La strana meritocrazia degli Invalsi

Ogni tanto ci sono articoli che ti fan girare le scatole. Soprattutto quando citano dati opinabili e forniscono soluzioni e suggerimenti che sono nella realtà inapplicabili, ed è strano che un “esperto” che tratta la questione non lo sappia.

Un bell’esempio è l’articolo di Roger Abranavel sul Corriere di ieri, in cui il suddetto magnifica la meravigliosa portata delle prove INVALSI, unico freno e unica panacea contro i voti facili distribuiti a piene mani nelle scuole italiche fino ad oggi, e barriera per costringere il docenti fannulloni da ora in avanti a fare finalmente il loro dovere, perché sennò gli alunni non superano felicemente gli INVALSI stessi.

Bisogna fare una piccola premessa: ogni volta che uno di noi docenti – che queste benedette prove siamo costretti a somministrale da anni alle medie e alle elementari, ormai – si lagna e fa notare che le suddette prove sono piuttosto bislacche, non è mai stato chiarito dal Ministero con che criteri siano messe assieme e su cosa si basi la loro validità scientifica come criterio di valutazione, l’opinione pubblica insorge, dicendo che le nostre critiche sono di parte, che è solo fuffa perché non vogliamo noi docenti essere valutati e abbiam paura che si scopra che non facciamo nulla in classe e mangiamo stipendi a ufo. Ok, siamo di parte. Vorrei però che mi spiegassero, allora, perché invece non è di parte nel lodare gli INVALSI ed assicurare la loro efficacia il signor Abravanel, consulente del Ministero per quanto riguarda la qualità dell’insegnamento; e se non abbiamo diritto di avanzare dei dubbi sulla validità con cui vengono stilate queste prove noi, che siamo insegnanti e un pochino pochino di didattica e di scuola ci intendiamo, che competenza specifica nella didattica e nella valutazione del sistema scolastico italiano ha un signore che nella sua vita ha fatto il consulente per multinazionali, e quindi un ragazzino di undici o di quindici anni seduto in classe non lo ha probabilmente mai visto da vicino, manco quando andava a prendere i figli a scuola.

Il signor Abravanel dice che ci vuole un criterio nazionale ed univoco per dare una valutazione obiettiva delle competenze degli alunni. E io sono d’accordo, per carità. Da insegnante di Italiano, avrei anche già pronto un metodo, che applico nelle mie classi, senza prove INVALSI. Si chiamano test ed interrogazioni di grammatica. Che, al contrario delle prove INVALSI, basate in gran parte su strane domande che riguardano una abbastanza fantomatica “comprensione del testo”, con soluzioni spesso opinabili, è una cosa scientifica: un verbo al predente indicativo è un verbo al presente indicativo, un complemento oggetto è un complemento oggetto, non ci sono santi o madonne. Le domande di grammatica dentro una prova INVALSI standard, questo il signor Abravanel non lo dice, invece sono pochissime, e fanno media con le altre più evanescenti: ciò vuol dire che se uno, magari a naso, imbrocca un paio di risposte giuste su cosa vogliono dire due frasi del testo, fa patta anche se non ha la più pallida idea di quale sia il tempo o il modo di un verbo, o non distingue un nome da un aggettivo.

Vogliamo fare una prova di valutazione seria delle competenze di Italiano acquisite a scuola dagli alunni? Bene, facciamo i test di grammatica a tappeto, e stabiliamo che se un alunno vuol passare dalle medie alle superiori non ci sono scuse: deve essere in grado di riconoscere complementi oggetti, soggetti, nomi ed aggettivi, subordinate e coordinate ad occhi chiusi, saper coniugare i verbi, usare correttamente avverbi e pronomi. Se lo sa fare, la comprensione del testo c’è, o per lo meno c’è la base per cui negli anni successivi possa svilupparla correttamente. Se non ci sono queste basi – che per altro sono le uniche che può aver imparato solo a scuola e solo facendo in classe esercizi che mettono in gioco le abilità logiche dell’alunno e la sua capacità di ragionamento – lo si ferma e lo si lascia ancora un annetto alle medie. Se una intera classe affidata all’insegnante X per un certo numero di anni ha serie difficoltà a passare i test di grammatica base si manda qualcuno a controllare che l’insegnante X la grammatica la insegni davvero: avrebbe poche possibilità di giustificarsi, l’insegnante X, perché se io posso rifiutarmi, in base alla libertà di insegnamento garantita dalla Costituzione, di impostare la mia didattica in base ai fantomatici test di comprensione degli INVALSI, non potrei però giustificare, in base a quanto prevedono i programmi ministeriali e le varie direttive, il fatto che io non insegni a sufficienza la grammatica.

Sembra l’uovo di Colombo, ma non lo si fa: una prova secca di grammatica non è prevista né alle medie né alla maturità per gli alunni italiani. Vorrei che qualche esperto del Ministero, magari il signor Abravanel, mi rispondesse sul perché, se non è troppo impegnato a disquisire sulla meritocrazia.

Ma andiamo avanti. Fatto salvo che io, dopo tanti anni, devo ancora capire come vengano messe assieme queste prove INVALSI, il signor Abravanel mi assicura invece, senza portare la minima pezza d’appoggio, che esse sono un criterio validissimo di selezione dei migliori. Se fossero estese anche alle superiori, cesserebbe lo scandalo dei licei che al sud diplomano ogni anno vagonate di alunni con il 100 e lode, dice.

Mi scusi, signor Abravanel: ma se voi avete il (fondato) dubbio che quei 100 e lode siano tirati con la pala, dato che Lei è consulente del Ministero, perché, molto più semplicemente, non suggerisce al Ministro di mandare fin da adesso qualche ispezione nei licei e negli istituti sospetti? O non convoca almeno i Presidi al Ministero chiedendo che forniscano giustificazioni sul loro operato, eventualmente sostituendoli se risulta che non si comportino correttamente? No, perché sarebbe più semplice, senza aspettare anni che le fantomatiche prove INVALSI entrino a regime; fermo restando che falsificare i risultati di una prova INVALSI non è poi così difficile, se nessuno controlla. E nessuno controlla, perché sono sempre somministrate e corrette dagli stessi professori che poi valutano gli alunni. Il che vuol dire, in pratica, che se voglio che i miei alunni vadano bene non è poi così impossibile per me, più o meno in combutta con i miei colleghi e con il Preside, far in modo che i test risultino ottimi: basta che suggerisca agli alunni le risposte corrette mentre li svolgono (sì, lo so, i somministratori non sono insegnanti della materia: ma davvero per suggerire ad un alunno cosa vuol dire una frase in Italiano è necessario che ci sia lì un insegnante di Italiano? Eh, via!), oppure che corregga direttamente le risposte sbagliate sul fascicolo – le risposte sono segnate con una penna nera e per annullare una risposta sbagliata si deve mettere accanto un “no” a stampatello: per contraffare una cosa del genere ci vuole un genio della truffa! – prima di riportarle sul foglietto. Tanto chi le riporta sono io, da solo: al Ministero tabulano un foglietto compilato da me. Con i tagli di budget, è raro che si riesca ad avere un altro che ti aiuta, e in ogni caso sarebbe il collega di matematica o un altro docente della scuola, anche lui interessatissimo che l’esito delle prove sia favorevole: dunque, se voglio essere scorretto, chi me lo impedisce? Per cui, in istituti in cui si sospetta che ci siano delle irregolarità, le prove INVALSI sono una panacea del caspita: se vogliono imbrogliare, imbrogliano senza problemi.

Le prove avrebbero minimo senso, quindi, se fossero fatte a scuola, impacchettate e poi inviate così come sono state raccolte al Ministero, dove terzi non coinvolti si smazzano i fascicoli, tabulano e correggono: ma ci vorrebbero vagonate di soldi, e personale in grado di dare in risultati massimo in una settimana. Altrimenti non servono ad una cippa per valutare gli alunni e ancor meno per valutare i docenti.

Già, perché è un altro dei punti che mi sono oscuri del suo articolo, signor Abravanel. Che tutto questo ambaradan delle prove INVALSI, creato per valutare le competenze degli alunni (in modo alquanto bislacco) pare che invece serva per valutare i docenti e le scuole.

Infatti Lei scrive:

Il suggerimento è per i genitori, che prima di iscrivere i propri figli a settembre, dovrebbero richiedere i test Invalsi della scuola a cui intendono iscrivere i ragazzi e paragonarli a quelle di altre scuole e alla media della propria città. I dati oggi esistono, dovrebbero essere resi trasparenti e prima o poi avverrà, nell’attesa richiediamoli e nessuno può vietarci di conoscerli.

E’ strano che un consulente del Ministero, un esperto, dia su un giornale ai genitori un suggerimento inapplicabile nella sostanza, anzi inutile.

Le prove INVALSI, tanto per cominciare, sono solo di Italiano e Matematica. Il che vuol dire che il genitore, anche qualora chieda i risultati dell’anno precedente – che arrivano sì e no a maggio dell’anno dopo, quindi quando le iscrizioni sono già belle che fatte e i ragazzini sono in classe – potrà, al limite, farsi un’idea che la classe X della sezione Y l’anno prima era andata bene nei test di Italiano e Matematica, e quindi i docenti di Italiano e Matematica di quella classe forse erano buoni; resterà l’incognita di come siano tutti gli altri docenti (Lingue straniere, Tecnica e informatica, arte, storia e geografia, materie di indirizzo alle superiori), che potrebbero essere bravi ma anche allegramente brocchi, e sono la maggioranza. Bella roba se iscrivo mio figli ad un agrario, dove il docente di Italiano è un dio, però in compenso quello di zootecnia non sa manco la differenza fra una mucca ed una pecora, per dire.

Ma, e un esperto lo dovrebbe sapere, un genitore non può scegliere, tanto per cominciare, la sezione in cui verrà inserito il figlio; anche se potesse, non è detto che il pargolo si ritroverebbe i docenti che l’anno precedente hanno avuto buoni risultati nei test (sempre posto che i test siano vangelo): potrebbero essere precari ed essersene andati, essere di ruolo ma aver chiesto trasferimento nel frattempo, essere stati spostati di sezione per equilibri interni o, molto semplicemente, non prendere la classe quell’anno perché sono già impegnati a portare avanti quelle precedenti.

Quindi, in pratica, per il genitore sapere il risultato della classe dell’anno precedente agli INVALSI è del tutto inutile.

Lei mi dirà: ma se una scuola per anni ha risultati orrendi, i genitori non iscrivono più gli alunni là, quindi perde sezioni e poi chiude. E io le rispondo, sì, ma con un processo selettivo che non ha niente a che fare con il merito. Infatti il Preside, per esempio, anche di fronte a risultati penosi di una certa classe agli INVALSI che di potessero imputare alla incapacità di un solo ed unico docente (cosa molto strana e impossibile da provare, per altro: magari gli alunni vanno male in Italiano e Matematica per lacune che si portano dietro dalle elementari e che non si riescono a sanare) che può fare? Se il docente X è di ruolo, non può licenziarlo né rimuoverlo solo perché le sue classi non vanno bene agli INVALSI. Se è un precario, sparisce a fine anno e i risultati disastrosi si sapranno solo quando se ne è già andato a fare danni altrove, né peseranno sul suo curriculum in alcun modo, visto che anche i precari vanno in cattedra per anzianità.

Se la scuola perde sezioni perché ci sono meno iscrizioni, non è detto che ad essere falciato sia il professore con la peggior media agli INVALSI: si va per anzianità, quindi a perdere il posto sarà magari il docente bravo e più giovane, assieme ai colleghi di materie non testate agli INVALSI, magari bravissimi anche loro. E il Preside, in tutto questo, non ha margine di manovra, perché non sceglie il personale con cui deve lavorare: può solo mangiarsi il fegato perché la sua scuola viene additata da tutti come un istituto penoso, mentre magari ha solo la gran sfiga che per un paio d’anni gli sono capitati degli insegnanti di Italiano e Matematica non eccelsi, e di cui non può liberarsi. Quindi, in realtà, i dati degli INVALSI non aiutano affatto la selezione dei migliori, sono una variabile impazzita introdotta nel sistema, e il metodo da lei suggerito ai genitori, signor Abravanel, è totalmente inutile e inapplicabile nella situazione attuale, anzi ha il pregio di esacerbare i conflitti nella scuola fra famiglie e docenti, e Dio sa se è di questo che abbiamo bisogno.

