Luca de Biase, oggi, ha scritto un post sul problema delle ricerche copia-incolla da internet che ormai sono una jattura dilagante in tutte le scuole di ordine e grado, dalle elementari alle tesi di laurea. Dato un argomento X che il docente ti ha assegnato e sul quale pretende, per imperscrutabili motivi si suppone didattici, una relazione, l’alunno medio dall’asilo all’Università ha ormai imparato una tecnica fenomenale: si fionda al computer – nel caso non abbia la possibilità o sia particolarmente pigro precetta un genitore a caso perché usi all’uopo il computer e la connessione internet dell’ufficio – va sul primo sito che Google gli segnala sull’argomento e zàc, copincolla furiosamente tutto ciò che trova, premurandosi solo, se è appena un pochino accorto, di formattare il carattere e dare al documento la parvenza di qualcosa cui si è pensato per almeno quindici secondi.
Che le ricerche scolastiche non servano ad una beneamata cippa è cosa ben nota a qualsiasi docente: fin da quando sui banchi ci stavamo noi la “ricerca” era un comodo escamotage per agguantare un voto positivo con il minimo sforzo: si prendeva a caso, dallo scaffale del salotto o della biblioteca pubblica, il primo volume d’enciclopedia con la voce utile e si ricopiava o fotocopiava quanto scritto, senza il minimo filtro critico e senza porsi domande. La differenza stava nel fatto che, costretti almeno a ricopiare dal libro, qualche lacerto di informazione, talvolta, si sedimentava nostro malgrado nel cervello: rimanevano così, come scogli solinghi emergenti dalla marea, i concetti che in Spagna cresce il sughero o il trattato di Campoformio è del 1797; dati che da soli, beninteso, non servono una cippa manco loro, ma son sempre nozioni che uno un domani può citare in una conversazione per fingere di sapere qualcosa che non sa.
La generazione internet rischia di non avere nel cervello neppure questi mozzichi di sapere: clicca, copia, incolla e manco rilegge. Oltre alla mancata memorizzazione, l’articolo americano da cui De Biase parte cita anche un altro problema: i ragazzi, abituati a cliccare a caso sul primo sito disponibile in rete, non riescono più a capire né il concetto di “plagio” né quello di “autore”. La rete è un archivio indistinto da cui si pesca liberamente, sì ma anche senza controllo e senza spesso nemmeno porsi il problema di chi abbia scritto la tal cosa o il tale post. De Biase dice che questo è un problema secondario, rispetto alla ormai chiara incapacità di trarre profitto da parte dei ragazzi dalle ricerche in rete; invece, secondo me, da insegnante, il lato più inquietante delle ricerche copia-incolla è proprio questo: la totale mancanza di percezione, nei ragazzi e anche spesso nei genitori che li aiutano a fare ricerche con questo metodo (nonché dei colleghi che poi le valutano), che in rete non è solo importante trovare alcune informazioni, ma controllare da chi e come sono state messe lì.
Noi ragazzini di un tempo che eravamo precettati a fare altrettanto inutili ricerche ci muovevamo però, per così dire, in un ambiente protetto: se prendevamo il volume di un’enciclopedia dallo scaffale avevamo la certezza di citare come fonte di informazioni un testo che, per quanto semplice, era stato in qualche modo revisionato da un comitato di esperti. La stupidaggine poteva sempre essere scappata, ma la probabilità che ci fossero nella voce copiata miriadi di inesattezze o vere e proprie bufale era certo assai ridotta. I ragazzini che vanno allo sbaraglio su internet (e spesso i loro altrettanto e forse più inconsci genitori) nuotano invece in un mare pieno di pescecani senza nemmeno rendersene conto. Ogni volta che spiego nelle mie classi come funziona il criterio di selezione dell’algoritmo di Google o quale sia il principio su cui è basata Wikipedia vedo bocche che si spalancano per la meraviglia; tutti, e i loro genitori anche, sono convinti che essere primi nella lista di Google sia automaticamente una certificazione di autorevolezza, per cui, faccio un esempio, se in capo ai risultati di Google per “sistema solare” trovassero un sito che racconta loro la teoria tolemaica, prenderebbero per buono che la terra è ferma al centro dell’Universo ed il sole le gira intorno.
