagato di più perché sono troppo bravo, mentre gli altri sono ignoranti); ripete le sue bizzarre tesi di politica estera, sognando forse il ritorno dell’impero romano contro i barbari provenienti dal Medio Oriente, e altre amenità.
    Poi, scopri che è ignorantissimo, non conosce Gibbon se non qualche frammento di teoria citato in modo scolastico, non conosce le teorie di Santi Mazzarino sulla caduta dell’impero romano.
    Al massimo può tradurre qualche versioncina di Sallustio o qualche passo di Tito Livio.
    Credo che basti questo a squalificare lui, il suo ascaro, definito giustamente da Malvino chiachiello.

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  102. @->Jazztrain: Per cortesia, potreste continuare ad insultarvi (ed ad insultare o tirare in ballo eventualmente terzi, come Francesco Nardi e Malvino) sui vostri rispettivi blog, visto che le vostre polemiche personali e le vecchie ruggini qui non interessano a nessuno?

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  103. Cara Galatea, io ho scritto un commento che sosteneva le tue tesi e la cosa per me finiva lì.
    Chi ha iniziato a offendere è stato uno che è letteralmente ossessionato da me e mi attacca ovunque vada a testa bassa.
    Questo modo di agire da parte di questo tizio che si reputa il migliore insegnante assoluto di Latino e Greco d’Italia, non lo accetto.
    Qui si è comportato in modo scorretto, mi ha chiamato in causa per parlare male di me (leggi i commenti e dimmi se sono accettabili) e poi scrivere le stesse cose che scrive da decenni.
    Accetto il tuo rimprovero, però ti rimprovero a mia volta di non avermi tutelato dagli insulti gratuiti di questo tizio.

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  104. @>Jazztrain: se noti sopra, avevo già richiamato tutti al rispetto delle regole della buona educazione.
    Rinnovo l’invito A TUTTI, pregando di evitare di scadere nella gazzarra infinita delle recriminazioni personali. Grazie.

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  105. Vai nel Dashboard del blog.
    Sul lato sx, scegli Settings (ultimo item) e poi Discussion.
    Nella sezione ‘Other comment settings’ la quarta checkbox abilita/disabilita i commenti ‘per thread’ (o annidati) con un massimo livello di annidamento definibile tra 1 e 10. 😉

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  106. premetto che ho iniziato la conversazione che volevo discutere di effcienza ed efficacia della scuola pubblica e della scuola privata, non di questioni etiche o politiche, però a quanto pare il discorso si è spostato più in la verso i massimi sistemi, e penso che una certa dose di incomprensione in superficie deriva dal diverso modo di guardare i fatti istituzionali che fungono da presupposti, quindi se non altro per comprendersi meglio continuo questa chiarificazione usando il metodo delle citazioni perchè il sistema di replies è terribilmente confusionario.

    “avrai anche letto il tuo Nozick, ma mi sa che per il resto non hai una ben chiara percezione di come funzioni una società e di come questa sia stata analizzata, fin dai tempi di Aristotele (che,permettimi, come filosofo è un pochino più fondamentale del tuo Nozick, lo ammetterai…).”

    l’appello all’auctoritas lascia un po’ il tempo che trova, anche perchè sarà stato un grande dell’epoca ma sono passati migliaia di anni, heisemberg forse non vale aristotele, ma se voglio sapere qualcosa sulla struttura sub-atomica mi rivolgo a lui, non ad un eliocentrista che crede che il cosmo sia formato da quattro elementi ed ignora l’esistenza dell’atomo.

    comunue non sono totalmente digiuno di tali studi, in effetti me li sono sbobbati tutti compresi i post durkheim fino ad habermas, i funzionalisti eccetera.

    “Quindi gli uomini si consorziano, scambiandosi reciprocamente beni e servizi, ed ad un certo punto creano lo Stato, che, secondo la teoria liberale classica che io condivido, non è un Moloch, ma semplicemente un arbitro ed un coordinatore che cerca di perseguire il vantaggio dei suoi cittadini, lasciando loro la massima libertà di seguire le loro inclinazioni personali.”

    questo è criticabile sotto due punti di vista, innanzitutto per i liberali classici tipo locke lo stato semmai doveva tutelare i diritti individuali di libertà, proprietà e stato di diritto; inoltre è criticabile dal punto di vista storico ed empirico, gli stati non sono mai nati in questo modo, sono nati quando un gruppo etnico ha deciso di sottomettere le popolazioni circostanti per diventare più ricco, sia da esempio l’impero romano; preoccupazione dei filosofi liberali infatti fu come evitare che lo stato assuma i caratteri che gli sono propri di dominio e asservimento, la risposta è stata il parlamentarismo, la rule of law, e il diritto all’insurrezione.

    Di questi espedienti solo l’ultimo sembra aver funzionato a quanto pare (rivoluzione americana), e neanche tanto bene.

