Salvate il liceo classico: è l’unica scuola veramente moderna

Ieri sono stata tutto il giorno ad un corso di formazione per insegnanti. Di solito li odio, i corsi di formazione per insegnanti, perché in tanti anni che me ne propinano, ne avrò trovato giusto uno o due che fossero decenti, e tutti gli altri erano una marea di fuffa inutilizzabile, quando non devastante come un tzunami. Questo, invece, va detto, era molto interessante e anche ben organizzato, e avrebbe dovuto illustrarci le potenzialità del cooperative learning, cioè una tecnica che può essere usata per insegnare a scuola ai ragazzi, ma anche sfruttata  in un ufficio o in una azienda a creare dei gruppi di lavoro efficienti. 

Già dal nome, così inglese, si capiva che il cooperative learning è una cosa molto moderna e cool, come direbbero i renziani e tutti i nuovisti in servizio permanente e stabile, mica una di quelle robe vecchissime da scuola arcaica, mediovale, tipo quegli assurdi licei dove ancora insegnano greco e latino, per dirne una, va’, e contro cui i profeti dell’oggi tuonano, perché non insegnano più nulla di utile di spendibile sul mercato.

Non fosse che il docente (simpatico e giovane e molto smart) quando ha rotto il ghiaccio con il primo esercizio per aiutarci a capire come ci si possa immedesimare nel punto di vista dell’altro e comprendere come, per raggiungere un risultato, si debba spesso mediare fra punti di vista e convinzioni diverse, ci ha detto che saremmo stati divisi a coppie: dato un argomento su cui dibattere (nel nostro caso se fosse meglio per l’alunno lo studio individuale o di gruppo), la prima coppia avrebbe dovuto  perorare l’idea che lo studio individuale sia migliore, la seconda quella che il meglio sia invece lo studio di gruppo. Quindi, una volta esaurita la prima “manche”, ci saremmo scambiati i ruoli: chi aveva sostenuto la bontà dello studio di gruppo avrebbe dovuto invece difendere lo studio individuale, e viceversa.

Io per un momento sono rimasta lì, imparpagliata a guardare il foglio, non perché avessi problemi a trovare motivazioni per sostenere la tesi del dibattito, ma perché a me sembrava strano, ma strano forte, che un esercizio del genere fosse proposto come una straordinaria e modernissima trovata. Il primo a fare di un esercizio simile la base del suo insegnamento, infatti, non è proprio, a quanto ricordo, qualcuno di molto moderno né di recentissimo, perché bisogna risalire all’epoca dei sofisti di V secolo a.C., cioè di Gorgia da Leontini. Era lui che, dandosi gran manate sulla coscia nell’agorà di Atene, sfidava il suo pubblico a dargli un argomento, per quanto bislacco e indifendibile, e lo stupiva poi rivoltando in una seconda manche tutte le tesi d’appoggio che aveva scrupolosamente difeso pochi attimi prima. L’esercizio retorico della controversia, in cui prima devi sostenere in un’orazione A con argomenti stringenti e poi devi sostenere poco dopo il suo contrario, smontando e rimontando ogni volta i processi logici e le strutture solide che ti pare di essere riuscito a costruire, è stato alla base di tutte le scuole di retorica antiche, medievali ed umanistiche cioè di quella bella tradizione di studi il cui ultimo frutto è il nostro liceo classico. Sì, quello inutile dove tutti vi pregano di non mandare i figli.

Finita l’esercitazione della controversia, il nostro docente ha chiarito che la base del successo, a scuola ma in un qualsiasi gruppo di lavoro, è quello della divisione precisa dei compiti e soprattutto della chiarezza degli obiettivi da raggiungere, perché, ha detto, “come diceva Seneca, nessun vento è buono per il marinaio che non sa dove andare”.

