Internet, il branco, il villaggio e l’utilità della fantesca globale

Stamattina, sulla Stampa, è apparso un bell’articolo di Ethan Zuckerman, traduttore e attivista della rete di Voci Globali. È un pezzo denso, di cui mi ha colpito però la riflessione riguardante l’apertura e la “chiusura” della rete. Posto che internet è ormai aperta a tutti, dice Zuckerman, e quindi tramite i social network persone di ogni parte del mondo possono entrare velocemente e spontaneamente in contatto le une con le altre, resta però un fatto che si tenda ad aggregarsi in “gruppi” che poi risultano abbastanza chiusi ed impermeabili fra loro: dei “branchi”, li chiama lui, in cui si ritrovano persone con interessi, cultura e provenienza razziale o culturale simile. Il risultato è che fra loro questi gruppi tendano a parlare solo di determinate cose (quelle che interessano loro) e rimanere sordi, anzi non entrare proprio in contatto con tutto il resto. Tanto che se una notizia o un tormentone vengono lanciati in internet all’interno di un determinato gruppo, persino molto numeroso, può addirittura accadere che il resto dell’universo dei navigatori nemmeno se ne accorga, o, se se ne accorge, non sia minimamente in grado di capire di che cosa stiano parlando gli altri.

Trovo l’osservazione di Zuckerman profondamente azzeccata. Internet, come tutti i prodotti dell’uomo, riflette la logica secondo cui è strutturata la società che l’ha prodotta. E la società umana si organizza, dalla tribù al globo, secondo logiche di appartenenza e di cooptazione. Ognuno di noi costruisce attorno a sé, sia nelle rete che nella vita, una cerchia che è il suo punto di riferimento fisso e che contribuisce a definire la sua identità: in sostanza ha un circolo ben definito di “conoscenti” di cui si fida o che frequenta per motivi di lavoro e di contatti sociali. Tutte le informazioni con cui l’individuo entra in contatto sono in un certo senso “filtrate” dalla sua cerchia: o perché gli arrivano indirettamente dai racconti di membri di essa o perché, anche se sono cose che vede succedere di persona, senza apparenti mediazioni, i fatti vengono interpretati attraverso i modelli culturali della cerchia di appartenenza, che determina cosa debba essere considerato “positivo” o “negativo”, “bello” o “brutto”, importate o trascurabile.

La novità di internet, semmai, è rappresentata dalla possibilità di allargare e rendere trasversali o multiple le nostre “cerchie”. Per secoli lo sviluppo del pensiero umano e del talento singolo erano molto vincolati non solo al tempo in cui l’individuo si trovava a vivere, ma dalla sua posizione geografica. In un mondo in cui gli spostamenti erano lunghi e difficili, la cerchia di amici con cui si poteva rimanere in contatto e scambiare idee era forzatamente ridotta a coloro che vivevano vicini. Lo scambio di idee e di informazioni, che è il presupposto per ogni crescita intellettuale, è legato alla creazione di una rete efficiente e veloce. Gli intellettuali hanno sempre costruito “reti” di questo tipo (dal reticolo di monasteri in continuo scambio epistolare del medioevo alle accademie di letterati nei secoli seriori): è impossibile diventare intelligenti se si passa il tempo a conversare solo con citrulli o si possono leggere quattro libri, magari neppure eccelsi. Ma finché non si è avuta la possibilità di una diffusione capillare ed immediata della parola “scritta” lo scambio intellettuale era patrimonio esclusivo di una élite: quella che si poteva spostare per viaggi e convegni, spedirsi lettere e scambiarsi tomi.

Oggi internet (con i social network, i forum, etc.) permette invece anche a persone “normali” di crearsi una propria rete di frequentazioni e conoscenze transnazionali, anche se non ci si può muovere da casa o lo si fa di rado. Resta però il problema, ma questo è un portato naturale, che queste cerchie si “costruiranno” in maniera spontanea cercando coloro che hanno interessi simili ai nostri. Gli appassionati di pesca cercheranno appassionati di pesca dall’altra parte del globo, ma sempre di pesca parleranno.

