Camminare, alle volte bisogna fare così: camminare senza meta. Infilarsi nei viottoli di campagna, seguire gli argini dei fossi. E per magia, succede qualcosa, non sai bene cosa, o quando. Come se varcassi una soglia, come se fossi assorbita in qualcosa d’altro.
Camminare. A me piace camminare per la campagna, anche quando campagna non è più, ma ormai è un patchwork di villette e condomini, e strade e bretelle. Perché di botto, girando un angolo, infilandoti in un anfratto, è come se si squadernasse tutto, e i secoli si mischiassero alla rinfusa. E tu che sei lì, e sai benissimo che a pochi metri, dietro una siepe, c’è la strada, e l’asfalto, il lavoro, la famiglia, la tua vita, non sei più lì, o meglio sei ancora lì ma in un tempo lontano. Nel silenzio vedi gli alberi e i boschi che ricoprivano quella terra in epoche lontane, senti i richiami di uccelli, le grida di antichi cacciatori, nell’ansa del fiume immagini un piccolo porto scomparso, indovini un lontano orizzonte fatto di barena, cogli persino nell’aria una traccia di salmastro.
È come se con una magia di Photoshop fossi in grado di togliere tutti i livelli sovrapposti e tornare all’originale, come se nel tessuto dello spazio tempo ci fosse un piccolo pertugio e tu potessi spiarci dentro. Ti stordisce come stordiscono certi video fatti dal drone, in cui riconosci le forme a te note degli edifici e dei territori, ma li vedi difformi e diversi, perché al mondo cambiare il punto di vista cambia ogni cosa.
Camminare. Forse camminare è questa cosa qui: non è guardare un paesaggio, è farsi assorbire. È perdere il senso del limite fra te e la cosa che guardi. È rimanere in ascolto, vinta e trionfante assieme. E spaziare, non con gli occhi, ma con la mente. È non essere più, ma essere tutto, per sempre.
Ps: le foto sono mie, fatte mentre cammino. Posso anche farmi assorbire dal passato, ma non dimentico mai il mio cellulare.
C’è un bellissimo libro sulla gioia del camminare.
È un librettino di poche pagine ma decisamente speciale.
Mi ci sono ritrovata al 100%
Sono belle sensazioni!
CAMMINARE di Erling Kagge.
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Mi ci sono ritrovato completamente, anche per il telefonino .
Camminando, se si può ancor di più nella natura, si danno corpo a ricordi, fantasie, letture.
Proprio oggi guardando le tamerici ho “rivissuto” D’ Annunzio, e ascoltando il cuculo il brano musicale di Haendel “Il cuculo e l’ usignolo”.
Cosa c’ è di più sublime?
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camminare fa bene, specialmente se lo fai solo per staccarti dal mondo circostante.
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Mi piace camminare anche in città, alcune zone sembra che portino in luoghi lontani, perché hanno particolari che ci riportano ad altre città visitate
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sì è una buona attività il camminare; però non necessariamente la campagna «bella», non mi dispiacciono neanche i luoghi «brutti», i paesaggi industriali, qualunque spazio aperto puo’ essere denso di fascino cromatico; il cellulare, se posso, lo lascio a casa
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