Ronde leghiste alla periferia dell’impero, ossia veri padani, zingari e programmi tv

Ostrega, bisogna far qualcossa co’ tuti ‘sti delinquenti!”

Zà, ti ga razon!”

No se pol più viver!”

No se pol più caminar par strada!”

No se pol più star chieti!”

Zà!”

Zà!”

Zà!”

Il Direttivo Leghista di Spinola a Spinola, in realtà, non ha una sede ufficiale. Non ha mai avuto il tempo di trovarsene una. Non è nato, infatti, come un partito, ma come un malumore. Un mugugno generalizzato contro queli de Roma dapprima, che serpeggiava sul fondo delle assemblee, e faceva da sordo contrappunto ai discorsi paludati dei politici locali di lungo e medio corso, qualsiasi fosse il loro orientamento. I politici locali, Trio compreso, all’inizio lo avevano sottovalutato, convinti che a Spinola la Lega non avrebbe attecchito mai, perché c’erano loro a sorvegliare e incanalare persino il dissenso. Quando, a metà degli anni ’90, si accorsero invece che la Lega, a Spinola, aveva fatto il botto di voti, fu uno choc. Fu uno choc, a dire il vero, anche per la Lega della Provincia, che di Spinola si era allegramente dimenticata: tanto che, quando arrivarono i risultati e ci si accorse che là il partito aveva preso un bel 10% tondo tondo senza manco fare campagna elettorale, i Leghisti della Provincia si guardarono in faccia basiti come uno che scopra di aver vinto un terno al Lotto senza nemmeno ricordarsi di aver giocato. Il mattino dopo, elenchi degli iscritti alla mano, avevano cercato qualcuno che abitasse a Spinola, per farlo segretario. Il primo, in ordine alfabetico, era Telmo Piovego. E fu così che Telmo si ritrovò segretario della Lega cittadina.

Ora Telmo, bisogna capirlo, ha un cuore grande così, ma sta alla politica come un ippopotamo al Lago dei Cigni. Sessant’anni passati a fresare e tornire tubi nel suo piccolo laboratorio, senza mai prendersi un giorno di ferie o di malattia, smadonnando con i suoi due dipendenti – cioè la moglie Adelina che gli tiene i conti e il figlio Piero che gli controlla il portfolio clienti – gli hanno insegnato che al mondo c’è chi lavora e chi parla, e chi parla andrebbe preso a calci in culo e mandato a lavorare. Trovarsi proiettato in mezzo al fuoco dei Consigli Comunali, delle interrogazioni e delle delibere, lo ha spiazzato, quasi ridotto sull’orlo di un collasso nervoso. É rimasto sconvolto nello scoprire che per far le robe bisogna prima approvare le carte, e prima di approvarle discuterle, e prima ancora scriverle e rileggerle una infinità di volte. Gli si è aperto davanti un mondo che avrebbe preferito però restasse per lui chiuso. Negli infiniti dibattiti in Consiglio si perde dopo le prime battute, le bozze, le carte gli allegati e i termini tecnici gli procurano vertigini di angoscia: Telmo non odia la democrazia, ma la trova sostanzialmente una gran perdita di tempo.

Fra l’officina e le scartoffie non ha mai avuto libero un minuto per trovare alla Lega una sede, e non ne ha nemmeno tanta voglia, ritenendo la cosa una spesa inutile; quando uno dei giovani luogotenenti del Capoluogo, venuto in visita e rimasto sconvolto dal fatto che l’avevano ricevuto nel retromagazzino dell’officina, fra un tavolaccio sghembo e una tanica abbandonata, s’è mosso per trovargli in affitto quella che era la ex sede Diccì, Telmo è andato a vederlo, il prestigioso ufficio proprio di fronte al Municipio, e poi ha ringhiato in faccia al fighetto: “La costa massa, no g’ho miga tutti ‘sti schei del partito da butar via par niente, mi. Piutosto togo altri tre gazebi da metter in piazza co li serve..e po’ la dentro, la xé ‘na roba massa da siori, no me trovo ben!”