La logica con cui sono costruiti i social network, in realtà, favorisce l’incontro di chi ti è simile: si legge coloro cui si è concessa l’amicizia e l’accesso alle nostre pagine o thread, quindi a persone che già conosciamo o ci vengono segnalate da altri amici (o da algoritimi pensati per questo) perché hanno interessi comuni a noi. Per questo alcuni gruppi possono essere del tutto impermeabili a notizie che sono propagate al di fuori del gruppo stesso: esistono, sulla rete come nel mondo, delle nicchie, ed alcune sono particolarmente chiuse. Ciò che la rete però permette è quello di gestire più cerchie in contemporanea e in tempo reale. Chi ha esperienza di social sa che, dopo un certo numero di contatti, tutti dividono gli “amici” in liste, determinate sulla base degli interessi specifici e differenti dei vari membri che vengono là inseriti: la lista dei “maniaci” di internet distinta dagli “amici d’infanzia”, i compagni di calcetto divisi da quelli di partito o dai colleghi, e così via. Siccome l’individuo non è mai un monolite, internet permette di gestire contemporaneamente ed in tempo reale comunicazioni con più cerchie costituite da membri con interessi in parte diversi, e legati magari solo dall’avere tutte un contatto con x in comune. Il passaggio di informazioni (modi di dire, trend) sulla rete è garantita da questi individui-ponte, che possono mettere in contatto, casualmente, persone di provenienza ed interessi diversissimi fra loro.

Un tempo l’informazione “generalista” era affidata alla stampa generalista, appunto: uno comprava il giornale al mattino e leggeva un po’ di tutto nella prima pagina, poi approfondiva solo le notizie che gli interessavano, sulla base del proprio carattere, lavoro, formazione o bisogno. L’avvento di servizi specifici come Google News e Allert ha in parte ridotto l’apporto di informazioni generaliste, nel senso che uno può anche scegliere che gli vengano inviate a priori solo alcuni tipi di notizie, e beatamente ignorare il resto. Sui social network, in un certo senso, si è creato naturalmente lo stesso tipo di filto: ricevo twit ed aggiornamenti solo dalle persone che ho preselezionato e che quindi, nel 90% dei casi, parlano di cose che abbiamo in comune. Divengono perciò importanti, sulla rete, ai fini della diffusione dell’informazione, quegli individui che hanno molteplici interessi, molti contatti e in qualche modo partecipano a molte cerchie trasversali. Questi possono permettere che informazioni presenti solo nella cerchia A passino anche alla cerchia B, che, altrimenti, potrebbe bellamente ignorarle. Non necessariamente costoro sono i cosiddetti “guru” del web, o blogstar: anzi, di solito l’autore di un sito o di un blog tende a crearsi una personalità ben riconoscibile, e affrontare quindi solo determinati argomenti. Questi “ponti” fra le cerchie possono essere anche personaggi molto anonimi: basta che la loro rete trasversale di contatti permetta di innescare, per effetto domino, una specie di tam tam in ambienti che solitamente non sono in contatto. Un po’ come la vecchia fantesca del villaggio, che nessuno considerava un personaggio importante, ma, andando di casa in casa, finiva col diffondere in tutti gli strati sociali le novità del giorno. Internet è un villaggio globale. In tutti i sensi.

42 Comments

  1. Ottimo post Galatea. In fondo anch’io faccio parte di un branco: quello degli scacchisti, non a caso sono nati negli ultimi anni forum e blog specializzati (ne cito due: Scacchierando e Soloscacchi), non a caso ho collaborato con Scacchierando mentre faccio parte a tempo pieno della redazione di Soloscacchi.
    A differenza di altri branchi però non facciamo certo la guerra a qualcuno 😉
    Approfitto dello spazio per augurarti buone vacanze.

    JT

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  2. Dell’intervento di Zuckerman, mi ha colpito moltissimo il riferimento ai filtri (motori di ricerca e social networks) che utilizziamo per “scegliere” le informazioni e di come questi non contribuiscono ad aprire i nostri orizzonti culturali, ma a limitarli notevolmente. Ci autocensuriamo credendo di avere più efficienza e maggiore controllo, invece…

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  3. sull’internet la tendenza al conformismo è inevitabile, se non ti conformi ad un gruppo ciò che scrivi cade nel vuoto; difatti taluni, pur di non esser trasparenti, tentano la strada dell’invettiva, talaltri la strada suadente di scriver ciò che piace all’ipotetico lettore;
    tutto sbagliato: devi scrivere per un’idea che ti frulla in testa, e se non interessa a nessuno, meglio così, un pò di sana umiltà fa sempre bene

    a me piace più leggere che scrivere, a scrivere sono in troppi, e comincio a provare quasi compassione per tutte queste parole affamate d’un lettore, sembrano ragazze attempate all’ultima occasione per trovar marito

    scrive le mie sciocchezze, trovo l’articolo di galatea comunque asbbastanza interessante