    “Come? In una democrazia (come la nostra è, ti ricordo) lo Stato impone forme di tassazione per finanziarsi, e queste vengono liberamente accettate dei cittadini: la tassazione, quindi, non è un furto, ma una sorta di quota associativa: vuoi far parte del club? paghi, come pagheresti la tessera di iscrizione.”

    questa metafora del club è fallace. Le tasse non sono liberamente accettate dai cittadini, non mi pare di aver firmato alcun contratto, in genere a questo punto si risponde che per esempio quando si va a votare si sta implicitamente firmando il contratto, ovviamente non è vero (e poi io che non ho votato?) i contratti sono una cosa seria, le clausole devono chiare e scritte, quando vai a votare neanche firmi nulla e devono essere previste clausole recissorie.

    inoltre questo club che non ho richiesto viola le stesse norme che produce, per esempio:
    è monopolista, non sono ammessi altri club nello stesso territorio (più che un club già sembra una gang di spacciatori)
    abusa della posizione dominante: la microsoft si è beccata fior di multe per cazzatelle tipo mettere internet explorer in omaggio col sistema operativo, che patetici sfigati, la carta club mai sottoscritta del club stato italiano ti “propone” tutto insieme: difesa personale, tribunale, previdenza, sanità, istruzione, guerra (gran bel servizio grazie), moneta, trasporti, energia, telecomunicazioni, televisione, posta, servizi di solidarietà e tante altre cose.
    il tutto ovviamente alle condizioni tipiche di un monopolio: prezzo alto e servizio scadente.
    adesso, se io voglio solo 3 dei suddetti servizi? NO TUTTI.

    “Se non ti va di pagare le tasse di uno Stato, sei liberissimo, anche subito, di trasferirti in un’altro dove non se paghino, posto che tu sia in grado di trovarne uno”
    un club dovrebbe prevedere una clausola recissoria, quindi lo stato dovrebbe lsciarmi in pace di farmi un altro club in casa mia coi miei amici o con la mia cittadina eccetera. ovviamente non succede, è una cosa incostituzionale.

    “Tu commetti due ordini di errori: in primo luogo sembri non fare alcuna differenza fra uno Stato democratico, che nasce dal libero consenso fra i cittadini, e uno Stato non democratico, che impone la sua volontà a priori, con la violenza, e invece la differenza c’è, eccome, come ti ho dimostrato.”

    gli stati democratici non nascono dal libero consenso dei cittadini, come ho spiegato; e invece di avere un solo padrone nei hai 40 milioni che litigano in continuazione su cosa fare della tua vita.
    Certo, la dittatura della maggioranza magari è meglio della dittatura della minoranza, ma cosa ancora migliore sarebbe nessuna dittatura.

    il secondo punto invece proprio non lo capisco, so bene che l’altruismo può essere una forma di adattamento ambientale; e io non sono contrario all’altruismo anzi viva la’ltruismo, ma se non capisci la differenza tra fare una cosa per spirito d’altruismo e farne una perchè ti ci hanno costretto, allora mancano veramente delle basi importanti per dialogare.

    poi se lo stato (ammettiamo per ipotesi) si è creato come forma di adattamento non vedo questo cosa centra con una discussioen di etica, magari le guerre e e i genocidi pure hanno avuto un ruolo importante per la sopravvivenza dei ceppi etnici sopravvissuti, non per questo bisogna dire che sono belle cose.

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  107. Essendo patiti certi di M. Friedman e R. Nozick, ma non avendone ancora assimilato le rispettive teorie in una sintesi equilibrata di opinioni personali (vedi citazioni a sfare), li vedrei piuttosto promettenti fondatori di una nuova sotto-sottocorrente del Miniarchismo di stampo Swiss-oriented: un paese serio, libero, efficientista, ben orientato alla giusta valorizzazione del dio denaro.
    Per il nuovo nome proporrei di ricorrere senz’altro all’enigmistico incastro della corrispondente sigla automobilistica internazionale. 😉

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  108. @->Astrolabio: be’ caro Astrolabio, dato quello che tu dici, mi pare impossibile, con dette premesse, fondare mai alcun tipo di Stato, anzi, veramente anche qualsiasi forma di club o di consorzio civile. Ogni cittadino dovrebbe firmare un contratto (rinnovabile ogni tot anni? o di giorno in giorno?) in cui accetta spontaneamente di dare parte dei suoi guadagni per pagare i servizi comuni, o meglio, solo quelli che gli interessano… una specie di contratto “a la carte”, magari con la formula premium, come le carte di credito. Ovviamente ogni cittadino dovrebbe poi anche mettere nel contratto quali leggi decide spontaneamente di rispettare (mica possiamo imporgli delle leggi che minino la sua libertà intrinseca, no?), fra le tante possibili: per esempio, potrebbe decidere di non rispettare quelle relative la tutela dell’ambiente (caspita, impaccia la mia attività imprenditoriale dovermi preoccupare di non inquinare il territorio), oppure, chessò, la legge che vieta gli omicidi o i furti (in effetti, a me nessuno a mai chiesto se sono d’accordo sul fatto che non sia lecito derubare il televisore al plasma dalla casa del mio vicino, anche spaccandogli la testa. E poi, scusa, la proprietà privata, chi ha deciso che debba essere rispettata? Ho mai firmato spontaneamente un contratto che mi vincola in tal senso?Come dici? Le regole auree del mercato? E perché dovrei sentirmi tenuto a rispettarle, le ho sottoscritte, forse?). Insomma, la vedo dura gestire un territorio con simili premesse: magari la “dittatura della maggioranza” sarà anche dura da sopportare, ma quella che prospetti tu mi pare un immane casino in cui ciascuno finirebbe col fare quello che più gli conviene rubando, ammazzando et similia. Sinceramente ho sempre pensato che la libertà sia una cosa preziosa, ma che sia una cosa ben diversa dal “faccio quel cazzo che mi pare” se si trasforma in anarchia degenera semplicemente in una giungla senza regola alcuna.
    Ma magari ho torto e ne verrebbe fuori un paradiso in terra, per carità.