Quindi a Spinola, le riunioni della Lega continuano a svolgersi lì, nel retrobottega di Telmo, fra gli scartozzi di tubi in partenza e i laminati in arrivo, con l’Adelina che lascia sul tavolaccio una pignatta di vin brulé da scaldare sul fornellino, perché in asienda il riscaldamento si chiude alle sette, quando termina l’orario di produzione, e le riunioni si fan di sera, ché si ha tutti da lavorare, di giorno, uè.

Riunioni, poi, da qualche tempo non è che se ne faccian più molte, e, quando si fanno, non si sa bene che dirsi: del Governo non si può sparlare, perché ci sono i loro, della Regione non si può sparlare, perché sta per andarci uno dei loro; dei meridionali non si può più sparlare tanto, perché sono sempre meglio dei marocchini, che comunque in fabbrica servono, perché ormai nelle fonderie fan quasi tutto loro. Restano gli zìngani, che di quelli si può sparlare quanto si vuole, perché sono zìngani, appunto: e quindi rubano, massano, e non fano un casso tranne che girare con le roulotte. Che anche se vivono qui da una vita, i zingani, mica vivono mai come noi e come tutti: sono zingani e sempre zingani rimangono, non ci hanno con la gente normale nessun punto in comune.

Il Telmo, a dire il vero, dell’andazzo s’è un po’ s’è scocciato. Si sente inutile, perché anche se gli zingani sono zingani non è che a parlarne tutta la sera si risolve qualcosa. Lui è un uomo di azione pratica. In quello è una potenza: perché a leggere carte il Telmo si addormenta, ma se c’è da muoversi, eccolo, è il suo. Così, prima di Natale, con la scusa di scambiarsi gli auguri e mangiarsi le fette di pandoro con il mascarpone – il panettone no, perché el xè de Milan, e nialtri semo veneti– ha riunito lo stato maggiore spinolese della Lega, vale a dire il Tonio Schiavon, tabaccaio in pensione, il Roberto Ferruzzi, che c’ha la macchina grande perché è rappresentante di abbigliamento, la Monia Zamenego, pasionaria, (ma senza dirlo alla Adelina, di lei, perché la ragazza è nota per aver le più belle tette del collegio elettorale), ed il dottor Ettore Balzo, che è contabile, ma così alla mano da non voler che lo si chiami dottore, soprattutto perché non lo è. Una volta radunati i radunandi, però, al povero Telmo sono cadute le braccia, perché, a parte i bofonchi contro i troppi foresti sopra citati, altre idee non venivano fuori: era tutto un “Ma ti sa che ormai semo pieni de zìngani? e un “Ma ti sa che ormai non ghe xé in giro de note altro che foresti?”, senza che però nessuno azzardasse una proposta pratica per risolvere la situazione.

Siccome a Telmo le lamentele paiono poco padane, se ne è uscito fuori immediatamente con un:“E allora, basta star qua a frignar! Da la prossima settimana, femo la ronda!”

I sodali lo han guardato preoccupati.

Ma ti g’ha sentìo Maroni, che g’ha dito che non se pòl! Bisogna iscriverse in Comune, far un bàito de carte!”

Telmo ha alzato le spalle, e, con un ragionamento nel più puro stile italico, anche se enunciato in dialetto rigorosamente afferente ad area leghista, ha sentenziato: “Ih, che’ l vegna alora Maroni, qua! Nialtri la fazemo, intanto. Po’, se mai, se metaremo in regola!

E se Taragnin ne dise qualcossa?” ha obiettato il dottor Balzo, da sempre incaricato di tenere i rapporti diplomatici con la coalizione di Governo della città.

Ti lo mandi in mona.” ha replicato Telmo.

Siccome questa è parsa a tutti una risposta venetissima, e perciò sinceramente padana, il dibattito è finito là.

La sera dopo la ronda leghista autocostituita s’è data appuntamento sotto casa di Telmo. C’erano tutti: il Tonio, che s’era trascinato dietro due cugini, il Roberto Ferruzzi, con il figlio quindicenne, il dottor Balzo che, pur non avendo portato alcun altro sodale, con la sua panza può far già per due, la Monia, che per l’occasione aveva occultato il decolletè nel piumino, ma per compensare s’era messa minigonna e stivalone fasciante tacco dodici come divisa d’ordinanza, e il Telmo medesimo, che l’Adelina, non potendo partecipare direttamente, aveva però munito di vin brulè da asporto in quantità industriale.