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  4. Questo concetto di “comunità ristretta” è insito nell’identità stessa di Internet, anzi io direi all’opposto della tua osservazione, che quasi sempre ha travalicato in senso estensivo le intenzioni dei suoi creatori.
    Internet come è noto, è nata come rete destinata a un uso prettamente militare: se saltava un nodo le informazioni vitali pr la difesa si sarebbero diffuse attraverso un perorso diverso, ma sarebbero comunque giunte.
    Poi, la sua stessa potenzialità e l’intuizione di alcuni hanno fatto in modo che diventasse una rete mondiale, usata per altri fini. ESTESI.
    Ma fin dall’inizio, direi, con le “liste” e coi gruppi di discussione (il web non c’era ancora: via email!) favoriva l’addensamento/interazione di persone con interessi simili, e ovviamente, sotto certi aspetti, omogenee.
    Quando parliamo di social network, poi, questo concetto stesso fondamentalmente è legato a quello di “comunità ristretta”.
    Nel caso di Facebook, di nuovo sono stati superati i confini previsti dagli stessi creatori, che erano meramente quelli di favorire i contatti tra compagni di liceo.
    i Ning si rivolgono a e sono creati da gruppi specifici, che normalmente condividono un progetto.
    L’utopia di volersi relazionare con TUTTI, può anche portare a conseguenze di dissipazione del tempo (http://williamnessuno.files.wordpress.com/2010/04/facebookcome-wn.pdf) e, peggio ancora, a stress emotivi assai poco utili, come racconto in questo post:
    http://williamnessuno.wordpress.com/2010/07/11/lasuma-perdi/
    Condivido invece pienamente la conclusione del tuo interessante post.
    Non so perché (sono un asino matematico) ma mi ha fatto venire in mente degli schemi/grafici dell’insiemistica che descriverebbero perfettamente il tuo concetto di diffusione dalla cerchia A a quella B attraverso un elemento im comune.

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  5. @Guido dalla germania: ovviamente!
    @williamnessuno: Credo che tutti i gruppi si fondino sul fatto di avere interessi comuni. In fondo vale lo stesso per i lettori di un determinato giornale: i lettori della Repubblica hanno caratteristiche ed interessi in parte diversi da quelli, chessò, dell’Avvenire. Semmai quando una certa cosa ha più successo del previsto, tipo Facebook, ecco che nascono o sottogruppi ancora più specifici al suo interno oppure, sviluppa una serie di potenzialità che all’inizio non facevano parte del progetto dei suoi stessi creatori.

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  6. Galatea, infatti. Fa parte dello stato delle cose, anche nella vita “reale” (qualunque cosa questo voglia dire). Ecco perché mi ha attratto molto di più la tua conclusione della premessa, 🙂

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  7. @williamnessuno: Anche io faccio un po’ fatica a tenere questa distinzione fra “vita reale” e “vita virtuale”.. altrimenti bisognerebbe considerare “virtuale” anche il tempo che passiamo al telefono. Io sono convinta che le dinamiche in internet siano esattamente le stesse della società che c’è fuori e l’ha prodotta. Internet, semmai, fa da cassa di risonanza e certo velocizza e rende tecnicamente diversi alcuni processi.

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  8. se tuttavia il risultato è quello di divulgare ancor più estesamente fenomeni come l’urlo VALERIOOOOOO del 1998,il fatto che si resti a compartimenti stagni può rappresentare un vantaggio.
    Con buona pace della fantesca.
    Inchino e baciamano.
    Ghino La Ganga

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  9. @ Galatea, credo, e l’ho scritto altre volte, che in internet ci siano delle estremizzazioni emotive che possono colpirci all’improvviso. Molto ha a che fare con l’immediatezza dell’interazione che annienta i tempi per riflettere ma, a mio parere, anche col fatto che non conosci “davvero” il tuo interlocutore. No intendo non conocerlo prsonalmente, ma che spesso non ga parte del tuo primo cerchio, è amico dell’amico dell’amico. Quindi non applichi i filtri relazionali e di buona creanza che applichi in un confronto vis-a-vis o con una persona al giudizio della quale tieni.

