La malinconia del blog: perché sulla rete in Italia c’è il soffitto di cristallo?

Però, in fondo, sotto sotto, lì, proprio lì, in quell’angolino oscuro dell’anima in cui si infrattano le cose che non ti vuoi confessare, un po’ ci speravamo tutti. Che il blog fosse la nostra personale versione aggiornata della favola di Cenerentola, voglio dire. Non nel senso che avremmo trovato il principe Azzurro o a principessa Rosa: le fanciulle ed i fanciulli del web sono più concreti e smaliziati: per il rimorchio le chat funzionano meglio. Quello che speravamo, sognavamo di nascosto nelle nostre fantasie segrete, era qualcosa di più e di diverso. Una di quelle storie all’americana, di quelle favole d’oltreoceano che il web 2.0 pareva rendere credibili ed a portata di mano anche qui da noi: che un giorno, complice un post, per grazia di un twit azzeccato, si accorgesse di noi il mondo che conta. Folgorato sulla via che porta all’aggregatore, l’editore di gran nome, il direttore di testata, il comico tv, il conduttore di prima serata cercasse la nostra mail, sguinzagliasse i suoi scagnozzi per conoscere il numero del nostro cellulare e poi, in ginocchio, con voce rotta dall’emozione, ci chiamasse per dire: “Ohhh, leggo sempre il suo blog, non mi perdo una virgola…perché non scrive qualcosa per me, la prego, la supplico…” E da lì via, rubriche sulla carta stampata, girandole di comparsate tv, capatine ad Anno Zero, opinioni richieste a piene mani da tutti i Vespi del circo mediatico, pareri rilasciati alla Gruber, libri da presentare alle Dandini, interviste da Augias, candidature in parlamento, inviti alle Fondazioni, un programma che non si nega a nessuno, neppure all’ultimo rampollo dei Savoia, per cui figuriamoci a chi è una star della rete.

Invece. Invece un cazzo. I blog invecchiano, i post si accumulano gli uni sugli altri, diventano rubriche fisse, archivi. I lettori spiccioli, persino, salgono come la marea. Nel web sei qualcuno. È tutto un linkarti, tumblerarti, condividerti, chiederti amicizie ed affiliazioni: dilaghi su ogni piattaforma, il contatore scricchiola per il peso dei contatti giornalieri, le classifiche ti proclamano letto, straletto, lettissimo: sul web ti fa un baffo Dan Brown. Ma il resto del mondo, ecco, quello non si accorge di te. Il mondo del web non è virtuale, è parallelo: solo che ti cominci a chiedere se, in Italia, la porta di accesso fra i due universi esista. Di tanto in tanto, fra i blogger, c’è quello che fa il salto e arriva alla carta stampata, al romanzo, al quotidiano, alla tv; ma quando ci arriva, tutti ne parlano come di uno che è diventato qualcuno nel momento in cui ha cominciato a scrivere sulla carta stampata, a pubblicare libri, ad apparire in tv. Prima, che faceva prima? Ah sì, dicono che avesse un blog: lo sussurrano come un pettegolezzo, come se si sapesse che, nel tempo libero, fa i centrini: una di quelle amene stramberie che caratterizzano gli intellettuali. Un blog non è un lavoro, e non è nemmeno una gavetta: è un passatempo, forse una perdita di tempo. Comunque niente di davvero serio, va’. Perché se per caso appari per un’ora in una qualsiasi boiata in tv, puoi scrivere sul curriculum che hai lavorato in televisione, e la gente di guarda diverso il giorno dopo; se pubblichi due righe su un quotidiano organo di un ignoto movimento che è letto da dieci persone a stento, sei però una firma; se stai da anni sul web con il tuo sito, i tuoi pensieri, le tue parole, non sei nulla, se non una manciata di pixel, forse. Il soffitto di cristallo c’è, anche se alle volte prende la forma di uno schermo.

103 Comments

  1. Essere al di fuori delle attenzioni di quel popò di mondo per il quale non esistiamo, non è forse un privilegio? Perchè dovrebbe interessare l’attenzione di vettori socio/culturali al limite della decenza come televisioni e giornali? Io credo che sia la condizione di perenne perifericità e sostanziale invisibilità dei blog a renderli un fenomeno ancora vivo e diverso. E non per mania di elitarismo. Il blog narrativo non è un libro, il blog giornalistico non è un giornale. Il blogger stesso non è uno scrittore tout court. C’è una diversità evidente nello strumento blogghistico che o ci conserviamo come una salvezza, o ci rinunciamo a caccia di palcoscenici più stuzzicanti. Ma non conosco palcoscenici più stuzzicanti di avere pochi lettori interessati e consapevoli, francamente.
    E poi è vero, il blog è un passatempo. Fatto con passione o meno, è un passatempo, è diletto per dilettanti. E grazie a dio di professionisti in questo mondo ce ne sono ben pochi. Una volta tanto, essere sfigati non è per forza un handicap.

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  2. Nel mio caso specifico il soffitto più che di cristallo è uno specchio. [ah che ricordi mode on] Quello del motel io e M. lo avevamo persino appannato [ah che ricordi mode off]

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  3. “capatine ad Anno Zero, opinioni richieste a piene mani da tutti i Vespi del circo mediatico, pareri rilasciati alla Gruber, libri da presentare alle Dandini, interviste da Augias, candidature in parlamento, inviti alle Fondazioni, un programma che non si nega a nessuno, neppure all’ultimo rampollo dei Savoia, per cui figuriamoci a chi è una star della rete”

    Wow Galatea… hai descritto con minuzia la mia particolare versione dell’Inferno, nemmeno Goya sarebbe arrivato a tanta minuzia di dettagli!

    Cordialità

    Attila

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  4. Tempo, ci vorrà del tempo e allora capiranno che anche i blog hanno un ruolo nella comunicazione odierna. Il fatto è che stiamo rompendo un circolo vizioso che dura secoli, quel circolo che raggruppa i pochi gruppi commerciali – perché di commercio si tratta (con le dovute eccezioni) – che “dettano” notizie e cultura a loro piacimento, secondo i loro interessi.
    Non dimentichiamo che anche i torchi gutenberghiani del XV secolo, in certe occasioni, in certe regioni, in certi ambienti, furono rifiutati, quasi come “opera del diavolo”… e certo, portavano a tutti la capacità di avere un libro, la capacità di leggere, di farsi un opinione, di discutere, di avere un’idea.
    Oggi l’opinione viene dal basso, viene dal singolo individuo, viene da colui che, grazie alla rete, può palesare un suo sentimento, un suo parere… e stavolta giunge a migliaia di persone … e questa la rivoluzione che taluni cercano di fermare, giacché è più difficile controllare 5-10-15 milioni di teste che pensano…

    Buona giornata.
    Rino.

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  5. Non tutti aspirano alla storia all’americana. Ho idea che la percezione che abbiamo della blogosfera (uso questa espressione un po’ trita ma che rende bene l’idea) sia limitata al nostro raggio d’azione, mentre invece al di là c’è una realtà molto più variegata.
    Parlo di me: non ho aspirazioni del genere, sono cosciente anche di non sapere scrivere benissimo, ma mi piace farlo sul mio blog, che rimane il mio spazio privato, mi diverte. Nel contempo non credo di valere più o meno di altri. Sono io, non pretendo nulla, il mio lavoro è un altro, non ho alcuna velleità in tal senso.
    E va bene così.

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  6. Insomma, non solo vivi alla periferia dell’impero nella vita reale. Anche in quella virtuale!

    Ma molto meglio così, Galatea, non credi?
    Eppoi, che aspetti, un editore per scrivere un libro su Spinola?
    Scrivilo (o semplicemente raccogli i post che hai già scritto in un continuum), che si pubblica! Magari in Creative Commons, in pdf, o qualche altra diavoleria.
    In fondo, i giornali di oggi sono la tappezzeria dei bidoni dell’immondizie, domani.
    Un pdf è per sempre 😀

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  7. Condivido l’analisi ma non credo che tutti i blogger si riconoscano nel quadro che hai disegnato.
    Intendo dire che molti hanno le ambizioni e le speranze che hai indicato tu ma non credo sia la maggioranza. Altresì, non credo nemmeno che tutti abbiano le caratteristiche per un eventuale grande salto, se così lo vogliamo chiamare.

    Ma l’idea del blog come epressione personale e libera si è persa del tutto? No perchè io continuo a vederlo così. Non ho banner, non ho pubblicità: è il mio spazio. Punto. Se piace, bene. Se piace e arrivano offerte di collaborazioni di tipo specialistico o di altra natura lavorativa, ottimo.

    Ma vivere la propria presenza in rete in funzione di questo grande salto, sognarlo e starci male perchè non arriva, no, grazie, passo.

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  8. Forse hai ragione, ma chissà, è un male quel che dici? Non è vero che alcuni blogger sono scrittori arrivati successivamente a tenere un blog? Lo scenario che descrivi mi sembra legato ad alcuni anni fa, piuttosto che al web 2.0.: allora sì, chi teneva un blog puntava a scalare la piramide sociale della rete e ad arrivare in alto, là dove poter essere visto dall’editore di turno. Oggi, una simile scalata è non solo faticosa, ma ti toglierebbe il tempo di, che so, scrivere un romanzo.
    Oggi, può essere lo scrittore stesso, magari con 3 o 4 romanzi alle spalle, a cercare qualcosa di più ed approdare al mondo dei blog. O, semplicemente, può svilupparsi quel mondo parallelo che descrivi tanto bene, liberato finalmente dal dogno del “grande salto”, che è sempre stato un sogno, soprattutto in Italia, con o senza Web.

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  9. Guarda che non è proprio del tutto così, secondo me.
    Dipende dalla tipologia del blog, da cosa e come scrivi, da come “ti presenti”.
    Con un blog “un po’ generalista” come questo le chances di fare il salto sono pochine, imho.