Fatta la conta dei presenti e distribuito ruoli e cellulari con in memoria i numeri delle forze dell’ordine, il Tonio ha però posto un problema che nessuno fino a quel momento si era posto: “Va ben – ha detto – ma desso, dove ‘ndemo?”

Sì, perché a Spinola grandi problemi di sicurezza a memoria d’uomo non se li ricorda nessuno: di prostitute ci sono solo l’Amanda e la figlia Susanna, che però ricevono da sempre in casa per appuntamento e senza dar di scandalo a nessuno, gli spacciatori lavorano tutti fuori comune, e, se anche abitano a Spinola, ci tornano giusto per dormire e non vogliono grane. Il massimo schiamazzo notturno è dato da qualche ragazzino che scaracchia in moto, ma il cui eco scompare subito nel buio della campagna.

Be’ – ha risposto il dottor Balzo, con un colpo di genio – ‘ndemo dai zìngani, no?

Gli altri lo han guardato come si guarda uno che è contabile per qualcosa. I zìngani, giusto! Quelli che, da un paio di settimane, si sono accampati dietro alla discarica! Mica che uno lo chiamano dottore per niente, eh.

Così, il Telmo in testa e gli altri in fila indiana, i difensori volontari della legalità si sono messi in cammino, pian piano, per la stradina che accompagna al campo nomadi: in giro non un’anima e attorno il cupo silenzio della notte.

Dopo un quarto d’ora a buon passo, alla tremula luce delle loro torce elettriche, sono apparse le sagome delle roulotte del campo. Immobili, nel blu dell’oscurità. Intorno, non un fiato. Davanti nessuno. Solo qualche riverbero di luce, fioca, che trapelava dalle tendine assieme a suoni ovattati di musica e parole appena avvertibili: “Compra….vocale….la ruota…gira…pubblicità…”

Ma cossa i xé drio far?” ha chiesto la Monia.

I varda la television, La Roda de la Fortuna, credo!” ha detto Telmo.

La vardo sempre anca mi, a sta ora!” Ha detto la Monia, incredula che lei e gli zìngani potessero avere gli stessi gusti televisivi, e quasi tentata di allungare l’occhio, per spiare se il campione in carica, un fusto, era riuscito a rimanere ancora in gara.

Ma li xè qua tuti?” ha chiesto Tonio.

Eh, pararia de sì…” ha replicato il dottor Balzo, che, da contabile, con un’occhiata ha saputo calcolare esattamente chi è in giro e chi no.

Bon, se lori li xé qua che li varda la television, perché non ‘ndemo a casa anca nialtri, che fa anca fredo?” ha chiesto la Monia, la cui minigonna d’ordinanza ormai aveva portato le gambe al limite del congelamento.

Telmo ha guardato i suoi, intirizziti e perplessi, poi il campo delle roulotte illuminato dai riverberi bluastri degli schermi.

Ti g’ha razon, ‘ndemo a casa, via…”

Ma…e se qualchidun ne domanda come che xè ‘ndada la ronda, doman de matina?” ha domandato Tonio, preoccupato.

Ti lo mandi in mona.”

Al solito, è un racconto di fantasia, che non fa riferimento a personaggi, fatti o avvenimenti reali. E La Ruota della Fortuna non esiste.

21 Comments

  1. Ma lo sa sig.na Galatea che invece a Ronco Scrivia una volta presero il 18% ma non trovarono un cane che facesse il consigliere comunale? Questa non è una storia inventata, a differenza della Sua. Non è inventata, per una volta è breve e non è neanche difficile da capire.
    Mi stia in gamba.

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  2. “Po’, se mai, se metaremo in regola!” Ecco uno dei nodi nordestini che soffocano un vero progresso civile. La radice antropologica delle leggi ad personam, dell’evasione fiscale, dell’abusivismo. La Legge? Vale per gli altri. Altrimenti, a cosa serve? 🙂 (rido per non piangere)

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  3. “Ma…e se qualchidun ne comenta coa citasion o la provocasion mentre ti xé drio a far la lession, doman de matina?”

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  4. Mi sa che ti mandano in mona. Ma è un bel racconto. Il modo in cui scrivi rende anche più digeribile il fatto che sia verosimile. Sarà un bene o un male?