    PS: In realtà lo Stato prevede una clausola rescissoria: ci si può staccare da uno stato mediante referendum costituzionale, come è avvenuto per la Cechia e la Slovacchia, ad esempio. Certo, bisogna che a chiederlo non siate solo tu e i tuoi amici o vicini di casa, ma la maggioranza degli abitanti di una regione: ma come vedi gli Stati democratici non sono così dittatoriali come immagini.

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  109. Sto leggendo semplicemente la “sindrome del figlio dell’arricchito”. Questo ipotetico figlio non ha mai conosciuto la povertà del nonno, come non ha visto le fatiche e le umiliazioni sopportate dal padre prima della sua nascita.
    Sa di avere i soldi. Pensa di poter far tutto, perché qualcuno inconsciamente gli ha instillato un forte spirito di rivalsa (su chi?). Il mondo deve inchinarsi ai suoi piedi, perché i soldi “di sua proprietà” gli danno il diritto di fare tutto. I poveri ? Si tolgano dai piedi e non rompano le…
    Piano, merlo, che la fratta è lunga ! (dicono dalle mie parti)
    I soldi dei nipoti dei poveri non sono soldi veri, ma soldi in prestito.
    Qualcuno più in alto, possessore dei soldi davvero veri, sa che quel prestito rientrerà, con i dovuti interessi, entro massimo tre generazioni.
    La seconda generazione promette già bene…

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  110. Galatea, adesso mi cascano le braccia quanto dovrei fare lungo questo commento?

    la questione è complessa e controversa, diversi autori hanno proposto soluzioni diverse.
    c’è chi ha proposto la secessione ad oltranza (vietata dall’articolo 5 della costituzione italiana, tanto per essere chiari sulle clausole recissorie)
    c’ è chi sostine che si può creare uno stato guardiano notturno senza violare i diritti di nessuno (nozick nella prima parte del libro).
    C’è chi sostiene invece sistemi di protezione privati, spiegando anche perchè la situazione di anomia che descrivi non si verificherebbe.
    in estrema sintesi, tu rubi il televisore, il tizio a cui ‘hai rubato oltre a difendersi come può ha un abbonamento ad un’assicurazione privata che gli rimanda il prezzo del televisore e si rivale su te ladro cercandoti e ripigliandoti il televisore.

    lo stato moderno è un’istituzione piuttosto recente sistemi a clan o basati sulla giustizia privata sono esistiti sia in tempi preistorici che successivamente, ed in genere non generano le situazioni di anomia che temi, hanno in effetti una sorta di instabilità, cioè ad un certo punto arriva uno che si organizza ruba il televisore e altre cose, e fonda…. uno stato!

    per cui magari uno si può anche rassegnare ma da lì a dire u che bello spogliami di ogni bene, comandami come più ti aggrada ce ne vuole.

    comunque se ti interessa leggere un libro abbastanza facile di comprensione su come funziona un sistema interamente privato leggiti “l’ingranaggio della libertà” di d. Friedman, su internet si trova a anche a scaricare ma solo in inglese. (non è un libro di etica, ma piuttosto pragmatico su come funzionerebbero le cose e sui vari step intermedi)

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  111. “..non ad un eliocentrista che crede che il cosmo sia formato da quattro elementi ed ignora l’esistenza dell’atomo.”
    Vorrei segnalare alcune inesattezze: Aristotele non ignora l’esistenza dell’atomo, in realtà rifiuta aspramente le teorie atomistiche di Leucippo e Democrito. Secondo gli atomisti greci, gli atomi, essendo indivisibili e infiniti, ed essendo l’unica realtà esistente avendo forma, ordine e posizione diversa, vagano nel vuoto, si aggregano o si disgregano.
    Aristotele non accetta la teorie degli atomisti per i seguenti motivi:
    1) non ammette in alcun modo l’esistenza del vuoto;
    2) non ammette che si possa fare scienza a prescindere dal concetto di causa ed effetto;
    3) non ammette in alcun modo, non solo da punto di vista scientifico, ma anche da quello religioso, il materialismo atomistico che porterebbe necessariamente alla negazione dell’esistenza della divinità.
    Un’altra inesattezza sarebbe quella dei 4 elementi.
    Aristotele riprese le teorie empedoclee delle 4 radici del mondo (acqua, aria terra e fuoco)e a queste aggiunge nella sua cosmologia l’etere o quinta essenza che sarebbe una sostanza critallina impalpabile che determinerebbe l’ordine del cosmo.
    Tutto qua, spero che il mio contributo sia stato utile.

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  112. Il suo contributo è stato determinanete. Neppure il prof. Bignami aveva mai esposto così lucidamente Aristotele senza mai averlo letto. Dalle 16.58? del 21 agosto 2009 si può ritenere definitivamente chiuso ogni dubbio sulla interpretazione delle opere acromatiche (= senza un colore preciso) di Aristotele.

    Cioè, no, il secondo periodo va letto così: “Dalle 16.58’… delle opere… dello Stagirita”. Fa molto più sig. Train.