Cioè, prima Gorgia e dopo Seneca: i fondamenti di questa tecnica modernissima, in pratica, stanno nella impostazione retorica di un ateniese del V secolo a.C.  e di un romano del I d.C. Per tacere di tutti gli spunti che il docente non ha esplicitato, ma che ad orecchio, per me che vengo dal mondo classico, erano riecheggiamenti di intuizioni didattiche di Quintiliano e Cicerone, per non parlare di Agostino e altri, anche se le citazioni sulle slide erano attribuite a didatti moderni, quasi sempre inglesi o americani, che dai classici dovevano aver scopiazzato a man bassa (anche se in questi casi non si dice scopiazzato: si dice che si erano ispirati, ecco).

A questo punto, alla fine del corso di formazione, a me è venuto un dubbio più che fondato. Se invece di costringere gli insegnanti o manager che non hanno fatto il classico a fare costosissimi corsi di formazione “dopo”, mandassimo invece i ragazzini a frequentare il povero e tanto bistrattato liceo classico, dove si leggono Gorgia, Seneca, Agostino, Quintiliano, Cicerone, Tucidide, Tacito e un sacco di altri autori che, evidentemente, di cose utili anche per il nostro mondo moderno ne hanno pensate parecchie?

Per carità, è una idea peregrina, eh. Sennò possiamo continuare con l’andazzo già impostato: lo facciamo morire, il liceo classico, perché è vecchio, inutile, pieno di materie noiose e senza senso. Poi facciamo frequentare a tutti, spendendo una montagna di quattrini, i corsi di formazione ed aggiornamento, citando a man bassa testi di Americani ed Inglesi, che ci ripropongono le loro geniali ed innnovative intuizioni scopiazz… pardon, ispirate dai grandi classici del pensiero.

Com’era quella famosa battuta? Ce lo meritiamo, Alberto Sordi, ecco.

36 Comments

  1. Quando ho frequentato IL Liceo avevo un professore di matematica che amava ripetere: “Ricordatevi che l’unica scuola che INSEGNA davvero è questa. Le altre sono scuole per vili maccanici”.
    Non metto in dubbio che fosse forte come frase, ma il senso credo sia ovvio.

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  2. Rovescio completamente il concetto: se questi due concetti chiave della cultura classica ti sono stati trasmessi in un paio d’orette di corso di aggiornamento, a che pro infliggere a milioni di ragazzi una tortura lunga 5 anni x 200 = 1000 giorni di lingue morte, grammatica, versioni e letteratura?

    Senza peraltro garanzia alcuna che, in questi 5 anni, Gorgia e Seneca vengano non solo letti e studiati, ma magari, soprattutto capiti?

    Quel che voglio dire è che per capire le idee dei classici, il liceo classico non è né necessario né sufficiente. Non dico di abolirlo, anche la formazione classico/letteraria è un diritto… ma lasciamolo pure scivolare nel lento oblio che merita, non ci mancherà.

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  3. la formazione classica è fondamentale, l’unica da lasciare in mano allo stato, con una falange di professori di alta qualità, per formare sia la classe dirigente sia le personalità critiche fondamentali per avere una società capace di rinnovarsi, il resto della scuola è da appaltare ai privati, al miglior rapporto costi benefici

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  4. In effetti, dopo che ci hai sudato e bestemmiato per un quinquennio, pensi che ne sia valsa la pena e non rifaresti nessuna altra scuola. Dopo. Dall’esterno, da chi pensa che Gorgia fosse una nota cantante, Plauto un musicista, traduce fecerunt sic con “lo fecero secco”, “ex art” come “l’articolo non c’è più” e declina “brevi mani”, è cosa difficilmente comprensibile. Lunga vita al classico. Se ce la fai, ibis redibis non morieris in bello.

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  5. @latanadibortolo: Forse perché per farci un corso di formazione di due ore (veramente erano 8 in full immersion) il docente deve aver studiato un tantinello meglio e più approfonditamente. Comunque per lo stesso ragionamento, è inutile perdere anni e anni a insegnare la matematica, tanto per fare i due calcoli che servono oggi bastano due ore di corso per spiegare come usare un pc o una calcolatrice.
    @Diego: veramente in Italia la scuola privata prepara molto peggio della pubblica. I risultati dei test ocse per le private sono abbastanza disastrosi. Non so quindi quanto sarebbe economicamente vantaggioso dare a loro in appalto granché.

