Del perché gli alunni ( e gli insegnanti) devono avere molte vacanze

Lo so che quello che illustrerò sarà un concetto ostico per i più: ma credetemi, da docente, io sono assolutamente favorevole alle vacanze, anche “lunghe”, sia per gli studenti che per i professori. E non perché io sia una fannullona, o una amante del passato: alla base della mia convinzione ci sono delle esigenze meramente didattiche e ragionamenti che partono dalla base dell’esperienza personale e professionale.

Nonostante quello che crede la maggioranza delle persone che in questi giorni si è espressa a favore della riduzione delle vacanze per gli alunni, in Italia non si fanno meno giorni di lezione che negli altri paesi d’Europa. Sono divise in maniera diversa e concentrati soprattutto d’estate, le nostre “vacanze”, ma il numero di giorni effettivi che gli alunni passano sui banchi, alla fin fine, è più alto di quelli che trascorrono in classe gli alunni degli altri paesi.

Ho notato, leggendo gli urrà di chi vorrebbe vedere ridotto il numero di giorni di vacanza nelle scuole, una notevole confusione: per esempio, c’è chi semplicemente confonde le lezioni scolastiche con il tempo in cui lui vorrebbe che la scuola organizzasse altri tipi di attività per mandarci gratuitamente i figli, al pomeriggio o durante la pausa estiva. A questi vorrei solo far capire che quello che loro chiedono (legittimamente) non è “scuola”, ma semmai un nuovo servizio di “doposcuola” o di “centro estivo”, che si potrebbe facilmente realizzare senza toccare il calendario scolastico vero e proprio, basterebbe organizzare con del personale specializzato (animatori, educatori) delle attività varie, ludiche o di approfondimento, nei periodi in cui la scuola è chiusa. Si potrebbe anche pensare a fare delle pause più spezzate durante l’anno, per carità: basterebbe attrezzare per esempio le scuole per la calura estiva con condizionatori, e continuare le lezioni fino a giugno o inizio luglio. Si potrebbe, ripeto, anche da subito: il problema è che mancano i soldi in bilancio.

C’è invece un altro “zoccolo” di commentatori convinto che i ragazzi dovrebbero invece rimanere a scuola con tempi e ritmi simili a quelli con cui gli adulti vanno al lavoro. In pratica vorrebbero una scuola organizzata come un’azienda, in cui alunni e professori lavorano 11 mesi all’anno, con giusto un mese al massimo di ferie per tutti. Sono convinti, i sostenitori di questa ipotesi, che tutti giorni di vacanza previsti per le scuole siano una perdita di tempo, e che in realtà siano stati inseriti in calendario solo perché la lobby potentissima dei docenti vuole lavorare poco ed avere i pomeriggi e le estati libere.

Anche se dubito che tentare di spiegare loro questa “anomalia” serva a qualcosa (niente è più difficile da contrastare che una convinzione irrazionale ma profonda) ci voglio provare. Il motivo per cui in tutto il mondo gli alunni (e anche i docenti) nelle scuole difficilmente passano fra i banchi più di 200 giorni all’anno è perché, molto banalmente, fargliene passare dentro la scuola a far lezione di più si è scoperto che non ha senso, anzi alle volte è controproducente.

Se io ho un’azienda che produce, putacaso, bulloni è ovvio che se lavoro 8 ore al giorno per 11 mesi all’anno produrrò automaticamente molti bulloni di più che lavorando solo 5 ore al giorno per 8 mesi. Il problema è che la scuola non è un’azienda, e  i suoi “prodotti” non si possono misurare in un quantitativo netto. La particolarità, però, è che, soprattutto, i suoi “prodotti” spesso non sono affatto prodotti entro le quattro mura della scuola stessa, ma nei tempi in cui  alunni ( e anche insegnanti) sono al di fuori dalle mura degli edifici e apparentemente fanno addirittura altro.