La rete come contenitore aperto e gratuito da cui si può pescare liberamente e senza controllo non è pericoloso tanto perché mina il concetto di copyright, ma perché mina, se non vengono ben illustrati i meccanismi con cui siti e motori di ricerca sono stati sviluppati, un fondamento ben più importante del copyright: quello che la veridicità dell’informazione non dipende dalla sua diffusione o dalla sua facile reperibilità, ma dall’autorevolezza di chi l’ha raccontata o messa in circolo, o dalle prove che egli porta a sostegno. Paradossalmente internet, usata con criterio, potrebbe consentire nelle classi attività molto più stimolanti: presa una notizia campione, tramite una ricerca su Google si fanno comparare in tempo reale le fonti che la trattano sulla rete, sottolineando e facendo riflettere gli alunni sulle differenze fra i vari resoconti, o sui veri e propri “errori”, incongruenze e fraintendimenti che si trovano disseminati nelle pagine così reperite. L’unico modo per insegnare loro come fare una ricerca è spingerli a confrontare versioni diverse riportate su diversi siti. Così si rendono conto, sbattendoci il muso, che se una cosa la racconta Caio, che è persona seria, gli si può credere, mentre che se la racconta Tizio, anche se Tizio è il più cliccato di Google, è meglio andarci cauti a copiare da lui.
detesto i pensieri che contengono, anche in modo indiretto, l’espressione “ai miei tempi”, immancabilmente seguita da una molto meno indiretta pretesa di “migliorità”.
fa coooooooosì OLD.
clà
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purtroppo anche grandi filosofi fanno così (vedi la querelle su Galimby). copiano.
comunque è vero. Ma io le ricerche le facevo bene.
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@clà: No, qua non si tratta di un vago rimpianto per le epoche passate. Le ricerche non servivano a nulla nemmeno una volta. Qui però bisogna seriamente lavorare per creare una coscienza di come si controllano le fonti, altrimenti ci cresciamo generazioni che rischiano di bersi qualsiasi stronzata, peggio di prima.
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“rischiano di bersi qualsiasi stronzata”.
come quelle del tg-1…
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Mi trovo perfettamente d’accordo con te, Galatea.
Mi rendo conto proprio in questo periodo in cui sto facendo delle ricerche in rete che sembra di assistere al giochino che facevamo da bambini: ti dico una cosa all’orecchio, tu la dici a un altro, poi ad un altro ancora, etc. e vediamo cosa viene fuori.
Leggo una cosa che mi sembra verosimile (scartandone altre mille che, al mio occhio ormai allenato, appaiono da subito come cavolate) ma cerco di non fermarmi lì e continuo la ricerca: scopro così che x (che mi sembrava affidabile) ha copiato da y, il quale a sua volta ha copiato da z, etc. e impiego un bel pò di tempo a capire, tra errori, fraintendimenti, equivoci, etc. chi ha detto cosa e chi ha ricopiato (con errori) la stessa.
E ormai, tra le varianti di errori commessi, riconosco anche chi, scopiazzando da più fonti (errate) ha fatto un frullato degli errori di tutti!
La rete è bella, ma bisogna saperla usare. Concordo con te sul fatto che bisogna insegnare ai ragazzi (ma anche agli adulti) a copiare bene. In una società post-post-moderna dell’ormai inevitabile “copia e incolla” (quella post-moderna di prima generazione aveva fatto della citazione il suo stile di pensiero), copiare con criterio diventa il quid che fa la differenza.
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Personalmente le ricerche le facevo bene e su testi autorevoli, non solo l’enciclopedia di casa.
Poi avevo anche degli insegnanti bravi, che se annusavano lavori di copiaincolla-senzapensieri ti marcavano stretto e ti facevano pentire di averlo fatto.
Concordo comunque che prima di copiaincollare bisognerebbe accendere il cervello. E concordo anche che questo fenomeno potrebbe essere un ottimo spunto per imparare qualcosa su come funziona l’internette. 🙂
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@gala: come se le ultime generazioni di italiani non si siano bevute OGNI cosa in OGNI possibile situazione. “peggio di prima”, come dici te, mi sembra francamente impossibile.
no, mi spiace, non ci posso fare nulla: ho ventanni e questi discorsi mi danno soltanto sui nervi. magari a quaranta li farò anche io, chissà, però spero di no.