    Esempi ce ne sono diversi (qui ne metto solo due, abbastanza diversi tra loro, altrimenti il commento passa come spam):

    pornoromantica
    commessa frustrata

    Poi presumo che tu sappia chi sono, ad es., Christian Frascella, Piero Ricca, ecc. ecc.

    Tutti ne parlano come se… ma tutti chi, scusa?
    Certo che se il riferimento primo “per il successo” è ancora la comparsata in TV e il paese uno degli ultimi in classifica in Europa per accesso alla rete, non vedo come potrebbe essere diversamente.
    Ma poi… è davvero successo questo qui?

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  10. Vuoi far davvero parte de “il mondo che conta” pur sapendo che il 90% di quelli che seguono quel mondo non sanno più scrivere tre righe di saluti sul dorso di una cartolina?

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  11. Galatea, ho letto anche la discussione su friendfeed pur non essendoci più (misteri del ueb). Con il senno della doppia lettura (blog e ff) il mio commento è questo:
    Ma che vita di merda fanno quelli che si sentono frustrati perché nessuno gli legge / pubblica il blog?

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  12. post serio, forse anche un po’ melanconico, leggermente da primo dell’anno. non sono sicura che l’ambizione del blogger sia quella di fare il salto mediatico e arrivare ad accavallare le gambe sulle poltroncine di vespa: capisco il prurito del contatore che gira e che forse può far sognare casse di risonanza più potenti, in grado di arrivare lì dove l’adsl non c’è. ma forse non bisogna perdere di vista le sensazioni generate dal primo commento, quell’idea di aver trovato interlocutori, nemici, proseliti e rompiballe diversi da quelli noti ai quali rompiamo già le balle da una vita. in rete puoi trovare il confronto, lo scambio, altrove diventi un pontificatore a senso unico.
    ma sono invece sicura che se un blogger come te avesse voglia di finire su uno scaffale di libreria non tarderebbe a trovare offerte e lusinghe: gli editori sarebbero solleticati dalle potenzialità del tuo contatore e poi, blogger o no, la tua penna e la tua capacità critica farebbero comunque colpo.
    ora, lo so, qualcuno mi darà del cicisbeo.

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  13. Per la verità qualche eccezione c’è: a parte Adinolfi che gioca su due tavoli, Phastidio sui giornali ci è arrivato.
    In ogni caso mi sa che guardi la cosa dalla prospettiva sbagliata: in Italia siamo 20 anni indietro, ma in USA molti giornali rischiano il fallimento per la concorrenza dei blog, tanto che Murdoch si è messo a strepitare per raggranellare qualche briciola della pubblicità di Google.E perfino qui un’amico discografico mi diceva che le vendite sono in picchiata a causa di internet: non per la pirateria, ma perchè i ragazzini stanno su youtube e facebook anzichè ascoltare dischi, ormai i CD son roba da over30.

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  14. Dimenticavo una cosa. Tutta l’ansia anti-internet dei nostri cari eletti viene proprio da li: sono abituati a governare l’ opinione pubblica con giornali e televisioni, che pullano di gente disposta a parlare per ore del nulla,buttare in caciara qualunque discussione, essere deferente coi potenti.La sola idea che i ragazzini anzichè sorbirsi Vespa si informino con dei feed che sfuggono al loro controllo li terrorizza.

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  15. Via, non facciamo i ritrosi, ognuno ha sognato, anche magari solo per un attimo, per un post che gli sembra riuscito meglio, per un complimento sincero, di riuscire a ottenere i suoi 15 minuti canonici di celebrità. Ma è – appunto – un sogno, come si sognano le Maldive o di vincere al Superenalotto, e poi magari non si compra nemmeno il biglietto. Son sogni così, ingenui, come quelli dei bambini. Poi la vita è un’altra e siamo tutti realistici, poco romantici e ben avvezzi alla quotidianità. Cenerentola diceva che i sogni son desideri, a volte invece sono solo uno sprazzo di colore in una giornata magari un po’ più vuota delle altre.

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  16. ecco, adinolfi, bravo marcello, credo sia l’esempio calzante di cosa diventa un blogger quando fa il gran salto. qualcuno vuole diventare per caso un mario adinolfi?

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  17. Non vedo dove sta lo scandalo, o perché stupirsi. Un “giocatore di serie A” un po’ scarso (pensa, non devo nemmeno dire di che sport sto parlando) è molto più famoso del pallanuotista olimpionico o del tiratore al piattello campione del mondo. Questi, non firmeranno mai autografi, se non nella ristretta cerchia di appassionati di quelle discipline.

    Un ricercatore di fama internazionale, di quelli che scoprono cure per malattie gravissime, o il fisico da premio nobel, non sono nessuno presso l’opinione pubblica. a meno che non facciano il salto nel grande schermo.

    questo vale da decenni, ovunque e in qualunque campo.

    È una così grande delusione scoprire che lo scintillante e sublime mondo dei blog italiani (wow!) segua le regole del resto mondo, che non sia né diverso, né, tantomeno, speciale?

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  18. @nastja: Infatti, è un sogno non confessato, forse inconfessabile, un po’ come quello che George Clooney finisca la benzina proprio davanti alla tua porta, bussi, ti veda e si innamori di te.
    Quello che però trovo strano è che il mondo della carta stampata e dell’editoria in generale sembri però nutrire una diffidenza enorme nei confronti dei blogger. Quando, da giornalista, aggiungi su un curriculum che tieni un blog in molti casi ti guardano come se avessi scritto che fai i centrini nel tempo libero: una informazione al più inutile, o una nota ingenua. Ecco, non so, mi sembra un sintomo che viviamo veramente in una società un po’ arretrata e molto chiusa.

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  19. Il punto, imho, è che fare il blogger non è “un mestiere”.
    Diatriba trita e ritrita che ogni po’ ritorna.
    Al solito si confonde il mezzo con il modo, imho.
    Non è che se guidi una macchina allora sei automaticamente un pilota.
    Dopodiché sull’editoria online (mainstream compresi) è più di qualche anno, ormai, che i giornalisti utilizzano il blog più o meno come “rubrica fissa”.
    In moltissimi hanno poi “scoperto” che sul loro blog personale possono scrivere ciò che l’editore non gli permetterebbe probabilmente mai di pubblicare.
    Il mondo della carta stampata non è che nutre diffidenza nei confronti dei blogger: semplicemente non ama la concorrenza.
    I giornalisti si sono resi conto, con terrore, che il loro ruolo di mediatori dell’informazione era praticamente “saltato”. Molti ancora non si rassegnano.
    Per un po’ si è pure vissuta l’illusione che, tutto sommato, non fosse nemmeno più un mestiere che richiedesse una certa professionalità.
    Basterebbe risentire cosa ha detto in proposito, nel suo discorso di insediamento al Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli per capire che l’aria è cambiata.

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  20. Il sogno inconfessabile colpisce anche a me, in altri campi. Però credo che sia frutto in buona parte della cultura che abbiamo vissuto finora. La televisione (ma anche la radio) hanno centralizzato l’informazione creando un canale unico per la fama che così è diventata equivalente al successo sociale.
    Prima di questi strumenti esistevano moltissimi giornali, locali e nazionali. Un “caos” informativo che è stato a lungo la vera spinta del liberalismo e della democrazia. Senza contare che anche le altre forme espressive erano più centrali nella nostra vita.
    Ora internet ha il vero grande merito di riportarci a un’informazione decentralizzata. Per questo, forse, la blogstar non potrà mai esistere. Lo stesso Beppe Grillo sta sperimentando questa cosa. Da blogger per eccellenza dei primi tempi a uno dei maggiori blogger oggi.
    Ecco che forse ci toglieremo di torno quel pensiero inculcatoci che, in fondo, il successo sociale si ottenga facendo parte di quell’aristocrazia mediatica che vediamo in tv, ascoltiamo in radio e leggiamo sui pochi grandi giornali.
    Tempo qualche anno e anche le vecchie forme si modificheranno e il valore di internet avrà più importanza e farà vendere libri e giornali.
    Intanto ti assicuro che un libro su Spinola lo comprerei subito!

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  21. Infine l’editore che “si accorge” di te e ti pubblica è un’altro mito destinato a morire molto ma molto presto con e-book e servizi di editoria on-demand e self-publishing (tipo Lulu che è anche in Italia da un po’).
    Il 2010 sarà l’anno degli e-reader e la disintermediazione, anche nell’ editoria libraria, sarà molto ma molto presto una realtà.
    Per chi ha mestiere ed ha qualcosa di nuovo da dire e da scrivere, ovviamente.