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  10. 1) supponiamo ke sei appassionata di pesca. Hai mai parlato di pesca con il principe carlo? appassionatissimo.

    2) in sostanza ammetti che la coscienza può realizzarsi come tale soltanto nelle forme ideologiche date. quindi?

    3)ciò che appare conseguenza di “gusti” “attitudini” “appartenenze”, ossia il costituirsi di piccoli gruppi sociali su tali basi, è separazione. a cosa rinvia?

    4) internet riflette la “struttura” ecc. quindi chi e cosa comanda il significato complessivo?

    5) “sulla base del proprio carattere, lavoro, formazione o bisogno”. ancora: CIOE’?

    non credo che con la sociologia dei gruppi e delle élites si possa andare lontano

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  11. Zuckerman ha detto cose giustissime, ma quasi banali. E’ ovvio che ognuno tenda ad interloquire preferibilmente con chi vede le cose im modo simile a lui, anche se qualche volta fa piacere avere uno scambio di idee piuttosto vivace con chi la pensa in modo diverso.Nei secoli passati gli scambi tra gli uomini erano scarsi, difficoltosi e per pochi, ovviamente erano tra persone che coltivavano interessi simili. Anche oggi,tempo in cui gli spostamenti sono veloci e alla portata di tutte le tasche, succede la stessa cosa, è semplicemente umano. Se io decidessi di avere contatti con un abitante del centro Africa, lo farei perchè ho interesse a conoscere la vita ,gli usi , i costumi di qella persona,infatti se lo facessi solo per fare una cosa strana, dopo un po’ smetterei, perchè non sarei spinta da un vero interesse. Anche con internet succede la stessa cosa. Come sono arrivata al tuo blog? Cercando persone che trattassero argomenti di un certo interesse per me.Non voglio perdere tempo a leggere disquisizioni sui giochi di carte, che non mi interessano,o sui giochini dei gatti, anche se mi sono simpatici.Internet ti permette di incrociare persone che difficilmente incontreresti personalmente, se poi ti accorgi che ,in effetti, quell’incontro ti delude, non ci sono problemi , non vai più a visitare il suo blog e non hai bisogno di trovare giustificazioni. La tua libertà è aumentata alla grande!

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  12. @alice:
    1)Non sono appassionata di pesca, ma se mi interessasse parlare direttamente con il principe Carlo non escludo che attraverso qualche cerchia di internet ci si potrebbe incrociare. Già con il semplice telefono si ipotizzavano solo sei gradi di separazione. Figuriamoci attraverso il web. E’ probabile che se metto su un sito sulla pesca veramente ottimo sia lo stesso Carlo, alla fine, che contatta me.
    2) Quindi? Se hai una teoria alternativa, dilla pure.
    3) Non ho capito a che dovrebbe “rinviare”. I gruppi umani si costituiscono per affinità, e si separano dagli altri.
    4) E chi ha mai detto che ci debba essere qualcosa che “comanda” o un significato “complessivo”? puoi provare che esistano?
    5) Scusa, tu come hai scelto le tue frequentazioni se non in base al tuo carattere, al lavoro o ai tuoi interessi?
    Spiegami con cosa si potrebbe arrivare lontano, secondo te, prego.

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  13. @eusesiade: resta il problema di fondo che il percorso che hai seguito per arrivare al mio blog era solo in parte “libero”. Se amici e/o motori di ricerca con apposito tag non avessero contribuito a segnalartelo non ci saresti arrivata mai…

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  14. ciao giovan francesco sagredo, vedo che sei un ammiratore di darwin, perciò ecco la mia risposta euristica ai quesiti:

    1) faccio parte della famiglia delle Engraulidae, ordine dei Clupeiformes

    2) hai presente un’acciuga?

    3) evoluzione e un po’ di cosmesi

    cmq tieni presente che sono avversaria di:

    1) pescatori

    3) correnti biologiste

    3) bassi fondali

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  15. E’ naturale che la libetà non è assoluta e che tante possibilità mi sono precluse. Io ,però, parlavo della libertà di intrattenere rapporti verbali con qualcuno finchè ti va, non avendo problemi ad interromperli,pensando che devi giustificarti, come succede nella vita reale. Certo che questa mia ricerca mi impegna abbastanza.