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“presa una notizia campione, tramite una ricerca su Google si fanno comparare in tempo reale le fonti che la trattano sulla rete, sottolineando e facendo riflettere gli alunni sulle differenze fra i vari resoconti, o sui veri e propri “errori”, incongruenze e fraintendimenti”
Noi lo abbiamo fatto con i giornali, che in teoria dovrebbero essere i più “corretti” durante scienze, per correggere gli errori in una notizia sulla divulgazione di una nuova scoperta.
P.S. Ma i tuoi alunni sanno che hai un blog? Lo vengono a leggere?
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è compito dell’insegnante, che è pagato per fornire conoscenza agli alunni, valutare la bontà o meno della fonte e della ricerca che gli viene sottoposta
certo, era più facile accettare una ricerca fatta ricopiando dalla rizzoli-larousse o dalla treccani o da qualche decente enciclopedia per ragazzi
ma, l’insegnante, dottore nelle discipline che insegna, deve verificare e dire: questa che hai preso da wikipedia è una frescaccia, allora ti dò 4, oppure questa che hai scritto va bene, ti dò 8
certamente prima era più facile, ma le cose, molto banalmente, stanno così: chi insegna è pagato per insegnare giusto, non per insegnare sbagliato
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il problema generale della “garanzia” su quel che vien scritto, esiste, perchè la cultura non è quel che si accumula, ma è soprattutto quel che si scarta, è un processo di selezione
e con l’internet purtroppo non si butta via nulla, il ripostiglio è pieno e le teste vuote
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Queste cose le fanno anche i giornali. Ormai le redazioni sono composte da pochi professionisti e una marea di collaboratori co.co.co i quali, quando devono imbastire un articolo, si fiondano in internet a copincollare. I più furbi ad esempio si servono dei blog americani. Se controllate certe notizie di costume di Corriere e Repubblica, per dirne una, spesso sono traduzioni e nemmeno fatte bene.
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…eppure io mi sono imbattuta in te, carissima Galatea, cercando su Teramene mentre preparavo l’esame di storia greca!
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Ai nostri tempi, quando eravamo bambini, il copia-incolla era utile, non per destinare qualche neurone a Campoformio, ma per imparare la struttura di una relazione. Che crescendo diventava tema, tesi, e nel lavoro articolo di giornale, manuale d’istruzioni, preventivo dettagliato, anche una semplice email. Insomma, si capiva come gli adulti scrivevano in ordine, chiari e corretti. (i miei commenti confusi derivano dalle poche ricerche che ho fatto…)
Chiedere a un ragazzino delle medie una mente critica forse è troppo, considerando che i genitori sono indottrinati da Minzolini, Feltri, Fede & C.
La soluzione potrebbe essere molto semplice: non chiedere il testo di una ricerca, ma solo la sua fonte tramite un semplice link. 😉
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@goodidea: Compatibilmente con l’età del ragazzino, una riflessione critica si può pretendere da tutti, e se nessuno mai comincia fin dalle elementari ad insegnare ai pupetti che bisogna essere attenti e ragionare anche su Biancaneve e i sette nani, ci si alleva in casa ragazzini che poi da grandi si bevono le “notizie” di Minzolini e co. Poi io questa faccenda che dai bambini non si può pretendere la capacità critica o la logica è una solenne stupidaggine: prova a metterti a questionare con un bimbo che vuole convincerti a comprargli i Gormiti e ti troverai come avversario un piccolo Gorgia: ha comparato tutti i possibili giochi alternativi, è informato sui modelli e usa ragionamenti e espedienti retorici da consumato sofista. Non sottovalutiamo i bambini, per favore. 🙂
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Dissento completamente.
E brevemente rispondo:
1. Quello che si memorizza adesso non è il dato in se ma il modo in cui raggiungerlo… se ci pensi è anche meglio.
Chi ci garantisce che il cartaceo che tu adotti non è distorto?
Tanto per fare un esempio a me caro, l’Indice è esistito fino agli anni 60 e l’Opus Dei ce l’ha ancora (a sort of).
Non parliamo poi della Storia o della Filosofia. Quanti libri narrano Resistenza/Fascismo in modo distorto?
La Scienza si auto-emenda. Per quante bocche di fuoco può avere una teoria sbagliata, sarà sempre sommersa percentualmente.
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Postilla per la diffusione.