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  22. galatea: è una delle prime volte che non mi trovo d’accordo con te. il bello del blog è proprio il fatto che è una passione amatoriale, un hobby, è un diletto, è un modo di impegnare il nostro tempo libero. Nessuno ci paga, nessuno ci costringe, agiamo nella totale libertà di gestire la nostra ansia comunicativa, la nostra vanità, il nostro esibizionismo, il nostro tentativo di trovare una forma di contatto decente attraverso un computer. Siamo in una condizione privilegiata, e l’irrilevanza, l’impalpabilità del nostro fenomeno per l’aristocrazia mediatica di cui ben parla vegetarian, dovrebbe essere la conferma che noi siamo altro. Poi è anche una questione personale, certo. Io scrivo un blog di puro cazzeggio, puramente destinato a metter fuori la parte ironica e divertente di me. Mi leggano 10 o 100 persone al giorno, per me non fa alcuna differenza.Non guardo i counter, non guardo le classifiche, per me sono cagate che anzi hanno già cominciato a corrodere l’iniziale e disinteressata spinta ad aprire e a tenere un blog, trasformando quella che è una passione dilettantesca meravigliosa in una comicheggiante competizione per la micro-visibilità. Non disapprovo chi invece ci tiene, o gli fa piacere, o vorrebbe che i propri sforzi potessero ricevere il merito che gli spetta. Però lamentarsi dell’invisibilità dell’essere blogger non è diverso dal lamentarsi dell’invisibilità dello scrittore rifiutato dalle case editrici, e che si lamenta perchè con tutta la merda che c’è in giro non pubblicano me. E’ storia antica.
    Che in tv o nei giornali o anche in libreria ci vadano fior di porci e vengano vendute fior di porcate culturali non è storia di oggi. Che i blog non vadano in tv o non siano considerati cultura di massa, forse è anche per questo motivo. Un motivo di orgoglio, altro che di malinconia.
    Tra dieci anni i blog non esisteranno manco più, forse, figuriamoci se reggeranno il passo del continuo uragano internettiano. Non lo vedo come una forma stabile, già il microblogging lo sta corrodendo, già facebook ha spinto milioni di bloggers ad emigrare lì. Figuriamoci cosa ci aspetta tra dieci anni. Il blog, come ogni creatura di internet, è una forma così precaria e fluida da avere già scritta una data di scadenza, non troppo lontana. La nostra passione di scrivere e di raccontarsi troverà altre forme, incoccerà altri strumenti. Ma rimarremo sempre nel campo della passione amatoriale. E guai se non fosse così.

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  23. Il problema è che spesso la comparsata o la pubblicazione del libro hanno anche distrutto il blog. E poi cosa rimane? Se il blog fosse stato il mezzo di espressione migliore per quello che si stava dicendo e invece libri e tv fossero un mare nel quale non sappiamo nuotare?

    Si è un sogno inconfessabile. L’altro sogno, quello confessabile sarebbe che la gente smettesse di guardare Vespa, Augias e la Dandini e parlasse di un libro presentato su “Il nuovo mondo di galatea”.

    Che il comico e il giornalista non ti chiameranno mai. Al massimo si fanno un giro in rete per vedere quello che gira e usarlo per i loro pezzi. Il

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  24. @demopazzia
    Che il comico e il giornalista non ti chiameranno mai. Al massimo si fanno un giro in rete per vedere quello che gira e usarlo per i loro pezzi.

    Concordo e confermo, per diretta esperienza.

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  25. (Scusatemi, wp non mi aveva notificato alcuni commenti che ho potuto approvare solo ora.)
    Cerco di rispondere, in ordine sparso:
    @Elena: Non mi preoccupo che il blog non sia letto, perché è letto. Non vorrei neppure che fosse “pubblicato” (non si può pubblicare un blog su carta… al limite, chissà, magari un giorno potrei pubblicare qualche racconto ispirato ai personaggi del blog. Per ora, mi diverte molto pubblicarli qua.
    @demopazzia: Alle volte noto anche io che passando alla carta stampata, alcuni blogger che erano molto bravi deludono un po’. Forse si lasciano intimorire.
    @frap: magari provo con quelli… 🙂
    @alezzandro: forse davvero per un momento ci eravamo illusi ad un certo punto che qualche cosa con il blog sarebbe cambiato. Ma, in fondo, siamo ancora gli inizi, io non dispero che qualche spallatina ad un mondo dell’informazione un po’ troppo imbalsamato si possa dare.

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  26. Poi guarda, Lulu ti offre, oggettivamente, la flessibilità che nessun editore sarebbe in grado di offrirti.
    Ovvio, non hai un contratto che ti garantisce remunerazione certa, ma è anche vero che puoi offrire le versioni più o meno come ti pare, cartacee e/o elettroniche (protette o meno) al costo che ti pare (detratti i costi fissi, ridotti), con la copertina che piace a te, ecc. ecc.
    Non potrai fare “il giro” delle librerie per la promozione o andare in TV, ma chi ti impedisce di fare la promozione sui social network?
    Di organizzare incontri “virtuali” in chat?
    Di pubblicare su YouTube video promozionali?
    Di creare un blog “dedicato” alla tua opera e raccogliere il feedback?
    Di diventare magari un grande successo del passaparola 2.0?

    Insomma, per fare “il grande salto” non hai proprio più scusanti. 😉

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  27. Ti puoi persino comprare il “servizio distribuzione”.
    Con max. una sessantina di euro (GlobalReach) Lulu inserisce il tuo libro nei principali database bibliografici e lo rende disponibile presso i rivenditori al dettaglio online globali come Amazon.com, Baker & Taylor, e Barnes & Noble. Inoltre, anche le librerie tradizionali, NACSCORP, e Espresso Book Machine potranno ordinare e tenere in deposito il tuo libro se lo desiderano.
    Ti assegnano persino un codice ISBN; insomma l’editore già ce l’hai.

    Allora, quando cominci a lavorare? 😉

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  28. @galatea. anche nel mondo reale ci sono tante belle realtà di informazione alternativa, o contro-informazione, ma rimangono legate/relegate ai margini e, di fatto, vengono lette da chi le produce (o poco più).

    il blog è uno strumento, aggiunge una dimensione sua all’informazione tradizionale, la arricchisce e la completa, ma non la sostituisce. Come dovrebbe fare? E chi dovrebbe sobbarcarsi di questo cambiamento?

    se dai un’occhiata alla classifica dei blog più letti (su blogbabel, ad esempio). Fra i primi 100 (prob anche di più), quanti sono quelli che *non* sono tenuti da persone legate al mondo dell’informazione (tradizionale) o della politica? veramente ci aspettiamo che queste persone si comportino in modo diverso da come sono nella realtà?

    nella migliore delle ipotesi, “chi ce la fa”, porta nel media tradizionale la sua esperienza e lo migliora un pochettino, mica ne riscrive le regole.

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  29. Senza contare poi che già WordPress offre la pubblicazione dei post password-protected e per-post.

    Ergo basta anche solo un conto Paypal per differenziare “l’offerta”, accoppiando magari un post-abstract pubblico, se proprio uno/a volesse “imprendere” in questo campo.

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  30. Non avete capito, galatea non vuole diventare imprenditrice di se stessa, cosa che come dite voi potrebbe fare in mille modi. Sta solo rosicando che nonostante il successo in rete non ci sia la fila di editori e showmen fuori la sua porta a offrirle i riflettori. All’anima del blogger! Un bel colpo alla sua snobberia.

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  31. C’è gente che vede il blog pubblicato in forma di libro (nonsolomamma…) o il blog sudiato alla Bocconi (mammaepoi, mammaincorriera…).
    La cosa curiosa è che magari non pensavano seriamente che sarebbe successo. Nel caso di nonsolomamma, perché è già giornalista e già pubblica per fatti suoi, negli altri casi perché una è giornalista e non aspirava a essere studiata e l’altra si è rifatta una vita professionale grazie al blog e magari non pensava di meritare di essere studiata.
    Chissà… forse, per parlar di principi azzurri e principesse rosa, finché sei assillato dalla loro ricerca non arriveranno… ma quando meno te lo aspetti… come nelle favole.
    Se invece si vuol parlare di cosa può diventare la blogosfera per l’editoria (fonte? guadagno?), beh qui c’è molto da dire, ma ancor più da fare.

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  32. Adesso che nessuno può ragionevolmente dubitare dell’esistenza e della potenza dello spettacolo, possiamo in compenso dubitare che sia ragionevole aggiungere qualcosa su una questione che l’esperienza ha liquidato in modo
    tanto drastico. «Le Monde» del 19 settembre 1987 illustrava efficacemente la formula «Di ciò che esiste, non c’è più bisogno di parlare», vera legge fondamentale di questi tempi spettacolari che, almeno a questo riguardo, non hanno lasciato indietro nessun paese: «Che la società contemporanea sia una società dello spettacolo, è un fatto assodato.
    Presto si noteranno solo quelli che non si fanno notare. Non si contano più le opere che descrivono un fenomeno che sta caratterizzando tutte le nazioni industriali, senza risparmiare i paesi in ritardo rispetto al loro tempo. Il buffo,
    però, è che i libri che analizzano, generalmente per deplorarlo, questo fenomeno, devono a loro volta adeguarsi allo spettacolo per farsi conoscere». In effetti questa critica spettacolare dello spettacolo, tardiva e che per di più vorrebbe «farsi conoscere» sullo stesso terreno, si limiterà necessariamente a vane generalizzazioni o a ipocriti rimpianti; come
    sembra vana anche la saggezza disillusa che sproloquia su un giornale.

    La vuota discussione sullo spettacolo, ossia su ciò che fanno i proprietari del mondo, è così organizzata da esso stesso: si insiste sui grandi mezzi dello spettacolo per non dire niente del loro grande uso. Spesso si preferisce chiamarlo, invece che spettacolo, «il mediale». E con questo termine si intende designare un semplice strumento, una sorta di servizio
    pubblico che gestirebbe con imparziale «professionismo» la nuova ricchezza della comunicazione di tutti attraverso i mass media, comunicazione finalmente giunta alla purezza unilaterale, in cui la decisione già presa si lascia tranquillamente ammirare. Ciò che è comunicato sono degli ordini; e, in modo molto armonioso, coloro che li hanno dati sono anche quelli che diranno ciò che ne pensano.
    G.Debord, Commentari …., sugarcoedizioni, 1988, pp. 14-15.

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  33. Allora… guarda QUI.
    Quando pubblichi un post puoi definire il suo livello di visibilità.
    Se scegli ‘protetto’ dovrai fissare una password (differenziabile per singolo post).

    A questo punto puoi pubblicare un post pubblico che contiene le prime righe e/o un riassunto del post protetto ed inserire un link al post protetto (giusto per fare promotion).

    A quel punto, se ti appoggi ad una piattaforma di micro-pagamenti e gestisci una lista di contatti (un gruppo) cui inviare la pwd (sempre diversa) via e-mail, e il link al post, il gioco è praticamente presto fatto.