Nella scuola alunni e professori fanno un lavoro squisitamente intellettuale. Imparano. Sì, sfatiamo un mito, non sono solo gli alunni ad imparare, ma anche i docenti: mentre insegnano, testano e imparano nuove modalità per trasmettere il sapere. Imparare è un lavoro complesso e sofisticato, soprattutto per i bambini e i ragazzi. Non basta andare in classe ed ascoltare, o poi tornare a casa e fare i compiti, ripassando. Ha bisogno di momenti di “sedimentazione” anche lunghi e certamente complessi, che servono al nostro cervello, spesso in maniera del tutto inconscia, per mettere in ordine le nozioni apprese e rielaborarle in modo originale. Se io tengo i ragazzi a scuola per 11 mesi di fila, per esempio, loro riescono ad entrare in contatto con una massa più grossa di nozioni, ma non hanno poi il tempo di rielaborarle e di metterle in ordine. Risultato: in realtà non le imparano, ma le memorizzano e poi le dimenticano molto più velocemente.

Sono ragazzi, fra l’altro, e cioè organismi in crescita ed in continuo mutamento. All’età in cui restano fra i banchi di scuola, un mese è un mondo. Capita così che concetti che tu hai spiegato in mese o due prima, e che allora per loro risultavano astrusi e incomprensibili perché lontani dalla loro esperienza di bambini, si chiariscano miracolosamente alcune settimane più tardi, e solo perché, nel frattempo, anche se tu insegnante non hai fatto nulla, loro hanno fatto qualcosa: sono maturati e cresciuti. I tre mesi di “stacco” delle vacanze per i nostri alunni non sono “non fare nulla”: sono periodi in cui il loro corpo e la loro testa continua a muoversi, fa nuove esperienze, reinterpreta alla luce della crescita intellettuale e fisica quelle pregresse. Alle volte, quando te li ritrovi in classe a settembre, ti rendi conto che sono profondamente diversi dagli individui che avevi lasciato a giugno. Erano bambini e te li ritrovi piccoli adulti, che hanno rielaborato in maniera e personalissima i concetti che  hai spiegato, e hanno attraverso l’esperienza con i coetanei, i viaggi in altri posti e anche, alle volte, la banalissima noia delle giornate vuote estive, accresciuto la loro capacità di comprendere il mondo e di starci dentro consapevolmente.

Per noi insegnanti vale la stessa cosa, anche se più limitatamente. Non è solo il fatto che l’insegnamento è un lavoro emotivamente stressante a richiedere periodi di pausa lunghi. E’ che quei periodi sono necessari per essere buoni insegnanti. Il buon insegnante non è e non può essere un operaio alla catena di montaggio, che applica ogni anno le stesse metodiche, ed usa con tutte le classi i medesimi materiali stantii. Il buon insegnante ha la necessità di rielaborare di continuo ciò che sa, acquisire nuove conoscenze, e rimanere aggiornato sulla società in cui vive e sul mondo. E ha bisogno, soprattutto, di avere pause in cui rielaborare e riflettere sulle cose che gli sono capitate addosso e attorno. Se non ha il tempo di farlo, rischia di diventare un mero somministratore di lezioni, precostituite e tutte uguali: uno che si limita a riversare ( e mi verrebbe da usare il termine poco elegante di “rivomitare”) sugli alunni i contenuti che ha lui stesso mal digerito, l’equivalente del ragazzino che all’interrogazione ripete a memoria una lezione di cui non ha capito un’ostrega.

Io lo so che nei commenti qualcuno scriverà:” Ah, prova a stare tu alla catena di montaggio! Quello sì che è un lavoro pesante.” Non ne dubito. Il problema è che è un altro tipo lavoro. Una volta imparato, va in automatico, perché è ripetitivo e standard. L’insegnamento e l’apprendimento degli alunni non sono una cosa ripetitiva e non possono essere standard: la scuola deve essere profondamente radicata nel mondo, deve essere un momento di riflessione sul mondo stesso, per comprenderlo e possibilmente per cambiarlo, quando non va. Ma le riflessioni hanno bisogno di tempo, ci devono essere pause in cui uno si ferma e fa il punto. Alle volte persino in maniera del tutto inconscia ed automatica.

