mi stupisco del tuo stupore: proprio come il feuilleton o la telenovela rassicurare il lettore con personaggi già noti permette di parlare di quel che si vuole senza doversi continuamente riconquistare la sua attenzione. Se il mezzo che usi (il blog) è dispersivo, usare un canone narrativo e una cornice ambientale ti permette di parlare quasi di tutto quel che ti pare con minor necessità di spiegargli il tuo punto di vista di partenza. Lui lo conosce già o al massimo può andare a leggersi le puntate precedenti se qualcosa non gli è chiaro.
Del resto è il meccanismo vincente di tutti gli artigianati letterari e narrativi (vogliamo parlare del cinema?), come dici tu. La differenza la fa la qualità della scrittura: non credere che il pubblico non sia capace di capire la qualità in un prodotto seriale.Certamente ci sono prodotti diversi per pubblici diversi, ma ogni pubblico di riferimento avrà l’ambizione e la pretesa di capire se quel genere a cui lui è affezionato è scritto bene o male.
Nel tuo caso bene ed è questo che tiene avvinti i tuoi lettori: ce li avresti anche senza l’aiuto della serialità ma dureresti un po’ più di fatica.
Sempre avvinto, del resto son quasi concittadino del vecchio barone e a volte mi sembra di conoscerlo (e qui vien fuori la qualità del lavoro letterario).
@->Ipazia e paolo: Be’, effettivamente il “Vecchio barone” mi sono resa conto che comincia ad avere un folto pubblico di appassionati. Ok, adesso cerco di scrivere qualche altra puntata. NOn garantisco però di riuscire a sfornarne a calendario fisso. Non ci crederete ma ho anche un lavoro e una vita fuori dal web… 😉
Ibridamenti mi sputa fuori un messaggio d’errore ridicolo. Mi odia anche lui. 😦
Sì, ragioniamoci.
Ma prima facciamo un passo indietro.
“… un blog… l’ho trattato come … un giornale.”
Questa scelta ti allontana dalla maggior parte dei blogger che considera le paginette web come un diario. Se ti sfogli alcune piattaforme di social network come Splinder, leggi vagonate di pensierini assurdi, “fotine” delle vacanze, “non ci crederete ma oggi è successo che…” Giusy ha mollato Alex, Pinky si è messa con Bibo, Titti e Nemo hanno litigato. Mai un nome di battesimo, perché la realtà non abita più lì, si desidera proprio tenerla lontana.
Eppure ci sono poesie, novelle, idee. Purtroppo tutto fine a se stesso, senza un pensiero di fondo, privo di ogni organizzazione. Manca anche il rispetto verso il lettore, non ci si preoccupa di aggiornare le pagine con la giusta frequenza e non si risponde ai commenti.
Io e te siamo un po’ simili, io non riesco a immaginare un post dove racconto una cosa mia, a meno che non abbia un significato sociale, una morale, che in qualche modo possa interessare i lettori. E non sono un giornalista…
Detto questo il significato del post crolla, nel senso che facendo tu parte di una “anomalia” diventa quasi inutile discutere di un argomento così lontano dalla “massa”. Oppure no? In fondo tu, e Travaglio citato da Maddalena, siete fra i blog più letti in Italia, abbiamo forse scoperto la pietra filosofale che fornisce un rank infinito, conoscenza dei congiuntivi eterna e valanghe di lettori? Magari!
Ok, facciamo un passo in avanti e ritorniamo a Galatea versione 2.0
Mi ricordi il boom di internet, quando pazzi investitori si buttarono sulla rete convinti di fare soldi a palate. Non fu così, le mille bolle esplosero e la borsa crollò. Non è possibile portare il mercato tradizionale nell’ambiente virtuale, sopravvive solo colui che inventa nuovi servizi. Per questo motivo se iniziamo a paragonare un post ad un feuilleton o una telenovela rischiamo di commettere un errore grossolano, evitabile.
Sì, ti puoi fare le ossa, ma in questa ottica finirai con lo scrivere ottimi romanzi solo per la carta stampata.
Se non reinventi il feuilleton resti in bilico fra il vecchio e il nuovo, in un ibrido dal retrogusto amaro.
Per non fare la solita figura del rivoluzionario nichilista ti elenco alcune migliorie che eviti con la classica femminile testardaggine:
– Il numero delle battute. I lettori hanno un tragitto da seguire durante la loro navigazione giornaliera, tu sei solo uno scalo momentaneo. Non puoi trattenerli troppo, oppure ti saltano. Se deve essere un feuilleton non è accettabile che sia più corto o più lungo di mezza pagina, altrimenti il direttore del quotidiano ti tira ne orecchie, per non dire di peggio.
– La frequenza. I lettori hanno i loro “tempi”, devono metabolizzare un post prima di passare al successivo. È vero che c’è chi si divora un libro in due giorni e chi lo mordicchia in un mese, qui occorre solo sondare le preferenze.
– Il contenuto. Siamo certi che ai lettori piaccia Spinola? Come abbiamo notato il “sesso ludico” tira moltissimo, ma qui abbiamo trascinato di forza un soggetto tradizionale dentro in monitor a 19 pollici. E se il popolo della rete volesse altro? Magari qualcosa di un po’ più moderno, legato alle esperienze di Facebook, alle chat notturne, ai giochi di ruolo di gruppo? Se la politica, l’economia, la scuola avessero rotto le scatole? In fondo si tratta di racconti “d’evasione”, Dumas ha scritto d’amore, odio, tradimento e vendetta, sicuramente non a caso!
– L’interattività. Viene considerata “sperimentale” perché tutti ne hanno paura e difendono le loro opere come l’ultimo salvagente del Titanic. C’è, va usata ed è un enorme vantaggio per capire i gusti dei lettori. Senza fermarsi a chiedere “Chi vi piace, chi volete che ammazzi?”, ma domandando anche “Perché?”.
Io dico: Galatea ha un ottimo stile, però è cocciuta, si “crogiola volentieri” in questi post esteticamente belli, ma non è ancora riuscita a fare il grande salto.