    Il punto è trovare chi è disposto a pagare (anche poco) per ciò che fino a ieri scrivevi aggratis.
    E comunque, anche se puoi monitorare il numero di visite ai post, nessuno ti assicura, ovviamente, che la tua pwd non sia poi girata “a terzi”. Insomma, è un meccanismo DRM (Digital Rights Management) un tantino “rudimentale”. 😉

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  34. @frap: Naaaaa, figurati se metto anche le password ai miei post! 🙂 Continuerò a pubblicarli aggratis. Ormai a voi lettori mi sono affezionata.

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  35. @Sivabbé: Eh certo che rosico… dovrei fare anche tutta quella fatica a pubblicarmi da sola? Ci ho messo mesi a capire come funziona ‘sto coso qui! E poi voglio la fila di editori fuori dalla porta. E anche i re magi con l’oro, l’incenso e la mirra. E poi anche George Cloney. Ecchecaspita, me li merito, uè! 🙂

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  36. Complimenti Galatea qs sogno americano me lo sono fatto anch’io. E nn solo. Sempre più spesso mi stupisco del Reale. Perchè quei qualcuno che misteriosamente entrano nel giro delle comparsate/ospitate televisive continuano a girare e a comparsare come delle trottole o ancor peggio a scrivere, senza aver nulla da dire? Perchè il Reale ha bisogno così poco di contenuti?… tanto di farci applaudire dei “veramente inutili” personaggi.
    Probabilmente la TV è nata vecchia e Internet fa troppo il figo…chissà..
    Monica

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  37. @Gala
    Se poi gli sviluppatori di WordPress inserissero, tra gli User Role, anche quello di Reader, magari con un livello di visibilità aggiuntivo “dedicato”, probabilmente a WP venderebbero molte più “estensioni” da 30 dollari/anno per gli “Unlimited User”. Potresti così avere gli “abbonati al blog” che automaticamente, una volta autenticatisi su WP, vedrebbero tutti i post + quelli “in abbonamento”. Dopodiché, dal cut & paste su web, ahimé, non ti salva davvero nessuno (un po’ diverso il caso del post in formato .pdf “protetto” e/o simili). Lulu, al momento, è la soluzione che consiglio (costa anche zero). 😉

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  38. Allora apprezza di più quello che questo strumento ti ha già consentito di raggiungere (meritatamente, non discuto), ritrova i panni d.umiltà che forse avevi già buttato in cantina e fai meno la snob con tutte le persone che bazzicano qui e che qualche anno fa ti saresti sognata di riuscire a raggiungere. Altrimenti puoi chiedere al berlusca se ti candida insieme ad altre veline. In fondo a te non interessa chiacchierare con la gente ma solo farti conoscere e questo tuo post lo dimostra

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  39. Per me è meglio che i blog restini indipendenti e separati dal circuito che conta, pena una perdita di originalità e spontaneità.

    Poi i sogni non si negano a nessuno, ma piuttosto che girare tra Santoro e Vespa e i vari personaggi del circo mediatico, per quel poco che ho letto del tuo blog, ci potrebbe uscire un bellissimo libro di narrativa.

    Sulle “badilate” ne ho lette alcune che non hanno nulla da invidiare a nessun giornalista, e non lo dico per fare il ruffiano che non ci guadagno nulla…ma che ci vuoi fare galatea?

    Spesso purtroppo il giornalismo famoso va avanti per conoscenze e cooptazioni, non per meriti… al di là dei singoli casi.

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  40. @Sivabbe’: Non mi pare di averci mai sputato sopra. Non mi pare di aver aver mai trattato male le persone che mi leggono e con cui discuto e parlo, qui ed altrove, molto volentieri.
    Non so però perchè dovrei rivestirmi di “panni di umiltà”. Fa tanto chierichetto. Non è il mio stile.

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  41. Gala, amore mio…. Purtroppo che qualcuno ti noti e ti apra, finalmente e gratis, le porte del mondo che conta, è un sogno che esiste solo nelle fiabe. Per emergere, più che avere le qualità tecniche che tu indubbiamente hai, bisogna essere cinici, spregiudicati, menefreghisti, sempre pronti a prevaricare sugli altri, con mezzo metro di pelo sullo stomaco, opportunisti, malvagi, falsi, bugiardi, crudeli, insensibili, egoisti, egotisti, egocentrici, ecc. ecc. ecc. Ne ho conosciuta un po’ di gente che ce l’ha fatta e, te lo giuro, dopo una frequentazione non proprio meramente superficiale, determinata perloppiù da motivi di lavoro, nessuno è risultato essere molto diverso da come te l’ho descritto (unica differenza, il diverso grado di mimetizzazione delle “doti” testé enumerate) . Se hai qualcosa da dare in cambio che a loro può interessare, bene; altrimenti, che tu sia anche una Marguerite Yourcenar rediviva, non gliene potrebbe fregar di meno.
    Prima di tutto ci sono loro e solo loro e ancora loro. Devi porti al loro servizio (unica cosa che effettivamente ad essi può interessare) e, se sei dotata del medesimo istinto predatorio, attendere che venga finalmente il momento giusto per sferrare la pugnalata che ti porterà in cima salendo sul loro cadavere.

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  42. Ci hai sputato sopra sì, nello stesso istante in cui hai denunciato la tua malinconia per il fatto che tutta sta fatica non ti sia servita a ricevere la telefonata supplichevole di vespa. Bella contraddizione per una che la puzza sotto al naso per tutto ciò che non è abbastanza colto: e poi vuoi andare da vespa?? Non è da chierico che ti devi vestire, basterebbe che ti ricordassi laicamente da dove provieni senza tradire i tuoi lettori dicendo che in cuor tuo erano solo uno strumento per tentare di fare la velina

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  43. Personalmente mi riconosco parecchio in quanto scritto da Niki.

    A me, ad esempio, di fare “il grande salto” me ne può fregar di meno, che il mio lavoro è proprio altro da questo. Di avere la rubrichetta da “esperto” qui o la, o fare la comparsata TV, francamente, chissenefrega.

    Peraltro devo dire, ma il mio è un caso molto molto particolare, di aver vissuto un po’ l’esperienza all’incontrario. Cioè quella di vedere diversi “giornalisti” (o presunti tali), alcuni anche di testate e trasmissioni TV autorevoli, venire a mendicare aiuto via e-mail, giusto per la “sfatica” di doversi leggere il blog (compresa addirittura la pagina InBreve).
    Per cui, ad es. il blog (anzi… i blog, di cui uno è collettivo) sono finiti nella “sitografia” di un libro (Impuniti) di Antonello Caporale (Repubblica).
    Che dai blog ha tratto riferimenti per parecchio materiale di una parte del libro e poi, a cose fatte, ha fatto sapere, tramite una sua collaboratrice, che…
    Infine citazione in un articolo del WSJ (ma tralascio il dietro-le-quinte, per amore e carità di Patria) e passaggio mancato (di un soffio) su Report.

    Con una giornalista della Stampa.it, con blog “fisso”, ho infine, diciamo così, “collaborato”, in un’occasione, in modo anche piuttosto divertente per entrambi.

    Solo per dire come, in qualche caso, quel soffitto di cristallo è in realtà pieno di piccoli buchi e crepe.
    E se anche non si frantuma del tutto, nessuno se ne dispiace poi così tanto, di sotto.

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  44. @Sivabbé: Santo cielo, parli come un amante tradito. Leggi il mio blog? ti piace? Se ti regalano piacere leggere le cose che io scrivo, in che cosa ti avrei tradito o deluso? Le cose che metto qui, sono a disposizione di chi passa. A me piace scrivere, e quindi scrivo. Scrivevo anche quando non avevo lettori, a dir la verità. Scrivo a prescindere da loro. Posso pubblicare le cose sul blog, o un domani da altre parti. O ti piacciono per quello che sono, o non ti piacciono.Non ho mai scritto una cosa che non pensassi. Sono sempre stata sincera.
    Ricordarmi “laicamente” da dove vengo, cosa vorrebbe dire?
    Mi pare che tu confonda la modestia con l’ipocrisia: se io avessi scritto un bel post grondante falsa modestia ed indignazione dicendo “Oh, io non andrò mai in tv, per carità farmi pagare per quello che scrivo è così volgare, i giornali ommioddio che cosa ordinaria!” saresti stato più contento? Potevo tranquillamente farlo, tanto nessuno mi ha mai chiesto di andare in tv o altro: si fa presto a rinunciare alle opportunità che si sa di non avere. E anche a far bella figura assumendo un tono molto moralista. Con quello, guadagni sempre un applauso a scena aperta.
    Solo che appunto, scrivere una cosa del genere sarebbe prendere i lettori per il culo, secondo me.

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  45. @frap: mah, a me il blog piace. Mi ha dato tante opportunità che non credevo di poter avere (anche dal punto di vista umano, ho conosciuto amici simpaticissimi). Mi ha fatto acquisire molta fiducia e anche direi molta tecnica (prima non avevo mai scritto racconti, qui invece ne ho scritti vagonate, ed in tempi molto brevi). Non è solo una gavetta, è anche un modo di rapportarsi che mi piace e credo di esserci anche portata. Poi lo confesso: io sono curiosa di natura, fare nuove esperienze mi tenta sempre, mi piace. Riuscissi a publicare qualcosa a stampa, o mi offrissero di collaborare a cose diverse accetterei molto volentieri. Se non altro perché sono cose che non ho mai fatto, lo troverei stimolante. E poi, dài, pensa: poter vedere da vicino, chessò, il retro di una puntata di “Porta a Porta”, mettere per un solo attimo il naso in quel circo che è la summa della nostra odierna società: una esperienza simile a quella di Zola quando si infilava nelle miniere di carbone o negli anfratti della Borsa di parigi…che magnifico post ne verrebbe fuori… 😉

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  46. Amante no, ma tradito sì. Sono convinto che il blogger autentico è quello che prova interesse per quello che pensa la gente, a questo servono i commenti: il blogger scrive un po’ per vanità ma anche e soprattutto per leggere i riscontri. Se invece uno aspira solo a far crescere i numeri per finire in luoghi di sola e pura vanità, allora tradisce i suoi lettori e lo spirito dello scambio che c’è nella blogosfera. Mi piace pensare che se anche giornalisti e persone che non avrebbero bisogno di vetrine entrano nel mondo del blog è proprio per cercare quello scambio dai lettori che tu invece dichiari, nelle tue aspirazioni, non interessarti poi granché. Ma ora rilassati che sennò ti vengono le rughe e in tv non ti ci chiamano

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  47. @Gala
    Riuscissi a publicare qualcosa a stampa… accetterei molto volentieri.