Lasciate ai ragazzi il tempo di non fare nulla. E’ quello in momento in cui, spesso, fanno tutto.

21 Comments

  1. Sante parole, soprattutto l’ultima frase. L’importanza dei tempi di sedimentazione è largamente sottovalutata, eppure dei tempi di apprendimento troppo scanditi… si risolvono spesso con la Grande Vendetta dello Scolaro: dimenticare tutto!

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  2. Anche il mondo del lavoro somiglia sempre meno ad una catena di montaggio e sempre di più ad una scuola. Questa cosa che basti stare in classe a leggere il manuale per imparare deve essere la stessa che fa dire ai “top manager” che per imparare come funziona un nuovo prodotto software basta leggere il manuale. In teoria è vero. In pratica no. Poi, per carità, ci si arrangia; si fa il doppio della fatica e ci si impiega il doppio del tempo (ma il tempo sembra costare solo se si fa il corso di aggiornamento) e si ha una conoscenza superficiale e frammentaria. Ma i criteri di valutazione sono questi:

    https://ilcomizietto.wordpress.com/2012/10/05/come-diventare-guru-in-due-settimane/

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  3. ritengo la scuola molto importante e il grosso degli insegnanti persone per bene, (ho come esempio l’ottimo liceo statale di Brescia, dove ho trovato insegnanti di grandissimo valore umano e professionale)

    ma convincere uno come me che agli insegnanti serve tutto quel riposo è praticamente impossibile, e mi scuso per la scarsa permeabilità a certi alati concetti

    io sono un piccolo imprenditore: devo aggiornarmi continuamente altrimenti è matematico rimanere non solo disoccupato, ma anche carico di debiti; ovviamente lavorando circa 50 ore la settimana e studiando circa altre 15/20, e facendo solo 15 giorni di ferie non pagate all’anno

    uno così non lo si puo’ convincere, neanche scrivendo con eleganza e garbo come in questo caso

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  4. Beh Diego, se non arrivi a capire che sono due lavori diversi e che richiedono tempi e modi diversi, hai ragione: è proprio un problema tuo (PS. Gli insegnanti hanno lo stesso numero di giorni ferie degli altri lavoratori dipendenti: solo che li condensano tutti di fila. Non si riesce proprio a far entrare in testa questo,concetto, vero?)

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  5. io non ho nulla da aggiungere a quanto scritto, se non ringraziare per lo spazio concessomi e grazie per l’attenzione, è un onore per me suscitare la tua replica, vuol dire che ritieni rilevante la mia opinione

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  6. E’ dai tempi dell’asilo che si comincia a dire ai piccoli pargoli indifesi “non conta la quantità ma la qualità”, dopo però i burocrati fanno tutto il contrario. Il modello della scuola occidentale è scientificamente errato in quanto basato sulla tortura disumana dello studiare. A 5 anni inizia lo sterminio, che vede piccoli capolavori frutto dell’evoluzione di 4,5 miliardi di anni, deportati in piccole celle fatiscienti e costretti ad assimilare forzatamente concetti a cui non sono interessati. Nozioni scelte da burocrati nei programmi ministeriali. E’ come torturare una persona facendola ingozzare quando non ha fame. Che bello quando il mondo sarà liberato dall’ignoranza deleteria dell’uomo e i bambini potranno apprendere e crescere nel naturale gioco del perchè.

