Le bambole bianche, le bambole nere e il mondo visto dai bambini

Io da piccola volevo la Barbie nera. Anzi, allora si diceva negra, perché ancora non ci rendevamo conto che fosse una brutta parola. E volevo anche il Ciccio Bello nero, e la mia bambola preferita, che si chiamava Marietta, era nera anche lei.

Sapete perché questo tripudio di giocattoli color ebano in casa di una bimbetta che nell’Italia provinciale di allora i neri li vedeva solo in tv, nei telefilm americani? Perché io, la bimbetta italiana, avevo i capelli neri e gli occhi scuri.

Trovalo allora un giocattolo, un bambolotto, una bambola, una Barbie che non fosse bionda con gli occhi azzurri. Era un’impresa. Tutte e tutti wasp conclamati, glaucopidi, dai capelli color del miele. Le camere delle bimbe di allora parevano una convention della Gioventù Hitleriana. Ma io piccola, con gli occhi scuri, i capelli corvini e la pelle olivastra ereditata da chissà che antenato poco vichingo con quel bambolottume lì non mi trovavo a mio agio, non li volevo. Mica potevano essere figli miei, manco per gioco, quei pupattoli e quelle squinzie che nel migliore dei casi erano discendenti di uno svedese incrociato con una valchiria tettona.

I bambini sono esseri delicati, ma sottili. Quando giocano capiscono alle volte il mondo meglio di noi adulti. Per questo con i giocattoli hanno gusti raffinati. Vogliono qualcosa in cui possono identificarsi, perché non  giocano con degli oggetti, i giochi per loro sono strumenti con cui decodificare la realtà. E la realtà la capiscono bene, così come io capivo, da piccina, che il mondo non poteva essere fatto solo da Barbie wasp e Cicci Belli ariani.

Per cui volevo dire alla giunta di Codroipo che vuole togliere i bambolotti di colore dagli asili, e i giochi “etnici”, terrorizzata forse che i piccoli nordici possano identificarsi in un Ciccio Bello ebano e diventare persone tolleranti e civili, che si possono dare una calmata, non funziona così. Potrete dare ai vostri piccoli le bambole più bianche sul mercato, ma loro guardandosi attorno, o forse anche solo allo specchio, impareranno che la realtà è più varia, complessa, e i vostri giochi ve li lasceranno lì, nel cesto, a far la muffa.

Dove spero che presto o tardi finirete anche voi. Del resto la muffa è verde, quasi verde Padania. Sarete ton sur ton.

4 Comments

  1. Però pare che il divieto sui bambolotti neri, formalmente o implicitamente (come qualcuno suggerisce), non sussista.

    “[bianchi terrorizzati] che i piccoli nordici possano identificarsi in un Ciccio Bello ebano e diventare persone tolleranti e civili,”
    Allora io sono a posto: mi sono sempre identificato con Bokassa.

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  2. Non si rendeva conto che negro era una brutta parola, perché in effetti non lo è. In realtà non lo è neppure in inglese (si scrive uguale), quella brutta è quella con la doppia G che è estremamente dispregiativa, ed è peggio del nostro “terrone” perché associata alla schiavitù. Dire “nero” è sbagliato, perché in effetti si tratta di diverse gradazioni del marrone, mentre “negro” identifica correttamente alcuni ceppi etnici originari dell’Africa. Ma soprattutto, è un’imbecillissima scimmiottatura degli americani fuori dal contesto appropriato, come la festa di Halloween e la pizza alta cinque centimetri.

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