Galatea risponde: sono cavoli miei e a me piace così, sono un po’ vanitosa e chissenefrega se uso il blog per masturbarmi.
@->Goodidea: Su certe cose sicuramente hai ragione.
Sono arrivata al blog un po’ per caso, e la mia prima idea era quella di aprire un sito in cui inserire i miei raccontini per farli leggere ai miei amici. Prima di aprire il mio blog, i blog neppure li leggevo. Non pensavo che i miei racconti li avrebbe mai letti anche gente che non conoscevo e ci si appassionasse pure. Mi ha stupito pareccchio, anzi. Non sono neanche lontanamente partita con l’idea di fare letteratura, e tanto meno letteratura sperimentale: a dire il vero al massimo mi ispiravo ai racconti di don Camillo, quindi immagina un po’ che alte mire culturali avevo ed ho. Per giunta non sono neppure molto portata per la letteratura sperimentale o d’avanguardia: io arrivo fino ai classici dell’Ottocento, poi mi areno. Non mi sono mai posta quindi il problema di fare un “grande salto”, semplicemente perché non avevo la minima intenzione di fare nulla di “innovativo”: ho solo scritto e postato quello che piaceva a me.
Sono d’accordo con te che spesso i miei racconti hanno una misura poco adatta al web, e forse anche uno stile poco adatto al web. Però, del resto, quello è il mio stile: non è per cocciutaggine che lo difendo, è che non ne ho altri.
Stesso discorso per le tematiche scelte. Scuola, Università e Spinola possono stancare. Sono d’accordo. Purtroppo sono gli ambienti che conosco bene e di cui posso scrivere con cognizione di causa. Avendo sempre ceercato di dare ai miei racconti un taglio satirico, sì, ma realista, mi riesce impossibile scrivere di mondi che non mi appartengono. Non posso decidere di ambientare un mio racconto in una rivista di design o di moda, per esempio, perché non ne ho mai frequentata una, non so come sia fatta e che tizi ci bazzichino. Risulterei poco credibile e probabilmente molto banale se provassi a ambientare un racconto in un ambiente simile. Anche di chat notturne so poco, quindi mi astengo.
C’è da dire però che, siccome il blog per me non è un lavoro nè una fonte di guadagno, non sono particolarmente vincolata al numero di lettori, nè ho un editore che mi tiene il fiato sul collo se le visite al mio sito crollano e la puntata del giorno non fa auditel. Se Spinola un domani dovesse stancare, vuol dire che mi leggeranno solo quei tre/quattro a cui continua a piacere (sempre ammesso che non stanchi parlare di Spinola prima me). Il blog, probabilmente, è una forma di masturbazione mentale, ma da questo non vedo scampo: è il prodotto di un singolo autore, ed è vincolato, quindi, alle sue manie ed alle sue virtù. Del resto, tu, Goody, sul tuo blog come ti regoli? Scrivi i post dopo aver fatto una ricerca di mercato su quale sia l’argomento che attirerà più lettori?
Ci sono delle osservazioni interessanti nel commento di Goodidea che, in parte condivido e in parte no, ma che hanno soprattutto l’aspetto positivo di portarci a prestare maggior attenzione su alcuni meccanismi.
Non ricordo più quando sono approdato la prima volta su questo blog, ma rammento benissimo che è finito direttamente nella lista dei miei preferiti: per uno che ama leggere trovare dei post scritti con garbo e con arte è sempre una soddisfazione e la forma, solo all’apparenza semplice, con cui sono creati, facilita la lettura su un mezzo che non è esattamente l’ideale su cui sostare gli occhi per ore.
Io mi godo da matti i racconti lunghi e se capito in un momento in cui non ho molto tempo a disposizione non me ne preoccupo, perché posso ritrovare il post in un secondo momento e dedicargli il tempo che si merita.
Per quanto poi l’argomento dei racconti possa sembrare limitato a settori specifici, i post sono comunque intervallati da altri di tema diverso, e fino ad ora non ho mai avuto accenni di noia. Questo a voler usare il blog per le sue caratteristiche, perché se decido di leggere semplicemente i post appartenenti ad una singola categoria sono consapevole che l’argomento trattato si svilupperà solo in alcuni ambiti e sarò pronto mentalmente a questo.
Non dimentichiamoci poi che i lettori scelgono i blog per le loro caratteristiche e non semplicemente in quanto tali, quindi quello che mi aspetto da Galatea è l’espressione del suo stile e non un prodotto che si adegua alle mie preferenze: sta a me scoprire se c’è affinità, curiosità ed interesse con i suoi scritti, e decidere se ho voglia di passarci del tempo a leggerli, ragionarli approfonditamente e commentarli.
@ Galatea
Ho aperto il blog per dare libero sfogo alla mia creatività, per capire cosa offriva il web, cosa significava avere un feedback dai lettori. Purtroppo, per ragioni personali, si è un po’ perso per strada, ha preso una direzione poco definita. Le “lezioni di giornalismo” avrebbero senso all’estero, la stampa di regime è talmente cafona che fargli le pulci è un gioco da bambini…
Tu godi di un’enorme fortuna. Costruisci in modo perfetto il periodo e completi il paragrafo con grande equilibrio, per questo motivo hai molti lettori, perché a volte è anche bello perdersi in un post vuoto scritto bene. Ma i racconti non sono affatto vuoti e il più delle volte sono storie complete, che non necessitano di appartenere ad una “categoria” o una “rubrica”.
Anni fa, un professore universitario decise di scrivere un romanzo, prendendosi così una “vacanza” e abbandonando per qualche mese la saggistica. Volle parlare di cultura, di come si tramandava, si riscriveva, si occultava. Iniziò a creare i personaggi, i loro nomi, il carattere, addirittura grezzi disegni del loro aspetto. Stese una bozza, poi la estese, si documentò, e capitolo dopo capitolo concluse l’opera. Che palle, verrebbe da dire, un romanzo sulla cultura! Sebbene non fosse un capolavoro ha venduto milioni di copie in tutto il mondo: Il nome della Rosa di Umberto Eco.