    Come sarebbe a dire, scusa.
    Con Lulu pubblichi a stampa.
    Solo che la stampa viene fatta “on demand”, invece che in “prima edizione” da N copie (N-M delle quali, magari, non comprerà e/o leggerà mai nessuno).
    La differenza dove sta, scusa?
    A te non costa un singolo euro (a parte l’impegno).
    In più non devi nemmeno “litigare” con l’editor o il revisore.

    …vedere da vicino, chessò, il retro di una puntata di “Porta a Porta”…

    Non guardo mai il front… figurati che me ne frega del back.
    Hai qualche falso mito di troppo, forse.
    Compreso il George Clooney, che si accompagna con il genere Canalis.
    Temo che alla fin fine sarebbe più interessato al tuo davanzale, che alla tua libreria. 😉

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  48. <@red cac aka topogonzo

    OT: cortesemente mi aiuti a ricordare i dettagli di un SUO solenne e preciso impegno qui (senza costringermi ad una lunga e noiosa ricerca tra i commenti dei passati post), nell’eventualità di pubblicazione online di una foto in bikini della tenutaria qui.
    E’ tempo di passare all’incasso.
    Grazie. 😉

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  49. Ciao Galatea,

    ti leggo curiosa e ti scrivo per la prima volta. Quello che scrivi non fa una piega! Ma non credo che sia come del tutto così… il blog è una possibilità nuova! solo negli ultimi tempi chi si occupa di scrittura o di comunicazione pare accorgersi del mondo parallelo che vive sul web e quello che fino a ieri veniva snobbato oggi occupa sempre più spazio e attenzione! Anche le tv e i giornali aprono sempre più spazio verso questo mondo, incuriositi… o forse spaventate chissà! Ma c’è da dire (per amor del vero) che loro ci sono da tantissimo tempo, hanno sgomitato, sono cresciuti e si sono fatti un “nome”!!! Il web nasce da poco agli occhi di molti, come realtà per chi scrive, ma cresce in fretta e faccia passi da gigante! magari un blogger accreditato sul web domani avrà molto più spazio e fortuna di quello che sarà considerato un vecchioe obsoleto autore di carta stampata (speriamo di no!!)..
    Diamogli un pochino di tempo e secondo me sarà grande prima ancora che possiamo accorgercene! Ecco insomma…credo che sia il punto di vista a fare la differenza…quello che cerchi e quello che ti aspetti in questa ondata di innovazioni!
    Per quanto riguarda la pellicola holliwoodiana…. lo ammetto… ci sta! E’ troppo duro rinunciare a certe incredibili fantasie (e sbagliato farlo secondo me), ma fortunatamente non è l’ambizione di tutti e qui c’è spazio per tutti, per tutte le voci e tutti i volti…e questo mi piace veramente tanto!

    😉
    Alessia

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  50. OT: Al solito, Google non perdona.

    Gala, suvvia, ti basta una dedicuccia piccola piccola piccola (ma ben assestata).
    Tanto ormai… chetenefrega.
    Il Photoshop ce l’hai….

    E’ per il bene nostro, fallo per noi!! 😀

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  51. Il vero problema non è tanto che il singolo blogger non riesca a fare il salto che lo porti dal mondo virtuale a quello da cui è circondato. Ma come il mondo off line descrive il “popolo della blogosfera”.
    E cioè come se fosse una nuova specie animale da osservare – e dalla quale diffidare.

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  52. Il sig. Fracaz vince ancora una volta, e alla grande, il premio per il commetno più cicisbeicamente fesso. Parlo del primo: il secondo vince quello per il più valorosamente perché la manica di maleducati si è dileguata.
    Per Lei, sig.na Gaslatea: “prima non avevo mai scritto racconti, qui invece ne ho scritti vagonate, ed in tempi molto brevi” Ecco, signorina: diciamo che si vede, che pesano, e che ha perduto definitivamente, almeno dal punto di vista scribacchino, la primigenia innocenza, e in così giovane età.
    Però, abbia pazienza, se esagerasse sarebbe meglio, certo, ma non sempre i vagoni compiono le loro vendette. Ma non le bastava il badile,di grazia?

    p.s.
    Potrei elencarLe una decina di quelli che chiama racconti e che, pur avendo un briciolo di materia prima (Lei conosce la sig.ra Fabula, credo) sono squallidamente privi di storia, per la quale servirebbe un sia pur rozzo intreccio – la cui conoscenza Le sarebbe di molto più utile dell’incontro con il sig. Clooney, a meno che costui non riesca a farLe deporre la penna e mettere a riposo le falangi – sono assolutamente identici e penosamente ripetitivi.
    Vede, Lei, letterariamente a cavallo tra due secoli che non furon l’un contro l’altro armati perché hanno sparato a casaccio su tutto, non varrà mai un Giambattista Giraldi Cinzio in sedicesimo. Quello aveva la fantasia di un troglodita quadrumane, e credeva di dar vita a delle regole, producendo pipponi spaventosi a scopo normativo. I suoi sono stanchi pippini del tutto inutili sia quanto alle norme, sia quanto al talento. Lei non può dar vita ad alcunché, perché non ha la minima idea né di regole né di libertà, figurarsi di libertà nelle regole.
    Sarei veramente curioso di sapere se di questa Sua convinzione di valere qualcosa nello scrivere l’abbia convinta un qualche ganzo alla ricerca del suo tornaconto o se se La sia fatta tutta da sola in solitaria attività. Ma è solo curiosità antropologica. Il risultato letterario non cambia… e non dia retta al sig. Fracaz, non si faccia perndere dal complesso di Icaro.
    Buon risveglio, signorina.

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  53. io uso i miei vari blog per lasciare tracce del mio modo di pensare, levarmi sassolini dalle scarpe, fare da cinghia di trasmissione a quei ragionamenti fatti da altri che condivido, per attività artistica o che io ritengo artistica e perché no, per perdere un po’ di tempo (passare un po’ di tempo in modo alternativo alla solita TV); penso che chi invece voglia diventare un giornalista debba percorrere tutte le strade fisiche oltre a quella web (o a quelle web). ciao.

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  54. ho riletto il tuo post, anche alla luce dei tuoi interventi successivi. il misunderstanding sta nel plurale che usi, per quanto mi riguarda. in quel “lo speravamo tutti”. Non è vero. La maggior parte dei bloggers non ci ha ma neanche pensato. Alla maggior parte dei bloggers il blog e la sua dimensione periferica non stanno stretti. Stanno stretti a te. La tua non è un’analisi generale, o comunque non principalmente. E’ una considerazione del tutto soggettiva, ovvero l’essere riconosciuta e apprezzata su internet ma non essere nessuno al di fuori di internet (detta così sembra brusco, ma rende l’idea). Ne hai ogni diritto, però, come ripeto, la tua riflessione non si distacca troppo dall’amarezza e dalla malinconia dello scrittore non pubblicato.In tutto questo, l’analisi del blog come fenomeno invisibile ai grandi canali della comunicazione della cultura, sarà anche tecnicamente vero ma non è percepito come tale dalla quasi totalità dei bloggers che, semplicemente, non se ne curano, perchè il loro blog lo hanno aperto e lo continuano ad aggiornare per tutt’altri motivi. Forse quel che dici potrà valere per quella ristretta cerchia di blog che battaglia attorno alle posizioni di vetta di blogbabel. Forse il vostro stato d’animo è quello che con molta onestà e senza ipocrisia rappresenti tu. Ma quella cerchia non rappresenta che la punta dell’iceberg di un fenomeno ben diverso, e ben distante, a mio parere, rispetto al quale il tuo ragionamento è in buona parte fuori fuoco.

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  55. E’ un dibattito assai interessante.

    Se il blog è usato come trampolino di lancio per una futura attività di giornalista o scrittore, la delusione è legittima, come per ognuno che non ottiene ciò che spera, e va bene dirlo senza ipocrisie

    Se il blog è vissuto (come per moltissimi bloggers che nel mio piccolo ho conosciuto, e che avrebbero le carte in regola a livello di talento per essere “qualcuno”, quindi non si parla di non sperare quel che non si può ottenere…ciò vale magari per me, non per altri ottimi bloggers) come dialogo/confronto con altri, che vengono a commentare…allora chissenefrega della retorica dei media, in cui il dialogo con i commentatori, cioè con la gente, non esiste di fatto.

    Forse c’è bisogno, scusa se mi permetto, che tu ti faccia più chiarezza interiore, galatea, su quello che vuoi e come concepisci il blog a questo punto della, interessantissima grazie ai molti commenti (…appunto…) discussione.

    p.s. a me personalmente vedere il set di porta a porta (o di annozero) proprio non mi dice nulla (ne avrei milioni di desideri prima…) ; ti dico la verità, avessi il tuo talento mi sentirei quasi usato o sprecato.