Ora, signor Abravanel, io le chiedo una cosa: ma invece che continuare a dare suggerimenti inutili, cianciare di meritocrazia o ad affidarci ad un sistema di valutazione come gli INVALSI che, come Le ho fatto presente, è per lo meno discutibile, se ci mettessimo tutti attorno ad un tavolo per pensare qualcosa di meglio non sarebbe molto più produttivo?

60 Comments

  1. A me sembra che vogliano copiare il sistema delle valutazioni inglese, senza però copiarlo completamente (e quindi rimanendo inutile).
    In principio potrei essere anche d’accordo, ma porterebbe a una scuola più classista in cui si passa troppo tempo solo a imparare a memoria le risposte a questionari standard.

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  2. 1) Trovo molto, molto stupido che si copi dall’estero quando in materia di insegnamento saranno cinquant’anni che dall’estero copiano noi.
    2) Trovo molto stupidi i test di questo tipo: non solo sono facilmente contraffabili, ma a volte le domande rispondono ad una logica, quindi si può rispondere correttamente anche senza sapere esattamente di cosa si sta parlando.
    Mi ricordano i bellissimi test di tedesco che facevo alla superiori: prendevo sempre 8, ma il tedesco non lo parlavo di certo.
    3) I test di questo tipo non valutano di certo l’intelligenza degli studenti, ne la competenza degli insegnanti. Alle superiori non ero un genio e avevo voti mediocri. Ho avuto professori bravissimi coi quali prendevo sei risicati e professori che non sapevano insegnare coi quali prendevo degli 8 e dei nove. Ma ho avuto professori ottimi coi quali prendevo votazioni ottime, per fortuna. Coi test INVALSI probabilmente sarei stata classificata come ignorante. Considerato che poi mi sono laureata con 105 e che sto per finire la specialistica puntando ad un 110 e lode, mi viene da pensare: se con i voti del liceo mi avessero impedito l’accesso all’università, cosa sarebbe successo?
    Come dici tu, forse basterebbe fare qualche ispezione in più con sanzioni serie sia per i docenti, i presidi e, perché no, previste anche per gli ispettori a cui venisse la balzana idea di farsi corrompere.
    Perché è vero che gli studenti hanno perso la voglia di imparare, ma è anche vero che molti insegnanti hanno perso la capacità di insegnare.

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  3. Mi sembra tutto giusto, tranne il punto di partenza…..:-D
    Al nostro ministro, e di riflesso allo scrivente Abranavel, non interessa nulla della qualità della scuola italiana, purchè risponda a due requisiti fondamentali:
    1) sia in linea con le medie richieste dalla comunità europea.
    2) avalli il concetto che al sud sono tutti ignoranti e al nord tutti geni (figlio di Bossi escluso, ovviamente, li neanche Fatima Lourdes e Medjiugorie insieme, con la supervisione di Padre Pio possono fare qualcosa)
    Basti pensare che qualche hanno fa la comunità europea lamentava che il voto dei nostri diplomati era in media di 5 punti più basso rispetto alla comunità europera, e…. tac…., ecco trovata la soluzione: invece di migliorare la qualità, regaliamo 5 punti di bonus in più ai nostri diplomandi….:-D
    Elementare Watson

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  4. come ha detto Marco Barisione, anche per me è un tentativo “all’italiana” (e quindi cerchiobottista) di copiare i test di verifica anglosassoni. Con la differenza che le prove invalsi sono come la corazzata Potëmkin secondo Fantozzi, e ci siamo capiti.
    Io sono stata nella prima annata fra quelli che hanno avuto le invalsi all’esame di terza media, e dato che eravamo delle specie di cavie, ce le hanno contate per modo di dire. Ricordo che la parte di italiano sembrava uscita dal mio libro di prima elementare, con la favoletta di Fedro e le domandine del cavolo, mentre quella di matematica era una rubrica della settimana enigmistica (credo ci fosse un gelataio che non sapeva quante palline doveva mettere in ogni cono o una cosa del genere. Problemi esistenziali che ci si pone ogni giorno, insomma).

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  5. Ma tra l’altro…se un docente si ritrova in classe un alunno zuccone, a cui, pur facendo il meglio possibile, la matematica non entra in testa, o un cazzone privo di qualunque voglia di fare…
    Alla fine dell’anno gli piazza cinque in pagella, ritenendo, appunto, che non abbia sufficienti competenze in materia…
    Ora, se l’alunno al test invalsi fa una figura barbina, come posso io dedurre che il docente sia poco capace? Non sarebbe esattamente il contrario, quantomeno una conferma del fatto che sappia *valutare* la preparazione del suo alunno?
    Quindi il ragionamento non crolla già dalle fondamenta? O sbaglio?
    Trascuro il fatto che non c’è alcun nesso tra il fatto che si sappia valutare la preparazione dell’alunno, e quello che si sappia *dare* una preparazione, ma poco importa…

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  6. E’ la solita soluzione di facciata per far credere all’opinione pubblica che si fa sul serio, mentre in realtà si stanno buttando via soldi.
    L’esempio che hai fatto sull’insegnamento della grammatica non fa una grinza.

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  7. Mutatis mutandis, le medesime considerazioni potrebbero applicarsi benissimo anche ai famigerati Studi di settore, un metodo per garantire la “giustizia fiscale” un tanto al chilo.

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  8. D’accordissimo che è il tentativo all’italiana di copiare il sistema valutativo inglese, che ha dato buoni risultati. Mi meraviglio che l’alternativa suggerita da Galatea sia, per l’italiano, un test secco di grammatica. Per me la grammatica è essenziale, ci mancherebbe, ma se i test fossero stati tutti così ci sarebbero stati altissimi lai per l’aridità di questi test, per il fatto che studiare l’italiano non è certo la meccanica applicazione delle regolette grammaticali, perché copiamo i sistemi a risposta chiusa stranieri mentre noi italiani abbiamo un metodo diverso etc. Sicuramente i test sono perfettibili (la mia compagna ha partecipato per alcuni anni alla redazione di questi test e non è rimasta proprio folgorata dalla competenza dei suoi colleghi, i quali tuttavia, bisogna dire per amor di verità, non sono tutti consulenti per multinazionali, bensì professori) e soprattutto bisognerebbe poter vigilare sulla correttezza con cui vengono svolti dagli alunni, senza interventi correttivi dei somministratori, ma la critica principale mi pare quella conclusiva, ossia che i dati dell’Invalsi non hanno in sostanza nessun effetto meritocratico. In Gran Bretagna credo che per effetto dei test di valutazione si giudichino le scuole, gli insegnanti e per effetto di questi giudizi cambiano le carriere, perché i presidi hanno margini molto più ampi dei nostri di manovra. Vogliamo davvero in Italia una svolta liberista, con presidi che possono licenziare, assumere e pagare diversamente gli insegnanti sulla base della loro carriera? E con i presidi a loro volta giudicati sulla base dell’andamento delle loro scuole, con un consiglio d’amministrazione che li può licenziare? Confesso che, con gli opportuni paracadute per evitare abusi, a me piacerebbe, ma temo che un progetto simile sarebbe così impopolare presso gli insegnanti che sarebbe irrealizzabile, come quasi tutte le riforme. Perché in Italia si dimentica sempre che le riforme (della scuola, dell’università, della giustizia, della sanità, dei teatri etc) non devono compiacere gli operatori del settore (che ovviamente vanno consultati ma senza potere di veto), bensì l’utenza. Le corporazioni, la sacrosanta diffidenza verso la nostra classe dirigente, i sindacati e tanto superficiale populismo impediscono continuamente qualunque cambiamento in Italia, a scapito del livello complessivo di crescita e modernizzazione del nostro paese…

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  9. gli invalsi sono test all’italiana duri e puri. Non servono a valutare gli studenti nè gli insegnanti, ma solo la capacità tutta italiana di arrangiarsi!
    Copiare, imbrogliare, corrompere o semplicemente far finta che tutto ciò non accada, è italica abilità di adattarsi. Tuttavia non sono d’accordo sull’usare la grammatica come metro di paragone per la conoscenza della lingua italiana (come non basta il calcolo aritmetico o algebrico a valutare la conoscenza della matematica), come insegnante “di recupero” a volte lavoro con ragazzi dsa (per farla semplice i dislessici) che hanno grandissime capacità intellettive, ma in genere enormi difficoltà a imparare a memoria tempi e modi verbali (o le tabelline). Mi chiedo se queste persone possano essere ancora più penalizzate di quanto già non lo siano con le prove invalsi così come ora sono strutturate.

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  10. Io alle volte penso che dare i voti a scuola possa essere del tutto inutile.
    Mi spiego meglio.
    Sono uscito con “ottimo” alle medie e con 60/60 al Liceo, poi mi sono laureato (con ottimi voti).
    Tutto quello che ricordo dei miei anni al Liceo sono state le ore di studio passate al pomeriggio e le interrogazioni sull` anno di morte dell` Imperatore Traiano.
    Posso dire tranquillamente che il 90% di quello che ho imparato al Liceo ad oggi non mi e` servito, anzi, forse e` stato controproducente studiarlo in quanto mi ha dato una versione della realta` che e` non e` stata mai frutto di una ricerca personalizzata.
    Quello che so oggi e che reputo importante nella mia cultura me lo sono letto e studiato negli anni.
    Da solo.
    Usando libri e internet.
    Quello che ho notato a scuola e` stato che le persone che hanno voglia di imparare imparano quello che ritengono importante imparare anche senza essere costrette dallo spauracchio di un brutto voto, quelle che non hanno voglia di imparare non imparano o studiano tanto per arrivare al 6, salvo poi dimenticarsi tutto il giorno dopo.
    Anche io, lo ammetto, ho passato notti a studiare di Aristofane carcando di ricodarmi tutto quello che ha scritto salvo poi dimenticarmi di quanto studiato dopo un paio di settimane.
    Mi piacerebbe, un giorno, che si provasse ad avere un sistema di istruzione che previlegia di piu` la naturale disposizione degli alunni a imparare (almeno, quelli che ne hanno voglia) e li lasciasse liberi di studiare con piu` liberta`.
    Gli alunni dovrebbero avere la possibilita` di leggere e imparare per ciascuna materia in liberta` e coordinati da un docente, magari portando una relazione mensile di quello che hanno appreso.
    Forse sto sognando, ma mi piacerebbe che una scuola del genere nascesse.

    Gigi

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  11. @Gigi: Metti i tuoi figli in una scuola privata tipo quelle steineriane. Grosso modo funzionano così. Di solito i ragazzini non imparano nulla se non quello che imparerebbero comunque da soli, e in maniera molto più confusa, ma i genitori sono tanto contenti di averli messi in una scuola alternativa.