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  6. Il classico lo aboliranno per i poveri. I ricchi continueranno ad andarci anche dopo che lo avranno abolito. Magari pagando, tanto possono permetterselo. Così saranno sicuri di restare ricchi.

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  7. Galatea carissima (a proposito, hai visto la recensione del libro su l’unità?), ti racconto un caro ricordo personale

    per punizione quando ero ragazzino mi mandarono in un collegio cattolico e lì compii gli studi ginnasiali (poi il liceo alla scuola statale, però), il mio professore di greco era un uomo di grande qualità, ricordo con commozione le sue lezioni su Saffo, Archiloco, Ipponatte e poi gli aoristi e tutto il resto. Atletico, agile, due maestosi baffi biondi. Purtroppo a soli 39 anni un cancro lo uccise. Ebbene, egli insegnava sia al ginnasio statale che a quello privato il pomeriggio (tre figli da crescere). La paga del pomeriggio era molto più bassa e l’insegnante era lo stesso

    ovviamente il rapporto costi benefici, dunque, diverso

    però, sia chiaro, sono impressioni soggettive imparagonabili alla preparazione tecnica di chi è addentro a queste cose, per cui non pretendo siano assunte a verità, giacchè socraticamente so di non sapere

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  8. Per favore, è proprio quella classe dirigente cha abbiamo avuto ed ancora abbiamo, formata dal grande Liceo Classico che ci ha condotto allo stato attuale delle cose.
    Fino ai primi anni ’60, per dire, anche solo per poter fare l’Allievo Ufficiale di Complemento nelle gloriose ed invitte Forze Armate Italiane bisognava avere fatto il Liceo Clasico. Idem per fare l’ufficiale di carriera.

    Sto citando, è chiaro, le tecnostrutture (Governo e Parlamento) e Forze Armate di maggior successo del ns paese, vista la storia dall’unità nazionale ad oggi. Tutti, praticamente, da Cadorna a Badoglio a De Mita ad Andreotti, col loro greco classico in tasca, e l’aoristo in punta di lingua.
    Per favore !!!

    La ricchezza dell’italia (quella che resta) viene dalla manifattura, dalla meccanica, dall’ingegneria, dalle produzioni industriali ed agricole. Furono le scelte di fondare ed estendere le scuole tecniche e professionali dell’infausto ventennio (no, non sono nostalgico, ma bisogna saperle e dirle le cose) a formare quella classe di tecnici che hanno sorretto e prodotto il miracolo industriale italiano del dopoguerra.

    Poi c’e la favola bella tra gli intellettuali italiani del liceo classico centro del mondo: provate a chiedere se in Giappone, Cina, USA etc hanno bisogno di una scuola così. I “vili meccanici” son quelli che hanno dato, ed ancora danno, con le loro tasse, da mangiare a molti intellettuali. Quel “gande docente”, io, lo piglierei a calci in culo, ecco.

    Anonimo SQ

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  9. @–>Diego
    Amico caro, ho solo detto che i ricchi – quelli che ci comandano e decidono per tutti, per intenderci – aboliranno il liceo classico per i poveri, perché così vuole la moltitudine. Ma i loro figli continueranno ad andarci, magari in qualche collegio del Canton Ticino.

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  10. scusa caro lector, non ho adeguatamente apprezzato la tua osservazione, peraltro acuta: una buona scuola statale di qualità è in effetti l’unico potente mezzo per evitare la spirale per cui solo i ricchi possono studiare e quindi comanderanno e quindi le differenze di classe aumenteranno

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  11. Anonimo SQ: All’accademia di West Point, dove si formano i generali americani, si studiano Tucidide e Tacito ed Erodoto. Anche perché gli scenari di guerra, dall’Iraq alla Palestina, dove dopo si trovano coinvolti sono quelli. Li studiarono anche i generali inglesi della seconda guerra mondiale, quelli che l’hanno vinta, per intenderci.
    Ah, hai ragione, la ricchezza dell’italia viene dalla ingegneria. Hai presente Olivetti?