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  56. conosco persone che scrivono su giornali, pubblicano libri anche con case editrici importanti, che ritengono molto bello e gratificante mandare avanti un blog

    un blog seguito è più “pesante” che un libro di cui si sono stampate tre o quattromila copie in tutto

    secondo me galatea hai bisogno di:

    – due mesi di silenzio, per lasciare con calma che in te riaffiorino cose che vuoi raccontare ed esprimere

    – ritornare a pensare solo ed esclusivamente a ciò che vuoi raccontare o esprimere, poi, il mezzo deve essere solo il mezzo, e il blog è il più economico, il più capace di verificare il rapporto con chi ti legge

    – per la carta stampata non credo sia male anche ricorrere a lulu, come spiega frap, magari, tramite il blog, qualche libro lo vendi

    però, l’amore per la carta, in fondo, anche se anch’io ne soffro (ho pubblicato anche un libro, che regalo alle persone che conosco, per lo più) l’amore per la carta lo capisco, ma la carta, secondo me, s’avvia al tramonto

    comunque, galatea, secondo me metti troppo a nudo i tuoi sentimenti, chi scrive deve essere un pò bugiardo, per scrivere bene

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  57. ciao diego,

    anche io sono in accordo sul discorso che molti giornalisti amano lo stesso tenere un blog, perchè hanno capito che sono forme comunicative differenti (tanto è vero che in alcuni giornali online ci sono i commenti, proprio perchè il fatto rilevante del net è a mio avviso l’interazione del commento). ed hai molto ragione a dire che è più utile al diffondere idee un blog “pesante” che un libro sostanzialmente invenduto.

    poi su quello che deve fare galatea non so…forse, al di là delle pause che lo saprà lei, le è utile capire se da primaria importanza al diffondere idee e valori che si crede giusto diffondere, o al riconoscimento delle proprie qualità. non sono finalità per forza in contraddizione, ma forse è utile seguire strade parallele più che sperare che un blog sia viatico di un’autoaffermazione nel “mondo che conta”.

    all’estero forse è diverso, ma io ho esperienza dell’Italia e di questa sola posso provare a dire.

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  58. “le è utile capire se da primaria importanza al diffondere idee e valori che si crede giusto diffondere, o al riconoscimento delle proprie qualità”

    brunaccio qui hai colto lo snodo essenziale, il problema con cui, ficcando se stessi in una qualche scritto, si deve fare i conti, con onestà

    sul tuo interessante blog buon brunaccio c’è un bel riferimento al marx, e ci potremmo domandare: al barbuto filosofo, importava il riscatto delle classi oppresse o essere famoso, nei secoli a venire?

    io penso che in qualche modo, noi “dell’epoca televisiva” siamo tutti un pò malati di vanità, se non ti vedono in tanti, non sei

    se gramsci avesse avuto un blog, avrebbe scritto per comunicare quel che gli premeva, non certo per esser considerato famoso

    anche se, già tanto tempo fa, l’acutissimo nietzsche ci ricorda che chi scrive è sempre privo di pudore

    buona giornata a brunaccio, a galatea, ai lettori e frequentatori di questa affollata piazzetta

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  59. Marx aveva una forte coscienza di sè ed anche, a come emerge dalle lettere, una certa qual vanità, ma il suo lavoro si concentrò su una teoria economica e sociale; Gramsci dedicò la vita alle sue idee pagando caro, tanto che viene generalmente rispettato da tutte le parti politiche.

    Poi, un grado di vanità la hanno tutti, e scrivere viene anche da lì (c’è sempre un certo imbarazzo di timidezza quando si scrive le prime volte); nel parlare in pubblico è lo stesso; l’importante è avere sempre qualcosa da scrivere o da dire.

    la televisione, come tu dici, e il modo in cui per gran parte è gestita, l’aver qualcosa da dire lo sta sacrificando al personaggio (e trovo molto giusta una citazione da Debord letta sopra)

    qua ormai Galatea non c’entra più…infatti auguro buon pranzo anche io a tutti, che poi scadere nell’off topic è sempre inutile e fuorviante, soprattutto su un problema così preciso e importante per tutti.

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  60. @Frap: Dunque, per pensare di pubblicare qualcosa su carta, dovrei prima scrivere un qualcosa di organico (un romanzo, ad esempio) che mi sembrasse adatto ad essere pubblicato. Fino ad adesso non ho ancora prodotto niente del genere: ho prodotto racconti, riflessioni, in parte messi qua, in parte rimasti nel cassetto. Forse della editoria “vecchia maniera” in qualche modo mi affascina in un certo senso il rapporto con l’editor: nel senso che, dovendo pubblicare qualcosa per la prima volta, mi sentirei più sicura avendone discusso prima con qualcuno del mestiere, che magari mi facesse notare dove si può migliorare il testo, cosa manca, cosa si potrebbe tagliare e cosa si dovrebbe riscrivere. Forse quello che affascina dell’idea di essere pubblicati è in fondo anche pensare che qualcuno del mestiere pensi che le tue cose sono abbastanza buone da finire a stampa.
    Vedere l’effetto che fa un tuo racconto, o un tuo articolo, sugli “altri” è un riscontro importante: quello che mi piace del blog è anche la possibilità che mi ha dato di dialogare, in pratica in tempo reale, con dei lettori che erano in massima parte delle persone che non conoscevo, quindi non avevano l’obbligo di essere “gentili” quando leggevano le cose mie. E mi è servito molto.
    Quanto all’andare da Vespa, chiarisco: a me confesso piacerebbe poter mettere il naso in certi ambienti per curiosità. Non è che siano per me un “mito”, ma mi piacerebbe vedere dal vivo cosa succede realmente in uno studio televisivo di uno di questi programmi, cosa pensa uno mentre lo truccano, con chi parla nei fuorionda, che effetto fa quando danno il via all’applauso del pubblico, etc., esattamente come mi sono divertita un sacco, per anni, a vedere cosa succedeva ai consigli comunali di paesini, alle recite parrocchiali, all’Università, etc. Conoscere gli ambienti umani ha su di me un incredibile fascino, non ci so resistere.

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  61. @red cac: Vede, red cac, quello di cui lei non riesce proprio a capacitarsi, è che a me piace scrivere ma non sono mai stata convinta di essere una “grande” scrittrice. Scrivo delle cose simpatiche, il cui unico scopo è quello di riuscire ad intrattenere in maniera piacevole i miei lettori. Un prodotto medio di buon artigianato, che un po’ guarda alla Littizzetto, un po’ a Guareschi. Non è che abbia mai aspirato ad essere altro e non ho l’abilità per far di più. Per cui, quando lei tira fuori tutte le sue dotte frecciate pensando di sconvolgermi, in realtà dice semplicemente una cosa che so già e potrei tranquillamente sottoscriverle anche io. Esattamente come Lei sa perfettamente (o almeno spero) che la sua prosa è una cosa che non si può leggere, perché è pesante, noiosa, zeppa di goffe citazioni erudite che lei non sa amalgamare in un lessico ben riuscito: non è, come Lei desidererebbe, un incontro/scontro originale di parole auliche e non auliche, come Lei stesso un tempo ha dichiarato: è semplicemente una accozzaglia discontinua che Lei non sa governare, per quanto ci si sforzi (ci prova e ci riprova di continuo, si vede) le scappa via da tutte le parti, non riesce a darle forma. Delle volte anche lei avrebbe qualche buona battuta, ma la affoga, per incapacità di sintesi e mancanza di autoregolamentazionere. Ognuno ha i suoi limiti, red.

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  62. @paperoga: in realtà il post è nato dal dialogo con un paio di amici/amiche, anche loro blogger, che sono sul web da molto anni, e alcuni invero di successo molto maggiore del mio. Che i mondo dei blog sia molto variegato è vero, e non tutti quelli che aprono un blog hanno come idea quella di diventare scrittori, o giornalisti. A essere sincera, quando ho aperto un blog neppure io avevo nessun obiettivo specifico in testa salvo che mettere da qualche parte, perché fosse visibile ai dieci amici ai quali avevo dato l’indirizzo, i racconti che scrivevo. Il sogno di diventare “una scrittrice” ce l’avevo fin da bambina, e quindi è indipendente e certo precedente al blog. Devo dire che il blog però in questo ha avuto ed ha una importanza fondamentale: mi ci ha fatto sentire sul serio, una “scrittrice”. Contrariamente a quanto forse molti di voi hanno desunto dal tono del post, io non vedo proprio nessuna differenza fra avere all’attivo un libro di racconti stampato che magari viene comprato da cento persone (di solito i parenti stretti dell’autore, costretti dal legame di parentela) e i racconti pubblicati qui, sul web, che alla fin fine sono stati letti da una marea di lettori, e molto spesso assai apprezzati. Forse parte dell’amarezza del post nasceva proprio da questo piccolo cortocircuito: il mondo fuori dal web sembra spesso trattare a priori chi tiene un blog come una specie di sottoprodotto a prescindere, non rendendosi conto, secondo me, che bene o male, ormai, noi del web una certa competenza almeno tecnica ce la siamo fatta. Ricordo un esilarante episodio di un intellettualino venuto in visita dalle mie parti, famoso per un paio di libri di racconti abbastanza ignoti, che pomposamente si atteggiava a Grande Autore Letterario, e quando gli hanno presentato me, dicendogli che io avevo un blog, mi ha guardato come una quindicenne che scrive poesie sul diaro e lo chiude con il lucchettino dorato.

