Ci sono lavori che ti portano fuori da quello che è il mood del tempo in cui vivi, perché sono più arcaici o fuori sincronia con quello che fanno tutti, con la vita come la conosciamo ed è organizzata per gli altri.
Prendete per esempio esempio il minatore o il birocciaio. Nessuno fa più il birocciaio, e se qualcuno oggi dice di fare il minatore per vivere, lo si guarda con l’aria strana ed incuriosita con cui si guarderebbe qualcuno che dice di essere un emù.
Il mood del tempo nostro è fatto di gente che lavora con il Notebook ed il tablet in ogni angolo, si muove in continuazione per seguire meeting, e breefing e convegni e riunioni con ogni mezzo di trasporto, scrive progetti sfruttando i tempi morti delle attese, in treno, negli aeroporti, seduta in metropolitana.
L’insegnante è un lavoro fuori dal mood del tempo. A suo modo è arcaico, antichissimo. È un lavoro che non ti porta a spostarti molto, salvo qualche tratta quotidiana su treni caracollanti e ciancicati, dove con tutta la buona volontà scrivere progetti con il Notebook è impossibile per la calca e l’assedio di varia umanità. Così quando viaggi, da turista, ti senti in fondo estranea al tempo in cui vivi, perché hai un lavoro che ha altri ritmi e altre maniera per svolgersi, più antiche. È come se ti rinfacciasse, il tempo, di essere rimasto indietro, di essere un fossile di ere passate, perché i tuoi coetanei che si sono laureati con te adesso dirigono aziende, fanno consulenze, scrivono complicati business plan, vivono come se fossero a casa in aeroporti e vagoni di treni ad alta velocità, conoscono tutti i segreti dei duty free e delle camere d’albergo, e tu no.
Ecosì ti pare di non capirla e di non conoscerla appieno, la tua epoca, perché vedi gli altri, quando viaggi, fare cose che tu mai.
Finché per caso non passi dall’altra parte della barricata, per caso, per ventura. E così ti ritrovi in un aeroporto, con il tablet sulle ginocchia, a buttare giù in fretta prima di dimenticartele le idee per un nuovo progetto, ad aspettare un aereo dopo aver ingollato un panino dopo due giorni di convegno che ti hanno prosciugato. Improvvisamente ti senti del tutto, completamente dentro al mood del tuo tempo, perfettamente integrato in esso. Non sei più arcaico, non sei più sfasato, sei padrone del tuo fato come ogni homo faber che si rispetti.
E allora ti si appalesa un grande verità, che fino ad allora ti era sfuggita. Scrivere progetti in aereo porto, con il tablet sulle ginocchia, dopo tre giorni di meeting, mentre la musica si diffonde alle tue spalle e pervade le aree di sosta e la gente passa strascinandosi dietro i trolley sarà anche il mood del tempo.
Ma è scomodo, azz.
Ma si che è nel mood del tempo. Ormai se non hai un PHD o un MBA non sei nessuno, e pure a 50 anni se non vuoi diventare un dinosauro continui a far corsi.
Vero che le innovazioni tecnologiche e organizzative si vedono poco, un po’ perché è un campo difficile da automatizzare, un po’ perché al 90% è roba di ministeri, che a momenti non sono in grado di automatizzare le poste.
Qualche novità c’è, da Khan ai MOOC a 42, ma sono molto sperimentali. Ci vorrà tempo, ma cambierà pure quello
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