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  113. Ci scusi, sig.ra Galatea, ma noi red. cac. e noi della redazione non abbiamo in nessun modo contribuito alla gazzarra: abbiamo soltanto sottolineato un elemento cruciale, senza mai insultare “a testa bassa”, cosa che è tipica, forse, di qualche vichiano bestione, e di qualche suo discendente diretto, con certezza.
    Lei ha presente certamente quali fossero i limiti della democrazia diretta guidata, anzi, capeggiata da Pericle, che in un modo o nell’altro per più di 20 anni fece sì che gli Ateniesi decidessero qualsiasi cosa passasse per la sua non disprezzabile testa; Lei sa che non ho parlato del trattato del vecchio oligarca in modo peregrino, ma semplicemente perché non esiste democrazia, tanto meno diretta, senza metriotes.
    L’apparente confusione della discussione non ha nulla a che vedere con i sistema ad albero né con la eccessiva lunghezza di alcuni commenti, tra cui alcuni dei miei; il vero problema è che ci sono persone non in grado di discutere argomenti complessi che tuttavia, come il sig. Vaal in un senso e uno dei Suoi (di Lei Galatea) sostenitori nell’altro, ritengono che i requisiti minimi indispensabili per partecipare a una discussione siano il possesso di un apparato fonico umanoide o, in questo caso concreto, di falangi atte a pestare su di una tastiera.
    Se si permette loro di influenzare in qualche modo la discussione è il fondamento stesso della democrazia che viene intaccato… ed è questa la vera aporia di ogni sistema democratico.
    Insomma, noi non possiamo permettere che gli analfabeti coprano con i loro rumori la discussione. Lei si è efficacemente occupata di uno, noi abbiamo ritenuto nostro dovere, ma solo en passant, e senza ricorrere al bieco insulto, occuparci dell’altro, che si è poi abbandonato, come al solito e con i soliti esiti comici, ai soli insulti di cui sia capace.
    D’accordo, è un poveraccio, ma anche nell’Atene di Pericle, e in seguito, quando costoro aprivano la bocca venivano ferocemente zittiti; almeon finché la democrazia ateniese è stata tale.
    Onestamente, avremmo desiderato che Lei cassasse le inutilità in Suo favore, visto che non si poteva cassare Vaal che è stato la profasis della lunga discussione.
    E’ vero, non è questa una richiesta democratica, alle volte però, anche le tirannie… proprio come diceva Totò dei ricatti.

    p.s.
    Nel caso che il sedicente filosofo si atteggi ora alla stregua di un Socrate spinto alla cicuta, non ci badi. E’ una delle poche cose della grecità che gli sono entrare nella zucca.

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  114. @->Area: Sì, concordo pienamente con te, a questo punto. Basta aver pazienza e, se la seconda generazione è già così, alla terza, se siamo fortunati, manco ci arriviamo.
    @->Vaaal: sono pienamente concorde che tu delle speculazioni filosofiche di Aristotele non te ne sappia fare nulla. E nemmeno di quelle di filosofi più recenti. E’ evidente, credimi
    @->Astrolabio: Spiacente che ti siano cadute le braccia. A me a sentirti argomentare sono cadute da un pezzo. Quella dei sistemi di protezione privati, poi, è meravigliosa, lo riconosco: squadre di vigilantes/mercenari assoldate dai ricchi per proteggersi, come nei quartieri bene delle repubbliche delle banane, o ronde che agiscono in appalto per recuperare televisori rubati…la Mafia, per esempio, potrebbe vantare una pluriennale esperienza nel campo. Magari anche un paio di eserciti in libera concorrenza fra loro, che dici? Sia mai la volta che riusciamo a vincere una guerra…
    Basta, Astrolabio, ti prego: gli scenari che delinei mi fanno venire i brividi. Io resto nella nostra scalcagnata democrazia: non è un paradiso, ma continuo a pensare, come quel comunista di Churchill, che sia ancora il meglio in circolazione sul libero mercato; tu liberissimo di andare altrove. Anzi, per carità, ti auguro di riuscire a fondare il tuo staterello indipendente esattamente con le leggi che immagini. E poi di viverci, a lungo, specie se non hai nemmeno ereditato i soldi di nonno tuo. Sai come si dice? Quando gli dei ci vogliono punire, esaudiscono i nostri desideri.
    @->Rec cac: Basta anche tu, ti prego. Il tuo contenzioso con Jazztrain lo porti avanti già sul tuo blog da anni. Per favore, non fare dei miei commenti una succursale, o non ne veniamo più fuori.

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  115. Vaal, se non ci fossero stati quelli che mille anni fa hanno speculato sui massimi sistemi, una società come la nostra non sarebbe esistita.
    Questi filosofi che mille anni fa discutevano sul cosmo, sulle leggi, sull’etica, sui costumi, sulle società del loro tempo, sulla scienza etc. hanno profondamente influenzato la cultura occidentale e molti di loro hanno dettato legge per secoli.
    Anzi, rileggendo i passi di alcuni autori ti accorgerai della straordinaria modernità di questi autori.
    Tu che sei un ammiratore del Mercato, dovresti sapere che il primo filosofo che si è occupato di economia è stato proprio Aristotele, tu che sei un
    ammiratore del pensiero liberale inglese non puoi fare a meno del contributo di un filosofo come John Locke.
    Concludo dicendo che se non conosci il passato non puoi capire il presente.

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  116. galatea, è evidente che scopri ora questi concetti. Che fai, parli di ciò che non conosci? Informati, prima!, tutti i tuoi supposti problemi di mafia e di guerra tra bande non esistono e sono stati analizzati a fondo, anche se non da Aristotele.

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  117. @_>Vaal: “tutti i tuoi supposti problemi di mafia e di guerra tra bande non esistono e sono stati analizzati a fondo”
    Meravigliosa, ‘sta frase! Da antologia. I problemi di mafia non esistono e ciononostante sono stati analizzati a fondo! In effetti, non mi stupisce che non sia stato Aristotele, a farlo: l’enunciato così formulato, infatti, viola il suo ben noto principio di non contraddizione.
    😀

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  118. in realtà, anche se sembri non arrivarci, è possibile analizzare qualcosa che non esiste. Io posso analizzare lo stato di unicorni invisibili o analizzare da un certo punto di vista (ad es. statistico) il problema di un’invasione di zombie, sebbene quest’invasione non sia mai avvenuta e il tal problema non si ponga, non esista, è un falso problema.

