Non sono femminista, mi ci avete fatto diventare

Oggi, se affermo queste cose che per me sono naturali e indiscutibili, sono una pericolosa femminista. Se faccio notare che una donna ha diritto insindacabile di decidere su suo corpo, scegliere se diventare madre o meno, sposarsi, non sposarsi, convivere, decidere che lavoro vuole fare, pare che stia dicendo delle cose pericolosissime, manco sostenessi che bisogna mettere bombe nei treni. Scopro che in fondo io come donna non ho davvero diritto ad una vita mia, ma e se non lo accetto sono io che sono strana, cattiva, rancorosa, isterica.

I figli non sono una scelta. E allora cosa sono?

Su Twitter la Blasi e altri chiedevano conto al Corriere della scelta di dedicare grandissimo spazio alla storia di una signora poco meno che quarantenne che è già all’undicesimo figlio. Al di là della curiosità di cronaca, non si capisce l’enfasi su un caso tanto marginale, e soprattutto i sperticati elogi che il Corriere riserva alla donna.
Non si capiscono gli elogi proprio in virtù di quanto dichiarato in questo tweet da Polito. Se i figli non sono una scelta, ma un evento che ti capita (come ti può capire di vincere alla lotteria o di essere centrata da un tram mentre passeggi mangiando un gelato) esattamente perché il Corriere di cui Polito è vicedirettore ha dato tanta enfasi alla storia?

Nella vita funziona così

Nella vita funziona così. No, siamo seri: nella vita non ho la più pallida idea di come funzioni, altrimenti non starei qui, a scrivere un blog, ma terrei conferenze all’ONU.
Quindi riformulo: nella mia vita funziona così. Che ci sono i periodi in cui le cose vanno e quelle in cui bisogna prendere la rincorsa, e per prendere la rincorsa bisogna fermarsi, e qualche volta anche arretrare un po’.
Sono periodi un po’ basotti, quelli in cui prendi la rincorsa. Anche perché “rincorsa” è un termine in parte errato. Si prende la rincorsa se hai un obiettivo in mente o una meta, ma nei periodi in cui prendo le rincorse io spesso l’obiettivo non ce l’ho, o non è ben chiaro. C’è solo la precisa sensazione che qualcosa si sia chiuso e qualcosa d’altro forse arriverà, e io sia lì ad attenderlo, ma non sai cosa sia e da dove debba sbucare. Nè se ci sia davvero, a essere sinceri.

Il silenzio dell’acqua

Non è un suono, è un respiro. L’eco di qualcosa di ancestrale e lontano. È un ritmo, più che una voce. Entra nelle orecchie e si spande nel corpo come un’onda. E placa. Placa tutto. Come se per un attimo ti disfacessi dal di dentro, nel nulla. Si potrebbe chiamare rivelazione, o epifania. Ma è un momento infinito in cui ti sembra di capirti, o di ritrovarti, o di perderti, tutto assieme.