La splendida ventenne

Sorride, con il modo suadente con cui sorride sempre Lui.

«Ti ho conosciuta che eri una splendida ventenne, ma ora… ora sei perfetta.»

Per pronunciare le parole si è chinato appena appena per sfiorarmi l’orecchio, con un gesto intimo che annulla il tempo e le distanze. Pensa, come suo solito, di aver pronunciato il complimento definitivo, quello che mi farà capitolare, come mi hanno sempre fatto capitolare i suoi, quando ero più giovane.

Ci sono uomini che restano sempre affascinanti perché in qualche modo hanno fatto del loro fascino un mestiere, che esercitano con la sapienza dei veri professionisti del settore. E lui del fascino ha sempre conosciuto ogni segreto, lo pratica con determinazione, ne sa ogni sfumatura, come un ciclista conosce la bicicletta, come un nuotatore sa muoversi sicuro nell’acqua della piscina, come un concertista conosce ogni particolare del suo strumento.

Attorno, lo studio del dipartimento è pieno di gente che si è riunita per la sua festa di compleanno. Ci sono tutti: il Vecchio Barone, la Direttrice del Dipartimento, Giulia, il drappello dei Dottorandi, qualche collega. Tutti sono inebriati dallo spumante da poco e si contendono le pizzette e le ultime patatine fritte restate sul fondo delle ciotole. Fuori il caldo tropicale cuoce una Venezia riempita solo di turisti, dentro una torta alla panna proclama a lettere cubitali “Tanti auguri!”.

La guardo. Nessuno fra gli studenti ha osato aggiungere alle candeline quella con il numero che rivela l’età. Ma io la so, perché conosco Lui ormai da quasi trent’anni, oramai, e so che quel numero è un sei seguito da uno zero.

Sessanta. Li nasconde benissimo, sotto l’abbronzatura da velista, li dissimula nel reticolo di rughe che circondano gli occhi azzurri, e sono tenute a bada, lo conosco, da insospettabili eppur continue passate di crema antietà. Li controlla, stando attento alla linea, al sale, al sodio, al colesterolo, facendo tanto sport, anche quello a letto, con tenace e programmata consuetudine. Ma ci sono. E nel fondo di quegli occhi azzurri leggo lo spavento atavico di chi capisce che ha passato una soglia fisica e mentale, e ora si trova davanti ad un territorio ignoto e spaventoso, la landa che un tempo si chiamava vecchiaia, ed ora no, ha molti nomi più accattivanti, o non viene proprio chiamata, per lo stesso processo per cui le Erinni erano le Benevole, e Voldemort è colui che non si può nominare.

Ma lui sa qual è il suo nome, e che la soglia c’è e quel numero è un numero tondo che rotola sopra di Lui come una slavina. E allora questa sera, quella in cui compie i sessant’anni, non vuole accanto a sé una delle sue studentesse ventenni, perché ha compreso che loro potrebbero forse consolarlo, ma capirlo no, e nemmeno intuire la sua paura, il suo spaesamento, la sua solitudine. Non possono capire, le ventenni, il vuoto che si prova non di fronte al tempo che passa ma a quello che è gia passato, la vertigine di stordimento che ti assale di fronte a ciò che è stato e di fronte a ciò che ci sarà da ora in poi, il brivido di quando si passa una porta che hai sempre pensato distante e invece adesso è lì, davanti a te, spalancata.

Lui che ha praticato per tutta la vita la ricerca della giovinezza eterna accompagnandosi via via a fanciulle sempre più giovani ora si trova davanti al fatto che non è più in nessun modo giovane lui. E allora sente il bisogno di avere vicino, almeno per un attimo, almeno per una sera, qualcuna che non sia più nemmeno lei giovane. Che possa conoscere l’angoscia di aver perso per sempre qualche possibilità, di non potere ripartire da zero. Che non sia ottimista, che non sia entusiasta, che non sia incosciente o sventata.  Vuole qualcuna che non sia più giovane perché stasera la giovinezza altrui lo imbarazza, la vivrebbe come un affronto, una personale offesa, un riferimento indiscreto, una gaffe. Per consolarsi della propria vecchiaia ha bisogno di avere accanto una donna che sia vecchia anche lei, fuori e dentro, per sentirsi meno indifeso e meno solo. Per usarla, come ha sempre usato le donne di ogni età come uno specchio.

«Non sono mai stata una splendida ventenne – rispondo – ma sono diventata una quarantenne saggia. No.»

E lo lascio lì, nell’angolo, mentre il coro di dottorandi lo chiama per il taglio della torta.

è un racconto, non si fa riferimento a eventi, situazioni e sessantenni reali. Ma state attenti, che a invecchiare male è un attimo.

 

10 Comments

  1. ma nei dipartimenti di lettere / filosofia / materie umanistiche uno normale che ne so uno tipo di poche parole ma molti fatti ce n’è?

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  2. l’unica cosa che mi sento di dire di fronte a questo pezzo bellissimo e` che sposterei la soglia dai sessanta a…, dipende.

    direi al momento in cui ti portano delle analisi che non vanno e da allora in poi devi metterti a dieta, prendere le pilloline all’ora giusta, stare controllato, pensare tutto il tempo (se ti va di pensarlo, veramente, ma e` questo che adesso si aspettano da te, adesso) che ogni momento che ti godi e` strappato, un di piu` forse regalato, ma certamente non dovuto.

    … diciamo i settanta o quasi? 😛

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  3. Galatea, ma siamo davvero vecchie? Secondo la mia opinione di quasi 42-enne siamo semplicemente sulla cima e ci resteremo per un po’ prima di scendere. Io mi sento benissimo, molto meglio che a 20 anni. E non lo dico per consolarmi dell’età che passa.

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  4. avevo capito che era un racconto dal taglio della storia – non della torto per il sessantenne 😀 – Gli anni passano inesorabili e l’eterna giovinezza oltre a essere un miraggio è anche un arma terribile, perché ci si sveglia alla mattina capendo che la giovinezza è rimasta impigliata la sera precedente ed è sparita.

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  5. Questo racconto mi è proprio piaciuto,
    per quel che dice ed ancora di più per come lo dice.
    Che poi sia puro frutto di fantasia, stento a crederlo. Cosa sia inventato e cosa no, comunque, è un sacro mistero di cui ogni autore ha sacrosanto diritto 🙂

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  6. quando varcai la soglia dei 60, in effetti, provai un certo brivido; adesso però posso corteggiare una donna anziana senza passare per pervertito; in genere gli intellettuali colti anziani sono convinti d’essere dei buoni conquistatori, ma forse son solo avari, cercano disperatamente d’averla gratis, non pagano senza fiatare come i coetanei normali

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