    Argomentando con sberleffi e risatine basate unicamente sulla mia presunta carenza lessicale, come stai facendo da una ventina di commenti a questa parte, dimostri tutta la tua pochezza.

    Ciao galatea, continua a divertirti come puoi.

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  119. Gala’ carissima dai retta all’ Orzopio
    che c’ha la vista lunga e l’occhio bbono
    “richiesta d’ attenzione” aveva detto
    un incipiente amore, lui parla pro ddomo.

    Che d’Aristotele nun sa ‘na mazza fionda
    ma der nobbel economo è invasato
    ciancia, commenta, ride, poi confuso posta
    ma nun te molla, se corda dai, così come j’ai dato…

    😉

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  120. Avevi visto questo di Malvino, con link al tuo post?
    Ancora da Mario Perniola, ad hoc per un commento a un post di Galatea, di straordinario acume: “Non bisogna lasciarsi ingannare dalla promessa che l’età della valutazione possa aprire un’epoca in cui i meriti saranno riconosciuti. La parola «meritocrazia» è l’ultimo trucco dela comunicazione: essa rimane inseparabile dal significato peggiorativo di chi l’ha inventata, il politico inglese laburista Michael Young che il un libro del 1958 prendeva di mira una società in cui una minoranza di privilegiati di avvaleva di criteri di selezione tendenziosi e settari per impedire l’ascesa sociale di quanti erano sfavoriti dal fatto di appartenere alle classi inferiori” (pag. 133). Ma non si tratta solo di un problema di classe: le classi ormai non hanno un parametro di censo sul quale abbiano da fondare una ragione sociale, esse sono trasversali e mettono in articolazione segmenti di un corpo. Siamo in un’epoca che almeno sul piano antropologico volge al corporativismo: lo Stato torna organico, ma l’organismo mostra tutti i segni delle mutazioni che al momento lo rendono la forma più adatta a sopravvivere.

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  121. Belli i libri ! Anch’io sono un bibliovoro insaziabile. La realtà, però, è un’altra cosa; soprattutto è “tosta”.
    La polizia privata che vigila sui furti viene sperimentata da anni a Napoli: si chiama camorra. Basta pagare e si può anche lasciare la macchina aperta. Se non si paga, invece…

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  122. Già, funziona a meraviglia. Offre anche protezione a pagamento ai negozionanti, garantisce la sicurezza ai ricchi che pagano per non essere rapiti…per giunta non paga le tasse e investe gli introiti nei mercati finanziari, gestisce, cliniche di lusso, offre mutua assistenza agli affiliati, di cui fa studiare i figli e aiuta le mogli, ha un gran successo internazionale… Diciamocelo, la mafia è l’apoteosi del liberismo. Ma ho come l’impressione che neppure la famiglia Friedman, figlioletto David compreso, sarebbe contenta di vivere in posto gestito da lei. Per dire quanto, alle volte, la teoria si differenzi dalla prassi, eh. 😀

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  123. “Spiacente che ti siano cadute le braccia. A me a sentirti argomentare sono cadute da un pezzo.”
    non vedo perchè questa forma di captatio benevolentiae al contrario, è logico che mi cascassero le braccia immagina di dover spiegare la democrazia parlamentare con bicameralismo perfetto ad uno totalmente a digiuno in un commento ad un post, gli dovresti spiegare come funzionano le elezioni, la composizione dei gruppi parlamentari, i ministeri, il ruolo dell’esecutivo, la magistratura, le regioni e altri enti para sttali, la banca centrale.

    e quello ti direbbe che non funzionerebbe mai, ovviamente; per esempio ti direbbe, e che succede se la maggioranza delle persone vota un partito che fa uccidere la minoranza?

    e tu gli a spiegare che no che ci sta la costituzione eccetera, e lui ti direbbe che una grande maggioranza può emendare la costituzione eccetera.

    Poi magari ti chiederebbe che succede se in un sistema proporzionale con premio di maggioranza la gente votasse il partito nazionale fascista? La risposta ovviamente la sappiamo: vent’anni di fascismo e ritiro della carta oro del club agli ebrei.

    quindi: l’anarchia rendere prolifica la criminalità organizzata, ci sarebbero istituzioni come la camorra e la mafia; la democrazia risolve il problema della camorra e della mafia? la risposta è sotto gli occhi di tutti. Quindi non mi are un’argomentazione così dirimente.

    comunque le domande che si fanno son sempre le stesse, per ottimizzare quindi rispondo copincollando da una faq, premettendo che non sono io a scrivere e potrei non essere in totale accordo con quello che segue:

    “7. Il crimine organizzato prenderà il controllo

    Una obiezione è che sotto l’anarchia il crimine organizzato assumerà il controllo. Beh, tutto può darsi. Ma è probabile? Il crimine organizzato ottiene il suo potere perché si specializza in cose che sono illegali; cose come la droga, la prostituzione eccetera. Negli anni in cui l’alcol era proibito, il crimine organizzato si specializzava nel traffico di alcol. Oggi, non sono tanto interessati al commercio di alcol. Quindi il potere del crimine organizzato dipende in gran parte dal potere del governo. E’ una specie di parassita che vive delle attività del governo. Il governo crea i mercati neri vietando certe cose. … Il crimine organizzato si specializza in questo. Quindi credo che il crimine organizzato sarebbe più debole, non più forte, in un sistema libertario.”