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  12. @PdC (Padrona di Casa)
    visto che sei un` insegnante mi piacerebbe sapere la tua opinione sul perche` credi non si possa (o sia difficile) coniugare il dovere allo studio che comunque deve esistere con l` aiutare il “pupillo” a seguire le sue naturali inclinazioni e voglia di imparare.
    Perche` io devo imparare a memoria la biografia di Tito Livio che tanto poi me la dimentichero` il giorno dopo l` interrogazione?
    Perche` devo leggermi tutti i Promessi Sposi (due scatole da paura) e non mi posso invece leggere Goethe per i cavoli miei (e poi presentare una relazione?)
    Sul serio si impara poco nelle scuole steineriane?
    (manco sapevo cosa fossero, io ho solo letto qualcosa del metodo Montessori)

    Gigi

    P.S.
    (azz.. devo anche stare molto attento agli errori di grammatica.. se ne faccio qualcuno qui di certo non la passo liscia 🙂 )

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  13. @Gigi: E come hanno imparato a “fare una relazione su Goethe”, se nessuno gli ha insegnato prima la tecnica per fare un riassunto (e per insegnargliela, purtroppo, hai dovuto costringerli a fare riassunti anche di cose che magari non gli interessavano particolarmente. Eh, nella vita gli capiterà, quando saranno nel mondo reale)? Anzi, come gli insegni a leggere, se per caso il bambino non dimostra alcuna “naturale inclinazione” a leggere, e nessun interesse per la lettura (e nessunissimo per Goethe)?
    Il problema è che a scuola, oltre che secondare le “inclinazioni” degli alunni (che quando sono molto piccoli ancora sono pure difficili da intuire, perché di solito i bambini tendono ad appassionarsi alle cose che conoscono già o che riescono loro bene senza troppo sforzo, ma magari se li costringi a provare qualcosa di nuovo dopo un po’ di tempo ci si appassionano), deve fornire loro una serie di “tecniche” che saranno loro utili nel mondo e nella vita. Impari come mandare a memoria la biografia di Tito Livio, che magari ti fa schifo; intanto però hai imparato come mandare a memoria qualcosa che ti fa schifo: un giorno ti potrebbe servire sul posto di lavoro, o per riuscire a mantenerne uno.

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  14. Mah!
    Saro` stato un caso raro, ma a me piaceva anche studiare, solo che non vedevo l` utilita` di doverlo fare assieme agli altri.
    Parlando del Liceo, per me e` stata una sofferenza, sono uscito con 60 e avrei voluto studiare di piu` ad esempio integrali e derivate, ma la classe era formata anche di “zucconi” in matematica a cui non gliene poteva importare di meno.
    Non che fossi un genio, altri erano anche piu` avanti di me.
    Io spesso non vedevo il punto nel fare e rifare “ad nauseam” quattro operazioni quando interrogato quando poi il concetto che stava alla base non era nemmeno spiegato (l` ho capito all` Universita`)
    A imparare a memoria cose che non servono sono diventato bravissimo, ma poi nella vita ho scoperto che le qualita` che servono sono altre, cioe` essere capaci di opinioni indipendenti, cosa che a scuola non ti insegnano assolutamente, anzi cercano ti bloccarti quando possono.
    L` insegnante di religione era un sacerdote che metteva in ridicolo tutte le altre religioni solo per parlare bene del Cristianesimo (che sorpresa), se dicevi qualcosa che non quadrava con quello che diceva lui ti derideva di fronte alla classe.
    Stessa storia per la Prof. di Filosofia, persona molto di sinistra.
    Per lei il socialismo-comunismo era il futuro, nell` USSR non c` era la liberta` non per colpa del sistema in se` buono ma perche` Stalin aveva rovinato il tutto.
    Provavi a contrariarla e venivi cazziato.
    Prendevi un cattivo voto.
    Stesso discorso per la Prof. di Italiano.
    Criticavi i Promessi Sposi e venivi cazziato.
    Dovevi dire e obbligarti a pensare che fossero un capolavoro.
    In altre parole, il saper pensare ed essere critico non solo non era premiato, ma spesso e volentieri era osteggiato.

    Mi ci sono voluti anni poi per impararmi a diventare piu` critico su quello che sento e ascolto in TV, giornali, etc.
    La storia che conta, quella contemporanea post-1945, me la sono studiata da solo, quello che ho imparato al Liceo sono i nomi degli imperatori Romani e le conquiste di Caio Giulio Cesare.
    Quello che ho imparato al Liceo e` poi il Latino, materia che per anni ho cercato poi di capire a cosa servisse salvo arrivare alla conclusione oggi che studiare il Cinese sarebbe stato piu` divertente, stimolante e utile.
    Per questo sono giunto alla conclusione (personale) che spesso la scuola aiuti a diventare ottimi alunni ma mediocri uomini e donne, molto spesso incapaci di opinioni proprie.

    Tengo a precisare che sono originario da una localita` non molto lontana da Spinola e che il Liceo che facevo era da molti ritenuto uno dei migliori.

    Gigi

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  15. Nota:
    tengo a precisare che, quando parlo di seguire le inclinazioni degli alunni, parlo di alunni almeno dalla Media in su, non certo dell` asilo.

    Gigi

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  16. @Gigi: Ti faccio presente che quando i tuoi genitori ti hanno iscritto al Liceo, pensavano già di seguire le tue inclinazioni, nel senso che la scuola superiore – se è scelta dai genitori con criterio – viene scelta appunto pensando agli interessi o alle potenzialità del ragazzo. Quindi il percorso formativo di un certo tipo di scuola superiore è pensato (bene o male) per aiutare il ragazzo a potenziare le sue inclinazioni, e ogni professore, che abbia un minimo di coscienza, questo fa: cerca, nei limiti delle sue capacità – siamo tutti esseri umani – di aiutare ogni singolo alunno a sviluppare le sue potenzialità. Poi la scuola è organizzata in classi, perché, ahimè, non possiamo permetterci per ogni alunno un aio privato (e sarebbe anche controproducente, perché i ragazzi a quella età hanno bisogno di socializzare con i compagni, per cui alle volte gli fa meglio essere inseriti in una classe dove gli “zucconi” bloccano un po’ il programma piuttosto che essere rinchiusi tutto il giorno con un solo professore che gli insegna tutto su integrali e derivate ma non hanno un cane con cui parlare). Magari tu eri bravo in matematica e un po’ più carente altrove: pensa come ti saresti sentito se il prof della materia in cui eri un po’ più carente, invece che fermarsi e ripetere perché tu potessi arrivare a capire con calma, avesse detto: “Be’ amen, mica posso perdere tempo a spiegarti ancora o farti fare esercizi su questo.” Quello che voglio dire, è che quando un ragazzo è “bravo” spesso pensa che fermarsi a ripetere concetti che lui ha già capito sia una palla, gli sembra inutile; non riesce a capire che magari, invece, per altri compagni è fondamentale; e imparare anche questa forma di solidarietà nei confronti di chi ti sta accanto (o rendersi conto che la cosa è ciclica: tu capisci tutto in una materia, ma hai bisogno che si vada più lentamente in un altra altrimenti ti perdi) be’ anche questa è una cosa che gli sarà utile nella vita.
    Quanto poi al liceo. Non so, io con le scuole sono stata mediamente fortunata: ho avuto, nel complesso, professori bravi che hanno sempre apprezzato che ragionassi con la mia testa e hanno stimolato lo spirito critico. Ricordo una prof di greco (di sinistra e sessantottina, per dire) bravissima; una prof di biologia del cui colore politico non ho idea, meravigliosa; un prof di italiano probabilmente fascista e molto dannunziano, ma bravo anche lui, e un prof di religione che, nonostante fosse un prete, era una persona aperta, intelligente e pratica (per dire, ci fece lui Marx, visto che quella di Filosofia per motivi politici si rifiutava).
    Al di là degli argomenti che trattavano, mi hanno insegnato un metodo. Che poi è quello che deve fare la scuola: non importa se ti stanno parlando di Giulio Cesare. Ti parlano di Giulio Cesare ma ti danno gli strumenti per studiare poi da solo tutto quello che ti salta in testa.
    Poi ho incrociato anche un paio di imbecilli, compreso la famosa prof di filosofia, che nel mio caso, invece, era molto di destra, e con cui dialogare era impossibile perché pretendeva la lezione a memoria e odiava qualsiasi tipo di approfondimento critico. Ci tengo a sottolineare che non era così perché di destra: era così perché era incapace . Ma anche quelli brocchi, tra i miei insegnanti, mi sono stati utili, se non altro perché ho imparato come ragionano gli imbecilli e come ci si può difendere. Ma quel tipo di imbecilli là li ho trovati ovunque nella vita.

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  17. Allora, non ho alcun problema con il discorso della socializzazione, quello che non capisco e` il perche` l` insegnante sia tenuto a fare un discorso prefissato per tutti gli alunni.
    Imparare la matematica non e` (per me) un metodo per socializzare, per questo sono molto meglio le scampagnate ad Asiago o le serate passate a farsi una birra.
    Per me lo studiare la matematica ha l` obiettivo principale di impararla il meglio possibile, il fatto di dover spendere ore a studiare quattro formule in croce (quando poi l` importante non e` (solo) il non fare errori di calcolo ma l` aver imparato la teoria che sta dietro) e` per la maggior parte una perdita di tempo.
    Questo naturalmente e` il mio modestissimo modo di vedere.

    E passiamo agli “strumenti”.
    Quello che hanno detto sempre del Latino e` che studiandolo impari gli “strumenti” per poi imparare altre cose.
    Io non la penso cosi`.
    Se si vuole far apprendere all` alunno gli strumenti per imparare le cose, bisognerebbe dotarlo di un computer o di una piccola bibiloteca e dirgli di preparare in una settimana una relazione su: perche` secondo te e` scoppiata la seconda guerra mondiale? quali sono i principi base su cui si fonda il motore a combustione interna, etc. e vedere come se la cava.
    Il professore si mette d` accordo con l` alunno sull` argomento su cui fare una relazione e poi giudica il risultato non dalle conclusioni a cui arriva lo studente ma dal metodo e dalla profondita` del percorso seguito.
    Io per esempio non obbligherei gli studenti a leggersi tutta la Divina Commedia o i Promessi Sposi.
    Non li vedo come degli enormi capolavori.
    L` alunno si sceglie cosa leggere e dopo due settimane porta una relazione su quel libro.
    (no, Salgari e Paperino non si possono portare, Proust si`).
    La scuola sarebbe cosi` molto piu` divertente e utile.
    Magari anche per i professori.

    Ma, ripeto, queste solo le mie personalissime opinioni.
    (non sono un insegnante, credo si capisca)

    Gigi

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  18. Oh bella, e perché Salgari no e Proust sì?
    Con una postilla del genere il tuo discorso cade e pezzi, perché trattandosi di aapprofondimento si dovrebbe appunto andare a vedere come uno ha approfondito, cosa e perché.
    Insomma l’apprendimento comunque passa da un percprso strutturato, piaccia o meno.
    Poi tutto torna al tema iniziale: dipende da come sono i tuoi insegnanti, e a te da come la metti è andata parecchio male. Perché se no, per dire, lo studio del latino si sarebbe improntato su discorsi relativi alla traduzione del testo nel senso più profondo (per dirla in sintesi, traduzione come nuova creazione del testo), e non su dinamiche tipo “lingua straniera” che effettivamente non serve a una beneamata cippa.
    E qui si torna al tema iniziale: gli Invalsi aiutano nel capire se un docente è valido? Lo aiutano, se non lo è, a migliorare? Manco per idea…