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  5. Bel racconto, ma non sono sicuro sia del tutto realistico.
    Ormai la lega è ben più di questo, in moltissimi paesi governa, a Treviso e Verona possiamo dire che ha una classe dirigente preparata da un bel po’. Sicuramente in molti paesini si tratta ancora di una situazione del genere, ma non sottovalutiamola. Qui in veneto c’è un’emergenza culturale.
    Conosco ben 3 ragazzi intelligenti e laureati che fanno parte del movimento degli universitari padani. Sono sicuro che presto li vedrò in alto, perché qui il partito vincente su cui puntare per fare carriera è quello.

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  6. c’è del talento.
    purtroppo esistono anche i leghisti che hanno fatto “le scuole”, e sono peggio. molto.

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  7. @vegetarian
    Vabbé, se vogliamo chiamare Gentilini e Tosi, entrambi condannati per istigazione al razzismo, come “classe dirigente preparata da un bel po”…
    E fra un po’ ci toccherà pure Zaia come governatore (sic!).

    Concordo sull’emergenza culturale (e politica) in Veneto.

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  8. La storia e’ bella e mi e’ piaciuta, tuttavia va detto che per quanto riguarda gli zingari le cose stanno cosi’:

    quando non balzano agli onori della cronaca nessuno, compresa la sinistra, se li fila di striscio e possono anche crepare di freddo nelle roulottes.

    Quando succede qualcosa, ecco che arriva il solito branco di pirla razzisti e nazistoidi che si diletta a “riscaldarli” lanciando molotov nei campi nomadi.

    A quel punto la sinistra si sveglia e cosa fa? Proposte concrete per affrontare la situazione?

    No, si “mobilita”, e scende in piazza a cantare “Free Nelson Mandela”.

    Poi quando tutto si placa, vengono nuovamente dimenticati e il ciclo ricomincia.

    Non male.

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  9. @yossarian

    invece lei quale soluzione o quali provvedimenti propone per i cd “zingari”?
    pensa che dovrebbero “integrarsi”? e perché?
    pensa che dovrebbero rimanere così come sono, e perché?
    posto che ci sono moltissimi che ci derubano legalmente, è pur vero che gli “zingari”, non pochi di loro, vivono anche di attività illecite quali il furto e la rapina?
    grazie x l’attenzione.

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  10. @Alice

    Guardi, tanto per cominciare:

    A) Fornir loro dei campi sosta decenti, dotati di acqua potabile elettricita’, etc etc.

    Che pagherebbero regolarmente come tutti i cittadini. Non sono tutti poveri cristi.

    B) Individuare un interlocutore, o piu’ interlocutori, visto che molti non sono cittadini italiani e che sono divisi in vari clan, responsabile dei rapporti fra loro e il territorio che li ospita.
    Allo stesso tempo, chiarire il loro status legale e in termini di permessi di soggorno: sono immigrati, cittadini, ospiti o che diavolo?
    Senza ricorrere a stupidaggini reazionarie come prender loro le impronte digitali, si potrebbe quantomeno, visto che sono nomadi che comunque ritornano a intervalli regolari, munirli di un documento d’identita’ e permessi di soggiorno.
    Perche’ e’ giusto che debbano poter venir identificati. Per loro e per chi li ospita.

    C) Tutto cio’ significa capire cosa vogliono, cosa non vogliono e trattarli come persone responsabili, mettendo ben in chiaro che ci sono regole da rispettare.

    Quindi, ne’ trattarli come santi o vittime da folklore politicamente corretto che li vede tutti come Django Rheinardt, ne’ come criminali a priori.

    Ovviamente cio’ non toglie che le eventuali responsabilita’ penali individuali non debbano venire perseguite. Ci mancherebbe altro.

    Fra l’altro, mi permetta, la Lega non e’ che li odia perche’ rubano, ma perche’ sono zingari.

    Il che per me e’ inaccettabile.

    In ogni caso, chi commette un reato, zingaro o meno, deve affrontarne le conseguenze, su questo non ci piove.

    Quanto a certe loro innegabili e pessime consuetudin culturali, come rubare, be’ credo che una cultura possa cambiare no?

    Noi siamo cambiati rispetto a un secolo fa, no?

    L’idea che le culture siano immutabili e impervie ai cambiamenti, o da conservare “sotto vetro” cosi’ come sono, e’ una sciocchezza politicamente corretta e assai retriva, da radical chic.

