Royal Wedding

La cosa divertente dei matrimoni reali è che sono proprio come i matrimoni di tutti: insopportabili. Due poveracci, che in sostanza vorrebbero solo andare a vivere assieme, ostaggio di qualcosa che è completamente sfuggito al loro controllo:, mamme, sorelle, cognate, nonne, amiche, parate di vecchie zie intronate, sconosciuti che ti tocca invitare per problemi di diplomazia familiare («E’ il capufficio della cognata di tuo cugino! E’ la sorellastra del secondo marito della zia!»), insolubili intrecci di legami economico-politici-sentimentali che rendono impossibile ogni dislocazione topografica («Dove lo mettiamo Carlo, l’ex socio del tuo amico Roberto, che però ora sta con la moglie separata dello zio Antonio, e se si vedono Carlo e Roberto al tavolo degli amici si menano, ma se lo metto con i parenti lo zio lo stende?»).

E attorno tutto il bailamme di curiosi, imboscati, invidiosi: quelli che han ricevuto solo la partecipazione e allora vengono “a fare un salutino” davanti alla porta della chiesa, e si vede che ti stanno augurando il divorzio anche prima di arrivare alla sala del banchetto; quelle che han sempre qualcosa da ridire sull’abito, e sull’acconciatura, e sull’addobbo dei fiori, e sul prete, e sulla musica scelta. Quelli che non sono nessuno, nel senso che non li conosci, non conoscono te, non li hai mai visti prima, eppure sanno tutto su cosa avresti dovuto fare, sul perché ti sposi e soprattutto sul perché non dovresti farlo; e che fanno il paio con altri sconosciuti, entusiasti a prescindere, perché si ostinano a voler definire un “giorno da favola” quello che, a guardarlo spassionatamente, può essere solo un incubo. E in mezzo gli sposi, porelli, intronati, rassegnati, depressi, con sul volto un rictus che tutti chiamano sorriso, e che sono costretti a tenere, stoicamente, perché sanno che il mondo li guarda e lo pretende.

Saranno così oggi anche quei due poveri ragazzi inglesi. Perché nel giorno del matrimonio, come recitano in tv, ogni coppia di sposi si sente un principe ed una principessa. Ed è dunque doveroso che i principi e le principesse, il giorno del matrimonio, si sentano come le persone comuni. Sfigati.

5 Comments

  1. Mah, secondo me le migliaia di persone accampate lungo il percorso dal giorno prima (tra cui un sacco di canadesi,americani, neozelandesi…) tolgono tutto il senso di sfiga.

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  2. “quelli che han ricevuto solo la partecipazione e allora vengono “a fare un salutino” davanti alla porta della chiesa, e si vede che ti stanno augurando il divorzio anche prima di arrivare alla sala del banchetto”
    Stiamo scherzando? Le benedizioni, bisogna mandare agli sposi, se ti graziano inviandoti solo la partecipazione: risparmi costosissimi ed inutili abiti una-tantum, costosissimi ed altrettanto inutili regali – puoi tranquillamente cavartela con un mazzo di fiori o un telegramma – infinite serie di smancerie e convenevoli, la vista di mise che farebbero vergognare un dittatore sudamericano e, soprattutto, ore e ore d’insopportabile pranzo di nozze con tanto d’interminabile attesa per foto di gruppo, balli neandertaliani, ricchi premi e cotillons.
    Dio li benedica!

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  3. Epperò mica sarebbe male imbucarsi, e a metà pranzo istigare un bel trenino sul tema di “Brazil”, mentre un mio conoscente si infila il suo costume da “V per Vendetta” che – siccome gli è costato ottanta euri a carnevale di tre anni fa – ammortizza a matrimoni, cresime e battesimi per improvvisate ma riuscitissime corse nel mezzo della sala del banchetto. Lo invitano anche per quello, ormai : dopo un primo momento a base di urli ‘cazzofaiseiubriaco’, infatti, il successo è travolgente. Chiedono perfino la foto insieme, gli invitati.
    Inchino e baciamano.
    Ghino La Ganga

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  4. @Lector: Concordo con te, ma c’è gente che si offende a morte se pensava di non essere invitata e invece si ritrova solo la partecipazione. Al matrimonio di una mia cugina, un paio di anni fa, per poco non scoppiò una faida familiare per arbitraria esclusione di zia. 😀

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