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  19. @gigi: Gigi, scusa, ma stai facendo un discorso che in alcune parti si contraddice. Cominciamo da questa: prima tu mi dici che l’obbiettivo deve essere studiare la materia X e impararla il meglio possibile. Ok, quindi bisogna che tu abbia fissato una base di concetti standard che l’alunno deve apprendere in modo sistematico (e aver appreso negli anni precedenti) per andare avanti e imparare al meglio la materia. Questi sono i programmi ministeriali, i quali fissano delle cose imprescindibili che l’alunno deve imparare di anno in anno, sennò, se non le sa, non può dire di aver appreso al meglio la materia o non può pensare di apprenderla il meglio possibile. Cioè, se studio chimica, devo sapere come sono fatti i composti, se studio italiano devo sapere la grammatica, se studio matematica devo saper contare e imparare i teoremi, se studio latino devo sapere la grammatica latina e chi era Seneca. Ok? Se io non ho imparato quello che devo l’anno prima non posso passare al livello superiore.
    Ti faccio notare che tu hai uno strano concetto di apprendimento: non è che il professore insegna agli alunni le formule e quelli le imparano a memoria e basta: impararle vuol dire quello che dici tu: capirle, saperle applicare e saper spiegare perché funzionano. Lo stesso in letteratura: saperla non significa imparare la vita di Dante a memoria, ma saper spiegare quando è vissuto, perché ha deciso di scrivere le sue opere, come mai le ha scritte così e non cosà (per esempio in volgare italiano e non in latino, o meglio, alcune in italiano e altre in latino). Poi a te Dante può anche fare schifo, ma la scuola ti deve insegnare anche come argomentare in modo logico il fatto che fa schifo, o il perché. Tu non vedi la Divina Commedia come un enorme capolavoro. Vabbe’, anche se non lo ritieni tale,è però un libro fondante per la nostra storia e cultura nazionale (anzi, Europea): se non lo conosci non capisci gran parte della cultura che viene dopo. Ti sembra una cosa inutile? Be’ ma anche tu poco dopo ammetti che ci sono libri che hanno più valore di altri: infatti dici che accetteresti una relazione su Proust ma non una su Paperino. E perché, a questo punto?
    La cosa che ti sfugge, è che invece un professore può tranquillamente dare da fare ai propri alunni una ricerca serissima su Paperino: basta che nel farla usino la stessa tecnica e la stessa metodologia che hanno imparato studiando Dante: che valori mi passa il fumetto di Paperino? come lo contestualizzo nella società che lo ha prodotto? Cosa ne so dell’autore? Come giustifico il fatto che Paperino è meglio di un altro fumetto (o è peggio)?
    il fatto è che per fare questo non puoi lasciarli vagolare da soli per una biblioteca con un computer (o anche con carta e penna in mano). Prima gli devi insegnare con che metodo devono fare le ricerche serie, come fanno a riconoscere un libro o un sito farlocco da uno che dà informazioni corrette, eccetera. Poi devi correggere ad una ad una le relazion, verificare che siano state impostate correttamente, che le argomentazioni tengano, che ir agazzi sappiano scriverle in modo chiaro… devi fargliene fare decine e decine, mentre loro ti mandano a remengo perché si annoiano, fargli leggere libri che a loro non piacciono perché sono difficili e li trovano inutili (però servono per analizzare Paperino), e così via.
    Perché queste cose gli alunni non le sanno spontaneamente, nessuno le sa spontaneamente: si imparano. E si deve imparare anche a spiegarle, poi, se vuoi fare l’insegnante.
    Per questo lavorare a scuola è un po’ più complicato di come te l’immagini tu da quello che scrivi.

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  20. @Lorenzo
    “Oh bella, e perché Salgari no e Proust sì?”
    L` insegnante dovrebbe avere il compito di “filtrare” quello che lo studente decide di imparare.

    “Insomma l’apprendimento comunque passa da un percprso strutturato, piaccia o meno.”
    Si`, ma il persorso strutturato potrebbe essere deciso in maniera un po` piu` libera, e se lo studente ha voglia di approfondire un argomento piu` di un altro dovrebbe essere lasciato libero di farlo.

    “dipende da come sono i tuoi insegnanti, e a te da come la metti è andata parecchio male.”
    Beh, forse mi sono espresso male io, ma non ritengo che i miei insegnanti avessero poca voglia di lavorare o fossero delle persone impreparate.
    Al contrario.
    Il problema e` che io ho ritenuto di aver perso molto tempo studiando cose che ora non reputo importanti per niente.
    Mi sarebbe piaciuto usare lo stesso tempo per cose che allora come oggi ritengo molto piu` utili.
    Sempre parlando all` interno di ciascuna materia.

    ” lo studio del latino si sarebbe improntato su discorsi relativi alla traduzione del testo nel senso più profondo”
    Per me, lo studio del latino serve (molto) a poco.
    Opinione personalissima.

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  21. Scordavo quello che secondo me è il problema principale, che sta sotto e dietro gli Invalsi, e secondo me traspare sia dal commento di enrigo, che pone l’accento sulla parte punitiva della “meritocrazia” che da Gigi, quando dice che il suo era considerato un “liceo buono” solo perché i docenti erano particolarmente stronzi, pur senza essere (da come la racconta) granché capaci.
    Sotto sotto ci sta l’idea che il buon risultato passi dalla repressione, dalla sopraffazione, dall’eliminazione del ritardo. Aggiungo io, purché il ritardo sia di qualcun altro: appena è la banca che valuta la sua azienda a rischio di insolvenza e nega il prestito, il bravo imprenditore veneto che fino a poco prima strepitava contro la mancanza di meritocrazia nel pubblico fa le crociate contro i banchieri corporativi e disfattisti.
    Insomma, tutto è figlio di una cultura che non vuole la promozione dei migliori, magari una possibilità di crescita per tutti, ma la massima efficienza economica. Ideologia che andrebbe sradicata, anche se temo che l’unico modo per farlo sia passare da un’istruzione decente e prodotta da bravi insegnanti, e si finisce in un circolo vizioso duro da scalfire.

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  22. @PdC
    Il problema e` che quello che l` alunno deve studiare non lo dovrebbe fissare il ministero, secondo me sarebbe meglio che cosa studiare lo fissasse il prof con ciascun alunno.
    Se tu vuoi studiare la Divina Commedia ti interrogo su quella, vuoi studiare Proust ti interrogo su Proust.
    (non sono sicuro che in Europa tutti siano d` accordo che la Divina Commedia sia, ad esempio, piu` importante di Shakespeare, per esempio)
    Magari si fa che hai il 50% del programma fissato per tutti e il 50% del programma fissato individualmente.
    Sul fatto che Paperino non sia un valido argomento da studiare o lo sia, decideranno professore e alunno, spero con un po` di buon senso
    Il metodo va bene insegnarlo, glielo si insegna e poi, datti da fare ..
    Leggi la relazione che hanno scritto e, se hanno scritto male, glielo spieghi.

    Gigi

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  23. @Gigi: continui a girarci intorno, se filtri Salgari e non Proust quella è una scelta, così come lo è far fare agli studenti pacche di problemi senza spiegazioni piuttosto che fargli approcciare la matematica andando per la via più teorica.
    E comunque a me nessuno ha mai *vietato* di approfondire a scuola. Il fatto che l’approfondimento non sia la via primaria non vuol dire che stia venendo vietato.
    I tuoi docenti, lasciatelo dire, per come l’hai messa sopra erano delle capre: perché la repressione è una cosa, e la bocciatura motivata un’altra. Ammesso che riteniamo entrambi che la prima funzione dell’istruzione sia in generale la “crescita critica”, e che il cazziatone non argomentato sia l’esatto opposto di un percorso che porta al pensiero critico e non all’acritica obbedienza. Che non vuol dire che tu non conosca la materia, ma essere un eccellente studioso non vuol dire essere un insegnante.
    Alla fine, con l’ultima frase, ti contraddici: se la crescita dello studente passa (e secondo me è vero, eh) dal metodo, non è utile o inutile lo studio del latino, ma il modo in cui la materia l’approcci. Lo studio della traduzione in senso profondo comporta riflessioni serie su cosette tipo selezione e confronto delle fonti e loro alterazione nella riproduzione. Mi pare la miglior definizione di “senso critico” e se ti serve attualizzarla basta che pensi al processo giornalistico come una “traduzione” da notizia ad articolo. I problemi critici sono gli stessi, e magari ti viene un po’ più naturale applicarli al racconto, per dirne una, di quello che succede in questi giorni con i movimenti no-tav. Io a un certo tipo di ragionamenti ci sono arrivato *anche* grazie allo studio del greco e del latino, fatto *in un certo modo*.
    Concordo pienamente che sapere la grammatica latina e stop possa non servire, ma il punto è un altro.
    Non è la presenza del latino o meno nel programma che fa la differenza, è come lo fai che cambia le cose.
    E tornando al discorso da cui si partiva, non è il test invalsi il modo di valutarla. Sorgerebbe spontaneo chiedersi quale sia il modo corretto, idee?
    Io sono in palese difficoltà su questo punto, perché mi pare che tutto passi da criteri non-quantificabili, con buona pace dei misuratori ad ogni costo.

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  24. @gigi: il fatto è che tecnicamente si fa già qualcosa del genere: il professore ha un buon margine per impostare un programma personalizzato, sia per la classe sia per l’alunno, però deve comunque spiegare alcune cose che il Ministero ha deciso siano fondamentali (tipo Dante). Resta un problema: l’alunno come fa a decidere di leggere Proust invece di Dante se nessuno gli ha spiegato chi sono?
    Ah, per inciso: Shakespeare aveva letto Dante (I Montecchi e i Capuleti sono citati nella Commedia). E anche Plutarco. Senza non scriveva Giulietta e Romeo o il Giulio Cesare. Per dire…

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  25. @lorenzo: Sì, anche secondo me il problema fondamentale di Gigi è che deve aver avuto la sfiga di incontrare dei cani di professori al liceo, per cui pensa che tutta la scuola sia fatta da gente simile.

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  26. la scuola italiana non è tutta da buttare, ringraziando il cielo ci sono persino dei bravi insegnanti che con i pochi mezzi a disposizione riescono comunque a insegnare nel vero senso della parola, ossia a trasmettere voglia di conoscienza. Sarà che io sono stata fortunata e nel mio piccolissimo liceo ho incontrato insegnanti severissimi e disponibilissimi, al punto che se ti meritavi un 3 te lo beccavi, ma se li incontravi al bar erano pronti a rispiegare il teorema di carnot o il tal canto del paradiso anche di fronte a un caffè nelle loro ore libere.
    @gigi: anch’io non capivo a cosa servisse studiare certe cose come la filosofia (ho frequentato lo scientifico) ma ora insegno matematica e uno dei miei studenti -che rifiuta la materia scientifica- trova giovamento dal fatto che io riesca a fare paragoni tra filosofia e matematica o fisica, a volte sono un po’ forzati, ma per lui che ha un senso critico invidiabile sono il massimo. Il bravo insegnante non è chi ti permette di imparare ciò che vuoi, ma chi è capace di darti i mezzi per comprendere ciò che ti sta intorno. programmi ministeriali compresi!
    Non mi vanto di essere una brava insegnante e sono consapevole del fatto che, se insegnassi in una scuola, non potrei fisicamente trovare un metodo per ognuno dei 25-30 alunni di una classe, ma questo non farebbe di me una cattiva insegnante.
    detto ciò Lorenzo ha ragione, gli invalsi non servono, ma non ci sono idee più valide al momento (almeno io non ne ho…)

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  27. @tutti
    Vi rispondo domani che adesso vado a nanna.
    Ho delle idee favolose per la testa riguardo alla scuola.
    Non scappate!

    Gigi

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  28. Mi sembra che tutti dimentichino un fondamentale: studiare costa molta fatica, sia a carico di chi insegna che di chi impara.
    Al giorno d’oggi si vorrebbe sapere senza studiare. Questa è la domanda principale che proviene dalle famiglie. I professori che pretendono d’insegnare sono additati come eccessivamente severi e spesso richiamati dagli stessi responsabili d’istituto perché fanno diminuire le immatricolazioni. Non è un male esclusivo dell’Italia. Nel blog di Knulp (mi pare) si affrontava un problema analogo per quel che riguarda le scuole d’eccellenza americane. Poiché i docenti vengono valutati dagli alunni e da questo dipende, lì, la loro carriera scolastica, si finisce per chiudere un occhio su tutto.
    Traetene le conclusioni che volete.

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  29. Vorrei spiegare meglio come io vedo la scuola attualmente e come dovrebbe essere.