    “8. I ricchi comanderanno

    Se trasformi i sistemi legali in un bene economico, la giustizia non si schiererà semplicemente dalla parte di chi offre di più? … Ma sotto quale sistema i ricchi sono più potenti? Sotto il sistema attuale o sotto l’anarchia di mercato? Certamente, se sei ricco, in entrambi i sistemi hai molti vantaggi. È bello essere ricchi. Sei sempre in una posizione migliore per corrompere le persone con le tangenti. Ma, sotto il sistema attuale, il potere dei ricchi è moltiplicato. Supponi che io sia una persona ricca e malvagia, e che voglia convincere lo Stato a fare una certa cosa (o ad approvare una certa legge, NdM) che costa al Paese un milione di dollari. Devo forse corrompere qualche burocrate con una tangente di un milione di dollari? No. Perché non sto chiedendo al burocrate di fare quella cosa con i suoi soldi. Ovviamente, se gli stessi chiedendo di farlo con i suoi soldi, e volessi convincerlo a perdere un milione, non potrei offrire una tangente minore di un milione. Dovrei offrire almeno un milione e un centesimo. Ma i burocrati amministrano i soldi altrui; i soldi delle tasse, che non sono di loro proprietà. … Quindi tutto ciò che devo fare è dare al burocrate una tangente piccola, diciamo mille dollari, e lui indirizzerà questo milione di dollari di tasse dei contribuenti verso il mio progetto preferito. Quindi il potere di corruzione dei miei soldi è moltiplicato.

    Invece, se tu fossi un’agenzia di protezione privata, e io cercassi di farti fare qualcosa che costa un milione, dovrei darti una tangente di più di un milione. Quindi il potere dei ricchi è in realtà diminuito sotto l’anarchia di mercato. [Ne segue che il potere dei poveri è maggiore? NdM]

    E naturalmente, qualunque corte di giustizia privata che si facesse la reputazione di discriminare a favore dei milionari contro i poveri avrebbe presumibilmente anche la reputazione di discriminare a favore dei miliardari contro i milionari. Quindi i milionari non vorrebbero sempre avere a che fare con quest’agenzia. Vorrebbero avere a che fare con essa solo quando stanno trattando con persone più povere, non più ricche. Insomma, gli effetti di un simile comportamento sulla reputazione non sarebbero troppo popolari.

    [ Nota di Maurizio. In una società libertaria, le agenzie di arbitrato vivrebbero interamente della propria reputazione; se un’agenzia emettesse una sentenza che fosse percepita come ingiusta dalla popolazione, quell’agenzia perderebbe moltissimi clienti, finendo probabilmente per fallire. Quindi, per corrompere un’agenzia privata, dovresti offrire più del suo valore di mercato. Questa è una cifra molto superiore a quella che devi offrire per corrompere un giudice oggi. Quindi le agenzie sarebbero più imparziali e più difficili da corrompere rispetto ai giudici attuali. Se mai esiste qualcosa come l’equità o l’imparzialità, le agenzie private si avvicineranno quanto più possibile a questo concetto. NdM]

    Per chi si preoccupa delle vittime povere che non possono permettersi i servizi legali … si può fare ciò che facevano nell’Islanda medioevale: se qualcuno ti ha danneggiato, ricevi un titolo che ti dà il diritto di riscuotere con la forza un certo risarcimento da quella persona. Se sei troppo povero per pagare un’agenzia che riscuota materialmente questo risarcimento, puoi comunque vendere questo titolo (o parte del titolo) a qualcun altro. E’ come quando assumiamo un avvocato con la modalità di pagamento “contingency fee”: gli promettiamo una parte dei guadagni in caso di vittoria [cioè di fatto vendiamo all’avvocato una parte del diritto al risarcimento, NdM].

    Insomma, tu povero puoi vendere il diritto al risarcimento a qualcuno che sia nella posizione di riscuotere quei soldi e di applicare la legge. [Quindi il colpevole pagherà sempre. E pagherà una quantità pari al danno causato. Questo preserva la funzione deterrente della pena. NdM]”

    come nota finale, assumiano per ipotesi che l’anarchia di mercato generi una situazione insostenibile di anomia e che uno stato sia necessario, questo non risolve il problema su cosa ha diritto di farmi lo stato, ok prenderà un po’ di tasse, ma farmi pagare l’80 %di tasse per esempio è giusto? e il 100%
    le uniche tasse che dovrebbe riscuotere dovrebbero essere quelle strettamente necessarie ad evitare che la gente non si scanni vicendevolemte. C’è un bel balzo tra questo e lo stato attuale che fa promozione culturale, turistica, da soldi alla fiat, salva banche e chi più ne ha più ne metta.

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  124. @->Astrolabio: caspita, mi hai convinto. Torniamo tutti all’Islanda medioevale. Era il paradiso e non ce ne eravamo accorti. Però va’ avanti tu. Io magari ti seguo dopo.