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  12. Cara Galatea,

    tanto per dire, io ho fatto il liceo scientifico, Tucidide Tacito ed Erodoto li ho studiati lo stesso, anche se non nella lingua originale. Faccio il docente universitario in una “Facoltà” Scientifico-tecnica (per capirci) nella nostra città, ma amo la storia, la filosofia, l’arte, la musica, la teologia etc, perchè so che l’uomo è uno nella sua complessità.

    Quello che io voglio dire è che l’economia di questo paese ha delle basi abbastanza diverse da quelle che molta gente, specie quelle, appunto, con la classica preparazione “classica” (liceo classico e poi giurisprudenza o lettere o filosofia etc) che ci governa ed ha governato, che scrive sui giornali e pontifica in TV crede.

    Per esempio: il turismo genera ca il 10-12% del PIL. Quand’anche ne raddoppiassimo il contributo (cosa senz’altro auspicabile) l’Italia non si potrà mai mantenere ai livelli di benessere attuali con il turismo, tantomeno quello culturale, anche se abbiamo tanto patrimonio. L’Italia del Gran Tour, quale è stata per secoli, era l’Italia della miseria, dove, appunto, si andava : 1. ad imparare come un grande popolo (i Romani, i Rinascimentali) si erano così mal ridotti per mancanza di nerbo e virtù, invece possedute e coltivate daio popoli del Nord; 2. perchè le baby prostitute (e i baby prostituti) costavano poco ed erano carini.

    Vogliamo tornare alle nostre gloriose tradizioni ? Allora continuiamo pure, come fatto dai ns dirigenti inzuppati di liceo classico, a governare contro le manifatture e le industrie, anche perchè “vili meccaniche”. Non ci metteremo molto, con la concorrenza che c’è al giorno d’oggi. Buona miseria ai ns figli (ma sapranno di greco e latino) !

    Ciao !

    Anonimo SQ

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  13. @AnonimoSQ: Strano, eh, ma io che ho fatto il classico e poi mi sono laureata in lettere classiche per soprammercato non avevo nessun problema ad occuparmi di marketing per aziende, pianificare strategie di mercato, gestire budget, fare consulenze sui finanziamenti europei, etc. Metà dei miei compagni ci scuola sono andati a fare ingegneria, economia e medicina, con ottimi risultati. Mi sa che il problema sia che molti confondono la cultura classica con la retorica per imbecilli. Quello che sembra sfuggire ai critici del liceo classico è che sapere greco e latino non significa affatto vivere fuori dal mondo e non essere in grado poi di riciclarsi in altri ambiti. Forse il problema sta in questo: noi sapremo greco e latino, ma qualche limite serio dato dal pregiudizio ce lo avete anche voi, eh.

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  14. @Anonimo SQ: Scusa, ma rileggendo il tuo commento ed il dibattito, mi sono resa conto che c’è un fraintendimento di fondo, che spesso è quello che capita sempre quando si dibatte di greco e latino come materie formative. Tu dai per scontato che siano formative per la loro letteratura, tanto è vero che dici che le hai comunque lette in traduzione. Il problema è che invece sono formative per la loro grammatica e la struttura della frase. Ogni frase in greco, per esempio, ha la stessa struttura formale di una espressione letterale matematica (del resto i greci usavano le lettere per i calcoli, quindi erano in pratica la stessa cosa): è un esercizio di logica spietata in cui bisogna individuare le concordanze, eliminare opzioni di traduzione in base alle regole ed agli assiomi dati a priori, verificare ipotesi e testarle. Chi sopravvive e capisce la logica con cui latini e greci costruivano le frasi, imposta il cervello e fa lo stesso identico tipo di esercizio di chi risolve problemi di geometria o espressioni algebriche e funzioni. E ti dirò di più: la logica con cui è stata costruita la matematica classica (cioè greca) è esattamente quella con cui tu impari a tradurre correttamente una frase dal greco, per cui conoscendo la loro lingua capisci come ragionavano. E’ questo il bello del greco e del latino. Il fatto che poi abbiano anche una letteratura meravigliosa è un incidente di percorso.