    Attualmente la scuola e` fatta cosi` (apprendimento “passivo”):
    L` insegnante spiega la lezione.
    Gli alunni prendono appunti.
    Gli alunni a casa studiano la lezione.
    Gli alunni vengono interrogati

    Scuola come potrebbe (forse) essere (apprendimento “attivo”):
    Classi uniformate, gli alunni della 1a liceo non divisi in 1a A, 1a B, etc. ma tutti uniti con i professori di prima condivisi.
    A ciascuno studente un “tutor” che sarebbe un professore a cui rivolgersi per qualsiasi problema di caratere “tecnico” (non riesco a studiare, non capisco quella materia, mi fa male la pancia, etc.)
    Ciascuno studente per passare alla classe successiva deve produrre un numero minimo di ricerche per ciascuna materia, con alcuni argomenti obbligatori.
    Gli ambiti di ciascuna ricerca vengono decisi di volta in volta da ciascuno studente (da solo o in un gruppo di tre o quattro) con il professore di ciascuna materia.
    Una volta che l` argomento e` deciso, lo studente o il gruppo si riunisce e lavora da solo per una o due settimane per completare la ricerca utilizzando libri, biblioteche scolastiche e altri mezzi multimediali.
    Non ci sono lezioni fatte dal professore, il professore rimane a disposizione di ciascun gruppo per verificare l` andamento della ricerca, aiutare gli studenti che hanno qualche problema.
    Quando il tempo e` finito, il gruppo presenta la ricerca e la espone al professore che da` un voto al gruppo, con varianti per ciascun componennte.
    Alcune ricerche vengono date obbligatoriamente (ad esempio, in prima liceo bisogna per forza portare alcuni capitoli dei Promessi Sposi e sapere analizzare una funzione).

    Io credo che il metodo proposto avrebbe notevoli vantaggi:
    1) meno barba per gli studenti, che possono lavorare su temi che a loro interessano
    2) meno barba per gli insegnanti che non devono ripetere la stessa filastrocca ogni anno ma possono spaziare su piu` argomenti in contemporanea
    3) programma di base che comunque verrebbe assimilato dagli studenti
    4) gli studenti imparano a lavorare in gruppo e non sono costretti a studiare da soli
    5) gli studenti imparano a cercare informazioni e a valutarle criticamente

    Gigi

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  30. @Gigi: la tua visione di come è attualmente fatta la scuola è un po’ riduttiva. Immagino che tu non ci metta piede da parecchio in una classe, vero?
    Comunque il metodo che proponi tu è in pratica quello che volevano attuare i famigerati sessantottini.
    Tra l’altro come impostazione è in molto modo simile a quello usato nelle scuole pubbliche americane odierne. Quelle che hanno il peggior risultato di apprendimento al mondo degli alunni, per altro.

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  31. @Gigi, a parte che è vero che vale l’osservazione di galatea, per cui “oggi _qualche_ scuola funziona così” una cosa come la vorresti tu funziona a tre semplici condizioni:

    *Che l’alunno abbia assimilato le barbose competenze di base che gli permettano di farsele ste benedette ricerche. A meno che tu non pensi che si impari il metodo da soli per tentativi..guarda caso dove il sistema a “ricerca libera” si usa, cioè in ambito universitario, i risultati migliori arrivano se la ricerca libera si effettua negli anni avanzati, altrimenti arrivano tesine che poca differenza hanno coi riassunti fatti dopo una lezione frontale.
    *Che gli alunni abbiano voglia di farle, ste ricerche. Come li tiri su quelli che non ce la fanno, o non hanno voglia? Semplice, torni a un modello frontale e impositivo…
    *Che vengano cacciate risorse alla scuola per seguire gli alunni che ricercano. Cioè se vuoi che un docente segua strettamente gruppi di cinque-dieci alunni seguendoli strettamente (che è diverso da correggere la ricerchina, mollare un voto, aspettare che facciano la prossima), cosa che concordo sarebbe l’ottimo, devi almeno triplicare il numero degli insegnanti.

    Per farla veramente sintetica, quello che proponi tu non è molto diverso dalla scuola attuale, ma fatta in classi da otto alunni invece che da venticinque. Io sarei d’accordo, mi pare che l’opinione “mainstream” definisca questa cosa “ammortizzatore sociale” *, compresa anche gente che la dice come te, ma se gli proponi di investire sul personale parte coi pipponi sui conti pubblici, l’invalsi, il licenziamento e simili.

    *Evito commenti personali sulla definizione, che turpiloquio e bestemmie mi pare stiano male in questo blog

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  32. Credo che gli iNVALSI siano discutibili perché, di fondo, vi è una incertezza su cosa debba essere testato. E cosa debba essere testato è conseguenza di cosa si ritiene debba fare la scuola. Stringendo un po’ troppo, attualmente pare che ci siano due tendenze: una, piuttosto antica e oggi rivalutata, per cui la scuola ti insegna un certo numero di cose e poi tu con queste “cose” ci fai quello che meglio ti garba (le dimentichi, ci costruisci un nuovo sistema filosofico, le rivendi ad altri etc.ect); un altro modello, icasticamente rappresentato dalla modifica dell’ “Esame di Stato” in “Esame di maturità” vorrebbe non istruire, ma “educare” i giovanotti più o meno studenti.

    Ovviamente, se voglio testare l’istruzione di taluno farò certe domande (p.es. grammatica); se voglio testare la “maturità” farò altre domande (ad esempio, lo interrogherò sul “senso” e quindi la “comprensione” del testo).

    Se non si decide tra queste due opzioni (che, ammetto, non sono così contrarie come, per ragioni di schematizzazione, ho scritto) il test sarà necessariamente ambiguo.

    Vi è poi un secondo problema e cioé che un sistema, magari decisamente da perfezionare, di rilevazione standardizzato delle competenze è assolutamente necessario.

    Se taluno mi dice “ho fatto lo scientifico” io mi aspetto che abbia più o meno idea di cosa sia un soggetto e un complemento oggetto, di chi fosse Cartesio e che sappia che il limite non è solo quello a cui tende l’atleta (oltre a varie altre cosette).

    La ragione del famoso “titolo di studio” sta tutta qua: nel semplificare la valutazione delle competenze di una persona.

    Sarebbe insostenibile dover verificare, volta per volta, caso per caso, cosa sa e cosa non sa una persona (si provi ad immaginare un semplice colloquio di lavoro).

    Sicché, tutte l critiche possibili ed immaginabili agli INVALSI: ma temo che siano assolutamente necessari.

    Il paragone con gli studi di settore è perfetto: sono critacabilissimi, l’Erario ne fa un uso demenziale, ma sono uno strumento di selezione della attività ispettiva fondamentale. Il rischio,è pensare che lo studio di settore dia un sostituto della dichiarazione dei redditi, come per gli INVALSI il rischio è pensare che siano un sostituto delle interogazioni e/o compiti in classe (pardon, verifiche, dice mio figlio).

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  33. @Etienne: Il fatto è che se io intendo fare un test per quantificare quanto viene insegnato a scuola (e se gli insegnanti fanno il loro dovere) devo dare test su quello che effettivamente dovrebbero aver insegnato gli insegnanti. Gli INVALSI, invece, non testano nulla di simile. Salvo poi sentirsi dire dall’esperto del Ministero che devono essere usati dai genitori come parametro per decidere in che sezione/ scuola mandare i figli perché servono a capire quanto sono bravi i docenti. Il che è delirante.

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  34. @Etienne
    Sarebbe insostenibile dover verificare, volta per volta, caso per caso, cosa sa e cosa non sa una persona (si provi ad immaginare un semplice colloquio di lavoro).

    Invece è *esattamente* quello che si fa. Si fa un colloquio, si fa un periodo di inserimento al lavoro, si mettono sei mesi di periodo di prova prima della conferma del contratto. Non si prende nessuno sulla base del semplice titolo di studio.
    Manco nel pubblico, anche per quello si fa un concorso, che se è minimamente decoroso testa proprio le competenze specifiche per il posto che sai assegnare, perché io (non generico: proprio io) so cos’è il teorema di Knaster-Tarsky, magari se mi danno un test invalsi prendo il massimo, le competenze *informatiche* per tirare avanti ad esempio una segreteria universitaria le ho, ma se devo lavorare nella suddetta segreteria forse è meglio che sia più competente sullo statuto dello specifico ateneo, cosa che non sono.

    Proprio perché ogni situazione futura ha le sue specificità, i test invalsi servono praticamente a una cippa. Perché la valutazione di competenza dell’alunno è troppo generica.
    Quanto alla valutazione della scuola, servono ancora meno, e mi pare che se ne sia detto abbastanza (ripeto: se gli alunni vanno male all’invalsi, ma l’insegnante li ha presentati con l’insufficienza, è capace o no? La scuola è valida o no? È un incapace che non sa far capire la sua materia o ha davanti un branco di zucche? Non sarà certo il numerino dell’invalsi a dirtelo).
    Un test fatto secondo una metrica inutile non è un male necessario, è uno spreco di tempo e risorse.
    Prendere decisioni operative secondo un test condotto su una metrica inutile non è meritocrazia: è demenza.

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  35. @Galatea
    Che le scuole americane vadano bene o male e` un po` una opinione, quello che e` sicuro e` che gli Americani, soprattutto quelli che escono da una buona Universita`, sono pagati 2, 3 o 5 volte un collega italiano.
    Poi ognuno ovviamente ha le sue opinioni
    E poi e` vero che manco da scuola da un bel po`!!

    @Lorenzo
    Non ho mai detto che non serve l` imposizione, secondo me pero` non giova il far ripetere la lezione agli studenti.
    Io non sono cosi` pessimista che gli studenti non possano imparare da soli, magari gia` dalle medie o che servano il triplo degli insegnanti.
    Saro` un ottimista io..

    Gigi

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  36. @Gigi: TI consiglio di andarti a vedere i dati dell’OCSE sulla valutazione del sistema scolastico USA. Scoprirai che le competenze medie degli studenti americani della scuola pubblica sono paurose: scarsissima capacità di lettura, ignoranza abissale in storia e geografia, comprensione del testo quasi inesistenti. Tieni presente che le valutazioni sono fatte su test molto simili (anche se un po’ più seri) agli INVALSI, quindi calibrati fin dall’inizio sul sistema educativo anglosassone: eppure persino le scuole pubbliche italiane riescono a preparare, per simili test, i ragazzi molto meglio delle scuole americane. Quindi sarà anche una “opinione” come dici tu che il sistema di istruzione americano sia abbastanza fallimentare, ma io almeno dalla mia ho dei dati, tu?
    Quanto alla tua obiezione che gli americani laureati vengono pagati più dei loro colleghi italiani, senti Gigi, ma prima di dire cose a caso ti puoi almeno informare su quello che dici? I laureati americani che trovano subito lavori ben pagati sono quelli, come incidentalmente accenni anche tu, che “escono da una buona università”. E, guarda caso, quasi sempre alle spalle non hanno la scuola pubblica, che in America è carente, ma provengono da costosissime scuole private, e sono entrati in prestigiose università, che in America costano un botto, grazie al fatto che o la famiglia è ricca di suo, o hanno avuto borse di studio per frequentare buone scuole private che li han preparati bene per fare i test di ammissione. La marea di studenti americani affidati alle scalcagnate scuole pubbliche all’università non ci arrivano nemmeno, di solito: è già tanto se finiscono il liceo, perché, per altro, il sistema di istruzione americano è uno con quelli ad altissimo abbandono scolastico, proprio perché gli alunni sono lasciati molto a se stessi.
    Quanto poi alle tue teorie didattiche, basate sostanzialmente sul fatto che tu ti sei annoiato al liceo ma grazie al fatto che eri sveglio hai imparato qualcosa lo stesso, posso dirti una cosa fuori dai denti? Quando sento gente come te, che per sua stessa ammissione non mette piede in una scuola da quando ci è stato come alunno e che spara profonde considerazioni pedagogiche come: “Io non sono cosi` pessimista che gli studenti non possano imparare da soli, magari gia` dalle medie o che servano il triplo degli insegnanti” senza aver mai insegnato una sola ora in vita sua o aver avuto a che fare con i ragazzini mi girano le balle. E’ come se tu dicessi ad un ingegnere che ti mostra un suo progetto frutto di anni di calcoli e di lavoro: “Ma sai che secondo me sta in piedi lo stesso anche se non ci metti i piloni? Io lo so perché dieci anni fa, a scuola, ho costruito le casette del presepio con la cartapesta.”
    Guarda, se vuoi facciamo così: vieni e ti metto in classe con venticinque quindicenni svogliati e poco motivati che non hanno voglia di far lezione, ti considerano solo un rompicoglioni, sanno a stento leggere e quando leggono non capiscono metà di quello che c’è scritto, e poi vediamo se sei ancora così convinto delle tue interessantissime teorie didattiche. Ammesso che tu sopravviva più di un’ora, beninteso.

