
A me è sempre stato simpatico. Così, a pelle. Per i personaggi storici succede come per le persone reali: ci sono quelle che le incroci, magari non ti dicono neppure una parola, eppure sai che non le vorrai vedere più. E ci sono quelli che appena li conosci dici: «Ecco, questo sì!». E per me Camillo Benso, Conte di Cavour, è sempre stato uno di quelli che «Ecco, questo sì!».
Faccio parte di una generazione fortunata, che “incontri” storici così li poteva ancora avere sui banchi delle elementari: al contrario dei bimbi di oggi, che il Risorgimento non lo studiano, noi ci sorbivamo l’intero Ottocento in quinta, raccontato spesso da maestre con l’impostazione da libro Cuore. Un diluvio di piccole vedette Lombarde, generosi rivoluzionari, carbonari patriottici ma un po’ intronati e Guerre di Indipendenza in fila, una dietro l’altra, fino ad arrivare alla Prima Mondiale, che però era la Quarta nostra, con Canzone del Piave imparata e memoria, Caporetto e gita a un generico ossario sul Carso, a piangere qualche nonno impallinato là.
Li si imparava a conoscere quando eri ancora piccola, i Padri che avevano fatto l’Italia, martiri, eroi e semplici pasticcioni, e certo te li spiegavano, gli insegnanti, un po’ con toni da cartone animato, diciamo una puntata di Heidi in salsa risorgimentale, però noi bambini di allora – più svegli di quanto gli adulti sospettino, come tutti i bambini di ogni tempo – di quei tizi lì ci facevamo un’idea precisa. Così Silvio Pellico e i primi Carbonari me li immaginavo generosi ed entusiasti, ma un po’ coglioni; Radetzky, anche se era il nemico, si capiva subito che era stato un tipo sveglio, Garibaldi un compagnone, generoso e spontaneo, anche se meno guascone di quanto tutto quell’ambaradan di camicie rosse e giovani infervorati per la Patria potesse far pensare, mentre Mazzini, ecco, Mazzini, con quell’aria da notaio triste, il volto pallido, il naso affilato e sottile, la marsina nera, gli occhi illuminati da una sottile ma ben avvertibile luce da fanatico, Mazzini farselo simpatico, almeno per me, era impossibile, come mi è impossibile provare simpatia ancor oggi per gli intellettuali rivoluzionari e ieratici con grandi visioni, che nella pratica, però, fan spesso valanghe di danni.
Cavour, invece, mi piaceva proprio, mi faceva sangue, lo confesso, più di tutti i martiri sulle barricate, per quella sua capacità di essere una eminenza grigia ma con la schiena diritta, un uomo furbo, sì, come la nostra terra ne ha sempre partorito a vagonate, ma mai un furbetto, un politico, insomma, di quelli che avrebbero fatto felice il Machiavelli, perché in grado di essere spregiudicato, però con un fine ben preciso ed un traguardo da raggiungere più alto che non ricavarsi una prebenda o due osanna di popolarità.
Nel bailamme dell’Ottocento romantico e un po’ invasato, tendenzialmente sopra le righe, Cavour era un uomo pratico, sempre in grado di farsi bene i suoi conti e soppesare le circostanze contrarie e a favore, e proprio in virtù di questo intuiva anche quando era il caso di rischiare; attento alle spese ma non stupidamente avaro, capiva la differenza fra un soldo buttato ed un investimento di lungo termine; mandava sì la gente a farsi massacrare sui campi di battaglia, apparentemente senza un senso, come in Crimea, ma perché era uno dei pochi in grado di superare l’atavico provincialismo italiano che fa ritenere il nostro cortile di casa l’ombelico del tutto. Timoroso delle rivoluzioni, ma grande amante del progresso, testardo, tignoso e poco democratico perché maniacalmente determinato ad ottenere che tutti facessero quanto serviva a lui, però veloce a cambiare piano e modificarlo, se si accorgeva che le circostanze mutate rendevano impossibile ottenere subito quanto si era preventivato all’inizio, era anche facile a spazientirsi e a dare le dimissioni con incazzosa prontezza, convinto che il Piemonte avesse più bisogno di lui di quanto lui ne avesse del Piemonte. Un freddo passionale drogato di lavoro, ma non, probabilmente, del potere, a suo modo più sanguigno di tanti che si sperticavano in proclami ogni mezz’ora. Perché ci vuole una bella passione ed un amore incondizionato per sopportarsi anni di continui, anche se sempre negati, scazzi con il Re, e baruffe e frecciate da parte dei più estremisti, e critiche continue e sotterranee da parte dei tuoi, che, come in ogni tempo, sono pronti a mostrarsi poco convinti nel mentre, salvo vantarsi di essere stati determinanti a cose fatte, a beccarsi gli strali e i lamenti di chi dice di continuo che si è fatto troppo, o troppo poco, e comunque s’è fatto male. Ci vuole la gelida calma di un animo che ribolle per intuire le inclinazioni altrui e comprendere come sfruttarle, siano essi vizi di privati o di interi popoli: capire come guadagnarsi il rispetto degli Inglesi scalfendo la loro algida supponenza, e come far breccia nel cuore dei Francesi, o meglio, in quello del loro tiranno in carica, inviandogli, senza troppi scrupoli morali, ciò che vuole, ossia una bella cugina disponibile, e nel contempo tirare le fila e mai perdere il contatto e il controllo di tutto l’universo magmatico e malmotoso di rivoluzionari, giovani entusiasti, volontari, volonterosi, teste calde, gruppi di potere, regnanti in carica o appena usciti da, cattolici progressisti legati però comunque al Papa Re, anticlericali, che andava costantemente sopito o eccitato, per portarli a fare ognuno il proprio compito, come una grande orchestra.