Non si capisce perché ti dovresti sentire piccina picciò di fronte a Eco. Non è lui ad aver creato un gran libro, è stato il metodo usato. Metodo che tu ignori volontariamente per due motivi: 1) al giornalista viene dato un evento da descrivere e (se va bene) commentare 2) come tutti gli scrittori italiani non hai alle spalle una scuola.
Ti ispiri hai classici? Ottimo! Sempre meglio che scopiazzare gli autori di best seller che (aiutati da redazioni fantasma) sfornano libracci a ripetizione. Sperimentazione e avanguardia? Evitiamo quei terribili esperimenti molto pubblicizzati e mal fatti di fumetti o novelle interattive, tu fai avanguardia ogni volta che termini una frase con “tiè!”, o usi un gergo moderno ormai d’uso corrente.
Immagina di dover sceneggiare per il cinema “Il diavolo veste Prada”. Non sai nulla di moda-magazine? Neppure io, forse neppure chi ha tradotto il romanzo in film. Ci si rimbocca le maniche e si raccoglie materiale. Sulla moda, le modelle, la preparazione di un mensile, la vita d’ufficio, il marketing. È ovvio che messo così questo discorso ti spaventa o forse non lo capisci. Eppure un salto di qualità l’hai fatto, un tempo scrivevi di massaie sbudellate da mariti cornuti, oggi sei creativa, parti cioè da (quasi) zero. Personalmente, avere l’opportunità di partorire un’idea basata su un ambiente che non conosco è una sfida che mi affascina, perché sento che la mente parte a 360° a viaggiare in un nuovo universo che lentamente prende luce. Accidenti, proprio come ha fatto Umberto Eco! Col vantaggio di tenere il cervello lucido, lontano da stupide droghe…
Galatea versione 1.0, dove ti conobbi, aveva delle storielline molto gradevoli, che avevano ognuna un significato, una morale, al di fuori della “raccolta” che ne facevi. Erano novelle “chiuse”, non chiedevano ai lettori di ricordare i personaggi delle “puntate precedenti”, né spingevano “sequel”. Avevano un inizio che incuriosiva, una trama credibile, un finale che quadrava il cerchio. Con Spinola e il Barone hai tentato un gioco più complesso, cioè quello di spingerti oltre e inserire elementi rubati dalla realtà. Il primo difetto che noto è che alcuni elementi sono impopolari, un poco fastidiosi. Ad esempio la politica e il malcostume imprenditoriale ci rompono l’anima nei telegiornali, sul lavoro, nella nostra stessa vita, quindi non vedo come possano diventare uno spunto positivo nei tuoi racconti.
Temo inoltre che manchi la stesura di un soggetto di base, che per questi lavori è indispensabile. Infatti ho notato alcuni paragrafi “pesanti”, poco fluidi e ripetitivi, che rallentavano la scrittura. Una volta questo non accadeva, forse perché eri meno pretenziosa, forse perché la “velina” era più semplice e meglio definita in mente e sapevi (da brava giornalista) di non dover superare le due cartelle.
Tu dici: ù capì, ma io mi masturbo così e fambagno i lettori.
Io rispondo: mi fanno schifo le persone che sputano in faccia alla fortuna che hanno. Faccio il tifo per te e so che ti manca solo un grammo per il famoso “grande salto”. E non osare contraddirmi o vengo a Spinola e di grammi te ne tolgo 21 (colta citazione cinematografica).
@->Goodidea: Cerco di rispondere in ordine, perché il commento è interessante e dà molti spunti:
1. Umberto Eco ed il Nome della Rosa. L’esempio tiene fino ad un certo punto. Lui erano almeno vent’anni che studiava il Medioevo e i meccanismi della letteratura di massa. In breve, anche lui ha scritto di un ambiente che conosceva come le sue tasche (praticamente come io conosco Spinola, o conosco certi meccanismi universitari), e il “metodo” per creare un best seller lo aveva analizzato in decine di suoi saggi. Inoltre non credo che Eco abbia scritto il suo romanzo ambientandolo nel Medioevo perché prima ha fatto un sondaggio fra potenziali lettori. Tre quarti dei lettori del Nome delle Rosa, prima del Nome della Rosa manco sapeve esistesse il Medioevo.. lo scrittore crea in parte il suo pubblico, come gli stessi saggi di Eco ipotizzavano.
2.Chi ha tradotto “il Diavolo veste Prada” forse non sapeva nulla di riviste di moda, ma chi lo ha scritto sì, altrimenti non sarebbe risultato minimamente realistico: è la stessa differenza fra i telefilm americani ambientati, ad esempio, in ospedali, tipo ER e Dottor House, dove gli autori in genere sono medici e sono così precisi che persino le prescrizioni della posologia delle medicine corrisponde, e le serie ambientate nei pronto soccorsi italiani, che invece fanno pena perché scritti da gente che non sa neppure come è fatta una barella.
3. Hai ragione che “manco di scuola”: infatti sto cercando di imparare sul campo. Hai ragione che, per ora, non ho un progetto generale, se non molto vago. Del resto non ero partita pensando ad un romanzo a puntate, per cui sto aggiustando il tiro mentre scrivo i nuovi post. Probabilmente è per questo che alcuni passaggi risultano pesanti: ora che bisogna tenere un filo fra i racconti mi trovo costretta a ripetere alcune cose da un raccontino all’altro, o non ci si capirebbe più nulla. Ho scoperto però che il web, al contrario della carta stampata, con il link aiuta molto.
4. Però gli argomenti che mi interessano sono questi, quindi per ora non mi va affatto di cambiarli: tic di provincia, politica, corruzione spicciola etc etc. Cambiarli per ora non mi piacerebbe: a me piace analizzare il piccolo vezzo per cercare di indagare così il comportamento più generale. Impostazione da cronista, ma da lì vengo fuori.