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  37. Mai toccare un` insegnante sulla scuola o ti azzanna il dito..
    🙂

    Non ti arrabbiare Galatea, solo che alle volte rispondi su questioni che non ho toccato e la vedi, come dire, un po` di parte.
    1) Io non ho mai preso ad esempio la scuola Americana, che ho frequentato tra l` altro (ho fatto tre esami Universitari negli Stati Uniti in una Universita`, non conosco benissimo la loro High School comunque) e che mi pare non sia diversa dal modello « passivo » che ho descritto sopra. Il professore insegnava, tu prendevi appunti, leggevi il libro e davi l` esame. Anzi, il sistema « americano » e` anche piu` passivo di quello « italiano », visto che a quanto ne so prevede spesso e volentieri risposte multiple. Qundi, il discorso scuola « americana » vs. « italiana » non centre, secondo me molto con quello che volevo dire io
    2) Anche se non centra, ho dei dati sul fatto che un ingegnere che esce da una Universita` americana viene pagato circa il doppio da quello che lavora in Italia. Vuoi dei dati ? Eccoli qui : http://www.worldsalaries.org/engineer.shtml e anche qui: http://www.averagesalarysurvey.com/salaries/engineers-technicians-i-salaries/205/0000/033/0/salaries.aspx. Fidati, il laureato, soprattutto se un discipline tecniche oppure economiche, prende negli USA molto di piu` di un italiano. E ti faccio presente che sto prendendo i dati medi della paga, per cui non mi parlare di laureati da Harvard o MIT, che sono l` 0.1% del totale americano, ma del Laureato medio che esce da una Universita` Media.
    3) Le Univerita` Americane sono private e costosissime ? Sara`, ma intanto chi lavora negli States prende molto piu` di qui, e qualsiasi master in Economia o Ingegneria fatto negli States lo spendi ovunque e batte (di grosso) un Master fatto alla Bocconi. Anche questo, fidati, e` un fatto. Siamo uscendo dal seminato, in quanto io pero` non volevo parlare ne` di America ne` di Unversita`
    4) Mi pare che circa il 50% degli studenti americani frequenti il college o l` Universita`, percentuale piu` alta degli italiani, ma anche questo non centra.
    5) Dire che uno non possa parlare di insegnamento solo perche` non e` stato un insegnante e` come dire che uno non possa parlare di politica senza essere stato un politico. Io sono stato uno studente per 18 anni.
    6) Hai mai mai pensato che spesso gli alunni sono svogliati e considerano la Proffe come una « rompi » proprio perche` devono fare quel noiosissimo processo di ascoltare leggere, studiare e ripetere (quasi) a memoria quello che viene loro detto ? Forse se venissero usati metodi diversi gli studenti sarebbero meno svogliati. Chi lo ha detto che lo studente a scuola deve essere svogliato per definizione ?
    7) Ripeto che quanto detto sopra sono solo alcune mie idee.
    8) Da quanto ne so si puo` dire sia « centra » che « c` entra ». Non mi bastonare su questo

    Gigi

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  38. @Gigi: Gigi, ma nelle risposte la smetti di mischiare cose che non c’entrano una cippa?1)Il fatto che un laureato americano prenda di più di un laureato italiano (o europeo) non è che certifichi che il loro sistema di istruzione è migliore del nostro, solo che il loro sistema economico paga di più i professionisti (per altro, assumono professionisti da tutto il mondo, anche se hanno fatto le scuole in altri paesi. Anzi, li cercano con il lumicino. Se i loro fossero i migliori in assoluto, perché farebbero questo?); 2) non puoi paragonare l’Università con le superiori e tantomeno scuole dell’obbligo con scuole non dell’obbligo: all’Università ci vanno – almeno nella stragrande maggioranza dei casi – persone già di loro motivate a studiare e che hanno alle spalle già metabolizzato le tecniche per studiare da sole (e se non lo han fatto, è un bene sacrosanto che siano bocciate e non continuino ad ingorgare le aule); noi siamo partiti da una discussione sul sistema di valutazione delle medie/superiori, dove per altro i ragazzi vanno perché obbligati ad adempiere all’obbligo scolastico, quindi nella maggioranza dei casi non sono nemmeno troppo motivati. 3) Tu sei stato un studente per 18 anni? Anche io. Ora sono più di dieci anni che insegno. Secondo te, chi ha più il polso della situazione? 4) ripeto, per l’ennesima volta, perché pare che proprio tu non lo riesca a capire: l’idea che a scuola oggi si faccia solo il noiosissimo processo di ascoltare leggere, studiare e ripetere (quasi) a memoria è una tua idea: sono anni che si fa cooperative learning, si danno ricerche e relazioni da fare agli alunni, si fanno approfondimenti sul programma, etc. Mi dispiace se tu per 18 anni hai avuto solo insegnanti che ti han fatto fare questo (ma ne dubito fortemente, scusa), ma questo che descrivi NON è il processo che si usa per insegnare a scuola. Se poi tu non arrivi a capirlo nonostante ti sia stato spiegato diverse volte, e non solo da me, nel corso di questa discussione, forse il problema è che tu hai delle idee preconcette e un pochino ristrette, e non riesci ad aprire la testa ed ad andare un po’ più in là del “per me anni fa è stato così, quindi è così per tutti.” Ma direi che è un problema tuo, a questo punto.

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  39. P.s. Per analogia al tuo ragionamento: Siccome un politico italiano viene pagato più di quelli di altri paesi, se ne deduce che abbiamo i politici migliori e più istruiti del mondo, giusto?

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  40. @Galatea
    Ammetto che il discorso sull` Universita` Americana centra poco o nulla, per la verita` non l` ho tirato fuori io, quello che volevo dire e` che il sistema scolastico Americano, molto vituperato, tanto male non deve essere se poi il sistema produttivo e economico Americano (che un po` dipendera` anche dalla scuola che hanno fatto questi manager e ingegneri) e` uno dei piu` forti al mondo.
    Ma ammetto che ci possano essere opinioni divergenti su questo punto.
    Per il discorso che i professionisti italiani siano ricercati in tutto il mondo, devo dire che e` un po` un mito, io sono appunto un laureato che lavora da circa 10 anni all` estero.
    Secondo me (e ripeto, solo secondo me), ci sono laureati bravi un po` da qualunque paese, il fatto che molti laureati italiani vanno all` estero e` dovuto al fatto che in Italia sei pagato poco se anche trovi un lavoro, mentre all` estero spesso ti pagano di piu`.
    Questa e` naturalmente solo la mia esperienza personale, altri avranno un` opinione diversa.
    Il discorso della paga del politico comparata con quello della professionista secondo me non sta molto in piedi, visto che il politico la paga magari se la decide lui mentre quella del professionista la decide il mercato.

    Per concludere, vorrei aggiungere che non avevo intenzione di criticare minimamente i moltissimi bravi insegnanti che lavorano ogni santo giorno magari in condizioni disagiate, etc.
    La mia voleva essere solamente una condivisione di un` idea di apprendimento alternativo, magari ingenua, che ho maturato.
    Ma io non ho mai insegnato, per cui magari la mia idea potra` non essere attuabile/fattibile.

    Mi fa molto piacere che adesso si attuino forme di cooperative learning, si diano ricerche magari personalizzate agli alunni, questo e` un po` in linea con quello che proponevo io.
    Se adesso a scuola lo si fa gia`, vuol dire che non sono molto al passo con i tempi.
    Quando ero al Liceo io, passati circa una ventina di anni, queste forme di apprendimento alternativo non venivano usate (sono passato con 60/60 alla maturita` per cui non credo che fosse perche` io ero uno zuccone o disattento).
    Sono molto contento che adesso le cose siano cambiate.

    Ripeto: non vorrei essere stato frainteso o essermi spiegato male, la mia non era una critica agli insegnanti ma una proposta di insegnamento alternativo.
    Mi spiace se non sono stato capito o se mi sono espresso male io.

    Comunque adesso ho capito la posizione della PdC non vorrei “spammare” il blog con troppi commenti o abusare dell` ospitalita`, per cui forse e` meglio se “we move on..”

    Gigi

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  41. @gigi
    scusa ma non riesco a resistere:
    “il sistema scolastico Americano, molto vituperato, tanto male non deve essere se poi il sistema produttivo e economico Americano (che un po` dipendera` anche dalla scuola che hanno fatto questi manager e ingegneri) e` uno dei piu` forti al mondo.”
    ho copia-incollato dal tuo post.

    Ma hai per caso sentito che Obama ha dovuto chiedere un prestito al Brasile poco tempo fa? Ti è sovvenuto che gli USA hanno rischiato il default, ossia la bancarotta, e che per evitare il disastro hanno rifinanziato il debito pubblico? sai che le agenzie di rating hanno -finalmente- abbassato il grado di affidabilità degli states?
    se tutto ciò è dovuto alle loro eccellenti scuole sono felice di aver studiato in Italia e in un piccolo, piccolissimo liceo di provincia!

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  42. @Vale
    La mia non voleva essere un elogio al sistema educativo Americano, quanto al fatto che gli americani, e sopratutto i tecnici/manager americani, sono piu` pagati di quelli italiani.
    Il computer, il transistor, il laser, le schede grafiche, internet, Google, lo Shuttle, l`E-reader e il 90% della tecnologia usata per far funzionare questo blog non e` stata concepita e sviluppata in Italia, ma in America.
    Qualche motivo ci sara`.
    Poi magari per quanto riguarda la cultura classica le scuole americane saranno una frana, non so.
    Riguardo al rating americano, posso solo pregare di confrontarlo con quello italiano

    Saluti,
    Gigi

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  43. @gigi
    il computer non è stato inventato dagli americani! a qualunque momento tu voglia far risalire la nascita del computer, nella sua storia gli americani sono proprio pochi! se parli di personal computer o meglio di home computer… be’ credo che la sua invenzione si possa far risalire a un americano che però… non è laureato! idem per google e l’e-reader: tutte invenzioni fatte da gente che l’università l’ha piantata (nel gruppo c’è anche facebook)! non so il transistor, ma il tubo a vuoto è un’invenzione svedese… il sistema binario è stato sviluppato da un maestro elementare irlandese e internet è basato su un sistema inventato dagli scienziati del cern di ginevra…
    riguardo allo shuttle devo informarmi, ma la stazione orbitante ha moltissime componenti inventate e sviluppate da italiani in Italia…

    ma su una cosa gli americani sono meglio di noi: loro credono nelle potenzialità di un’idea nata e sviluppata magari in un garage, da noi se lavori in garage ti chiedono se sei a norma e in regola con tutte le leggi e così chiudi baracca e burattini anche se la tua idea potrebe cambiare la storia dell’umanità!

    ciao

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  44. Cara Galatea, sono un po’ invadente se ti chiedo di replicarmi? Sono interessato alla tua eventuale controargomentazione, perché mi sembrava di aver messo un po’ in discussione il tuo post ed ero curioso di sapere cosa mi rispondevi…

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  45. Grazie Galatea per la citazione. Troppo spesso si parla della scuola in base a ricordi e/o percezioni basate sul passato e impressioni personali, certo questo non vuol dire che non ne possiamo discutere, ma sicuramente il discorso deve basarsi sull’assunto che si tratta di esperienze personali.
    Per entrare nel merito del vostro discorso @Gigi sogna una scuola sul modello di Rousseau, il “problema” come sostiene giustamente @Galatea è che noi dobbiamo dare la competenza, il saper fare. Un percorso formativo autodeterminato è difficile che aderisca ai canoni di una curricolo formativo. E’ altrettanto evidente che è a scuola che si devono incontrare gli interessi dell’alunno/studente con le esigenze formative. E questo si fa da diversi anni ormai, con didattiche diversificate e più attente alle individualità.
    Tra l’altro la formazione spontanea mette da subito in evidenza l’inutilità della scuola, ma è ciò del quel questo nostro paese ha bisogno? Io credo di no.