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  15. @–>Anonimosq

    Non lo dico per piaggeria verso la padrona di casa o perché ce l’ho con te, absit iniuria verbis, ma credo che sull’argomento abbia ragione Galatea. L’importante non è ciò che si impara, ma come lo si impara. Io ho fatto lo scientifico e, prima di fare economia a Venezia, ho frequentato il primo anno d’ingegneria a Padova (dunque, non a Timbuctu). I migliori del corso, in entrambe le facoltà, contro tutte le previsioni, erano proprio quelli che uscivano dal liceo classico. I periti industriali e quelli meccanici a ingegneria, i ragionieri a economia, mediamente (e sottolineo mediamente), erano un disastro. Voi mi direte che non faccio testo, ma comunque volevo portare questo modestissimo contributo alla discussione.

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  16. Proprio ieri a FahrenHeit, in diretta da Mantova, si parlava dell'”Utilità dell’Inutile”, cioè come tutto quanto interessi la società occidentale venga parametrizzato al profitto e di conseguenza come le parole vengano usate per definire ciò che da rendita da ciò che da perdita. Molto di quanto interessa la scuola è svilito è distorto nel suo fine, cioè nella scuola nulla ha a che vedere con un profitto, ma tutto riconduce a ciò. Gli studenti vengono qualificati in base a crediti e debiti; il preside è diventato dirigente scolastico….Salviamo la scuola da questo orrore!
    Antonella
    vociinviaggio.blogspot.com

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  17. @galatea, lector

    Cerco di chiarire anch’io, che non ci siano fraintendimenti.

    Io non dico che il liceo classico vada abolito: è giusto che ci sia chi studia e conosce greco antico e latino bene bene, legga Tucidide e Tacito e Tito Livio in lingua originale, etc, ci mancherebbe altro, col patrimonio artistico e storico che abbiamo !
    Come pure qualcuno deve studiare il sanscrito, il farsi etc

    Io ce l’ho con la DITTATURA culturale che la cultura classica ha avuto e continua ad avere in buona parte della disgraziata classe dirigente che ci ritroviamo, politica ed economica. Ed i risultati li abbiamo tutti sotto gli occhi nell’incapacità ed incompetenza tecnica della gran parte dei ns capia capire come funziona il mondo moderno, unito ad un notevole “superiorità complex”. Ricordo troppo bene il tono col quale il ns buon D’Alema guardave le nuove leve del partito, incapaci a suo dire di recitare l’aoristo di non so che verbo. Eh, i “vili meccanici” !

    C’è anche un’altra questione, che da tempo sostengo.
    Cari Galatea e Lector, come dicevano i latini, “Ars longa, Vita brevis”. Ovvero, non ne posso più di sentirmi dire (ero già insofferente ai tempi della scuola) : “bisogna studiare greco e latino perché si impara la logica e si impara a ragionare”, e serve poi per le materie scientifiche.
    Voglio dire: ma pensate che matematica (nel senso di geometria, algebra etc), fisica, chimica etc non insegnino a ragionare ? Ed avete idea di quanta matematica, fisica, chimica etc NON si riesce a fare nelle nostre scuole perché, appunto, tante ore se ne vanno per latino e (al classico) greco, e magari sarebbero + utili nel 21esimo secolo ?

    Ancora: io capisco che la logica linguistica è diversa e forse più facile di quella matematica, per dire, e nello sviluppo cognitivo si perfeziona prima perciò si può cominciare prima dalle lingue che dalle astratte ed aride ( ???) materie scientifiche. Ma mica stiamo discutendo di insegnare latino e greco ai ragazzini delle elementari o delle medie (come un tempo all’antico Ginnasio). Stiamo parlando della fascia di età delle superiori, mi pare.