5. Non sto affatto sputando in faccia alla “fortuna” che ho. Anzi. Confesso che non me ne capacito. Quando penso che ora ho un pubblico di affezionati lettori sono entusiasta. Sto cercando di capire come amministrarla. Anche perché immagino che quei lettori mi seguano perché nel mio blog trovano qualcosa che a loro piace e che è particolare, quindi non voglio rischiare di snaturlo per inseguire Dio sa cosa.
Forse tu hai troppa stima delle mie capacità e mi ritieni in grado di fare già adesso ‘sto “grande salto” (Che immagino sia scrivere un romanzo vero e proprio). Io invece sto ancora facendomi le ossa, e le sento un po’ scricchiolanti. Sto studiando, insomma. 🙂
@-> Goodidea e tutti: Ah, però, se volete facciamo un sondaggio su come si può evolvere la situazione del Vecchio Barone… vi anticipo che “Lui”, cioè il suo fascinoso ex assistente diventato ordinario tenterà di fargli le scarpe. VA bene? O avete altre idee? 🙂
Ma questo “fascinoso” giovane ordinario non combina proprio nulla con le giovini laureande biondoplatino e/o le più scafate dottorande nerocorvine? Non esamina più a fondo tra un dopo esame e una tesina? Suvvia e mettiamoci anche un po’ di pepe, no? Chessò anche solo un primo abbozzo scandalos-erotico, eh. Che così si fa più contento anche il Good. 😀
@ Galatea
1) Conoscere nei dettagli la costruzione di un romanzo non significa saperlo scrivere. Mi presto come esempio, se vuoi. Eco aveva il vantaggio di conoscere il Medioevo, come tu conosci bene il Veneto. Lui ha fatto un enorme lavoro di “pre-produzione”, fase che premia sempre anche gli scrittori mediocri.
2) Parliamo proprio di “scuola americana”, paese che ha inventato il cinema e la tv. Sanno fare intrattenimento. Se porti un romanzo da un editore italiano ti risponde sì o no, negli USA ti dice che un capitolo va completamente riscritto perché è politicamente scorretto, oppure è troppo simile a quello di un concorrente, o ti consiglia un’idea migliore. E magari sei Stephen King.
Comunque è sempre bello vedersi un film e poi andare a sbirciare su imdb.com la sezione “goofs”…
3) I link aiutano, ma costringi a leggere troppo. O il post è una novella a sè stante, oppure è un romanzo a puntate. Un ibrido mi spaventa, e i lettori non lo capiscono perché abituati alla tradizione.
4) Mi raccomando che non sia cronaca nera! Tutto ma non quella!
5) Attenta, è una decisione molto delicata. Ti consiglio di confrontarti con chi ha maggiore esperienza, sia sul web che sulla carta stampata.
6) Il sondaggio per me è un’idea grandiosa, finalmente usiamo la vera interatività che internet offre. Sarà anche “sperimentale”, ma è una novità che può rivelarsi positiva… naturalmente se riesci a stare dietro alle richieste della “massa”.
Non credo sia questione di stima esagerata, è solo che, guardando il tuo lavoro dall’esterno, a volte lo giudico perfetto, in altri momenti ti vedo inciampare in errori macroscopici. La tua esperienza passata ti condiziona e imparare a scrivere narrativa da soli mi pare difficile. Dovresti essere forse un po’ più critica, magari rileggendoti un vecchio post e, dopo averlo ben studiato e sezionato, riscriverlo.
Anche io sto provando a fare una cosa del genere, oltre ad aver iniziato un blog, ed in effetti quello che mi ha incuriosito era il poter ricorrere alla serialità, con uno strumento moderno, per mezzo della scrittura, strumento antico assai.
@->Goodidea: Vabbe’, allora a chi chiedo? E gli “errori mascroscopidi” quali sono?
@->Frap: Devo metterci più sesso? Oh mamma. Ok, cercheremo di provvedere… 😉
Boh, nn lo so. le discussioni in questi commenti sono interessanti, non dico di no. ma devo ammettere che mi appassionano poco.
questo blog è tra i più divertenti e interessanti che ci siano in circolazione.
tra spinola, l’accademia ecc…, a me sembra di leggere un David Lodge più ironico e incisivo. (questo se proprio son da fare paragoni).
detto questo, non vorrei che per rispondere alle discussioni Galatea perdesse quel tempo che le serve a scrivere un altro dei suoi post.
tic di provincia, politica, corruzione spicciola etc etc., ovvero quando il senso della vita spinge verso il nulla. Frap,nel Veneto il ludico è assai, assai antico. Ha radici estesissime.
@ Galatea
Tu prepara la domanda, io la passo al guru.
Errori? Per favore non costringermi a rileggere tutto il blog!
Non cedere a Frap, è vittima della fallocrazia berlusconiana.
Rispondo al sondaggio: che “Lui” tenti di fargli le scarpe è nel logico sviluppo delle cose.
A te scegliere le circostanze, ma vedrei bene un fallimento 😉
sull’internet il problema vero è avere una guida che ti indichi ciò che val la pena di leggere, io leggo questo blog grazie alle segnalazioni di mitì vigliero, che segnalò il bel thread su didone, e difatti ho riscontrato uno stile di scrittura eccellente, un notevole ritmo narrativo, una capacità evocativa fuori del comune; certamente i contenuti esprimono le idee, le appartenenze sociali, le personali indiosincrasie, le qualità etiche ed anche i pregiudizi, i pregi ed i difetti di colei che scrive, ma questo accade per ogni opera letteraria
alla lunga diventa una faticaccia, se non ti pagano, questo sì
mi stupisco del tuo stupore: proprio come il feuilleton o la telenovela rassicurare il lettore con personaggi già noti permette di parlare di quel che si vuole senza doversi continuamente riconquistare la sua attenzione. Se il mezzo che usi (il blog) è dispersivo, usare un canone narrativo e una cornice ambientale ti permette di parlare quasi di tutto quel che ti pare con minor necessità di spiegargli il tuo punto di vista di partenza. Lui lo conosce già o al massimo può andare a leggersi le puntate precedenti se qualcosa non gli è chiaro.