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  46. @enrigo: Scusa, nel diluvio dei commenti non ti avevo visto.
    Se si vuole un test di valutazione serio che possa provare se gli insegnanti della scuola fanno o meno il loro dovere, il test deve essere fatto su qualcosa che fa parte del programma e che deve essere stato spiegato, altrimenti non si valuta (e infatti, per dire, gli INVALSI non sarebbero stati creati per questo) la validità dell’insegnamento, ma le competenze dell’alunno; però non vi è alcuna prova che quelle competenze l’alunno le abbia acquisite a scuola. Per dire, se io ho una classe formata tutta da alunni che vengono da famiglie medie ma interessate ai figli, che li seguono molto, comprano loro libri, hanno una buona cultura di base, è assai probabile che i test Invalsi di quella classe siano buoni. Ma non perché hanno una brava insegnante: semplicemente perché le famiglie “coprono” a casa le lacune della eventuale insegnante scadente. Il test di grammatica prima di tutto è oggettivo: mentre le domande di comprensione del testo possono (in molti casi che ho visto personalmente SONO) ambigue, le risposte di grammatica sono univoche, come i calcoli: una cosa è o non è il soggetto della frase, è o non è un aggettivo, è o non è un verbo. Inoltre la grammatica è una cosa che viene insegnata a scuola (è una materia così specifica che difficilmente i genitori sono in grado di supplire appieno un insegnante carente, anche perché alle volte pure loro non se la ricordano così bene). Quindi, caro Ministero, vuoi valutarmi? Valutami su qualcosa che si è certi dipende da me: se a fine anno quasi tutta la classe non sa riconoscere un presente indicativo, non trova il soggetto in una frase, non sa cos’è un pronome, be’, qualcosa che non va nel mio metodo di insegnamento ci deve essere; se invece la mia classe si incarta dell’interpretazione di una passo che non ha mai letto prima o non sa rispondere a delle domande ambigue su cose che vede per la prima volta, come fai a dire che sono io che non insegno, dal momento che non ho mai spiegato il testo su cui vertono le domande?
    Per il resto, io non è che sono pregiudizialmente contraria ad una scuola in cui le valutazioni della capacità dell’insegnante siano legate alla sua capacità di spiegare, e anche la sua carriera. Ma, appunto, purché i criteri di valutazione siano realmente oggettivi, non dipendenti da test che, peraltro, sono pensati per valutare tutt’altro. Teniamo però presente, e questo andrebbe spiegato sempre dagli alfieri del liberismo a tutti i costi, che questo però implicherà una bella macelleria sociale. E non solo di alunni dei quartieri più poveri o disagiati, ma anche di tanti figli di ricchi stupidi che oggi vegetano con sei pigliati a calci nel sedere di anno in anno, e di tante signore e signori che fanno l’insegnante come un hobby, perché o tengono famiglia e il lavoro di insegnante è pensato come un allegro part time, o hanno studi privati e il lavoro di insegnante serve loro ad assicurare uno stipendio nei periodi morti, ma sono anni e millenni che non si aggiornano, posto che mai si siano fatti un problema di sapere qualcosa per andare in cattedra. E voglio sentirli gli alti lai di quelli, che da anni votano Governi del “fare” e a parole sono tutti a favore del liberismo, quando gli togli la cattedra da sotto il culo. Credo di averti risposto.

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  47. Mi hai risposto ma non convinto. Francamente io a scuola ho fatto, ok, ormai secoli fa, tanta interpretazione dei testi. Quando ne fai un po’ dopo sei più preparato ad affrontare un testo nuovo, sei d’accordo? Così come quando conosci una lingua traduci tranquillamente un testo mai visto prima. Quindi un test che tra le altre cose (perché ci sono anche gli esercizi di grammatica nei test invalsi) ti chiede di comprendere un testo mi sembra che verta su qualcosa che si è studiato a scuola. Non credo che per giudicare il lavoro di un insegnante ci si baserebbe solo su questi singoli esercizi, ma non puoi negare che facciano parte della preparazione complessiva di un allievo! Ci sono allievi secchionissimi e preparatissimi sugli aspetti più mnemonici e meccanici delle loro materie (formule e calcoli per la matematica e grammatica per l’italiano) e che magari non colgono gli aspetti meno nozionistici. Mi stai dicendo che solo i primi sono concreti e valutabili? Non sono d’accordo e così anche tutta la ricerca pedagogica internazionale che è poi alla base dei test invalsi.
    L’influenza della famiglia è innegabile e inevitabile, ma a questo punto vale anche per la grammatica. Una famiglia attenta e colta è un ambiente molto più stimolante per l’intelligenza e la capacità di apprendimento del bambino, che vogliamo farci? Se però nella stessa scuola abbiamo una sezione che funziona meglio di un’altra vogliamo ipotizzare che per caso in quella sezione tutti provengono da famiglie migliori o magari potrebbe anche dipendere dalla preparazione offerta dall’insegnante? Certo che insegnare in una scuola di allievi provenienti da famiglie colte è un lavoro diverso rispetto al Bronx, sta all’istituto di ricerca e valutazione fare la tara e sta allo Stato, se efficiente, fare in modo che la sua scuola pubblica non abbia eccessivi dislivelli, cercando magari, proprio con questi strumenti statistici, di pareggiare i gap che si creano.

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  48. @enrigo: L’interpretazione dei testi a scuola si fa, ma non con dei test secchi, proprio perché l’interpretazione è di per sé un procedimento complesso. Le domande degli invalsi non sono “interpretazione del testo”: si limitano, come i quesiti della Settimana Enigmistica, a chiedere che il ragazzo scelga quale frase gli sembra sia meglio, fra quelle proposte, per spiegare cosa volesse dire l’autore. Il che vuol dire che non interpreta una cippa, ma, in molti casi, semplicemente va per esclusione su quattro ipotesi date in partenza: in sostanza l’interpretazione del testo negli invalsi è molto simile all’indovinello che recita: “Di che colore era il cavallo bianco di Alessandro Magno?” e il candidato deve scegliere fra quattro risposte: a)bianco b) nero c) rosso d)verde. Se questo è un modo per testare se il candidato sa interpretare un testo (o se io gli insegnato a interpretarlo bene) siamo posto. Per preparare gli alunni a superare test simili si fa come facciamo tutti a scuola adesso: per un mese, prima del test, gliene fai fare a rotta di collo un blocco, insegnandogli appunto quali sono i trucchi da sapere per rispondere correttamente alle domande, che sono gli stessi per risolvere i quesiti della Settimana Enigmistica. Li alleni come delle scimmiette, loro sanno “interpretare” il testo esattamente come sapevano prima, ma tu e loro fate una bellissima figura nei test. Lo faccio da anni anche io, e le mie classi hanno sempre avuto buoni risultati agli INVALSI. Ma sinceramente, dovendo perdere tempo ad insegnargli trucchetti, preferirei insegnargli quelli per ricordarsi a memoria correttamente i tempi verbali, ché almeno i tempi verbali e i modi verbali corretti nella vita gli serviranno anche dopo, mentre tutti gli esercizi cretini che mi tocca far fare loro per gli Invalsi no.
    La grammatica, soprattutto l’analisi logica, è un’altra cosa: non si può imparare “meccanicamente”: o tu ragioni e sai come individuare il soggetto e il predicato nella frase e i vari complementi, oppure toppi alla grande, anche se hai imparato tutto a memoria. Quindi sarebbe più utile sia come indicatore per capire le reali capacità logiche dell’alunno sia per capire se e quanto l’insegnante fa il suo dovere: perché può capitare che un alunno sappia interpretare per puro caso un testo anche se l’insegnante non ha fatto un tubo in classe, ma è molto più difficile che se l’insegnante non glielo ha mai spiegato mi sappia riconoscere un complemento oggetto, un soggetto, o un complemento predicativo. E, ripeto, anche fra le famiglie più colte troverai molti genitori in grado di far leggere al figlio un libro e spiegarglielo, ma molti molti meno in grado di insegnargli correttamente l’analisi logica.
    Quanto poi alla faccenda che la famiglia attenta è un ambiente più stimolante, eh, certo. Ma agli INVALSi attuali di tutto questo non si tiene conto. Vogliamo fare delle valutazioni serie? Devo anche tener conto del contesto sociale ed economico da cui proviene l’alunno. Invece quello che esce fuori sono le classifiche in cui si dice che al Sud vanno peggio e al Nord meglio, o nella scuola del quartiere X, che guarda caso è sempre quella dove ci sono più figli di povera gente o immigrati, i risultati sono inferiori a quelli della scuola più chic dove ci vanno i figli dei professionisti, e nessuno fa un caspita di tara sui risultati o si interroga sul perché. Al massimo il genio del consulente del Ministero invita i genitori a non iscrivere i figli nelle scuole che hanno i risultati peggiori agli Invalsi.

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  49. Io ho visto un po’ di test invalsi e mi sembra che alcuni siano fatti così così, altri meglio. Ci sono domande su vari settori mischiate insieme, per cui si fa sia analisi logica, grammaticale, che interpretativa del testo. Se il testo non lo capisci, non ci sono trucchetti che tengano, mi spiace ma mi sembra che tu stia semplificando troppo. Probabilmente oltre all’analisi logica e alla grammatica tu insegnerai bene anche a comprendere un testo ed è per questo che le tue classi hanno buoni risultati… E comprendere un testo serve nella vita infinitamente più della grammatica, anche se sono d’accordo che toppare l’analisi logica non è un buon segno. Anche riguardo al crescere in una famiglia che stimola mi sembra che banalizzi un po’, perché avere una famiglia che ti aiuta a sviluppare le tue capacità non significa che studia con te e ti fa leggere i libri, mentre non ti sa aiutare, mannaggia, con l’analisi logica, ma significa partire avvantaggiati per tutta una serie di meccanismi mentali e culturali che fin dalla prima infanzia sono stati assorbiti, che probabilmente ti aiuteranno anche nello studio della grammatica.
    Oh, scusa, è quello che dici nel paragrafo successivo, scusa la pigrizia, sto scrivendo via via che leggo la tua risposta. Però mi sembra che solo di questo tipo di aiuto si debba parlare, riguardo alla famiglia, non al fatto che il padre si metta alla scrivania con la figlia per ripassare le lezioni…
    L’Invalsi nasce come strumento statistico, proprio per monitorare dove la scuola fa meglio e dove fa peggio, dove gli studenti hanno un livello più alto, dove è inadeguato. Immagino che ci siano dei correttori statistici studiati appositamente per fare la tara tra i risultati ottenuti in zone e contesti sociali differenti. Io comprendo la diffidenza, ma non so che dati tu abbia per sostenere che questi elementari strumenti non siano applicati, L’uso banale e scorretto che i media fanno dei risultati, come al solito inadeguato e non scientifico, non implica che lo stesso uso sia fatto anche dai centri di studi preposti.

