E beccatevi anche questa

E, visto che ora è disponibile il filmato, ecco la mia intervista (per intero) a Marco Malvaldi, al Salone del Libro di Torino 2011.

Poi ho finito, prometto, eh.

10 Comments

  1. Se si esclude la presenza dei due imbarazzanti presentatori, l’intervista è interessante e Malvaldi è un eccellente affabulatore. Tu hai preso confidenza con il microfono e te la cavi bene.

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  2. Posso fare un commento da shampista? 😉
    Bella la mise total black e le scarpe con rialzo ….ma sembravi lo stesso uno scricciolo in mezzo a quei fustoni!!! 😀

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  3. Io per lei non voglio un’applauso, io per lei voglio un urlo barbaro…
    Un bell’applausooooo !!

    (un genio…)

    Un tantino “trattenuta”, mi pare; o no?
    Scioè… dritta come un fuso su quella poltroncina, eh.
    Molto più a suo agio il Malvaldi, direi.
    E nessuna punzecchiatura, nessuna provocazione, nessuna domanda personale, un po’ poca verve ed ironia insomma; e vabbé…

    Il tuo blog ti racconta in modo diverso, imho.

    (Tutto per non farsi dare del cicisbeo dai troppogonzi)

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  4. Più che trattenuta, ero terrorizzata. Mi avevano detto che avrebbero ripreso l’intervista solo il giorno prima e non sono riuscita né a dormire né a mangiare per l’agitazione. Quanto alle “provocazioni”, una intervista del genere doveva servire a presentare l’autore, non a far risaltare me: chi intervista è una spalla, non il protagonista. Un mio vecchio caporeddatore, quello che mi insegnò i fondamentali del mestiere, diceva: “Non siamo là per fare bella figura. Siamo là per fare delle domande stupide sperando che qualcuno sappia dare delle risposte intelligenti.”. 🙂

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  5. Che c’entra…
    La provocazione/punzecchiatura è funzionale a evidenziare il lato umano e personale dell’autore, non a far fare “bella figura” all’intervistatrice/intervistatore.
    E poi non eri lì come giornalista: eri lì come blogger.
    E c’è (ci dovrebbe essere) una bella differenza, imho.
    Invece cominciare con
    “Sono molto contenta… i libri di Marco Malvaldi mi piacciono tantissimo”
    è suonato un pochettino troppo elogiativo ed adulatorio, eh.
    A prescindere dal fatto che fosse vero o meno (che ti piacciono i gialli di Malvaldi).
    Il tuo vecchio caporedattore, in certi giornali, avrebbe fatto (e/o forse avrà fatto) molta carriera…

    (Critica costruttiva e un po’ perculatoria, ma assolutamente necessaria a recuperare la stima personale dei troppogonzi a cui tengo molto: non ci dormo la notte)

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  6. @frap: A me i libri di Malvaldi piacciono davvero, sennò non avrei accettato di intervistarlo (potevamo scegliere fra due o più autori). Poi ‘sta cosa del “eri là come blogger” non saprei esattamente cosa vuol dire. I blogger non fanno normalmente interviste: scrivono di sé nel loro blog. Come blogger potevo al massimo scrivere un post. Per le interviste l’unico paradigma che ho è quello giornalistico. Magari sono una pessima giornalista, ma non ho altri esempi a cui ispirarmi.
    Perché un blogger poi dovrebbe essere diverso da un giornalista quando fa un’intervista? Perché deve essere più “provocatorio”?Soprattutto cosa vuol dire, di preciso, essere “provocatorio”? Che domande avrei dovuto fargli, di preciso?
    Non è una polemica, è solo che non capisco fino in fondo l’obiezione. Le provocazioni fine a sé stesse, tanto per far vedere che “sei una blogger e quindi sei spiritosa/provocatoria/controcorrente/alternativa” a me fanno un po’ tristezza. Sembra che siccome sei blogger devi comportarti sempre come un ego immenso in libera uscita. Ho fatto delle domande “normali” e ho lasciato che i particolari personali venissero fuori se l’intervistato ne aveva voglia: eravamo del resto là per parlare del suo ultimo libro, mica per una rubrica di gossip. Se sono riuscita a metterlo a suo agio e lui è risultato sciolto e spiritoso, sono contenta. Mica dovevo intervistare un politico. Allora gli avrei fatto sì il contropelo cercando di farlo cadere in contraddizione.

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