Del resto è il meccanismo vincente di tutti gli artigianati letterari e narrativi (vogliamo parlare del cinema?), come dici tu. La differenza la fa la qualità della scrittura: non credere che il pubblico non sia capace di capire la qualità in un prodotto seriale.Certamente ci sono prodotti diversi per pubblici diversi, ma ogni pubblico di riferimento avrà l’ambizione e la pretesa di capire se quel genere a cui lui è affezionato è scritto bene o male.
Nel tuo caso bene ed è questo che tiene avvinti i tuoi lettori: ce li avresti anche senza l’aiuto della serialità ma dureresti un po’ più di fatica.
Sempre avvinto, del resto son quasi concittadino del vecchio barone e a volte mi sembra di conoscerlo (e qui vien fuori la qualità del lavoro letterario).
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Beh, io ti commento su Ibridamenti…
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“Atena non abita più qui” è semplicemente strepitoso. Potremmo averne una puntata a settimana?
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@->Ipazia e paolo: Be’, effettivamente il “Vecchio barone” mi sono resa conto che comincia ad avere un folto pubblico di appassionati. Ok, adesso cerco di scrivere qualche altra puntata. NOn garantisco però di riuscire a sfornarne a calendario fisso. Non ci crederete ma ho anche un lavoro e una vita fuori dal web… 😉
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Ibridamenti mi sputa fuori un messaggio d’errore ridicolo. Mi odia anche lui. 😦
Sì, ragioniamoci.
Ma prima facciamo un passo indietro.
“… un blog… l’ho trattato come … un giornale.”
Questa scelta ti allontana dalla maggior parte dei blogger che considera le paginette web come un diario. Se ti sfogli alcune piattaforme di social network come Splinder, leggi vagonate di pensierini assurdi, “fotine” delle vacanze, “non ci crederete ma oggi è successo che…” Giusy ha mollato Alex, Pinky si è messa con Bibo, Titti e Nemo hanno litigato. Mai un nome di battesimo, perché la realtà non abita più lì, si desidera proprio tenerla lontana.
Eppure ci sono poesie, novelle, idee. Purtroppo tutto fine a se stesso, senza un pensiero di fondo, privo di ogni organizzazione. Manca anche il rispetto verso il lettore, non ci si preoccupa di aggiornare le pagine con la giusta frequenza e non si risponde ai commenti.
Io e te siamo un po’ simili, io non riesco a immaginare un post dove racconto una cosa mia, a meno che non abbia un significato sociale, una morale, che in qualche modo possa interessare i lettori. E non sono un giornalista…
Detto questo il significato del post crolla, nel senso che facendo tu parte di una “anomalia” diventa quasi inutile discutere di un argomento così lontano dalla “massa”. Oppure no? In fondo tu, e Travaglio citato da Maddalena, siete fra i blog più letti in Italia, abbiamo forse scoperto la pietra filosofale che fornisce un rank infinito, conoscenza dei congiuntivi eterna e valanghe di lettori? Magari!
Ok, facciamo un passo in avanti e ritorniamo a Galatea versione 2.0
Mi ricordi il boom di internet, quando pazzi investitori si buttarono sulla rete convinti di fare soldi a palate. Non fu così, le mille bolle esplosero e la borsa crollò. Non è possibile portare il mercato tradizionale nell’ambiente virtuale, sopravvive solo colui che inventa nuovi servizi. Per questo motivo se iniziamo a paragonare un post ad un feuilleton o una telenovela rischiamo di commettere un errore grossolano, evitabile.
Sì, ti puoi fare le ossa, ma in questa ottica finirai con lo scrivere ottimi romanzi solo per la carta stampata.
Se non reinventi il feuilleton resti in bilico fra il vecchio e il nuovo, in un ibrido dal retrogusto amaro.
Per non fare la solita figura del rivoluzionario nichilista ti elenco alcune migliorie che eviti con la classica femminile testardaggine:
– Il numero delle battute. I lettori hanno un tragitto da seguire durante la loro navigazione giornaliera, tu sei solo uno scalo momentaneo. Non puoi trattenerli troppo, oppure ti saltano. Se deve essere un feuilleton non è accettabile che sia più corto o più lungo di mezza pagina, altrimenti il direttore del quotidiano ti tira ne orecchie, per non dire di peggio.
– La frequenza. I lettori hanno i loro “tempi”, devono metabolizzare un post prima di passare al successivo. È vero che c’è chi si divora un libro in due giorni e chi lo mordicchia in un mese, qui occorre solo sondare le preferenze.
– Il contenuto. Siamo certi che ai lettori piaccia Spinola? Come abbiamo notato il “sesso ludico” tira moltissimo, ma qui abbiamo trascinato di forza un soggetto tradizionale dentro in monitor a 19 pollici. E se il popolo della rete volesse altro? Magari qualcosa di un po’ più moderno, legato alle esperienze di Facebook, alle chat notturne, ai giochi di ruolo di gruppo? Se la politica, l’economia, la scuola avessero rotto le scatole? In fondo si tratta di racconti “d’evasione”, Dumas ha scritto d’amore, odio, tradimento e vendetta, sicuramente non a caso!
– L’interattività. Viene considerata “sperimentale” perché tutti ne hanno paura e difendono le loro opere come l’ultimo salvagente del Titanic. C’è, va usata ed è un enorme vantaggio per capire i gusti dei lettori. Senza fermarsi a chiedere “Chi vi piace, chi volete che ammazzi?”, ma domandando anche “Perché?”.
Io dico: Galatea ha un ottimo stile, però è cocciuta, si “crogiola volentieri” in questi post esteticamente belli, ma non è ancora riuscita a fare il grande salto.
Galatea risponde: sono cavoli miei e a me piace così, sono un po’ vanitosa e chissenefrega se uso il blog per masturbarmi.
