
“Cappuccino, Professore?”
“Mmmmm…”
“Per il Professore, un cappuccino!”
Avessi un centesimo per ogni volta che ho sentito questo scambio di battute, al bar della Clara, sarei milionaria. Perché il Professore, al secolo Albio Trovati, al bar di Clara ci arriva ogni giorno, la mattina, dacché è in pensione, cioè, a memoria d’uomo, da sempre.
Che cosa ne pensi Clara, di questo bel soggetto, che si piazza sul tavolino d’angolo per poter scrutare la sala da dietro la cortina di ferro dei suoi cinque quotidiani e le ingombra il tavolo per mezza giornata consumando un solo cappuccino, non è dato sapere, e indovinare ancor meno. Lei lo guarda con quell’aria indecifrabile e molto veneta, che non si capisce mai se è deferenza, o voglia di prendere per il culo, e lo gratifica di un sorriso sornione che è sicuramente voglia di prendere per il culo, ma con un certo sentore d’affetto, seppure dal retrogusto molto blando.
Il Professore, in paese, è un intellettuale; si aggiunga, un intellettuale organico, che continua ad esserlo pure in questo cupo mondo in cui non è più chiaro chi sia organico a cosa, o perché. In gioventù – infatti, anche se non si direbbe, il Professore è stato giovane – pare abbia persino pubblicato un articolo sull’Unità, o almeno così dice. Più probabile che fosse solo una lettera al Direttore, ma tant’è che fu pubblicata, e sul giornale di Gramsci: abbastanza per chiarire al volgo e al popol tutto che lui era un intellettuale di quelli seri, cioè che per Spinola, dopo l’Antonio (Gramsci, s’intende) c’era solo lui.
Forte di questi suoi trascorsi letterari a livello nazionale, il Professore si picca di essere il faro per tutto ciò che, a Spinola, ha un vago sentore culturale, o politico, o cultural-politico, o cultural-politico-quancos’altro: non c’è branca dello scibile umano, avvenimento presente, passato e futuro che la sua conoscenza non contempli, e su cui non abbia una ponderata opinione. Se Obama ha vinto, lui solo ne comprende a menadito i motivi, pur non avendo mai messo il naso più in là del Montello e gli Stati Uniti li abbia visti nei documentari di Geo&Geo; ma putacaso avesse perso, sarebbe stato sempre lui a poter spiegare a quel volenteroso neretto dell’Illinois il perché.
Da quando ha scoperto che ho un sito internet, il Professore, al bar, è entrato in fibrillazione. Già esserne venuto a conoscenza dal giornale, come uno qualsiasi, lo ha offeso come pochi affronti al mondo: che a Spinola qualcuno s’azzardi a scrivere, e financo a riuscire a pubblicare, qualcosa senza avergliela presentata da leggere in anteprima, ed essersi sorbito lunghi mesi di conversazioni in cui lui medesimo fa le bucce ad ogni riga e virgola, denota una clamorosa mancanza di rispetto. Scoprire poi che quanto scrivo non solo non è stato sottoposto a sua preventiva autorizzazione, ma viene anche letto da migliaia di persone, è stata un’onta che per due giorni deve avergli impedito di parare giù serenamente il cappuccino. Fatto sta che da settimane, quando entro al bar, il Professore non riesce a risparmiarmi una occhiata in cagnesco, che si rincagnisce vieppiù perché è chiaro, dallo sguardo, che vorrebbe attaccar bottone, ma non sa come fare.
Stamane la Clara, che quando c’è da rigirare il coltello in una ferita aperta, da brava Veneta, non si fa scappar l’occasione, gli ha teso un vero e proprio agguato. Quando il Professore s’è avvicinato al banco per ordinare il consueto cappuccio, lei, sbandierando un sorriso gattesco, gli ha indicato me e detto: “Ma come, Professore, non saluta la nostra scrittrice?”
Il Professore poco ci mancava che si strangugliasse, cosa difficile, dato che non aveva ancora potuto nemmeno ordinarsi il cappuccino. Poi, resosi conto che la Clara lo guardava, io pure, e il bar tutto s’era fermato per seguire quello che si annunciava come un epico duello, ha dato un’occhiata vaga al di sopra dei suoi occhialini tondi (alla Gramsci, ça va sans dire) e ha biascicato un: “Ah, già, la ragazza del sito… Galatea, vero? Ho letto.” aggrottando le sopracciglia per far capire quanto sforzo gli costasse ricordare il mio nome, dato la gran massa di informazioni che un intellettuale come lui è costretto a macinare ogni dì.
“Eh – ha rincarato la Clara, che, come tutti i predatori, quando agguanta qualcosa non la molla finché non l’ha ammazzata – Professore, la nostra Galatea ormai è famosa! Ha visto il suo sito?”