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  16. cara Galatea,

    1) ti dice niente il fatto che in genere i principi (e assimilabili) frequentano certi ambienti e non altri?

    2) magari se avremo occasione d’incontrarci

    3) i “gruppi umani”, nelle società storiche, sono un’invenzione ideologica. esistono classi e ceti sociali. non si costituiscono per affinità, se non nella misura in cui tali “affinità” sono compatibili con la loro condizione sociale, con l’ordine del sistema;

    4) per esempio: mai sentito parlare di primo, secondo e terzo sistema di segnalazione? i codici non sono neutri: l’ideologia è sempre e cmq l’ideologia della classe dominante

    5) si tratta di una scelta di àmbito, non assoluta, nel senso che invece di scegliere, sei già scelta: nell’autobus sociale i posti sono già assegnati. gli scostamenti consentiti sono, a ben vedere, minimi.
    anche per quanto riguarda internet, le cose sono meno semplici di come vengono fatte apparire. per le donne questo è ancora più vero e anche più evidente

    6) non è la coscienza a determinare l’essere, ma è viceversa l’essere sociale che determina la coscienza

    🙂

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  17. 1) Dipende dai principi e dagli ambienti che frequentano. Ti dice niente che se il principe x e io condividiamo lo stesso interesse per la pesca, leggiamo lo stesso sito e ci rispondiamo nei commenti? Magari senza sapere che lui è il principe. O che io non sono principessa.
    2) Certo, se preferisci.
    3) Se i “gruppi umani” sono una invenzione ideologica, i ceti e le classi, invece, crescono sugli alberi in natura? E tutti coloro che fanno parte di una certa classe o ceto hanno per forza frequentazioni limitate ai loro parigrado economici? e hanno tutti i medesimi interessi personali, compatibili esclusivamente con gli interessi della propria classe o ceto?
    4) i codici non sono neutri mai, ma la cosidetta “ideologia della classe dominante” (peraltro difficile da indentificare oggi, con la frammentazione in corso) non è pervasiva mai al 100% neppure all’interno della classe dominante. Altrimenti dovremmo avere società-monoblocco incapaci di evolvere perché tutti la pensano naturalmente allo stesso modo all’interno della classe al potere. E questa è una baggianata.
    5) Non ho capito cosa vuoi dire, sinceramente.
    6) Ecco, questo l’ho capito ancora meno. In soldoni, che vuol dire? E “l’essere sociale” (definiscimelo, per favore) come si è formato?

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  18. ecco hai toccato un altro punto fondamentale: l’anonimato.
    Caratteristica fondamentale di internet, perché mi permette di chiacchierare di quello che più mi piace senza il timore del peso sociale. Certo questo ha dato origini anche a fenomeni quali i troll, ma sono cose abbastanza limitati e controllabili.

    Prendo un esempio personale, ma che credo sia molto significativo sul potere e la struttura di internet.
    Un omosessuale fino a 10 20 anni fa se viveva in un paese di 5000 abitanti doveva passare l’esistenza nel silenzio e sperare di poter scappare un giorno da quel posto.
    In generale durante l’adolescenza, a meno di essere fortunati o vivere in grandi città, non aveva modo di confrontarsi con altre persone.

    Io invece ho potuto accedere a conoscenze e aiuti su internet che mi sono stati di grandissimo aiuto. E questo perché ho trovato un gruppo di persone affini (altri giovani gay) e ho potuto mantenere l’anonimato (dato che non ero pronto al coming out).
    Sicuramente oggi sarei una persona molto diversa se non avessi avuto internet, avrei sofferto molto di più.
    Credo che se si studiasse quanto la comunità lgbt sia stata influenzata in meglio dalla rete si riuscirebbero a capire molte cose. E sono convinto che se c’è stata questa enorme accelerazione nella conquista dei diritti omosessuali un po’ è dovuto anche alla maggior consapevolezza e sicurezza che internet ci ha donato.
    Questo anche per il fenomeno di cui parli nel post. Infatti una volta trovato un porto sicuro in cui chiarirsi le idee queste persone si sono sparse nel resto della rete e, sempre protette da una maschera, hanno passato il tempo a rispondere agli omofobi, a portare idee, e lo hanno fatto nei gruppi più diversi. Io sono qui a scrivere queste cose da te, altri le avranno scritte nei forum di videogiochi o di cinema o magari anche di calcio.
    Ad esempio nel nuovo sito del Fatto Quotidiano è interessante vedere come nel blog di Matteo Winkler si siano scatenate battaglie di commenti sull’omosessualità. E’ bello vedere come questo giornale abbia confluito persone di mentalità diversa e che ora ci sia un confronto così aperto. Diciamo che in questo caso è stato gettato un grande ponte.