Se è più diffuso è allora (per me) più aderente alla realtà. Poi certo, ci possono anche essere delle distorsioni, ma il www per com’è ora, fa di tutti noi una fonte, quindi non mi sperticherei su queste posizioni…
A meno che tu non voglia regimentare il tutto, cosa che io non farei mai.
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Il grosso problema è oggi ancora più generale… cosa significa “autorevolezza” ?
Ieri se una cosa era pubblicata su un quotidiano era autorevole per definizione, oggi apri il Giornale di Feltri e ti metti le mani sui capelli.
Cosa è autorevole e cosa non lo è ? A guardarci bene, una vera libertà e fluidità di informazione, come quella su wikipedia, può paradossalmente generare più autorevolezza (grazie al peer review) dell’enciclopedia britannica.
Il problema quindi non sta tanto nell’autorevolezza della fonte (è sempre una questione di fiducia) ma nello spirito critico di chi fruisce dell’informazione.
Quello che internet sta uccidendo non è l’autorevolezza, è lo spirito critico. Leggi una cosa, impari a confrontarla, e ti fai una idea di cosa è baggianata e cosa no, a rischio di sbagliare, ma almeno ci pensi.
Oggi a scuola occorrerebbe un corso di “uso della rete”, che sia in grado di dotare i ragazzi di quello spirito critico che scarsegga, haime, persino nei docenti.
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@capemaster:1.Quello che si memorizza adesso non è il dato in se ma il modo in cui raggiungerlo. In realtà i ragazzini, molto spesso, memorizzano solo l’operazione “vado su google e copio la prima voce che mi viene segnalata”, esattamente come un tempo memorizzavano l’operazione “vado sullo scaffale e copio dalla voce dell’enciclopedia quello che c’è scritto”. Quindi non cambia nulla: fatte in questo modo sono due operazioni meccaniche (una richiede al massimo una scala e l’altra un pc collegato alla rete) che, fatte acriticamente, non hanno però alcuna implicazione diversa.
2. La critica delle fonti va infatti applicata anche al cartaceo, con esempi in classe. Ma mentre ormai è diffusa la percezione che i libri possono mentire e falsare le informazioni (anzi, proprio sull’onda delle polemiche fascismo/antifascismo la percezione diffusa è che ormai tutti i libri mentono, a prescindere) per internet ancora questa cosa è meno sentita. Ti stupirebbe, interrogando dei ragazzini a scuola, scoprire come per molti di loro “l’ho trovato su internet” equivalga al vecchio “lo ha detto la tv”.
3. E’ ovvio che la scienza si autoemenda. Ma qui stiamo parlando di altro: stiamo parlando di dare ai dei ragazzini gli strumenti pratici (spiegare loro, per esempio, come funziona google) per reperire informazioni sulla rete e capire come queste informazioni vadano verificate. Se non gli dai la formazione di base per distinguere fra un sito internet farlocco e uno serio (o tra un libro serio e uno zeppo di stupidaggini) è probabile che non riusciranno, da grandi, a diventare scienziati, al massimo faranno pellegrinaggi da Padre Pio.
4.” se è più diffuso è più aderente alla realtà”. I servizi di Minzolini sul tg1 sono molto più diffusi e seguiti che non quelli di altri organi di informazione. Quindi Minzolini è più aderente alla realtà?
In realtà io non ho mai detto di voler irregimentare niente. Per me il www va benissimo come è ora, un mare magnum in cui si posta quello che si vuole (fatti salvi i siti che commettono reati, naturalmente). Dico però che va formata una coscienza critica in chi usa internet, spiegando come le informazioni vengono per esempio messe in rete, che non sempre il sito più cliccato automaticamente riporta notizie veritiere, che bisogna sempre controllare chi ci dice cosa e verificare se per caso ha detto (volutamente o meno) una stupidaggine. Allo stesso modo, di certo non sono contraria alla vendita di armi, ma troverei piuttosto pericoloso lasciarle liberamente in mano ai bambini o a persone che non sanno usarle e potrebbero far partire colpi a caso.
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@paolo marani: internet, in realtà, dovrebbe favorire l’insorgere dello spirito critico. Un tempo i ragazzini avevano a che fare con libri e giornali più o meno controllati, il che a volte poteva anche favorire una certa incapacità di difesa. Oggi, in contemporanea, possono essere esposti al bombardamento simultaneo di centinaia di fonti, che magari dicono cose contrastanti fra loro. Il bello della situazione è che hanno libero accesso immediato e possono rendersi conto che al mondo per ognuno che dice una cosa c’è una caterva di gente che dice l’opposto, al che lo spirito critico magari si sviluppa anche in maniera più naturale. Però come tutte le cose se viene coltivato e affinato con dei corsi che danno nozioni di base e insegnano i metodi per fortificarlo si ottengono di certo dei risultati assai migliori.