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  63. @Sivabbè: Se ti senti tradito, direi che sono problemi tuoi. Ma mi pare che sia interessante accusarmi di non essere interessata ad “interagire” con i miei lettori, nel momento stesso in cui stiamo baruffando nei commenti del mio blog, e continuo a risponderti.
    Del mio post, direi che non hai capito un accidente. Chiunque scriva in pubblico, su un blog, a stampa, su un giornale è evidente che scrive per avere dei lettori: per raggiungere un pubblico più vasto possibile. Persino tu vuoi un pubblico che legga il tuo commento, altrimenti mi avresti mandato una mail privata. Se io fossi stata interessata a “scrivere solo per me stessa” non avrei aperto un blog: mi sarei limitata a imbrattare centinaia di pagine di un diario segreto e tenerle nel cassetto, come ho fatto per anni: è l’unica forma di “scrittura per se stessi” che mi viene in mente, e, se vogliamo, allora è anche l’unica forma di “scrittura” assolutamente “pura e libera” che si possa concepire, in quanto totalmente svincolata da ogni obbligo con il lettore. Perchè qualsiasi altra forma di scrittura “pubblica”, persino il blog, a qualche freno (magari di autocensura) viene sottoposta.
    Se non me ne fregasse un accidenti di dialogare con i lettori, potevo semplicemente fare un blog senza commenti abilitati, come ce ne sono (per dire, Wittgestein).
    Secondo il tuo sfolgorante ragionamento, dunque, se io scrivo il blog va bene, se dichiaro che oltre al blog, magari, mi piacerebbe anche provare altre strade sono una sporca traditrice di non so che patto firmato con il sangue in precedenza. Ah, ok, allora sì, vabbe’.

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  64. @Gala
    Piccola curiosità: mai fatto un corso di scrittura creativa?
    So che ad esempio Giulio Mozzi, sino a qualche anno fa (ora non lo so) ne teneva a Padova alla Lanterna Magica (io andai ad un incontro conoscitivo, per semplice curiosità). Se vai sul suo blog (a fondo pagina) un po’ di materiale lo trovi da scaricare. Non so se hai mai letto qualcosa di lui (es. Oltre il giardino). Al di là di ciò che scrive, personalmente, io gli riconosco una qualità della scrittura davvero ottima. Oltre una decina d’anni fa, per un quartiere di Padova con cui collaboravo, organizzai con lui un corso di scrittura creativa gratuito (mi pare di 10-15 lezioni). Si presentò una tale vagonata di persone, che dovemmo immediatamente duplicare il corso. E siccome lavorava con piccoli gruppi di max 15-16 persone (ovviamente), alla fine dovemmo mandare via la stragrande maggioranza degli aspiranti scrittori in erba (di tutte le età).
    Dopodiché il talento non si insegna, ma la tecnica certamente sì.
    Anche se Dorothea Brande, QUI, sostiene in realtà l’esatto contrario.
    DB (1893-1948) è nata a Chicago, dove ha intrapreso l’attività di giornalista, editor, autrice e insegnante di scrittura. I suoi libri hanno venduto oltre due milioni di copie.
    Preso per semplice curiosità.
    Eh… e son curioso anch’io… 😉

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  65. @Frap: No, non ho mai fatto corsi di scrittura creativa. Adesso vado a scaricare il materiale, grazie. 🙂

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  66. ma il web esiste solo da qualche anno !
    Tu sei un precursore della nuova forma di comunicazione poetica.
    Stai tranquilla che tra un 10 anni massimo diventerai una scrittrice di successo.

    Sai, nel 700 quando ancora la musica colta era seguita da pochi, gente come Mozart, Scarlatti Hendel etc. erano ancora considerati alla stessa stregua di servitori di corte, quasi come camerieri.

    Stai9 tranquilla che emergerai perchè sei bravissima nella forma.
    Devi solo un po migliorare nei contenuti e ciò sarà possibile se attingerai da fonti culturali non standard e che superino il pensiero unico.

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  67. Cara Galatea,
    credo che tu confonda un po’ le cose, strumentalizzandole. Il blog è il blog perchè è diverso dalle media. Ha più senso continuare a godere di cio’ che hai, anzi che aspettare che qualcuno lavori per conto tuo e ti dià la pappa pronta. Essere bravi non vuol dire avere davanti una strada in discesa. Raccogli quello che hai scritto e pubblicalo tu.
    E gioisci del fatto che c’è gente che ti legge. Non capita mica a tutti.
    P.S. Mi piace come scrivi.

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  68. Sì. la “piccola scuola di scrittura creativa” alla Lanterna Magica di Padova c’è ancora. Fanno sia corsi che seminari. Dai un’occhiata.
    I seminari sono di sabato/domenica, in orari anche ragionevoli, per arrivare da Spinola.
    Es. a Febbraio 2010:
    PRESENTARSI A UN EDITORE.
    IL DIALOGO E LA COSTRUZIONE DELLA SCENA.
    LA NARRAZIONE AUTOBIOGRAFICA
    LEGGERSI RILEGGERSI CORREGGERSI

    I primi due li tiene Mozzi. L’ultimo Brugnolo. Due personalità completamente diverse e opposte, per come li ricordo. Hanno anche ri-pubblicato insieme nel 2000 con Zanichelli, un Ricettario di scrittura creativa.

    Datti da fare, ciao. 😀

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  69. Signorina Galatea, accetto le Sue critiche, anche perché confortano una mia convinzione. Gliela dico o non gliela dico? Perché sa, è un po’ come la favola del bestente, che dura a lungo e sempre. Facciamola breve, così evita di perdersi tra le mie involuzioni. Lei è persona molto poco intelligente, e le Sue valutazioni hanno un senso solo in ambiente cicisbeico. Direi che se si trattasse di rinovellare l’Arcadia avrebbe persino ragione. Ma ho avuto più volte la prova che Lei proprio non è in grado di capire, e la Sua conoscenza della cultura classica è tutta da salotto. Diciamo che se fosse nata ai primi del ‘900 l’avrebbero mandata, piuttosto che in fabbrica, a ricamare. Mediti un attimo sull’etimologia delle parole, e vedrà che anche Lei capisce.

    p.s.
    I Suoi giudizi sulla mia prosa hanno identica dignità esistenziale (= diritto di esistere) dei miei sulla Sua cultura. Capisce, sig.na, cultura: la sua prosa, lo riconosco, è tutta un ricamo, ma ormai ha riempito la casa di “centrini”, ed è fatale che si assomiglino stancamente. Provi con le sottocoppe di peltro: è ora.

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  70. Il male naturale è uno dei libri certamente più controversi di Mozzi.
    Anche per “il linguaggio di calcolata, rigorosa sobrietà. Non c’è per esempio traccia di termini preziosi o colti o tecnici; anche le voci, per così dire, colorite, compaiono solo se necessarie a rendere il parlato: ma non è certo un caso che anche i dialoghi siano ridotti all’osso.” (Turchetta, L’Indice 98).
    Il racconto “Amore”, ad es., che è storia di un pedofilo e di un bambino, viene restituito semplicemente così, in modo nudo e crudo (si trova anche in rete).

    Come ho detto sopra, “al di là di ciò che scrive”, è la qualità dello scrivere e la capacità evocativa (indubbia, ad es., in Questo è il giardino) che anche un neofita non fatica a riconoscere.
    Poi bastano dieci minuti (di persona) con lui per capire che è una personalità molto particolare, a suo modo complessa e tormentata.

    Ma lei red, di suo, cosa ha pubblicato, a parte la prosopopea dei suoi commenti?

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  71. Ho pubblicato un libro intitolato “Prosopopea ed hypopopea nei secoli bui”. Glielo posso spedire per contrassegno: 125 euri. Dopo quello del Curtius*, è il libro sul medioevo latino più tradotto nel mondo.

    *Ernst Robert Curtius, Europäische Literatur und Lateinische Mittelalter”, Bern, 1948. Chieda alla signorina Galatea, che di cultura classica e dei suoi rapporti, attraverso il medioevo, con la modernità è imbevuta (questa voluta è dedicata alla sig.na stessa) come mai il libro, tradotto in inglese nel 1953, in spagnolo nel 1956, in francese nel 1956, in portoghese nel 1957, in rumeno nhel 1970 e in giapponese nel 1972, è stato pubblicato in lingua italiana per la prima volta nel 1992. Son quelle cose che i resistenti antileghisti conoscono bene. Quelli veri, naturalmente: quelli per sentito dire non ne sanno un cazzo, e si bevono le spiegazioni del sig. Antonelli.

    p.s.
    Sig. Frap, un consiglio: mangi ancora qualche zuppetta, almeno Lei, visto che la signorina insiste con caviale, aragosta e champagne.

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  72. p.s.
    Sig. Frap: detto tra noi, il sig. Mozzi, al di là di quanto sia vocato al plagioi (molto poco, per quanto si posso applicare) è uno scrittore da due soldi, che tuttavia in Veneto riesce ancora a trovare qualche fesso da circuire.
    Detto tra noi: vuol dire che qui lo dico e qui lo nego, per carità.

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  73. Nel suo libro “Sodomie in corpo11”, Aldo Busi – una volta superata l’immancabile pletora di anilinguus e inchiappettate – fornisce anche un’originale descrizione di quale deve essere l’approccio d’un autentico scrittore al proprio scrivere. Consigliato a chi non è debole di stomaco.

