Il Cavaliere Nero

Il Cavaliere Nero è il re della spiaggia quando non c’è nessuno. In quelle giornate in cui l’estate si colora di grigio ed il vento batte la sabbia bagnata come una sferza. Allora arriva lui, con la sua cotta di maglia di gomma, nera, che segue le curve dei muscoli come una seconda pelle, la sua tavola capace di cavalcare le onde e la vela che si libra nell’aria a seguire i capricci degli sbuffi di vento.

È bello ed eroico come un Temistocle a Salamina, un dio greco che comanda gli elementi. Si libra fra cielo e mare, sfrecciando sopra la spuma, scartando le onde con eleganti piroette, facendosi sollevare dalle correnti d’aria e poi planando sulla superficie liquida. Si inarca, si slancia in arabeschi e ricami, sfida la natura e la comanda, la piega ai suoi voleri, ne sfrutta la forza e le debolezze con la sapienza di chi sa giocare d’astuzia come Ulisse.

Noi, fermi sulla spiaggia, con le braccia conserte, lo ammiriamo silenziosi. Fra noi e lui c’è la distanza infinita che divide chi resta a terra e chi possiede il mare, chi parte e chi va, chi ha coraggio e chi fa da spettatore. Ma, con il fiato sospeso, seguiamo il gesto atletico armonioso e sicuro, che i Greci giustamente dicevano avvicinasse l’uomo agli dei.

Lui sfreccia di nuovo sul mare color del vino, cattivo ed imbronciato, cavalca, si inclina, si immerge, riappare sulle creste bianche di spuma come Poseidone dal suo elemento. Poi una folata lo tradisce, l’onda lo percuote, e con un tonfo si inabissa, riemergendo poco dopo sulla battigia, mollo d’acqua come un Ulisse naufragato, ma non domo.

Terribilmente greco anche in questo, perché l’uomo che prova a domare la natura è anche il solo che conosce i suoi limiti e li accetta.

3 Comments

  1. in effetti pare che i greci non conoscessero il vocabolo «blu» e «kianòs» sta per scuro, non per il ciano moderno

    in versilia la parlata che ricorda Panariello demolisce ogni possibile greca evocazione

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