Con stima, ma deluso.
Paolo
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@->Goodidea: Su certe cose sicuramente hai ragione.
Sono arrivata al blog un po’ per caso, e la mia prima idea era quella di aprire un sito in cui inserire i miei raccontini per farli leggere ai miei amici. Prima di aprire il mio blog, i blog neppure li leggevo. Non pensavo che i miei racconti li avrebbe mai letti anche gente che non conoscevo e ci si appassionasse pure. Mi ha stupito pareccchio, anzi. Non sono neanche lontanamente partita con l’idea di fare letteratura, e tanto meno letteratura sperimentale: a dire il vero al massimo mi ispiravo ai racconti di don Camillo, quindi immagina un po’ che alte mire culturali avevo ed ho. Per giunta non sono neppure molto portata per la letteratura sperimentale o d’avanguardia: io arrivo fino ai classici dell’Ottocento, poi mi areno. Non mi sono mai posta quindi il problema di fare un “grande salto”, semplicemente perché non avevo la minima intenzione di fare nulla di “innovativo”: ho solo scritto e postato quello che piaceva a me.
Sono d’accordo con te che spesso i miei racconti hanno una misura poco adatta al web, e forse anche uno stile poco adatto al web. Però, del resto, quello è il mio stile: non è per cocciutaggine che lo difendo, è che non ne ho altri.
Stesso discorso per le tematiche scelte. Scuola, Università e Spinola possono stancare. Sono d’accordo. Purtroppo sono gli ambienti che conosco bene e di cui posso scrivere con cognizione di causa. Avendo sempre ceercato di dare ai miei racconti un taglio satirico, sì, ma realista, mi riesce impossibile scrivere di mondi che non mi appartengono. Non posso decidere di ambientare un mio racconto in una rivista di design o di moda, per esempio, perché non ne ho mai frequentata una, non so come sia fatta e che tizi ci bazzichino. Risulterei poco credibile e probabilmente molto banale se provassi a ambientare un racconto in un ambiente simile. Anche di chat notturne so poco, quindi mi astengo.
C’è da dire però che, siccome il blog per me non è un lavoro nè una fonte di guadagno, non sono particolarmente vincolata al numero di lettori, nè ho un editore che mi tiene il fiato sul collo se le visite al mio sito crollano e la puntata del giorno non fa auditel. Se Spinola un domani dovesse stancare, vuol dire che mi leggeranno solo quei tre/quattro a cui continua a piacere (sempre ammesso che non stanchi parlare di Spinola prima me). Il blog, probabilmente, è una forma di masturbazione mentale, ma da questo non vedo scampo: è il prodotto di un singolo autore, ed è vincolato, quindi, alle sue manie ed alle sue virtù. Del resto, tu, Goody, sul tuo blog come ti regoli? Scrivi i post dopo aver fatto una ricerca di mercato su quale sia l’argomento che attirerà più lettori?
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Ci sono delle osservazioni interessanti nel commento di Goodidea che, in parte condivido e in parte no, ma che hanno soprattutto l’aspetto positivo di portarci a prestare maggior attenzione su alcuni meccanismi.
Non ricordo più quando sono approdato la prima volta su questo blog, ma rammento benissimo che è finito direttamente nella lista dei miei preferiti: per uno che ama leggere trovare dei post scritti con garbo e con arte è sempre una soddisfazione e la forma, solo all’apparenza semplice, con cui sono creati, facilita la lettura su un mezzo che non è esattamente l’ideale su cui sostare gli occhi per ore.
Io mi godo da matti i racconti lunghi e se capito in un momento in cui non ho molto tempo a disposizione non me ne preoccupo, perché posso ritrovare il post in un secondo momento e dedicargli il tempo che si merita.
Per quanto poi l’argomento dei racconti possa sembrare limitato a settori specifici, i post sono comunque intervallati da altri di tema diverso, e fino ad ora non ho mai avuto accenni di noia. Questo a voler usare il blog per le sue caratteristiche, perché se decido di leggere semplicemente i post appartenenti ad una singola categoria sono consapevole che l’argomento trattato si svilupperà solo in alcuni ambiti e sarò pronto mentalmente a questo.
Non dimentichiamoci poi che i lettori scelgono i blog per le loro caratteristiche e non semplicemente in quanto tali, quindi quello che mi aspetto da Galatea è l’espressione del suo stile e non un prodotto che si adegua alle mie preferenze: sta a me scoprire se c’è affinità, curiosità ed interesse con i suoi scritti, e decidere se ho voglia di passarci del tempo a leggerli, ragionarli approfonditamente e commentarli.
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Sono stato un buon lettore di Harmony, dico che se m’impegno ti piazzo dei brevi racconti da far gocciolare il cuore. 😉
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@ Galatea
Ho aperto il blog per dare libero sfogo alla mia creatività, per capire cosa offriva il web, cosa significava avere un feedback dai lettori. Purtroppo, per ragioni personali, si è un po’ perso per strada, ha preso una direzione poco definita. Le “lezioni di giornalismo” avrebbero senso all’estero, la stampa di regime è talmente cafona che fargli le pulci è un gioco da bambini…
Tu godi di un’enorme fortuna. Costruisci in modo perfetto il periodo e completi il paragrafo con grande equilibrio, per questo motivo hai molti lettori, perché a volte è anche bello perdersi in un post vuoto scritto bene. Ma i racconti non sono affatto vuoti e il più delle volte sono storie complete, che non necessitano di appartenere ad una “categoria” o una “rubrica”.
Anni fa, un professore universitario decise di scrivere un romanzo, prendendosi così una “vacanza” e abbandonando per qualche mese la saggistica. Volle parlare di cultura, di come si tramandava, si riscriveva, si occultava. Iniziò a creare i personaggi, i loro nomi, il carattere, addirittura grezzi disegni del loro aspetto. Stese una bozza, poi la estese, si documentò, e capitolo dopo capitolo concluse l’opera. Che palle, verrebbe da dire, un romanzo sulla cultura! Sebbene non fosse un capolavoro ha venduto milioni di copie in tutto il mondo: Il nome della Rosa di Umberto Eco.