    PS
    mi sono lasciato un po’ andare, spero di essere stato abbastanza chiaro e di non essere uscito dal tema.

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  19. Cara Galatea,
    mi permetto solo poche puntualizzazioni: non ho parlato semplicemente di “ceti e di classi”, quasi si trattasse di una classificazione botanica, bensì di “ceti e di classi sociali”.

    Inoltre non ho scritto che “tutti la pensano naturalmente allo stesso modo all’interno della classe al potere”. Ho detto che l’ideologia è sempre e comunque l’ideologia della classe dominante. Per ideologia si intendono le idee prevalenti. Singoli soggetti possono, ovviamente, pensarla diversamente. Engels era un industriale e Marx un borghese. Oggettivamente. Cmq la frase non è mia, ma di Marx:

    «Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante […] Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee».

    Insomma, per comprendere il processo storico, più che prestare attenzione alle idee e alla cultura, occorre indagare i modi in cui si produce la vita materiale.
    Se si tratta di una “baggianata”, mi sento onorata di condividerla con il suo Autore.

    Anche la frase sulla formazione della coscienza non è mia. Mia e la colpa di dare tutto per scontato. Tale frase si trova così esattamente formulata nel suo contesto:

    «Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali.

    L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale.

    Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza.

    A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura ……».

    Grazie x l’attenzione e cordiali saluti,
    tua alice

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  20. @alice: M’era sorto il dubbio che il riferimento fosse Marx, in effetti… Purtroppo confesso che, con tutta la stima che se ne può avere, a me le ricostruzioni ideologiche di Marx sono sempre sembrate difficilmente usabili per descrivere i processi storici, proprio perché sono “ideologia”: cioè calano dall’alto della speculazione filosofica una serie di “leggi” che dovrebbero funzionare in modo universale, e per questo poi, quando impattano con la realtà, che è sempre multiforme e un po’ più complessa di quanto la mente di un filosofo riesca a concepire e descrivere, o si schiantano o fanno danni.
    Ceti e classi sociali (intesi in maniera marxista o meno) sono categorie descrittive e generali che basano la loro differenziazione sul fattore economico: in realtà, e soprattutto oggigiorno, all’interno della stessa classe e ceto possono formarsi gruppi con aspirazioni e interessi diversi, persino contrapposti. Cerchie, appunto, che possono diventare addrittura sottoculture di nicchia, cui i singoli individui, formalmente parte della stessa classe sociale o addirittura di classi diverse, attraversano spesso trasversalmente. Questa frammentazione, oggi più che mai presente, impedisce di parlare ormai di “idee della classe dominante” in senso generale: ci sono semmai più cerchie che, di volta in volta, per un qualche periodo prendono il sopravvento e tentano di imporre la loro visione del mondo o le soluzione secondo loro migliori per risolvere le crisi e i problemi presenti.
    La visione di Marx e la sua interpretazione della storia sono fondate sul fatto che le classi siano in perenne concorrenza fra loro, e siano rigidamente alternative, per cui alla fine l’unico modo per modificare il sistema diventa la rivoluzione, in cui il blocco di potere precendente viene violentemente esautorato, ed il nuovo cambia tutti i rapporti e li reimposta da zero. Ma esistono davvero, oggi, culture alternative a quella della classe dominante? Radicalmente alternative, intendo? E sono indentificabili come prodotto esclusivo ed incontaminato di una classe sociale o di un ceto econimico? Cioè, in soldoni: il figlio dell’operaio ha valori e cultura diversa ed alternativa da quello del borghese, oggi? O forse entrambi possono essere trasversalmente inseriti nella stessa cerchia e creare un proprio idioletto, che in un certo senso impedisce la soluzione rivoluzionaria, perché magari alcuni figli di operaio hanno più cose in comune con il figlio di un borghese che con altri formalmente appartenenti alla loro “classe” di origine?
    Non so, a me ‘ste domande sono sempre girate in testa e non mi hanno mai fatto particolarmente entusiasmare per il marxismo. Ma magari sono io, eh.