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  50. @enrigo: la maggioranza dei test invalsi che ho fatto fare io sono improntati con la logica che ho esemplificato: se insegni ai ragazzi “il trucco” con cui sono costruiti (leggere la domanda attentamente perché la risposta è già contenuta in essa, e fare riferimento alle sole righe che sono citate nella domanda) i ragazzi passano il test. Esempio di test, preso dai questionari di quest’anno: “alla riga 10 l’aggettivo “sgobboni” riferito ai compagni significa: a)molto antipatici )molto studiosi c)molto ingobbiti d)molto intelligenti. Se ne deduce che se nella mia classe non sanno il significato di “sgobboni” perché durante l’anno non è mai capitato di trovarla – non è che sia così frequente o diffusa (e non possono andarla a cercare sul vocabolario perché agli invalsi non è previsto l’uso) e scelgono un “molto antipatici” basandosi sull’immagine complessiva che il testo dava di questi compagni, invece che sul senso letterale che la parola ha in quella riga – io sono una pessima insegnante di Italiano, e loro dei citrulli. Da notare, agli Invalsi il testo viene spezzettato in unità di due/tre righe, quindi non viene testata, per esempio, la capacità di comprensione globale del testo, solo la capacità dell’alunno di leggere tre righe e saper scegliere fra le quattro alternative proposte quella più logica. Un po’ come a Chi vuol esser milionario.
    Inoltre, scusa, ma tu mi stai facendo dire cose che non ho detto: è ovvio che saper interpretare il testo è importante quanto la grammatica, ma, ripeto, un test di “comprensione del testo” fatto come sono stati fatti gli invalsi in questi anni, è assurdo. Se si vuole un sistema di valutazione oggettivo, bisogna testare cose che prevedano una valutazione oggettiva, con domande a risposta secca, univoca e senza alternative già predisposte: quindi un test di grammatica/analisi logica/sintassi, ed eventualmente domande di lessico ma con la possibilità di usare il dizionario, perché lì, almeno, sarebbe possibile verificare se l’insegnante ti ha insegnato come usare il vocabolario per trovare le parole che non sai.
    Quanto ai “correttivi statistici”: gli unici che in questi anni sono stati approntati sono stati quelli per “calibrare” le classi dove c’erano troppe risposte giuste, perché si sono accorti che in molti istituti i rilevatori suggerivano durante la prova o “baravano” nel riportare le risposte degli studenti. Non esistono correttivi statistici per differenziare le varie aree, ed è impossibile poi applicare correttivi statistici dal momento che non vi è un livello base precedentemente fissato per ogni classe. Mi spiego: se io ho una classe che parte da un livello 1 e deve arrivare a fine anno, secondo programma ministeriale, a livello 2 e gli INVALSI certifica che ci arriva, io sono nella media e passo per essere una buona insegnante. Se io parto con una classe già a livello 2 (alle volte capita per botte di fortuna o perché la scuola è in un contesto sociale fortunato) e arrivo a livello 2 io magari non ho fatto una cippa, ma gli INVALSI non sono in grado di accorgersene perché non c’erano test di ingresso che li informino, e io risulto una insegnante nella norma. Se io parto con una classe il cui livello è -1 e li porto ad 1, io sono una brava insegnante che si è fatta un mazzo così per tutto l’anno, ma dagli INVALSi risulto invece una lavativa.
    Quanto all’uso banale e scorretto che fanno i media dei risultati… eh no, Enrigo. Qui a parlare e scrivere è un esperto del Ministero. E sta facendo un uso scorretto dei risultati LUI. Quindi ho pienamente ragione ad incazzarmi.

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  51. Galatea, l’Invalsi è un istituto statistico, quindi affermare che non ci sono studi e correttivi mi pare un po’ esagerato. A quanto mi risulta l’analisi dei dati è complessa e lunga, e d’altra parte noi ne sappiamo pochissimo se non nulla, quindi senza dati è meglio non sbilanciarsi…
    Il livello delle classi lo si può monitorare di anno in anno, visto che l’idea è quella di svolgerli continuamente, questi test. L’interpretazione del testo nei moduli invalsi è a più livelli, dalla comprensione della singola parola (che dà comunque un’idea del livello dello studente, suvvia, il lessico è uno degli elementi di valutazione), all’interpretazione della frase, al testo nel suo complesso.
    Il Ministero probabilmente sa poco di quello che fanno i centri di studi interni dell’Invalsi e danno in pasto alla stampa le cose che la stampa vuole…

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  52. @enrigo: per avere a disposizione tabelle per poter applicare correzioni statistiche, dovrebbero avere dati pregressi: ma dato che non ne hanno, perché non ci sono rilevazioni precedenti che possano essere considerate uniformi, non possono nemmeno avere “studi e correttivi” validi, proprio per una questione di dati statistici mancanti su cui modellare le correzioni da applicare. Almeno non ne possono avere di veramente validi per i prossimi 10 anni.
    Il livello delle classi lo si può monitorare di anno in anno, visto che l’idea è quella di svolgerli continuamente, questi test.” non si capisce però che validità possano avere, anche questi, nella valutazione della classe o della scuola o dell’insegnante, dato che da un anno all’altro gli insegnanti di matematica e italiano di una classe possono essere cambiati, e possono essere cambiati tutti gli insegnanti nella stessa scuola.
    Il Ministero probabilmente sa poco di quello che fanno i centri di studi interni dell’Invalsi” Ah, è consolante, non trovi? e danno in pasto alla stampa le cose che la stampa vuole… No, diciamo piuttosto che si cerca dicar arrivare alla stampa una certa immagine perché si vuole che il paese pensi che le cose stanno così. E’ ben diverso, oltre che essere paurosamente scorretto.

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  53. @ilmondodigalatea Ho seguito tutto il dibattito con Gigi; tutte le volte che affronto l’argomento valutazione scolastica in casa ( sono sposato con una insegnante elementare ) ritrovo le medesime argomentazioni. Mi rivedo nella logica di Gigi come in quella di tutti gli studenti ( mia figlia compresa) che non si capacitano di dover studiare il latino ( lingua “morta” ), leggere i Promessi Sposi etc.
    D’altra parte ho fatto qualche esperienza di supplenza e capisco i problemi lato docente. Anch’io sono affascinato dal metodo USA anche se non sforna dei geni. Sono anche stupito di come siano stati caricati i programmi delle medie inferiori e superiori ( il mio livello di analisi logica si ferma a soggetto.predicato.oggetto ) quando le capacità e il tempo dedicati all’apprendimento nella scuola sono diminuiti.
    Credo che alla fine il buon insegnante sia quello che lascia un “segno” della sua materia che poi possa maturare nel futuro anche se la materia stessa è stata dimenticata.

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  54. le prove INVALSI sono la bidonata più orribile dopo la trovata dei debiti da rimediare durante l’anno successivo che un Governo mise in opera qualche anno fa. Io ho tre figli e ho passato 3 riforme sulla scuola che mi hanno sconvolto la vita (e non solo a me). Col primo ci fu l’introduzione dell’inglese alle elementari: BELLO! L’insegnante, di matematica per altro, dovette fare un corso e nello stesso tempo insegnarlo ai nostri figli. Sempre il primo figlio si è scontrato con l’inglese facoltativo alle medie e, figuratevi voi, pochi ragazzi iscritti e i più obbligati dai genitori. Ancora il primo figlio alle superiori si beccò la TAVANATA dei debiti da saldare entro Novembre dell’anno successivo per cui, ha fatto 5 anni di superiori con inglese col 4 ed è stato ammesso agli esami di stato con un test all’ultimo momento dove doveva barrare delle caselle con quesiti intuibili anche da un bimbo delle elementari. Il secondo ha toccato con mano quante persone ci sono al mondo che hanno la propria personale idea dell’insegnamento ed è andato dal cambio di tre maestre di italiano alle elementari, un insegnante che scriveva sul registro passi di un programma mai svolto veramente, un’altro che dei libri ( ben 4) comprati da noi genitori manco sapeva che farsene (e noi abbiamo capito tutti alle superiori se i nostri figli sapevano svolgere la sua materia!) ad un clamoroso arresto di un insegnante per adescamento di giovani donne e sfruttamento di siti deplorevoli sui computers della scuola. Tutt’oggi, ormai diciottenne, è convinto che tutti possiamo sopravvivere se lo ha fatto certa gente ormai cinquantenne. Il terzo figlio sta vivendo oro ora questa ultima riforma, ha risentito, insieme ai suoi compagni del malcontento degli insegnanti (soprattutto dei più anziani).Insieme ai suoi compagni ha avuto poco a che fare con la grammatica perchè l’insegnate riteneva forse che il semplice capire un raccontino e rispondere alle domande bastasse per accrescere la cultura sulla lingua italiana.Insieme ai suoi compagni non ha sperimentato gli esami di quinta elementare mentre, secondo me, siccome la vita è fatta di continui esami sarebbe stato meglio ripristinare anche quelli di seconda elemntare. Ha scoperto fin da subito che gli esami di terza media erano solo una grandissima falsa perchè le esercitazioni sugli invalsi e alcune prove erano state già preparate durante l’anno per cui ci sono stati alcuni voti dei più dotati che hanno indotto la scuola ha optare per il 10 come voto finale per permettere così anche ad una bella moltitudine di alunni di aggiudicarsi il 6 politico peraltro sbandierato dal Preside stesso fin dall’inizio dei tre anni. Sembra invece che qualcosa si muova alle scuole superiori ma, mi duole dirlo, ancora persistono individui all’interno della scuola che remano contro l’istruzione e poco conta quale riforma stia passando. Queste persone vanno individuate, NON CERTO CON GLI INVALSI, e liquidate perchè fanno vergognare l’Italia e i suoi studenti di fronte all’Europa e al Mondo. Ora, pienamente d’accordo, che questa ultima Riforma sia stata ideata stupidamente solo per risparmiare soldi allo Stato; la scuola era sicuramente l’ultima cosa da toccare, ma in qualche modo sta facendo venire fuori l’importanza della validità di un Dirigente Scolastico che deve districarsi tra mille cavilli per poter avvalorare la scuola come fosse veramente PROPRIA. Infatti là dove si è insediato un motivato e tecnologicamente preparato nonchè dotato di ottime capacità tecnico amministrative Preside la scuola prende un aspetto diverso e i genitori approvano alla grande. Saluti.

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  55. butto lì un’idea, che sulla carta mi sembra buona (ma ho la brutta impressione che in Italia diverrà un c****ta pazzesca):
    tempo fa si diceva che forse era il caso di far valutare i prof ai ragazzi…
    messa così è impossibile, visto che i ragazzi daranno voti più alti ai prof più simpatici e che danno loro meno compiti…
    ma ai tempi miei (e sentirsi vecchi a 29 anni è grave) o forse nel mio liceo, quando un prof non faceva il suo lavoro cercavamo di farlo licenziare in tutte le maniere, cosa assai difficile visto che le assunzioni dipendono dal provveditore che non mette piede in una scuola neanche sotto minaccia di tortura.

    Se si introducessero al posto o affianco agli invalsi delle schede di valutazione anche per gli insegnanti e che a random il provveditore andasse in loco a verificarle, forse (forse, eh) qualcosa si muoverebbe.
    insomma trovare un metodo per cui genitori e studenti possano dire la loro sulla scuola, ma senza lasciare a loro tutto il potere di decidere se un insegnante è valido o meno potrebbe essere una soluzione…

    certo che nel nostro Paese il condizionale è d’obbligo!

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  56. Scusate se mi butto di traverso nel discorso, ma leggendo il post e tutti i commenti, mi è tornato in mente il libro di grammatica della seconda superiore e Quella Mitica Frase Di Analisi Grammaticale (tutto maiuscolo) che entrò negli annali dell’istituto tecnico che ho frequentato: “Luisa suona il piano e Luigi la tromba”

    Un boato che non vi dico, i controlli numerici nel laboratorio di meccanica si sono starati tutti contemporaneamente, una volta investiti dall’onda d’urto.

    Dura la vita di un insegnante di italiano in un ITI. Eh.

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