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  125. @astrolabio
    Imho, di tutto lo sproloquio, il passo che veramente convince, che fa la differenza, che ti apre gli occhi, che fa esclamare ‘cavolo, e io che non ci avevo ancora pensato…‘ è questo qui:

    “per ottimizzare quindi rispondo copincollando da una faq, premettendo che non sono io a scrivere e potrei non essere in totale accordo con quello che segue”

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  126. Tutte le teorie sul liberismo estremo possono tradursi nell’assunto: “Voglio fare quello che mi pare, perché ho i soldi per permettermelo”.
    La marea di chiacchiere per tentare di dimostrare che questo sia il meglio per tutti è una diretta conseguenza.
    Leggete la storia. Abbiamo già provato e mal ce ne incolse.

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  127. “A dar da fare compiti a casa, ti rendi conto che i genitori per primi avvallano le ricerche fatte con il copia-incolla da internet, e preferiscono che tu assegni magari valanghe di esercizi ripetitivi, che possono controllare la sera loro stessi, con il cervello semispento, piuttosto che un solo compito che necessiti però di raziocinio ed impegno e rischia di rovinare il programmato weekend.”

    Cioè… ma qui nemmeno la fatica di elaborare personalmente il commento ad un post si vuole fare. Si copia pedissequamente da un post di un terzo (note personali comprese) che si limita a tradurre un discorso di certo Roderick Long, professore di filosofia di un’ università pubblica dell’Alabama, laureato ad Harvard, miniarchico pure lui e tra l’altro della mia stessa età.

    Galà, io son tanti anni che sono assente dalla scuola, ma se la media di quelli con cui hai a che fare ogni giorno son davvero così, beh… fai vita davvero un poco grama sul lavoro ( tutta la mia solidarietà ).

    P.S. Ho comunque imparato da tutto ‘sto sbrodolamento di commenti l’esistenza sulla terra dei minarchici oltre che del “dizionario urbano” da cui, mi spiace dirtelo, risulta che sei una Grammar Nazi (o Grammar Gestapo). E con ciò la legge di Godwin trova ennesima conferma e il mio tempo, in fondo, non è poi passato invano. 😉

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  128. frap mi sembra ovvio che esistano delle fonti del genere; le domande di chi non ha mai sentito parlare di libertarismo sono sempre le stesse: a tuo parere dovremo ripetere all’infinito la stessa cosa? Dopo un po’ ci si rompe le palle, te lo assicuro.

    Astrolabio ha specificato di prendere tutto da una faq. Ti posso assicurare che né Long né Colucci si lamenterebbero dell’uso “non citato” del loro materiale : )

    Ovviamente, a parte le stronzate, sapete dire poco altro (voglio dire, per quello che astrolabio ha postato ci sarebbe da ragionare per un anno intero, e voi liquidate tutto con un occhiolino e una battutina). No problem, ciao

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  129. Ragionare, nello specifico, mi pare una parola davvero un po’ grossa.

    Farlo poi con qualcuno che nemmeno conosce la differenza tra la trascrizione di un discorso del 2004 di ‘sto R. T. Long alla Mises University sulle obiezioni più comuni all’ anarchismo libertario, il post di un certo Colucci che lo traduce solo in parte e infilandoci di suo conclusioni sgangherate sul piano meramente logico e ciò che normalmente si intende per FAQ è compito davvero troppo arduo per le mie limitate capacità (e per la mia pazienza). Sorry.

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  130. Non capisco perché ritenete che i genitori debbano controllare i compiti a casa. Nessuno l’ha mai fatto con me. Io non l’ho mai fatto con i miei figli.
    Chi viene pagato per un lavoro, fa il lavoro al meglio delle sue possibilità, evitando di rompere le scatole ad altri.
    La pretesa di scaricare certi pesi sulla famiglia non sta nè in cielo, nè in terra.

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  131. Area, non si tratta di scaricare nulla: l’educazione dei figli è compito della famiglia. Se poi questo includa o meno controllare i compiti è una scelta dei genitori. Per esempio a me non han mai controllato nulla, ai miei fratelli si perchè faticavano di più.
    Il problema non sono quelli che non controllano, ma quelli che vogliono controllare tutto e poi pretendono che non gli debba costare troppo sforzo.

    E quanto al liberismo ti sbagli, si fonda soprattutto sulla sfiducia nello stato, il cui funzionamento richiederebbe che i burocrati mettessero gli interessi dei cittadini di fronte ai propri.

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  132. @->Area: Chiarisco: non siamo noi insegnanti che pretendiamo che i genitori controllino i compiti, anzi. Sono i genitori che li controllano di loro iniziativa, spesso anche sindacando sulla quantità data, sugli esercizi assegnati, o pretendendo di insegnare ai figli metodi alternativi rispetto a quelli usati dal professore a scuola; poi passano le serate a farli con i figli, invece di lasciare i figli, come sarebbe naturale, a sbrigarsela da soli. Perché? Per un malinteso senso di protezione nei confronti dei figli: invece di lasciarli imparare da soli a farli, glieli fanno, per evitare che debbano subire “l’umiliazione” di dover andare il giorno dopo a scuola a dire alla professoressa che non sono stati capaci da soli. Oppure, se gli si assegna per casa una piccola ricerca, sono i genitori che la fanno, spesso scaricando da internet il materiale, impaginandolo. Solo il cielo sa come faranno ad imparare qualcosa, ‘sti ragazzini.
    Ah, dimenticavo: ci sono anche i genitori che protestano se assegni compiti durante il fine settimana, perché devono andare via per il weekend.

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  133. @Marcello
    Per non sopportare la lenta e farraginosa (ma sostanzialmente giusta) supervisione dello stato democratico si può finire per subire le vessazioni di tanti piccoli potentati: veloci, efficienti e malintenzionati.