    Ancora: ma se proprio dobbiamo imparare una lingua che con la sua struttura ci obblighi ad una logica ferrea di costruzione della frase, casi, declinazioni etc,per imparare a ragionare (chi diceva che “persino un francese, se vuol ragionare di filosofia, deve pensare in tedesco” ?) allora perché non insegnare a tutti il tedesco, che ha la stessa struttura del greco e del latino ? Oppure il russo ?
    Almeno sono lingue “vive” e spendibili. Perché no ?

    Cordialmente,

    Anonimo SQ

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  18. la questione è complessa, perchè quella scuola lì deve formare la persona, non solo le sue competenze, c’è a mio avviso un livello sottostante al tessuto sociale che non è la somma delle competenze tecniche, sicuramente utili, ma è il modo di essere, l’atteggiamento mentale, la capacità soprattutto di pensare il nuovo, un nuovo che spesso è proprio «inattuale», cioè libero da quel che appare oggi ineludibile, fatale, per cui una visione storicamente determinata della società la si confonde con un ipotetico stato naturale delle cose; solo una formazione classica crea menti libere anche dal pregiudizio camuffato da buon senso; il futuro lo si costruisce sono se si è profondamente liberi dal preconcetto

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  19. Scusami, Anonimo SQ, ma se uno formula la frase “logica linguistica è diversa e forse più facile di quella matematica”, già è al di fuori di ogni possibile logica. La logica è logica, non ne esiste una più facile, tanto è vero che se uno non riesce a capire la grammatica e la costruzione della frase in greco e latino puoi stare certo che magari saprà contare, ma col cavolo che riesce a capire i procedimenti matematici complessi o risolvere i problemi e le equazioni. Guarda caso già alle scuole medie io e le colleghe di matematica riscontriamo immancabilmente che chi va male in grammatica e analisi logica (italiana) ha problemi anche nel risolvere i problemi matematici. Perché sono la stessa cosa. Le competenze logiche acquisite alla fine di un’ora di greco fatta bene sono esattamente dello stesso tipo che si acquisiscono in un’ora di matematica fatta bene, e i recenti studi di neurolinguistica, per altro, lo confermano. Quindi dire che non si acquisisce la logica matematica o la logica perché si “perdono” ore a fare greco e latino è una sciocchezza.
    Se mi chiedi perché non insegnare il tedesco, ti rispondo subito: perché il tedesco, come costruzione è simile al latino ed al greco (anche se molto meno complesso e sfaccettato del greco), ma, pensa un po’, deve anche lui moltissimo proprio al greco ed al latino, pur essendo una lingua germanica. I filosofi tedeschi ragionavano in tedesco ma le forme mentali che hanno sviluppato le hanno sviluppate a partire da quelle greche e latine. Ah dimenticavo, anche qua: chi sa bene greco e latino impara persino le lingue moderne con una facilità maggiore. Essersi esercitato per anni con le radici verbali e gli aoristi bastardi del greco ti da un bagaglio di conoscenza della struttura e della struttura delle parole che ti permettono di affrontare tutte le altre lingue con maggiore facilità (anche qua, sono recenti studi di neurolinguistica che lo confermano).

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  20. Cara Galatea,

    è vero che se uno è intelligente è intelligente, ma esistono tante forme di intelligenza, che alla fine è probabilmente generalizzando al massimo la capacità di saper risolvere problemi.
    Se ben ricordo i neuroqualcosa distinguono ca 8 tipi diversi di intelligenza, che raramente convivono tutti nella stessa persona ( di Leonardo ce n’è uno); quella linguistica è diversa da quella matematica, come quella musicale da quella “pratica-meccanica”. A volte, una stessa persona ne possiede più d’una, ma raramente più di due o tre.
    In questo senso ho distinto la logica “matematica” da quella linguistica. E, in fondo, impariamo prima a parlare, magari padroneggiando più lingue (se esposti) che la geometria euclidea o l’analisi matematica.
    Comunque è un’esperienza (purtroppo) comune sentire intellettuali di alto livello liguistico-filosofico-letterario vantarsi di non aver mai capito nulla di matematica, di fisica, e, specialmente, di chimica: “non per niente”, si vantano, “avevo 10 in greco e latino”.
    Io non mi vanto di non avere mai letto Pindaro, neppure in traduzione, è una lacuna che ho, mentre sembra normale per un letterato vantarsi di non aver mai capito nulla di logaritmi o trigonometria. Appunto, il disprezzo per la “vil meccanica” che vi è stato instillato.
    Chiudiamola qui, comunque.