    Roba da Santa Alleanza.

    Ma per cambiare ci vuole un contatto e una comunicazione costante con l’interlocutore, e nel loro caso, la cultura ospitante.

    Dialogo vero e fatti. Non pugnette, come diceva il noto assessore di Zelig…

    Fra l’altro non credo che rinunciare “all’usanza” di rubare sia una una grave perdita culturale.

    Io direi che si puo’ fare.

    Si tratta di un paio di suggerimenti perfettibili e solo per iniziare, ma non credo che si possa andare avanti non facendo nulla , o no?

    Arrivederla

    🙂

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  11. @frap1964: non volevo fare l’elogio del leghismo, solo far notare che sperare nel fatto che i leghisti siano incapaci di amministrare una città è un errore.

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  12. Giuro che il sig. vegetarian non è il sottoscritto sotto mentite spoglie. Penso che anche lui ci tenga a fugare ogni sospetto.
    Sig. Yossarian, Lei continua ad essere simpatico e non fesso, anche se nel Suo secondo commento, al punto B) si trascura un grave problema.
    Mi stia in gamba, e continui ad alzare il livello dei commenti (questo è detto a suocero perché nuora intenda).

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  13. Dimenticavo, sig.na Galatea, di rivolgerLe due paroline (quae melius erit tibi audivisse quam mihi dixisse).
    Questa volta, per quanto lo si rigiri da ogni parte, il Suo racconto da questo qualcovunque è troppo lungo per quel poco che significa. E badi, si tratta solo di un commento estetico, niente a che fare con la politica, che pure ha una sua terribile estetica.

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  14. x Yossarian

    Scusi il ritardo con cui rispondo ma ho tempi di vita diversi da quelli elettronici.

    La ringrazio per avermi risposto con creanza (non è così scontato, come sappiamo).

    Lei scrive:
    A) Fornir loro dei campi sosta decenti, dotati di acqua potabile elettricita’, etc etc.

    Sono d’accordo con lei, ma il problema non è solo logistico. Al primo punto, oltre che dare un’accoglienza dignitosa a queste persone, c’è un problema fondamentale da affrontare: di cosa vivono queste persone. Certamente non solo di acqua potabile, elettricità ecc..

    Esiste quindi e in modo assai prioritario, al di là di ogni considerazione civile e compassionevole, il problema del sostentamento. Queste persone sono disponibili a svolgere un lavoro, un lavoro qualsiasi, cioè un lavoro svolto con dignità? Per esperienza personale, molto diretta, posso solo osservare la realtà di fatto: no, non sono disponibili, per molte ragioni.

    B) Allo stesso tempo, chiarire il loro status legale e in termini di permessi di soggorno: sono immigrati, cittadini, ospiti o che diavolo?

    Non c’è nulla da chiarire, molto spesso sono cittadini italiani, con gli stessi diritti degli altri (ma non, mi creda, con gli stessi doveri). Avere un campo nomadi nelle vicinanze di casa, glielo assicuro, non è cosa pacifica e, spesso, nemmeno piacevole.

    C) Ovviamente cio’ non toglie che le eventuali responsabilita’ penali individuali non debbano venire perseguite. Ci mancherebbe altro.

    Sempre per esperienza personale, posso assicurarle che il giorno che si trova la casa letteralmente svaligiata di beni materali e soprattutto affettivi, delle “eventuali responsabilita’ penali individuali” (in realtà poco “eventuali”, ma effettive), lei non saprà che farsene.

    Inoltre lei osserva: In ogni caso, chi commette un reato, zingaro o meno, deve affrontarne le conseguenze, su questo non ci piove.

    Tra pochi giorni ci sarà l’innaugurazione dell’anno giudiziario. Il procuratore generale dirà, come sempre, che oltre il 98% di questo tipo di reati rimane praticamente impunito.

    Come famiglia abbiamo aiutato una di queste famiglie di cosiddetti zingari. Non abbiamo dato loro gli arredi dello scantinato, ma lenzuola nuove e stoviglie di prim’ordine. E vestiario e un po’ di denaro. Hanno rivenduto quasi tutto. Certamente per bisogno, ma nulla hanno messo in essere (o tentato) per superare questa loro condizione. Due dei loro figli hanno tentata una rapina notturna in una tabaccheria; il tabaccaio, ha reagito e ora si trova, da anni, nelle grinfie di giudici e avvocati, ma soprattutto di azioni risarcitorie!