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  7. “Si potrebbe anche pensare a fare delle pause più spezzate durante l’anno, per carità: basterebbe attrezzare per esempio le scuole per la calura estiva con condizionatori” Una perla di saggezza!!
    Per essere molto pragmatico
    I genitori vedono con preoccupazione le ferie estive dei figli perchè lavorando non sanno dove “parcheggiare i figli “in quanto le
    ferie sono concentrate in Agosto e a Natale

    In Francia , ma anche in alcune lander Tedeschi dopo 4 settimane di lezione a scuola una settimana di “ferie” 200 giorni complessivi di scuola come in Italia.
    Gli stranieri con la prole ,sono presenti per turismo in Italia tutto l’anno.grazie ai tempi di ferie che possono coincidere perchè non è innaturale lavorare in agosto
    Io credo che dovremmo rivedere i tempi del lavoro in generale, perchè è salutare spezzare la fatica e di sicuro più produttivo
    Le vacanze sarebbero anche meno costose.

    Vi invito a conoscere le condizioni e la qualità di vita dei dipendenti del commercio, che lavorano anche la domenica dopo aver lavorato anche gli altri 6 giorni della settimana (lo scambio commerciale non è un servzio indispensabile)
    Vi invito a conoscere le difficoltà degli allevatori che mungono anche la notte di capodanno. o dei poliziotti o dei pompieri che sono in servizio a Pasqua e a Natale.
    Del medico in ospedale o del ferroviere
    Non farei distinzione tra lavoro intellettuale e manifattura, in quanto entrambi in modo diverso sono logorantii, ma invito tutti a fare una riflessione sui tempi, durata e ritmi di lavoro.
    Forse sarebbe il caso di discutere delle opportunità offerte dal lavoro, dei diritti ma anche dei doveri dei lavoratori e dei titolari d’impresa
    uno slogan sindacale del secolo scorso…”lavorare meno per lavorare tutti” Oggi è incredibilmente attuale ..
    E anacornistico non ripensare come riorganizzare gli orari e i tempi del lavoro in funzione anche a quel 25% /45% di disoccupazione giovanile (veneto o calabria)
    Apriamoci ai problemi degli altri e troveremo delle soluzioni condivise che miglioreranno la qualità di vita di tutti
    Fabio

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  8. Il tuo post è come sempre molto chiaro e preciso ma ancora una volta si scontra col fatto che è impossibile spiegare il lavoro dell’insegnare e dell’apprendere a chi non ne fa parte considerato anche che abbiamo diversi colleghi che non si ammazzano di lavoro e non fanno nulla per nasconderlo (purtroppo fa più scena uno di questi che dieci che lavorano con serietà e passione). Pur comprendendo le esigenze di chi per sacrosanti impegni di lavoro deve trovare un posto dove mettere i propri figli, non posso certo dire che ciò faccia bene a bambini e ragazzi che non solo imparano sempre meno ma si ritrovano sempre più stanchi ed agitati in una scuola a cui si è delegato praticamente tutto. Forse il vero problema non sono i giorni di vacanze ma qualcosa di ben più profondo.

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  9. post sicuramente pregevole, ma ovviamente parziale
    lo sarebbe anche il mio se provassi a spiegare la necessità di tagliare le ore di lavoro effettivo per i grafici pubblicitari perché fanno un lavoro molto creativo e intellettualmente logorante. bisognerebbe aumentare loro lo stipendio e svincolarli da qualunque criterio di quantificare la loro produzione, ecc.
    personalmente ho grande rispetto per il lavoro di insegnante (perché di quello si tratta: ricevere stipendio in cambio di un lavoro), quindi ha molte similitudini con tutti i lavori
    perché un insegnante debba avere tanto tempo da utilizzare come meglio crede ( correggere compiti, portare i figli in piscina, scrivere libri, ecc.) a differenza di tutte le altre categorie di lavoratori, boh…
    certo, se non lo capisco è un problema mio. però io voto e posso scegliere questo o quello e, soprattutto, posso solidarizzare o meno (ammesso che serva a qualcosa) con questa o quella categoria
    sarebbe più facile se i sindacati degli insegnanti riuscissero a mettersi d’accordo tra loro e a farci capire
    sarebbe anche più facile se gli insegnanti si consederassero lavoratori del pubblico impiego che fanno un lavoro diverso dal solito, ma – per dire eh – anche infermieri, medici, poliziotti, ecc. secondo me dovrebbero avere lunghe pause, aggiornamenti, stipendi alti, ecc.

