Il nervosismo sporco dell’Italia

Lo sentite anche voi, vero? Questo nervosismo palpabile, questa insofferenza diffusa che ci avvolge tutti. È come una nube, un contagio, una specie di maledizione.

Io la avverto nell’aria, come la puzza sottile di smog nelle grandi città: dopo un po’ non ci fai caso, ma sai che è lì, in sottofondo.

Siamo tutti nervosi, incazzosi, stizzosi. Rispondiamo male al prossimo, ci inalberiamo per nulla, non abbiamo pazienza con nessuno.

L’Italia intera appare incattivita, di una cattiveria gratuita, insensata. Come i vecchi che per dispetto mettono il bastone di traverso sperando che un ragazzino ci inciampi.

Lo vedo per strada, al lavoro. Ci aggiriamo con facce patibolari e grigiastre, gli occhi ridotti a punte di spillo, pronti a reagire alla minima provocazione, o a crearla, se non c’è.

Siamo malevoli, maldicenti. Dediti a piccole cattiverie gratuite che consumiamo quando siamo convinti di non poter essere perseguiti.

I deboli sono il nostro bersaglio. Come bulletti frustrati cerchiamo di individuare nella folla chi sembra stare peggio di noi, il povero, la donna, l’immigrato, per colpirlo a tradimento, perché sappiamo che lui non avrà l’occasione, la forza o la possibilità di renderci la pariglia.

Siamo un popolo vigliacco, piccino e cattivo. Lo siamo sempre stati, forse, ma in questo periodo il velo è caduto e tutta la nostra miseria e pochezza emergono senza più scuse.

Ci muoviamo come se fossimo vittime di chissà quali soprusi, ma i soprusi non ci sono. Siamo solo noi che facciamo schifo e creiamo lo schifo attorno a noi. Siamo maiali in un trogolo che si meravigliano della sporcizia attorno e danno la colpa di quella sporcizia agli altri, chiedendo a gran voce che qualcuno si salvi e venga a rimettere le cose a posto.

Ma non ci sono salvatori, e nemmeno cose da rimettere a posto. Gli unici che andrebbero rimessi a posto siamo noi. Ma non lo sappiamo accettare.

 

Edit: mi dà ragione anche il Censis

8 Comments

  1. Io vivendo in Inghilterra lo noto ancor di più quando scendo. Non so perché siamo diventati così, eppure qui da me non è che non ci sono problemi, c’è una povertà impressionante, anziani che a malapena camminano ma che ti sorridono e ti salutano anche se non li conosci. Lo spazzino che ti dà il buongiorno. L’autista che scende dal camion per avvisarti che sta facendo manovra. Insomma perché noi siamo diventati così?

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  2. Mi sembra una visione piccina e meschina della realtà, che per fortuna è molto più ampia e sfaccettata (la realtà).
    Di più, mi sembra un insulto (absit iniuria verbis) gratuito agli italiani che credo non abbiano fatto niente di male per meritarselo.
    In realtà io vedo in giro gente allegra (=che si sforza di essere tale e di vedere il positivo nelle cose) nonostante tutti i tentativi massmediatici di dipingerci (si sono italiano e non me vergogno) come non siamo (= la tua descrizione).

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  3. Ci pensavo stasera, dopo essere stato a una interessante presentazione del volume “Vademecum dantesco” del prof. Davide Canfora, in quel tempio della cultura che è la Biblioteca Classense.
    E dopo il bel concerto in San Francesco della Young European Orchestra, con musiche di Vivaldi, Bach e Mozart, e a seguire canti natalizi dei ragazzi delle scuole.
    Non sono un “professionista” della cultura e della musica: diciamo che mi piace alimentare la conoscenza e la sensibilità al bello.
    Ecco, in Italia non usciremo dalla spirale così ben descritta nel post se non ci sarà un contagio di amore di conoscenza e del bello: il declino economico e sociale certo allontana da ambedue, ma poi ne viene ulteriormente alimentato.
    Le istituzioni devono prendersi a cuore questa “missione di elevazione”, ma anche i cittadini devono profittare delle occasioni e crearne di nuove.
    Non è (solo) questione di soldi o di istruzone : non si capirebbe sennò perché nella mia cittadina, fra anni 30 e 50 migliaia di persone affollassero i concerti lirici all’ aperto, o perché mia madre, che aveva “la terza elementare” mi spronasse a conoscere, dicendo che a questo teneva, e non al lavoro che avrei svolto, “alto” o “basso” che fosse.

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  4. Sig. Bragadin, non sia suscettibile. Potrebbe essere che la padrona di casa stia cercando di accreditarsi presso qualche editore di un paese estero (non saprei ipotizzare quale, con precisione, ma certamente più a nord del nostro).

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  5. Andiamo, andiamo… Una giornata ‘no’ capita a chiunque.
    Quando è così, che sembra ce l’abbia il mondo intero, l’unica salvezza è opporsi.
    “Io non ci sto.”
    Si indossa un sorriso e si procede, a far quel che si deve ma con amore e criterio. E se non funziona per gli altri, bèh, pace. Ne basta uno che sia un po’ meglio, e posso essere anche io, no? 😉

    (Scusate, sono per l’ottimismo ad oltranza. E’ la mia versione dell’integralismo religioso, credo.)

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  6. Buonasera, la situazione è indubbiamente grave per le percentuali relative agli effetti del “sovranismo psichico”, ma concordo con i commenti precedenti nell’evidenziare le sfaccettature positive della realtà, nonché la necessità di ottimismo realista a oltranza per una resistenza attiva, quotidiana, morbida e implacabile.

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  7. è possibile che più persone notino quanto incattiviti e stizzosi siamo diventati e che qualcuno dica di no?
    Ok. ognuno avrà le proprie opinioni ma andando in giro vedo solo gente pronta a far dispetti agli altri per poi dire che la colpa è degli altri.
    Mi domando: è possibile cercare delle colpe per giustificare se stessi o situazioni sgradevoli? A furia di cercare a ritroso si rischia di finire in un vicolo cieco: Adamo e Eva ovvero a chi secondo la tradizione ha iniziato le nostre progenie.
    Anziché cercare colpe, proviamo a fare un esame di coscienza se non siamo noi l’origine dei nostri mali.

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