Non si capisce perché ti dovresti sentire piccina picciò di fronte a Eco. Non è lui ad aver creato un gran libro, è stato il metodo usato. Metodo che tu ignori volontariamente per due motivi: 1) al giornalista viene dato un evento da descrivere e (se va bene) commentare 2) come tutti gli scrittori italiani non hai alle spalle una scuola.
Ti ispiri hai classici? Ottimo! Sempre meglio che scopiazzare gli autori di best seller che (aiutati da redazioni fantasma) sfornano libracci a ripetizione. Sperimentazione e avanguardia? Evitiamo quei terribili esperimenti molto pubblicizzati e mal fatti di fumetti o novelle interattive, tu fai avanguardia ogni volta che termini una frase con “tiè!”, o usi un gergo moderno ormai d’uso corrente.
Immagina di dover sceneggiare per il cinema “Il diavolo veste Prada”. Non sai nulla di moda-magazine? Neppure io, forse neppure chi ha tradotto il romanzo in film. Ci si rimbocca le maniche e si raccoglie materiale. Sulla moda, le modelle, la preparazione di un mensile, la vita d’ufficio, il marketing. È ovvio che messo così questo discorso ti spaventa o forse non lo capisci. Eppure un salto di qualità l’hai fatto, un tempo scrivevi di massaie sbudellate da mariti cornuti, oggi sei creativa, parti cioè da (quasi) zero. Personalmente, avere l’opportunità di partorire un’idea basata su un ambiente che non conosco è una sfida che mi affascina, perché sento che la mente parte a 360° a viaggiare in un nuovo universo che lentamente prende luce. Accidenti, proprio come ha fatto Umberto Eco! Col vantaggio di tenere il cervello lucido, lontano da stupide droghe…
Galatea versione 1.0, dove ti conobbi, aveva delle storielline molto gradevoli, che avevano ognuna un significato, una morale, al di fuori della “raccolta” che ne facevi. Erano novelle “chiuse”, non chiedevano ai lettori di ricordare i personaggi delle “puntate precedenti”, né spingevano “sequel”. Avevano un inizio che incuriosiva, una trama credibile, un finale che quadrava il cerchio. Con Spinola e il Barone hai tentato un gioco più complesso, cioè quello di spingerti oltre e inserire elementi rubati dalla realtà. Il primo difetto che noto è che alcuni elementi sono impopolari, un poco fastidiosi. Ad esempio la politica e il malcostume imprenditoriale ci rompono l’anima nei telegiornali, sul lavoro, nella nostra stessa vita, quindi non vedo come possano diventare uno spunto positivo nei tuoi racconti.
Temo inoltre che manchi la stesura di un soggetto di base, che per questi lavori è indispensabile. Infatti ho notato alcuni paragrafi “pesanti”, poco fluidi e ripetitivi, che rallentavano la scrittura. Una volta questo non accadeva, forse perché eri meno pretenziosa, forse perché la “velina” era più semplice e meglio definita in mente e sapevi (da brava giornalista) di non dover superare le due cartelle.
Tu dici: ù capì, ma io mi masturbo così e fambagno i lettori.
Io rispondo: mi fanno schifo le persone che sputano in faccia alla fortuna che hanno. Faccio il tifo per te e so che ti manca solo un grammo per il famoso “grande salto”. E non osare contraddirmi o vengo a Spinola e di grammi te ne tolgo 21 (colta citazione cinematografica).
I said, ma non è finita qui! 🙂
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@->Goodidea: Cerco di rispondere in ordine, perché il commento è interessante e dà molti spunti:
1. Umberto Eco ed il Nome della Rosa. L’esempio tiene fino ad un certo punto. Lui erano almeno vent’anni che studiava il Medioevo e i meccanismi della letteratura di massa. In breve, anche lui ha scritto di un ambiente che conosceva come le sue tasche (praticamente come io conosco Spinola, o conosco certi meccanismi universitari), e il “metodo” per creare un best seller lo aveva analizzato in decine di suoi saggi. Inoltre non credo che Eco abbia scritto il suo romanzo ambientandolo nel Medioevo perché prima ha fatto un sondaggio fra potenziali lettori. Tre quarti dei lettori del Nome delle Rosa, prima del Nome della Rosa manco sapeve esistesse il Medioevo.. lo scrittore crea in parte il suo pubblico, come gli stessi saggi di Eco ipotizzavano.
2.Chi ha tradotto “il Diavolo veste Prada” forse non sapeva nulla di riviste di moda, ma chi lo ha scritto sì, altrimenti non sarebbe risultato minimamente realistico: è la stessa differenza fra i telefilm americani ambientati, ad esempio, in ospedali, tipo ER e Dottor House, dove gli autori in genere sono medici e sono così precisi che persino le prescrizioni della posologia delle medicine corrisponde, e le serie ambientate nei pronto soccorsi italiani, che invece fanno pena perché scritti da gente che non sa neppure come è fatta una barella.
3. Hai ragione che “manco di scuola”: infatti sto cercando di imparare sul campo. Hai ragione che, per ora, non ho un progetto generale, se non molto vago. Del resto non ero partita pensando ad un romanzo a puntate, per cui sto aggiustando il tiro mentre scrivo i nuovi post. Probabilmente è per questo che alcuni passaggi risultano pesanti: ora che bisogna tenere un filo fra i racconti mi trovo costretta a ripetere alcune cose da un raccontino all’altro, o non ci si capirebbe più nulla. Ho scoperto però che il web, al contrario della carta stampata, con il link aiuta molto.
4. Però gli argomenti che mi interessano sono questi, quindi per ora non mi va affatto di cambiarli: tic di provincia, politica, corruzione spicciola etc etc. Cambiarli per ora non mi piacerebbe: a me piace analizzare il piccolo vezzo per cercare di indagare così il comportamento più generale. Impostazione da cronista, ma da lì vengo fuori.