“Mah, visto… sì, che vuole, ci ho dato un’occhiata… e così è lei l’autrice? Ah, e pensare che la vedo qui al bar da tanti anni, mai pensato che scrivesse… alcune cosette, ci ho dato una scorsa, anche carine, in verità. Una visione molto fresca, va detto, anche un lessico vivace… certo, c’è molto da lavorare, eh! Voglio dire, io l’ho letta, e lei, cara ragazza, si dice di sinistra, ma, lasci dire, questa cosa poi non è che venga fuori dai suoi ritratti… voglio dire, lei ha naso, magari anche talento, ma le mancano le basi filosofiche, culturali, si sente: i grandi, ecco: Gramsci, Pasolini… insomma, uno scrittore, è chiaro, se non è militante, cos’è? E i suoi raccontini, ecco, sono carucci, carucci, sì, ma niente più. Sembra che vogliano far ridere, sorridere, per carità, cosa buona, ma, mi chiedo io, e il lato sociale? Lei scorda il lato sociale? E i drammi del proletariato? Questo Nordest senza identità né coscienza di classe? Questo vogliamo descrivere, un Veneto un po’ da operetta? Voglio dire, un po’ di impegno, di indagine sociale? Ma lei pensa davvero che questo voglia il pubblico, che il popolo si possa riconoscere nei suoi operai leghisti, nei suoi amici senza punti di riferimento? La realtà, mia cara, voglio dire, la vogliamo indagare meglio questa realtà? Eh, mi creda, questo fa il vero scrittore: va sul campo, descrive, vive, parla di ciò che gli accade intorno… ecco, questo dovrebbe fare lei, non perdersi in bozzetti per quattro lettori informatici, che stanno tutto il giorno attaccati ad internet, lontano dalla vita..sa, io credo che così conquisterebbe finalmente un grande pubblico, un pubblico vero, un pubblico anche popolare…”
“Veramente un grande pubblico popolare ce l’ho già, sul blog – dico io, pagando la consumazione – faccio venticinquemila lettori di media, al mese…”
La Clara, che ormai si lecca i baffi assaporando l’assalto finale, si intromette: “Ah, ma guardi, Professore, noi ormai lo leggiamo tutti, qui, eh! Io che non sono buona a usare il computer, mi sono fatta mettere a posto le cose da mio nipote per trovarlo! E ha presente Carlo, l’autista del bus? Quando smette il turno la prima cosa che fa si collega! E la Ginetta, la sarta? Non si perde un post! Se il sito non è aggiornato, viene in bar a chiedermi se la Galatea sta bene…”
Il Professore ha fatto una faccia stranita, come se il suo famoso cappuccino glielo avessero servito direttamente giù per la collottola, sulla schiena. Ha guardato la Clara sorridente, ha guardato me, ha guardato gli altri cinque avventori del bar, tutti che annuivano, chi con la brioches in mano, chi remenando il cucchiaino dentro al caffè, per far capire che anche loro erano innegabilmente popolo, ed erano miei lettori.
“Oh, con voi è inutile ragionare!” ha sbottato, prendendo seco la sua mazzetta di giornali e tutto il suo bagaglio culturale, e producendo una smorfia di disgusto da vero intellettuale di sinistra. Di quelli che sono pronti a scatenare, per il popolo, la Rivoluzione, magari, ma sono assolutamente convinti che il popolo, di suo, non capisca un cazzo.
😀
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Proprio in questi giorni infiamma la polemica sul trash televisivo all’isola dei famosi, col buon contributo dell’ex onorevole Luxuria, polemica che appare esattamente speculare a questo post. Quale strada per la sinistra? Snobismo intellettuale o trash? Sembra la nuova versione del sempreverde conflitto tra “essere o avere”.
Eppure si può (si deve) trovare un equilibrio tra gli scritti politici di Gramsci (e detto fra noi: cheppalle anche Gramsci, basta!) e le tette dell’isola. Fino a quel momento, per la sinistra, sarà dura.
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A me, più che Gramsci, fanno girare le scatole certi suoi pretesi epigoni, che se avessero fatto qualcosa nella vita, invece che stare tutto il santo tempo a pontificare citando Gramsci, non ci avrebbero lasciato ‘sta bella Italia che ora ci tocca sopportare.