(Guarda, anche se mi scoccia, spezzo una lancia in favore di Libero e del Giornale: quanto a pescare stupidaggini dalla rete senza verificare non è che il Corriere, Repubblica o altri siano poi tanto meglio)
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@goodidea: Compatibilmente con l’età del ragazzino, una riflessione critica si può pretendere da tutti, e se nessuno mai comincia fin dalle elementari ad insegnare ai pupetti che […]
Una mente critica è innata, o si forma attraverso un’adeguata istruzione? Io penso che raramente sia innata e che l’educazione sia fondamentale.
Ma tu, docente, non puoi affermare: “Essendo la mia professione basata sulla trasmissione della conoscenza, i bambini impareranno solo il mio verbo.”
Nella realtà, come ben sai, è la famiglia che tramanda i valori. I bambini imparano dal padre a odiare i negri e i comunisti, come frodare il fisco pagando in nero, a sottomettere la mamma. Le bambine, guardando la tv, pensano che la mamma non si vesta abbastanza da puttana. (vedi il tuo post su Zola…)
In un’Italia dove l’analfabetismo supera il 70% la massa di caproni viene su a colpi di propaganda.
Non puoi opporti, è inutile combattere contro un mulino a vento come Don Chisciotte, e comprendo lo stupore quando scopri nuove ignoranze e lacune nei ragazzini, ma anche questo dovrebbe fare parte del tuo mestiere: cambiano i tempi, cambia la tecnologia, occorre inventarsi nuovi metodi d’insegnamento. Cosa puoi fare oggi? Semplicemente arginare, contenere il disastro, puntare sull’essenziale (fregatene se non sanno la data della Rivoluzione Francese, ma costringili ad amare la lettura!)
Non sottovaluto i bambini, come mi accusi, ne conosco le enormi potenzialità, ma la retorica dei loro sofismi è proprio il segnale di come abili strutture pensanti siano state forgiate dalla quotidianità a vivere solo secondo le regole della frode e del più bieco materialismo.
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@goodidea: veramente non credo di aver mai detto né pensato che “Essendo la mia professione basata sulla trasmissione della conoscenza, i bambini impareranno solo il mio verbo.” (anche perché sarei da ricovero). Io, semplicemente, a scuola propongo loro una serie di cose (nozioni, metodi) che ritengo possano essere loro utili. Vogliono impararli? bene. Non vogliono? Pazienza, magari hanno ragione loro, e ne troveranno di migliori per riuscire nella vita. Se la famiglia e la tv passano loro dei modelli, io sto lì alle volte per informarli che magari ce ne sono anche altri che non conoscono ancora, e a spiegar loro come possono valutare in maniera razionale quali modelli possano essere più efficaci. Personalmente non credo che l’insegnamento sia “opporsi” a qualcosa: sono pagata per fare l’insegnante, non per indire crociate e nemmeno per salvare il mondo dal “bieco materialismo”, locuzione che, peraltro, non ho mai ben capito cosa voglia dire esattamente, perché spesso pratico il bieco materialismo in qualche sua variante io pure.
Quando scopro lacune nei ragazzini cerco di insegnare loro come colmarle, tenendo ben presente però che anche se sono ragazzini hanno tutti una loro personalità e spesso delle ottime potenzialità. Ah, dimenticavo: io non voglio affatto “costringerli” ad amare la lettura: è il metodo migliore per fargliela odiare, di solito.
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Concordo e rafforzo sula capacità critica, che va allenata a qualunque età… dissento invece sul fatto che il metodo per allenarla nel marasma comunicativo-informativo sia il confronto.
Mi fa sorridere quando sento sedicenti esperti di comunicazione consigliare di leggere più quotidiani, di confrontare un sacco di fonti…
Se ci pensi chi fa cattiva informazione punta proprio a questo, ad esser confrontato con le fonti ufficiali e autorevoli. Se io compro il Corriere, la Padania e il Manifesto per confrontarli e ogni giorno scopro che l’analisi della crisi economica è più attendibile sul Corriere, confermo un pregiudizio che avevo già, manel frattempo ho comprato la Padania e il Manifesto.