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  10. Leggo i commenti e mi sembra che la discussione prenda una piega molto diversa a seconda se il “soggetto” della discussione sono i ragazzi o i professori. Cioè il tempo di sedimentazione per l’apprendimento, quello è sacrosanto perché l’hanno provato tutti. Ma che la scuola rispetti questo tempo accordando un determinato orario agli insegnanti, ah no – quello è sbagliato.

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  11. Vorrei poi rispondere a chi più su menzionava la figura del ricercatore : il ricercatore per definizione non ha orari, a parte chi lavora in laboratorio, ma chiunque studi dalla filologia classica alla fisica teorica, sa che le intuizioni migliori che lo fanno precipitare al computer avvengono nei momenti e nei luoghi più disparati. Poi la produttività del ricercatore si misura in articoli e brevetti e lì, puoi essere un grande lavoratore e aggiudicarti due titoli in un anno, oppure essere un genio e aggiudicarti due titoli in un mese. Ai fan di Brunetta che pretendeva di far timbrare il cartellino ai ricercatori faccio sempre il paragone con il lavoro del poliziotto: preferisci quello che lavora 20-22 ore al giorno, oppure quello che ti risolve il caso?

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  12. @closethedoor: quello che hai scritto per il ricercatore vale anche per gli altri insegnanti. Salvo le ore in cui dobbiamo essere in classe, si lavora esattamente nello stesso modo.

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  13. La proposta del tizio in questione riguarda l’avviamento al lavoro: il che non può riguardarmi, essendo insegnante di lettere totalmente a digiuno di qualsiasi lavoro che non sia il mio (beh,un altro lavoro l’ho fatto: insegnare agli alpini a sparare e a tirare le bombe a mano; ma questo ormai è richiesto solo da paesi poco raccomandabili). Mi pare che la sparata sia quello che Machiavelli chiamava “addentellato”, uno schema cui appoggiare, prima o poi, un aumento dell’orario degli insegnanti a parità di stipendio. Per raggiungere questo scopo non importa quale motivo si addurrà; prima o poi troveranno quello che piacerà di più all’opinione pubblica. E allora trascineremo quei poveretti tutto l’anno a fare le interviste agli antichi Greci (quei piccoletti col pistolino di fuori) o a fare il gioco dell’oca col Paradiso di Dante, vedendo sulla lim le letture di Benigni, così divertenti ma così prive di spiegazioni (qualcuno ha mai visto uno del pubblico prendere appunti o chiedere”scusi non ho capito?), a leggere giornali in classe che altrimenti nessuno leggerebbe nella vita normale ed insegnare lo stile sciatto e scorretto dei giornalisti italiani; così finalmente saremo come la Finlandia, contadini o docili schiavi della Nokia cinese, con quarant’anni di letteratura da studiere in un anno senza eccessivi sforzo, a meno che il finlandese non sia una lingua difficile anche per loro, come diceva Groucho Marx.

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  14. Giusto per sfatare il mito del sistema alla francese, che ha il solo merito (a mio parere) di essere a misura di mamma che può quindi continuare a fare figli senza rinunciare a lavorare o, meglio, senza sentirsi soffocare per il solo fatto che vuole fare entrambe le cose.
    Il calendario francese (6 settimane di lezione + 2 settimane di vacanza) interrompe troppo spesso il ritmo degli studenti, che si ritrovano ben 4 volte all’anno nella situazione in cui gli italiani si ritrovano solo dopo le vacanze di Natale, con quella sensazione da “prof, ci vada piano, che siamo appena tornati dalle vacanze e dobbiamo riadattarci”.
    Quanto agli orari, impediscono il processo di sedimentazione di cui si parlava nell’articolo. I ragazzi stanno a scuola fino a tardi (e da qui il vantaggio per le mamme che possono tranquillamente lavorare fino alle 5), spesso con molte ore buche. La sera hanno pochissimi compiti da fare e il giorno dopo si ricomincia con la stessa giornata infernale. Nessun momento per riprendere la lezione e rifletterci, esercitarsi da soli, metterla da parte e ritornarci su.