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  74. @frap: Lascia stare red. cac., frap, è fatto così: io faccio centrini, lui invece scacazza in giro: ognuno offre al mondo ciò che riesce a produrre.
    Quanto alle compentenze culturali di red.cac. esse sono indubbiamente altissime. Ne diede un saggio quella volta in cui, commentando un mio post su Crizia, si lasciò scappare la cretinata che di Crizia sappiamo solo quanto ci han detto i suoi nemici (ignorava che esistono i frammenti, anche se pochi, pervenutici delle sue opere, ma perdoniamolo, povero red, sul Bignami non se ne fa cenno, e lui da un Bignami di letteratura greca neanche tanto aggiornato aveva copiato a man bassa tutte le informazioni esposte nel commento). Sono le stesse alte competenze che gli fan promettere, ad ogni mio post “culturale”, di fare un minuzioso controesame, in cui assicura che svelerà tutta la mia ignoranza: contropost che poi però non arriva mai, forse perché, data l’età, non ricorda più dove ha messo il bignami da cui trarre ispirazione. 🙂

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  75. Benissimo, sig. Frap: tifo per Lei.
    Signorina Galatea, da ottima grecista certamente, con Platone, Lei pensa che è meglio essere confutati che confutare. Sarei quindi lieto se riuscisse a convincermi, oltre che del fatto che scrivo da schifo, anche della mia scarsa intelligenza. Intanto però Le suggerisco di insistere a considerare l’ipotesi che poco intelligente sia Lei. Scoprirlo sarebbe ancora un gran giovamento, per Lei, alla Sua età. Invece per quanto mi riguarda, attempato come sono, ricordi (ibidem) le tre precondizioni di Platone per un dialogo costruttivo e proficuo per tutti gli interlocutori: epistéme, eunoia e parrhesia. Nel mio caso, da parte sua nei miei confronti, è soprattutto l’eunoia che conta. E’ chiaro che, non avendo ormai impetrato di non varcare il limitar di vecchiezza, per me il giovamento sarebbe minimo, certamente inferiore al disastro esistenziale di fronte al quale mi verrei a trovare (avrà certamente letto di Allegro ma non troppo, almeno di là da noi). Se invece dovesse essere Lei, a scoprire di essere molto meno intelligente di quel che crede, la mia confutazione ricadrebbe su di Lei come frutto di grande eunoia, ed entrambi ne avremmo riportato un vantaggio (sempre Carlo Maria): Lei, per i repentini progressi che è destinata a compiere, io, per il fatto di lasciare dietro di me un mondo migliore, con un fesso in meno o con una persona un po’ meno fessa.
    Spero di essermi spiegato, tra un’involuzione e l’altra, soprattutto dopo la fatica che ho durato a limare questo scritto. Sia buona, signorina: nel caso abbia ragione Lei, io sono un fesso vecchio, destinato a compiere danni se non minori almeno meno numerosi di quelli che potrebbe combinare Lei, alla Sua giovane età, nel caso l’episteme e la sunesis mancassero a Lei. Veniamo a un accordo: poste sullo stesso piano di probabilità la mia e la Sua fessaggine, cominciamo a discutere dell’eventuale Sua. Non le pare più logico?

    No, eh? Birichina!

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  76. Signorina, mi scusi, non ho letto subito tutto (come sempre: un po’ è colpa mia, un po’ Sua, per quei centrini tutti uguali).
    Senta, non aggravi la Sua situazione sul bel Crizia e i di lui frammenti pervenuti: si sta cacciando in un guaio dal quale non uscirà più, nel caso volessi spingerceLa dentro. Guardi, senza arrivare alla questione filologica, se Lei si rilegge quanto ha scritto, Le sarà evidente che sta dicendo delle… le chiamiamo inesattezza, va bene?

    p.s.
    Ma non aveva detto che si sarebbe disinteressata di me e dei miei commenti?

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  77. Per comodità del lettore, che magari ha più acume della signorina, ecco bell’e servita la mia cretinata: “Anzitutto, su Crizia sappiamo soltanto quanto ne hanno detto avversari o partigiani, non esistono testimonianze che possono definirsi sine ira et studio”.
    Beh, qui non serve neanche il greco, e neppure sottolineare quel che andrebbe sottolineato. Se uno non ci arriva, non ci arriva: e Lei, signorina, da subito non ha capito una mazza, ma insiste ancora a rumenare la stessa mazza. Almeno io mi arrabatto con un Bignami.

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  78. @red.cac. Infatti rispondevo a Frap. 🙂
    A lei, non curandomi, lascio tempo libero per andare a ripassare qualche fonte greca. Ne ha bisogno.

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  79. 🙂 verrebbe da sorridere, se non fosso così tristemente vero. Certo per molte cause, ne elenco in ordine sparso alcune, di mestiere facendo l’analista finanziario e lavorando per vari siti e testate del “bel mondo” (che mi pagano comunque il minimo necessario a farmi realizzare contenuti per loro).
    1) in Italia l’editoria in generale sta messa malissimo, non esistono più editori puri e quelli che si spacciano per tali salvo rarissime eccezioni contabili sulle dita di una mano o sono formato mignon, ma mignon proprio, o hanno qualche “aggancio” e sovvenzioni, o sfruttano la voglia della gente a farsi pubblicare. Lo vedo nei giornali e nei siti con cui lavoro o ho lavorato, non si entra quasi mai per la qualità ma per una serie di motivi che vanno dal “mi costa poco” (stagisti e neolaureati) al “ha contributi pagati” (giornalisti ex disoccupati) al “per quel che scrive mi costa il minimo necessario” (tutti gli altri o quasi)
    2) le “grandi firme” sono tali non tanto per la qualità della scrittura quanto delle loro relazioni. Certo sanno scrivere perchè nessuno vuol rimetterci la faccia per uno che non sa manco tenere una penna in mano, pardon pigiare una tastiera, ma visto che a saper scrivere benino sembrerà strano ma sono più di quanti la gente è disponibile a pagare (comprandosi un giornale con loro articoli o abbonandosi a servizi web), a quel punto la relazione conta più della bravura
    3) gli old media (tv, radio e stampa) non ci capiscono un’acca del web (non parliamo poi di social network, mondi virtuali o realtà aumentata o facciamo notte), ci scaricano solo parte dei costi (se sono giornali con migliaia di articoli comunque realizzati e redazioni comunque a libro paga) per raccattare un po’ di pubblicità e visibilità, temono il nuovo che avanza, come sempre fanno semmai battaglie di retroguardia per difendere il loro vecchio predominio, altro che per aprirsi alle novità
    4) una parte dei blogger sembra ci si crogioli nella figura (secondo me un po’ sfigata ma son gusti, mica sono il Vangelo io…) dello “scrittore di successo che non sente il bisogno dei soldi e della fama”. Mi ricordano al 99% la figura della volpe che guardava quell’uva irraggiungibile ma tanto sicuramente acerba… ma per un 1% sarà anche gente che di soldi o fama non ha bisogno o comunque non ritiene sinceramente siano obiettivi della sua vita (o quanto meno del suo scrivere in rete)
    5) l’America è l’america, per il web e la blogsfera come per il resto. O qualcuno pensa che si riesca a sfondare nel “mondo reale” in Italia con la stessa facilità (in proporzione, ovvio) che esiste in America (salvo poi poter con altrettanta facilità sparire)? Da noi le regole sociali sono tutte o quasi improntate alla conservazione, non all’apertura o all’innovazione. Prova ne sia che qualsiasi governo, a prescindere dal colore e dai singoli uomini che lo compongono, promette sempre riforme in tutti i campi… e puntualmente quello dopo ripromette le stesse cose e nulla cambia, anzi si scambia la manutenzione ordinaria per “rivoluzioni” e “fughe in avanti”, che si tratti di lavoro, di diritto allo studio, di previdenza, di banda larga, di diritti dei consumatori etc etc etc. Figuriamoci una rivoluzione culturale che cambi i paradigmi della distribuzione/validazione del sapere come in fondo la blogsphera comporterebbe…

    Ergo… che ci vuoi fare, siamo in Italia. Se oltre che un hobby è un qualcosa che vuol essere un lavoro, meglio provare a farlo in campi iper-specializzati, proporsi direttamente ad eventuali editori interessati, fondare una propria azienda senza aspettare che sia un’altra a scoprirti e assumerti, scrivere in inglese e imparare a “intercettare” traffico internazionale (e a sfruttare al meglio Adsense et similia, magari….).

    Tutte opinioni personali e pertanto opinabili neh… ma frutto di una decina d’anni di esperienza “in presa diretta”. Baci, abbracci, simpatia e buon anno, così, per non sbagliare.

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  80. “Il [mio] successo di blogger non porta a nessun riconoscimento sui media tradizionali, che sono quelli che contano davvero. Non sopporto proprio come tutti pensino che i media tradizionali siano quelli che contano davvero!”

    Se il senso del post non fosse questo me ne scuso, epperò suggerisco alla Galatea di aggiungere una postilla di rettificazione, poiché navigando un po’ in giro non sembriamo essere pochi ad avervi letto questo pensiero.

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  81. @nihil: togliendo il “mio” direi che è una buona sintesi: più che altro mi sembra che i media tradizionali siano ancora molto chiusi di fronte alla possibiità di riconoscere il fatto che chi viene dal web abbia delle forme di competenza che vanno valutate quanto quelle tradizionali e non possono essere considerate “valide” solo ed esclusivamente se i blogger diventano parte del circuito dei media tradizionali.
    Al di là della forma del post (che voleva essere ironica e invece è stata letta come patetica, ma magari sarà colpa mia), il punto su cui avrei voluto avviare una riflessione non era il fatto che “io” non sono mai stata invitata in un talk show, ma che mi pare che nei talk show vengano invitati dei blogger solo quando questi hanno smesso di essere blogger puri e semplici e sono diventati altro. Poi per carità, ho capito che leggerlo come il lamento di una che voleva fare la velina e non c’è riuscita è più divertente, e viene più facile giocare al massacro. Resta però il fatto che, fino ad oggi, non mi viene in mente un solo nome di un blogger che sia riuscito in qualche modo a rompere il “soffitto di cristallo” e quindi avere spazio sui media tradizionali (che sono quelli a disposizione della stragrande maggioranza degli italiani) restando un semplice blogger e continuando a fare il blogger e basta, senza diventare un giornalista, scrittore o conduttore tv. Quando intendevo quando parlavo di “soffitto di cristallo”. Si vede che è solo una impressione mia.

    P.S. Sì, adesso mi viene in mente Leonardo, che è diventato opinionista dell’Unità. Ecco, uno, almeno. Resta da capire se ora, sui media tradizionali, lo indicheranno come blogger che scrive anche sull’Unità, o non sarà presentato come un opinionista dell’Unità che è partito come blogger.

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