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  21. no, cara Galetea, non sei tu, è la vulgata del marxismo. marx non è un ideologo, né un filosofo, bensì uno scienziato sociale, il maggior critico scientifico dell’economia capitalistica. ma non solo. egli non ha ideato o descritto alcun modello sociale di tipo comunista.

    è un peccato che non abitiamo nello stesso posto. gustando un gelato le cose potrebbero, senza l’impersonale mediazione del mezzo telematico, farsi più chiare e intriganti.

    tu chiedi: il figlio dell’operaio ha valori e cultura diversa ed alternativa da quello del borghese, oggi? no. ho già detto che l’ideologia è l’ideologia della classe dominante. è sempre stato così, fin dall’epoca dei faraoni e anche un po’ prima.

    le classi sociali non sono in concorrenza (le parole, tu lo sai bene, sono importanti: se usi il termine concorrenza, usi un concetto dell’ideologia dominante), sono in conflitto, anche quando non sembra e anche quando non ne sono coscienti. o quando, come in passato, travestono il conflitto di motivazioni religiose, anziché politiche.

    chiedi: Ma esistono davvero, oggi, culture alternative a quella della classe dominante?

    buona domanda che però mi fa sospettare che tu non abbia letto e riletto bene le pur scarne citazioni che ti ho inviato.

    scusami la spocchia (credimi, più apparente che reale)

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  22. @vegetarian: La tua testimonianza è molto interessante, e in fondo è un bell’esempio di uso positivo della rete: la possibilità di entrare in contatto con persone che ti possono aiutare a maturare e che altrimenti non avresti la possibilità di conoscere. Di formare una rete “trasversale” alla rete stessa, in qualche modo, che attraversa poi blog e forum di argomento diverso e semina là idee. Bello, mi piace!

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  23. Ho sempre avuto l’impressione, da quello che ho letto di suo (già, l’ho anche letto!) che Marx fosse un ottimo “descrittore” di fenomeni sociali a lui contemporanei: le pagine del Manifestosull’Europa a lui contemporanea sono affascinanti e molto centrate, hanno delle intuizioni geniali sui limiti della società capitalistica validi ancor oggi.
    Mi lascia invece più fredda però quando da descrittore passa a fare delle generalizzazioni che poi gli servono come impalcatura di sostegno alle sue tesi politiche. Più che altro perché mi perdo un po’ nei meandri del ragionamento: se l’ideologia è l’ideologia della classe dominante, come diavolo si formano i rivoluzionari? Sono anch’essi un prodotto della ideologia dominante? No, o ogni rivoluzione sarebbe semplicemente un ricambio di èlite dominanti (teoria che, in fondo, lo confesso, mi ha sempre convinto di più).
    E le classi sociali perché sono in “conflitto” se poi fanno riferimento tutte alla stessa ideologia? E se invece ne hanno di diverse (una della classe dominante e una di quella sottoposta) quella della “sottoposta” come si è formata? Da dove è nata? E come fa ad essere omogenea a tutta la classe, indistintamente e indipendentemente dagli individui singoli? E a non mutare?
    Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo d produttive materiali.
    A me questo modo di ragionare è sembrato sempre troppo schematico, riduzionista, deterministico. Un po’ come quelli che dicono che l’impero romano è caduto per via della diffusione del cristianesimo oppure dei barbari e basta. Magari davanti ad un gelato mi chiariresti meglio tutto, chissà.

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  24. il manifesto è un pamphlet

    marx non descrive semplicemente, enuncia delle leggi, che hanno forza di leggi di natura. x es.: la legge sulla caduta tendenziale del saggio del profitto (capitale, terzo libro, terza sezione).

    fin dagli scritti giovanili, Marx aveva ben chiaro che:
    […] in tutte le rivoluzioni finora avvenute non è mai stato toccato il tipo dell’attività, e si è trattato soltanto di un’altra distribuzione di questa attività, di una nuova distribuzione del lavoro ad altre persone.

    per quanto riguarda i temi dell’ideologia e delle classi sociali, potrei darti dei privati suggerimenti di lettura, ma solo se mi venissero espressamente richiesti (ma perché dovresti rovinarti la vita?).