    Non vado oltre, ma questi sono spaccati di vita reale. Evidentemente questi sono problemi che vanno affrontati diversamente. Comunque lei, mi permetta di rilevarlo, non ha risposto nello SPECIFICO alle mie domande.
    Molte grazie e saluti.

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  15. Giuro che neppure la sig.ra Elena è red. cac. sotto mentite spoglie.

    p.s.
    Sig.ra Elena, il sig. Yossarian è di gran lunga il commentatore più disposto alla discussione (e più capace di sostenerne una) su questo blog. Pensi un po’ ghli altri, in primis la tenuratia, che per lo più non capisce le risposte, come già più volte abbiamo documentato inoppugnabilmente (non si sa mai, la sig.na si è data a qualche raschio birichino, in alcuni casi) di là in redazione.

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  16. @Alice

    Innanzitutto ringrazio la gentile siorina proprietaria del blog che ci ospita e passo subito a risponderle:

    guardi, mi pare di essere stato piuttosto chiaro e di aver elencato punti concreti e di essere entrato nello specifico.

    Se poi per specifico lei intende “integrazione”, le rispondo che questa e’ necessaria e che a mio avviso, visto e considerato che l’integrazione avverrebbe in uno stato di diritto (quale l’Italia), non credo che i nostri ospiti o futuri neo-italiani correrebbero il rischio di veder le loro radici culturali o religiose cancellate.

    Quindi un si’, totale, assoluto e incontrovertibile all’integrazione, che e’ una parolaccia solo per i reazionari xenfobi alla Borghezio, o gli sciocchi terzomondisti politicamente corretti di una certa sinistra radical chic.

    Quanto ai problemi relativi al codice penale:

    A) la certezza della pena non e’ legata esclusivamente agli extracomunitari.

    B) Bisogna dotarsi di una legislazione efficace ed esaustiva in materia d’immigrazione, che stabilisca quote, rimpatri, acoglienza etc etc.

    La Bossi-Fini, e lo dico pur non essendo di sinistra, e’ un pietoso (nell’accezione dispregiativa), nocivo e maldestro compromesso che non serve a niente.

    Una volta in possesso di uno strumento legislativo chiaro ed efficace, si potranno riempire anche i vuoti del codice penale.

    @Red Cac

    Anche lei mi e’ simpatico signor Red Cac, nonostante gli inizi un po’ “spinosi” del nostro rapporto dialettico.

    Capita.

    🙂

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  17. Mi sbilancerò in un commento poco edificante, sig. Yossarian.
    Lei mi è simpatico anzitutto perché mi è simpatica l’intelligenza. Ora – e mi spiace scriverlo qui perché è cosa che mi miei amici sanno da sempre, ma ma sembra rivolta alla sig.na Galatea, ch’è invece è solo un accidente, filosoficamente parlando – se c’è una cosa che non sopporto è la cultura intesa come verniciatura. Per questo mi diverto ad ammassare citazioni (spesso sbagliate: è una forma di terrorismo culturale contro i dotti fessi fin dai tempi dell’università mia, quando per sapere il greco si doveva ancora studiarlo) in certi saloni di sciocchezzuole & carinerie.
    Lei ha scritto una volta, ne son sicuro, che la lega Le dà l voltastomaco, o qualcosa del genere. Aveva già perfettamente argomentato la cosa in una serie di commenti precedenti, senza neppure citarla. Vede, son poche le persone i cui commenti, anche nel tempo, sono tenuti assieme da un filo logico coerente. Da qui la mia attenzione per quello che scrive, e la scoperta che Lei è persona dotata di notevole esprit de finesse, espresso sempre con rara pacatezza.
    Come ormai qui tutti sanno, ho votato una volta per la lega (due, a dire il vero: la prima volta, alle amministrative del ’90, le ho dato un voto su 4) ma una persona intelligente è in grado di dire molte cose inoppugnabili contro la lega nord. Lei sa chi contribuisce, parlandone male secondo i più scontati cliché, a farle guadagnare molti voti.

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