    @Galatea
    Il problema, della non corrispondenza dei tempi scolastici con la vita reale, esiste. Nei fine settimana di pausa lavorativa si preferirebbe che anche i figli studenti avessero la loro pausa.

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  134. @Area:
    Sul sostanzialmente giusta avrei molto da ridire.In ogni caso credo che lo stato debba intervenire per controllare i piccoli potentati, non sostituirli.
    Mi spieghi perchè ritieni che un burocrate sia meno portato a vessare di un privato? E’ una cosa che molti danno per scontata ma non mi pare per nulla ovvia.

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  135. Esiste il burocrate portato alla concussione, come esiste il cittadino che ritiene opportuna la corruzione. Quando le due volontà s’incontrano non succede niente: il cittadino nasconde i suoi “peccatucci” dietro la bustarella; il burocrate incassa e diventa “distratto”.
    L’eventuale cittadino che non volesse sottostare al “gioco” avrebbe armi potentissime contro il burocrate, che non può sentirsi affatto tranquillo (i reati amministrativi non prevedono prescrizione). E’ recente il caso di un funzionario licenziato, dopo 20 anni, per una bustarella di 300.000 lire.
    Il privato, interessato a fare cassa il più velocemente possibile, per poi defilarsi, diventerebbe particolarmente metodico nella concussione. I “peccatori” dovrebbero pagare in silenzio. Gli eventuali “senza peccato” potrebbero anche scagliare pietre, ma con la certezza di non colpire niente. Il “prendi i soldi e scappa” di tanti privati lo conosciamo benissimo.

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  136. Il concussore è un caso limite, il problema è che anche il burocrate medio anteporrà sempre il proprio interesse a quello del cittadino/cliente.Magari facendo una pausa caffè di mezz’ora prima di aprire uno sportello, favorendo l’ amico, inventandosi falsi parenti a carico o semplicemente facendo coi piedi il proprio lavoro.
    E non sono controllati da nessuno se non da altri burocrati con la stessa agenda.Certo che poi ce ne sono di onesti e laboriosi, ma non hanno nessun incentivo a comportarsi in tal modo.
    Mi mandi un riferimento a quel licenziamento?
    Io di controesempi di burocrati che si son fregati ecntinaia di migliaia di euro e sono sempre li te ne trovo quanti ne vuoi, come questi:
    http://archiviostorico.corriere.it/2006/dicembre/13/Taranto_caso_dei_truffatori_illicenziabili_co_9_061213050.shtml
    Quanto ai privati, di regola cercano di guadagnare il più possibile e tener aperta l’attività a lungo.Anche loro usano ogni genere di trucchetto più o meno legale per avantaggiarsi, ed anche tra loro esistono gli integerrimi.Ma la differenza è nel controllo: oltre che da burocrati sono controllati dai clienti, dispostissimi a cambiare fornitore se non sono soddisfatti dell’attuale.E nel fatto che mettono in gioco capitali propri.
    Certo che poi esistono i casi che dici tu, ma sono eccezioni, un po’ come i concussori nella PA.Non perchè sono buoni ma perchè sono truffe che rendono molto nel breve periodo ma non funzionano nel lungo, attraenti solo per criminali e spiriti bohemien.

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  137. Il riferimento sul licenziamento:
    “La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un istruttore di vigilanza, licenziato in tronco dal Comune di Roma per avere indotto un imprenditore a versargli venticinque euro e a promettergliene altri duecento per evitare una contravvenzione (Cass. 6 marzo 2009 n. 5581). Secondo la Cassazione, infatti, una condanna penale nel settore pubblico comporta il venir meno del rapporto di fiducia tra il dipendente e l’Amministrazione Pubblica, legittimando quest’ultima a recedere dal rapporto di lavoro.”

    Vorrei fare un appunto sul “mettono in gioco capitali propri”. Molti “imprenditori”, almeno in Italia, non mettono in gioco proprio un bel niente. Utilizzano soltanto a man bassa risorse pubbliche in iniziative abilmente camuffate da “private” (immondizia docet).

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  138. Grazie del riferimento.Per inciso trovo ineccepibile che un funzionario corrotto venga licenziato, a prescindere dall’ importo per cui è stato pizzicato.Anche perchè è difficile credere che il gioco non venga ripetuto.E sarei curioso di sapere che è stato di lui durante 20 anni di processo (che se sono arrivati in cassazione ci stanno).

    Quanto agli “imprendtori” di cui parli, esistono appunto perchè molte spese vengono decise da burocrati che gestiscono soldi pubblici. Le iniziative sono private eccome, ed i burocrati che assegnano gli appalti ne sono in un modo o nell’ altro parte.Si tratta di fenomeni diffusi ovunque ed ineliminabili, l’ unico modo per ridurli è ridurre il peso dello stato nell’ economia.
    Imprenditori parassiti e burocrati manegioni sono due facce dello stesso fenomeno.Se ci pensi è evidente:quanti esempi conosci di imprenditori parassiti che vendono ai privati anzichè vivere di appalti pubblici? Escludendo casi ibridi tipo FIAT che vende al pubblico ma si fa sussidiare gli stabilimenti.

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  139. Hai messo il dito nella piaga: lo stato si accolla le spese, e le perdite; il privato incassa i profitti. Basta poi un breve periodo di rallentamento dell’attività per “piangere i morti” e continuare a “fregare i vivi”.
    Ho lavorato a lungo con i privati ed “ho visto cose che voi umani…” (uno scrittore di fantascienza appare quasi privo di fantasia rispetto alla realtà di certi fatti).

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