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“chi parla e scrive di poesia non ha avuto abbastanza coraggio per viverla”
questa non è mia. (e neanche di gramsci).
o se preferisci “chi sa, fa. e chi non sa, insegna”… 🙂
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@->Juni: preferisco la prima. Ma perché sono insegnante 🙂
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:))
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sarei curioso di sapere dove termina la realtà e inizia la fantasia in questo scritto. cioè, non dirmi che è tutto vero… ricordando i casini successi perchè qualcuno s’era riconosciuto troppo, faccio fatica a pensare che sia realmente avvenuto il battibecco 🙂 o sbaglio?
ps: “lei lo guarda con quell’aria indecifrabile e molto veneta, che non si capisce mai se è deferenza, o voglia di prendere per il culo”
ehehe, è vero! è l’espressione di molti di noi veneti, sì-sì-sì 🙂
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ti prego galatea, facciamo come dice il professore: apriamo un bel cineclub in cui il primo atto sarà una bella rassegna del cinema sovietico (in versione originale con sottotitoli in polacco) e poi via con il dibattito che al proletariato piace tanto (come dimostrano gli ascolti dell’isola dei famosi ed altri reality)
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Galatea, farai i post più lunghi della blogosfera ma sono sempre straordinari. ^^
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Dalle mie parti, un professore, ex sindaco, ex assessore regionale, ex parlamentare, ex presidente di non so più quanta roba, scassato il cacchio a tutti ma proprio a tutti-tutti( ma proprio tutti-tutti-tutti, compresi quelli di casa sua che confidavano nella sua ricandidatura a Roma per levarselo dalle balle almeno tre dì a settimana), dapprima s’è mostrato risentito in quanto incompreso ; poi ha minacciato il segretario provinciale PD che l’aveva escluso dalle liste per il parlamento, dicendogli “non si tratta così chi ha rinunziato a un lavoro per l’incerto” ( cioè a una poltrona, per un’altra che una volta arriva,un’altra no ) .
Indi, rilevato che non si muoveva foglia, dopo averla annunziata per un bel po’ ha recentemente costituito una sezione dell’istituto Gramsci ; giusto il tempo di inaugurarla, e – consapevoli che di lì rischiava di romper le palle anche a quei pochi che le avevan integre – i suoi del partito l’han promosso alla presidenza d’un ente culturale: dacchè dei di professori la sinistra italiana non ha bisogno, semmai una fottuta ed ancestrale paura.
Il giorno che se ne libererà,forse cambierà qualcosa: per intanto,beccatevi i vari Rodotà,Zavoli,Visco,Padoa Schioppa e compagnia bella.
Inchino e baciamano alla padrona di casa.
Ghino La Ganga
Ps : sul tema, vedasi la leggendaria sequenza de “La Cosa” di Nanni Moretti girata alla sezione della Bolognina, quella con il militante di mezz’età che chiede” tutti ‘sti notabili che abbiam nel partito, a che servono? Per dire,uno come Tortorella, che son vent’anni che studia le riforme istituzionali: a me, a voi, a cosa è servito?”
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Oh, io a questi maestri del pensiero, sarà fortunato o imbecille, ma non li ho mai capiti quando parlavano. Anzi tu Galatea lo hai tradotto molto bene, magari avessero parlato così, ricordo ai tempi della università, era tutto un “de-semplificare”, de-costruire”, “de-ideologizzare”, “de-ramificare”, de-li-mortacci-loro….
Splendida, come sempre!
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Non saprei definire il tuo post anti-notabilato, ma conosco il tipo.
I famosi portatori di mazzetta( di giornali)che nei casi più evoluti sono anche accaniti telefoninefili.
Ti leggo sempre con piacere, anche se commento saltuariamente.
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Strappare un sorriso fa parte dei più ambiti e difficili gesti di civiltà che un individuo può compiere, a livello sociale e personale. Yes, we can!
Per la cronaca, tentando di placare le ire di Galatea, Juni ha riportato una delle più conosciute “leggi di Murphy” raccolte da Arthur Bloch. Essa recita per esteso:
1) Chi sa fare fa.
2) Chi non sa fare insegna.
3) Chi non sa insegnare amministra.
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“la ragazza del sito […] le mancano le basi”…. 🙂
E hai mantenuto la calma? Brava. Io sarei scoppiata a ridere!
Un saluto
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Dai, un po’ ha ragione il prof…
Sei troppo leggiera…
:-))))
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Ecco cosa non funziona. Troppi tavolini occupati per troppo tempo e troppe poche consumazioni. 🙂 🙂
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Ci salverà la Libera Università del Bagaglino e il suo intellettuale di punta, Silvio Berlusconi. A Mosca, è riuscito a dare del negro a Obama e del frocio a Medvedev. Non ha fatto in tempo a dare dello sporco ebreo a Emmanuel, ma solo perché non era stato informato.
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…. grande…
Ma adesso, con i quotidiani, mi toccherà prendere un tea…. 😉
Un saluto
Andrea
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