    ad ogni buon conto, “i rivoluzionari” non sono anch’essi un prodotto dell’ideologia dominante, ma in quanto uomini che vivono in un determinato contesto storico-sociale, non sono immuni dal suo influsso (un po’ come l’ateo con la religione)

    tutto sommato cosa impedisce allo schiavo di prendere coscienza della propria condizione, di non considerarla come un fatto naturale ma come un prodotto di un certo tipo di società? mille e mille cose glielo rendono difficile, anche la religione, forma particolare dell’ideologia

    magari davanti a un gelato (una montagna di gelato)

    CIAO

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  25. @alice: “Marx non descrive semplicemente, enuncia delle leggi, che hanno forza di leggi di natura“. Ecco, allora diciamo che come tutti gli scienziati, Newton compreso, quando enuncia leggi sulla Natura anche lui può aver pigliato qualche granchio ed essere migliorabile? 🙂

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  26. Grazie per l’articolo segnalato e per i tuoi commenti, però mi ha colpito questa frase: “è impossibile diventare intelligenti se si passa il tempo a conversare solo con citrulli…” direi “è impossibile diventare colti…” giusto per dare un po’ più peso alle nostre esperienze piuttosto che ai geni, che ne pensi?
    Ciao.

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  27. per alice: a mio modestissimo avviso marx è un filosofo, amche se ripetutamente cerca di “uscire” dalla filosofia e incardinare il pensiero con la realtà, col divenire, ma la matrice hegeliana è evidente; consiglierei il brillante e divertente “bentornato marx” di fusaro; quel che è certo è che è sempre molto attuale, tanto è vero che in ambienti cattolici culturalmente avanzati (gesuiti) viene studiato con attenzione

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  28. caro Diego,
    Marx è anzitutto l’autore de Il Capitale. Il cui sottotitolo è: Critica dell’economia politica. Si tratta di un’opera altamente scientifica ove c’è poco spazio per la speculazione filosofica.

    se posso permettermi un suggerimento, è quello di studiare quest’opera, prima di prendere in considerazione gli epigoni o i semplici commentatori, se proprio non la si vuole studiare o leggere, dargli almeno un’occhiata, in modo da sapere a spanne almeno COSA NON E’.

    cattolici culturalmente avanzati? mi spiace, ma non ne conosco.
    🙂

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  29. gentile alice, grazie per la risposta

    sono d’accordo sulla grandezza del filosofo di treviri, sinceramente la visione meramente scientifica del pensiero marxiano mi pare riduttiva della sua grandezza, però il tuo punto di vista di innesta in una autorevolissima tradizione; del resto l’importanza di questo filosofo è anche dimostrata dalle variegate e interessantissime interpretazioni; perseguendo i filosofici studi in pieni anni 70, forse sono impregnato delle visioni della scuola di francoforte, che allora era molto in voga; insomma mi tengo tranquillo le mie cantonate, in cui però credo; sui cattolici sorvolo, ci torneremo sopra con più calma

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  30. Alice mi piace, e non parlo da pescatore ma piuttosto da grade estimatore di pesci. Mi piace perche’ sa dare a Marx cio’ che e’ di Marx. Dunque ti chiedo, quali previsioni (poi realizzate) sono state fatte con il corpo della teoria scientifica di Marx? Su quali algoritmi si basano (basavano), quali previsioni si sono rivelate sbagliate e quali nuovi aggiustamenti teorici o algoritmi sono stati elaborati per ovviare ai difetti di quella teoria.

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  31. caro giovanni, le consiglio di non perdere tempo con pesci piccoli come me e eviti di confondere marx con la vulgata marxista e ancor meno con l’esperienza sovietica.
    posso darle tre consigli?

    1) legga
    2) rilegga
    3) rilegga ancora

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  32. Parlare di algoritmi quando si parla si filosofia mi sembra quantomeno improprio. Ma è da diversi commenti che la discussione si è spostata su un piano che non capisco. Quindi non aggiungo altro. Buon proseguimento.

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  33. Ah, mi pareva d’aver capito che, essendo uno scienziato, un vero studioso di “scienze sociali” “Marx non descrive semplicemente, enuncia delle leggi, che hanno forza di leggi di natura. x es.: la legge sulla caduta tendenziale del saggio del profitto (capitale, terzo libro, terza sezione).” ma, evidentemente, mi ero sbagliato. Di fronte ad argomenti come: “leggi rileggi e leggi ancora”, non si puo’ che togliere il disturbo.

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