    Anonimo SQ

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  21. Solo un appunto, Galatea e Anonimosq. Perché chiuderla qui?
    E’ una bella discussione, vi sto seguendo con interesse, come molti altri credo, e sicuramente alla fine mi sentirò arricchito dagli interventi sia dell’uno che dell’altra.
    Ma in Italia si deve discutere ore e ore solo di calcio, diamine? Ogni volta che si affronta qualcosa d’interessante, dopo poche battute inevitabilmente si smette.
    O si clicca “mi piace”.

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  22. Del Liceo Classico non mi piace l’elitarismo e la chiusura dei professori a tutto ciò che appunto non sia classico. Nella mia esperienza sono stati 5 anni d’inferno non didatticamente, ma socialmente, perché chi frequenta il classico e chi ci insegna, a parer mio, viene addestrato a sentirsi chissà chi, e questo rischia di vanificare tutte le nozioni apprese. Ma se lo si ripensasse, se si aprisse anche all’innovazione (se applicasse, anzi, la tradizione all’innovazione) sarebbe ancora una grande scelta. Tra il metodo che ti offre e le nozioni che t’insegna, è davvero la chiave per aprire tutte le porte del sapere.

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  23. Io vengo dal classico sperimentale e al momento mi sto laureando in Psicologia dell’ infanzia. Per informazione il classico sperimentale con PNI è un classico con ore in più di matematica, informatica ed inglese, circa 6 ore settimali in più di lezione. Vi posso dire che io sono stata mandata in quel liceo non perché fossi negata in matematica e fisica (da che ho memoria ho sempre preso il massimo dei voti in queste due materie) ma perché secondo molte persone persone accanto a me, quella che si riceve ad un classico fosse la miglior formazione per una persona con i miei interessi e capacità. Al liceo classico si insegnano diversi modi di usare la logica, e l’ imparare le lingue morte come latino e greco non è utile perché impari a parlare (che poi a parlarle non si impara, si impara solo a tradurle) lingue che nessuno usa più, ma perchè conoscere le basi letterarie di una cultura ti permette di conoscere la cultura stessa. Se diciamo che è inutile leggere Cicerone in latino possiamo altrettanto inutile leggere la Divina Commedia in volgare o I promessi sposi nell’ italiano arcaico. E forse quando studi letteratura inglese non si studia Beowulf in quel’ inglese strano e incomprensibile?
    Siano seri, la scelta del liceo dipende da chi siamo e che vogliamo fare nella vita. Si sceglie un classico quando siamo interessati a materie umanistiche. Si sceglie uno scientifico quando i nostri interessi vagliano scelte scentifiche. Si scelgono istituti tecnici quando abbiamo le idee già chiare sul lavoro che vogliamo fare, se pratici.
    Non tutti i licei vanno bene per tutti. Non tutti siamo in grado di assimilare le stesse cose.

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  24. Ho frequentato il liceo classico con estremo piacere, poi mi sono laureata in Fisica e ho conseguito un dottorato in Matematica.

    Dal mio punto di vista, trovo che la formazione scientifica del liceo classico è carente, mi dispiace, per cui lo considero una scuola che offre un’educazione lacunosa. Se greco e latino sono importanti, lo sono certamente anche matematica e fisica fatta a livelli un po’ meno ridicoli di quelli del liceo classico.

    Per quanto l’esperienza personale sia comunque parziale, ho riscontrato grandi carenze da questo punto di vista nelle persone che hanno fatto seguire studi esclusivamente umanistici al liceo classico; se è vero che le lingue antiche fanno ragionare, la matematica e la fisica invece insegnano l’astrazione del problema (la buona positura del problema, in matematica, è spesso più importante della sua “meccanica” soluzione – nei casi di cui ho parlato la difficoltà che riscontravo era proprio riuscire a trasformare il problema in un’equazione).