    Ciò detto, il mio lavoro consiste nell’organizzare viaggi scolastici. Lavoro quindi a stretto contatto con professori (francesi). Avendo insegnato anch’io, so quanto tempo richiede preparare le lezioni, trovare nuove idee, stimolare la curiosità. So quanto sia difficile gestire la pressione dei genitori da un lato e quella dei colleghi e dei presidi dall’altro. Mi piacerebbe solo che anche gli insegnanti imparassero che il loro non è l’unico lavoro duro, che ci sono altre categorie che fanno dei lavoro impegnativi, che richiedono responsabilità, tempo, passione e impegno al di là degli orari d’ufficio e non per questo si permettono di dire “domani mattina non sono disponibile, perché IO lavoro”. E io?

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  15. Pindy, parole sante. In quanto a dove “piazzare” i figli, non era questo il blog dove non si può parlare di scuola se non si lavora nella scuola? Beh, non si dovrebbe parlare di come essere buoni genitori, se non si è genitori: questo mi sembra molto, ma molto, più giustificato.

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  16. sono perfettamente d’accordo che 3 mesi di vacanza per i ragazzi possano essere utili, forse necessari, e che la “proposta” (o meglio, la butade) del ministro sia solo un modo per fare il solletico ai genitori che si stanno chiedendo dove parcheggiare i figli durante l’estate (in questo periodo si prenotano le ferie).

    non posso dire lo stesso per quanto riguarda le vacanze degli insegnanti. voglio dire, capisco perfettamente la pecularietà del lavoro “intellettuale” (faccio il ricercatore), capisco benissimo che le 18 ore di lezioni sono solo un parte del carico di lavoro, capisco benissimo la necessità di comprendere, crescere ed aggiornarsi. ma, siamo davvero sicuri che il carico di lavoro attuale degli insegnanti sia tale che un aumento di qualche ora o settimana di lavoro (lasciamo stare le condizioni economiche, su quello ovviamente non c’è nemmeno da discutere, nessuno al mondo vorrebbe lavorare di più per guadagnare lo stesso) provochi una diminuzione della produttività (nell’accezione del termine più ampia possibile)? sinceramente non lo credo, non mi pare proprio realistico. il carico di lavoro di un insegnante mi pare sia relativamente basso se confrontanto ad altri lavori “intellettuali” e di altrettanta responsabilità. credo poi che ripetere apoditticamente che “è così, voi che non fate gli insegnanti non lo potete capire” non porti da nessuna parte. c’è qualche prova a sostegno di questa tesi? c’è qualche studio che ha dimostrato quale è il “limite” oltre il quale peggiora l’insegnamento? sennò eviterei di dare per scontato che la tua personalissima, seppur informata, visione della faccenda sia l’unica prospettiva possibile.
    (poi, oh, capisco pure che a forza di sentire ripetere argomenti idioti esposti con toni arroganti l’incazzatura scatta automatica. spero anzi di non aver stimolato pure io questo riflesso).

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  17. Quello che mi chiedo continuamente è dov’erano tutte quelle persone contrarie alle vacanze scolastiche (e che pensano a tutte le altre riforme) quando avrebbero dovuto frequentare le scuole. Lo stesso problema si ritrova per gli operatori sociali appena oltre confine (ma immagino in Italia sia lo stesso): solitamente due settimane in più all’anno rispetto agli altri lavoratori. E siamo fannulloni. Perché per poter lavorare bene con le persone bisogna lavorare più ore possibile, avere meno vacanze possibile, avere meno colleghi possibile (e meno tempo possibile per confrontarsi e decidere assieme)… così tutto diventa possibile…! Ovvio.

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