5. Non sto affatto sputando in faccia alla “fortuna” che ho. Anzi. Confesso che non me ne capacito. Quando penso che ora ho un pubblico di affezionati lettori sono entusiasta. Sto cercando di capire come amministrarla. Anche perché immagino che quei lettori mi seguano perché nel mio blog trovano qualcosa che a loro piace e che è particolare, quindi non voglio rischiare di snaturlo per inseguire Dio sa cosa.
Forse tu hai troppa stima delle mie capacità e mi ritieni in grado di fare già adesso ‘sto “grande salto” (Che immagino sia scrivere un romanzo vero e proprio). Io invece sto ancora facendomi le ossa, e le sento un po’ scricchiolanti. Sto studiando, insomma. 🙂
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@->gians: Noooo! io i racconti Harmony li adoro! Scrivili, scrivili, scrivili!!!! 🙂
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@-> Goodidea e tutti: Ah, però, se volete facciamo un sondaggio su come si può evolvere la situazione del Vecchio Barone… vi anticipo che “Lui”, cioè il suo fascinoso ex assistente diventato ordinario tenterà di fargli le scarpe. VA bene? O avete altre idee? 🙂
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Ma questo “fascinoso” giovane ordinario non combina proprio nulla con le giovini laureande biondoplatino e/o le più scafate dottorande nerocorvine? Non esamina più a fondo tra un dopo esame e una tesina? Suvvia e mettiamoci anche un po’ di pepe, no? Chessò anche solo un primo abbozzo scandalos-erotico, eh. Che così si fa più contento anche il Good. 😀
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@ Galatea
1) Conoscere nei dettagli la costruzione di un romanzo non significa saperlo scrivere. Mi presto come esempio, se vuoi. Eco aveva il vantaggio di conoscere il Medioevo, come tu conosci bene il Veneto. Lui ha fatto un enorme lavoro di “pre-produzione”, fase che premia sempre anche gli scrittori mediocri.
2) Parliamo proprio di “scuola americana”, paese che ha inventato il cinema e la tv. Sanno fare intrattenimento. Se porti un romanzo da un editore italiano ti risponde sì o no, negli USA ti dice che un capitolo va completamente riscritto perché è politicamente scorretto, oppure è troppo simile a quello di un concorrente, o ti consiglia un’idea migliore. E magari sei Stephen King.
Comunque è sempre bello vedersi un film e poi andare a sbirciare su imdb.com la sezione “goofs”…
3) I link aiutano, ma costringi a leggere troppo. O il post è una novella a sè stante, oppure è un romanzo a puntate. Un ibrido mi spaventa, e i lettori non lo capiscono perché abituati alla tradizione.
4) Mi raccomando che non sia cronaca nera! Tutto ma non quella!
5) Attenta, è una decisione molto delicata. Ti consiglio di confrontarti con chi ha maggiore esperienza, sia sul web che sulla carta stampata.
6) Il sondaggio per me è un’idea grandiosa, finalmente usiamo la vera interatività che internet offre. Sarà anche “sperimentale”, ma è una novità che può rivelarsi positiva… naturalmente se riesci a stare dietro alle richieste della “massa”.
Non credo sia questione di stima esagerata, è solo che, guardando il tuo lavoro dall’esterno, a volte lo giudico perfetto, in altri momenti ti vedo inciampare in errori macroscopici. La tua esperienza passata ti condiziona e imparare a scrivere narrativa da soli mi pare difficile. Dovresti essere forse un po’ più critica, magari rileggendoti un vecchio post e, dopo averlo ben studiato e sezionato, riscriverlo.
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Anche io sto provando a fare una cosa del genere, oltre ad aver iniziato un blog, ed in effetti quello che mi ha incuriosito era il poter ricorrere alla serialità, con uno strumento moderno, per mezzo della scrittura, strumento antico assai.
Solo che procedo un po’ a rilento 🙂
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@->Goodidea: Vabbe’, allora a chi chiedo? E gli “errori mascroscopidi” quali sono?
@->Frap: Devo metterci più sesso? Oh mamma. Ok, cercheremo di provvedere… 😉
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Boh, nn lo so. le discussioni in questi commenti sono interessanti, non dico di no. ma devo ammettere che mi appassionano poco.
questo blog è tra i più divertenti e interessanti che ci siano in circolazione.
tra spinola, l’accademia ecc…, a me sembra di leggere un David Lodge più ironico e incisivo. (questo se proprio son da fare paragoni).
detto questo, non vorrei che per rispondere alle discussioni Galatea perdesse quel tempo che le serve a scrivere un altro dei suoi post.
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@->Gala: e possibilmente ludico, anche se, lo sappiamo bene, sarà uno sforzo di fantasia durissssssimo… 😉
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tic di provincia, politica, corruzione spicciola etc etc., ovvero quando il senso della vita spinge verso il nulla. Frap,nel Veneto il ludico è assai, assai antico. Ha radici estesissime.
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@ Galatea
Tu prepara la domanda, io la passo al guru.
Errori? Per favore non costringermi a rileggere tutto il blog!
Non cedere a Frap, è vittima della fallocrazia berlusconiana.
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Rispondo al sondaggio: che “Lui” tenti di fargli le scarpe è nel logico sviluppo delle cose.
A te scegliere le circostanze, ma vedrei bene un fallimento 😉
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sull’internet il problema vero è avere una guida che ti indichi ciò che val la pena di leggere, io leggo questo blog grazie alle segnalazioni di mitì vigliero, che segnalò il bel thread su didone, e difatti ho riscontrato uno stile di scrittura eccellente, un notevole ritmo narrativo, una capacità evocativa fuori del comune; certamente i contenuti esprimono le idee, le appartenenze sociali, le personali indiosincrasie, le qualità etiche ed anche i pregiudizi, i pregi ed i difetti di colei che scrive, ma questo accade per ogni opera letteraria
alla lunga diventa una faticaccia, se non ti pagano, questo sì
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