    Se le capacità che greco e latino sviluppano fossero equivalenti a quelle che la matematica richiede – come sembra dire Galatea sopra – allora sopprimere completamente le lingue morte a profitto di una bella formazione scientifica sarebbe ugualmente proficuo; ma sicuramente le discipline non sono equivalenti: forse che Galatea vuole dire che greco e latino danno di più?

    Sono sconsolata perché mi rendo conto che è difficile far comprendere questo in Italia. In Francia, dove vivo ora, sarebbero considerati risibili anche i programmi di matematica del liceo scientifico italiano, per dire, ma in Italia scontiamo ancora i danni del punto di vista Croce-Gentile.

    Concludo dicendo che non cambierei di una virgola la mia scelta liceale, perché mi ha permesso di immergermi in un mondo di grande bellezza, e la scelta universitaria ha riempito i grossi buchi che restavano; ma, se avessi proseguito con un laurea letteraria, credo sarei incompleta.

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  25. Credo che le scuole superiori vadano divise in due categorie: quelle che insegnano un mestiere, una professione e quelle che aprono la mente e fanno ragionare e riflettere. Con buona pace di tutti.
    Vuoi imparare a ragionare? Ecco i licei, quelli vecchio stampo, dove insegnano il cosidetto ciarpame, che poi ti rifilano come il non plus ultra della modernità.
    Vuoi imparare un mestiere, una professione? Istituti tecnici o professionali. Però ti fermi lì. All’università non ci vai.
    Sarò un classista ma la penso da una vita così.

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  26. @newwhitebear

    Il mio capo, professore all’università, con oltre 150 pubblicazioni con dati sperimentali su riviste straniere mondiali ad alto fattore d’impatto, referee di molte società scientifiche, una delle persone + intelligenti e capaci che io abbia conosciuto, fece l’avviamento professionale (non c’era la media unica), poi l’Istituto tecnico, e solo grazie all’apertura degli ingressi potè iscriversi all’università (da studente lavoratore). Proviene da una modesta famiglia contadina.

    Il classismo è una str…ta, giudichiamo gli uomini dalle capacità, per favore. E’ l’unico modo sensato.

    Per incidens, essere messo nelle possibilità di ragionare e riflettere, in una democrazia, è un diritto di ognuno, non dei membri di una classe sociale con le possibilità di essere mantenuti a certi studi.
    Ed è l’unico baluardo contro la dittatura. Gli schiavi li ha aboliti l’ America di Lincoln un secolo e mezzo fa, quasi buona ultima tra gli stati.

    Anonimo SQ

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  27. E sono d’accordo cara prof. Visto che vengo dalla stessa stantia formazione che mi ha regalato quella amara e spiacevole -per gli altri- sensazione di dire..”ma non lo diceva già… Non è il pensiero di…”.
    Io credo che il liceo classico abbia bisogno di una buona regolata..ma per primi ai docenti che ci albergano e propongono sapere. In verità lo attribuisco a tutta la scuola secondaria di II grado.. Non sono le materie che vi vengono insegnate, non è l’arcigno memorizzare regole paradigmi e costrutti, ma il modo stantio con cui lo si fa. Soffriamo dello stesso problema che si ritrova ovunque..amiamo cambiare le forme esteriori che ci danno fastidio, ci indispongono ma non riflettiamo sul senso di ciò che insegniamo e lo dico da prof abilitato alle materie classiche che, pur stentando al liceo a ritrovare il mio spazietto, mi sono innamorato di quelle parole, degli accenti e dei prefissi e solo perché hanno saputo collegarli a persone luoghi storie..e sarà per questo che mi sono entusiasmato ed ho scelto archeologia..
    Ps. Gorgia di Leontini però era un fenomeno ateniese di importazione…era un greco di Sicilia, uno di quelli che sapeva bene come funzionano le cose…come i siciliani, maestri nel montare e smontare le cose.

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