Mutatis mutandis va applicato anche a Internet, lamania del confronto secondo me porta a consumare tante informazioni fino ad ingolfarsi che per i nativi digitali significa stufarsi dopo tre pagine e sbottare: “nonci capisco niente di x ” dove x può essere sostituito con: politica, tecnologia, economia, fiosofia, storia, lettere, latino etc.
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@deoameinfida: E quindi cosa proponi in alternativa? Tiriamo a caso?
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O lavori alla Northwestern University di Chicago, o sei Giulia Belardelli…
http://www.repubblica.it/tecnologia/2010/08/09/news/google-dipendenti_e_copioni_bocciati_i_giovani_sul_web-6143791/
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Averlo un insegnante come te! 🙂
“ragazzi per la prossima volta fateci una ricerca che poi la leggiamo in classe”. Questa è la premessa. La volta dopo manco se lo ricordano della ricerca. E se se lo ricordano “Fatta la ricerca? Ora non abbiamo tempo, la leggeremo la prossima volta, dobbiamo andare avanti con il programma”. Credo di non aver mai fatto una ricerca e averla letta in classe.
Il problema è complesso. Molti insegnanti hanno perso la passione per l’insegnamento (o non l’hanno mai avuta?), spesso guardano anche loro uomini e donne, amici e, se capita il grande fratello. E mi è capitato di assistere a scambi d’opinione con i ragazzi su chi è meglio di questo di quello. E io, che programmi così non ne guardo se non una volta ogni morte di papa per vedere a che punto è arrivata la demenza collettiva, sono rimasta di sasso.
Spiegano 4 nozioni in croce (ma spesso anche 2) e poi basta. “Che vogliamo fare, ragazzi?”.
Spunti su cui riflettere, non te ne danno. Ma non ti invogliano nemmeno a cercarli nei testi che devi studiare, l’analisi nozionistica ripetuta a pappagallo a loro basta.
Ma anche dire la propria è un problema. O non ti ascoltano, o ti sbeffeggiano dall’alto della loro “cultura” (cultura?? ops, mi sa che abbiamo concezioni diverse della parola “cultura”) o si offendono. Si offendono perchè sei arrivato a conclusioni tue, perchè la tua posizione è diversa dalla loro, perchè potresti avere idee che loro non hanno o non hanno avuto (competizione con gli studenti? uno dei tanti paradossi), perchè osi sollevarti da una fanghiglia massificata atomizzata e degenerata per cominciare a Pensare, a Vivere.
Non importa se sei bravo, se hai voglia di studiare, di capire il vero succo delle questioni, se anche nella pallosissima Storia ti sforzi di capire come sono andate veramente le cose, quali implusi umani hanno fatto sì che succedesse una certa cosa. Non importa. Anzi, dai quasi fastidio. Stai chiedendo che ti spieghino veramente qualcosa, che si discuta, che si mettano in gioco. E non sono disposti. Per uno Studente è una cosa veramente frustrante dover studiare a pappagallo le 4 nozioni sul libro e talvolta neanche quelle. E’ frustrante sottolineare pagine e pagine e pagine che l’insegnante non ha spiegato perchè non aveva voglia, è frustrante e poi non sempre c’è tempo. Se ti spiegano una cosa e poi la studi fai prima, ma se devi capire e poi studiare ci vuole un sacco di tempo.
Ma viviamo in una società dove meno Rifletti sull’essenza delle cose e delle persione e più sei figo, dove chi specula vince sempre, chi non è più un Uomo ha tanto, troppo, potere. Viviamo in un mondo in cui se Pensi qualcosa, possono anche pensare che hai la testa, ma poi tutto finisce lì. E, visto che Pensi e non ti limiti e ingurgitare le loro quattro cretinate, se possono ti levano di torno. Se la società è così perchè la scuola non dovrebbe esserne lo specchio?
Anzi, la scuola è il posto in cui si forgia quello che ci sarà domani al potere. Uno schifo.
Mi ripeto continuamente che le cose cambieranno, che non potranno essere sempre così, che un giorno toccheremo il fondo e poi torneremo sù.
Torneremo sù, torneremo sù…
Ripeto: averlo un insegnante come te.. 😀
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