Ebbe grandi successi, e anche batoste rovinose, spesso nei momenti di maggior successo, come una maledizione a rovinargli la festa: dovette ingoiare parecchi rospi, alcuni per pagare quanti ne aveva fatti ingoiare lui a Napoleone, e sopportare per tutta la vita la malcelata invida di un Vittorio Emanuele, che, pur essendosi conquistato il cuore degli Italiani e spartendoselo con Garibaldi, sotto sotto soffriva nel sapere che il vero silenzioso artefice del’Italia era lui, il Cavour.
L’ultima beffa fu quella della sorte, che lo fece morire poco dopo averla finalmente vista unita l’Italia, ma ancora senza Roma, perché sul potere temporale i Papi non mollavano l’osso, e Cavour, che avrebbe voluto una soluzione diplomatica, non riuscì ad ottenerla. Morì che non aveva neanche sessant’anni, anche se dalle immagini sembra vecchissimo fin da quando ne aveva quaranta. Un po’ perché nell’Ottocento sembravano tutti vecchi già a vent’anni e un po’ perché quella cosa del potere che logora deve essere stata assai vera per lui, che poi, in fondo, il potere in sé forse non lo amava neppure, ma lo Stato sì, tanto da volerne creare uno a tutti i costi, perché sinceramente pensava che ne avessimo un gran bisogno.
150 anni! Dal visconte dimezzato al cavaliere doppiato.
Chissà com’ era il mondo nel 75 A.B.?
Giunse infine l’ anno zero, ed in un’ umile culla di paglia e fieno dentro al caveau di una piccola banca ambrosiana…
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Due appunti,forse:
“cattolici progressisti legati però comunque al Papa Re, anticlericali, che andava costantemente sopito o eccitato”…
“deve essere stata per assai vera per lui”
da una lettura frettolosa e su una postazione scomoda.
Cmq… sempre Gala. Baciotti.
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@Mario: Cancellato il per di troppo. il “che andava” è concordato con universo di malmotosi… etc in capo al paragrafo, per questo il verbo è singolare.
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Incrdibile!!! Le stesse cose le pensavo io su Mazzini, Silvio Pellico… Alle elementari, per simpatia pura, mi riferivo a Camillo Benso conte di Cavour con l’acronimo “CBCC” 😀
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Bellissimo post, anch’io trovavo Mazzini sinistro e Cavour simpatico, mi riconosco pure nella scuola che ci insegnava il Risorgimento ed anche il resto a fumetti.
E trovavo melenso e insopportabile il libro Cuore, per fortuna che avevo una maestra, un’ottima maestra anziana ma estremamente moderna che non ce lo imponeva. In tempi in cui si partiva dalle aste per educare la mano a scrivere, il mio primo giorno di scuola sconcertai i miei genitori mostrando il quaderno su cui avevo scritto la parola “uva”…
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Superbo, vibrante, veritiero ritratto, che ho subito condiviso in più socialnetwork.
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Allora siamo in tanti ad esserci esaltati leggendo il sussidiario!
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Ma no, povero Mazzini, a me ha sempre dato l’idea di bel tenebroso. Sì, nonostante le poche primavere sono stata fra i fortunati a studiare il Risorgimento alle elementari… evviva!
PS. L’ho sempre detto che dovresti scrivere i libri di storia per le scuole, la racconti come fosse una pagina di giornale di oggi, o almeno come se dovessimo aspettarci di trovare queste persone sotto casa… complimenti! A proposito, sto studiando a scuola l’età di Cesare, Pompeo e compagnia varia, quindi penso che mi aiuterò con i tuoi vecchi post in merito!
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Confermo l’idea di un libro di storia per le scuole elementari! Ancora oggi mi districo fra i reali inglesi grazie ad una magnifica biografia collettiva romanzata. A scuola Mazzini mi faceva tenerezza, mentre Cavour mi metteva soggezione. Sarà il modo in cui alcuni personaggi vengono presentati. O sarà che la mia scuola era intitolata a lui, e poi qualche buontempone aveva scritto anche una canzone che trovavo diverternte “le palle del cannone son di ferro / e quelle di Mazzini son di vetro / conosco per l’appunto un certo Pietro / che le prendeva sempre nel… “
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Grande!!!!! Nel “rendere simpatico” Cavour, fornisci un’interpretazione interessante del suo ruolo. Grazie.
A me il sussidiario di probabile ispirazione ancora fascista diede l’allergia al Risorgimento. Prima della fine della quinta elementare capivo le ragioni degli imperi multinazionali e tifavo per l’Austria.
Solo molto, moolto, moooolto dopo, durante una visita ad un museo del Risorgimento, mi sono resa conto della vitalità e dell’attualità del processo di unificazione. Ho, allora, collegato i patrioti che si spostavano da un paese all’altro, la guerra di Grecia, Garibaldi “eroe dei due mondi”, con l’intuizione geniale di Mazzini che la creazione di un’Italia unita non significava (non avrebbe dovuto significare) nazionalismo aggressivo: costituì, infatti, la Giovine Europa. E, ancora, il dibattito sulla forma dello stato e sul cosa farsene dell’Italia unita: Cattaneo, Gioberti (che cosi, incidentalmente, per emendare il suo pensiero ed adattarlo alla realtà di una chiesa repressiva e assetata di potere, crea pezzi di teoria indispensabili per capire la storia dell’Italia nel Novecento e ancora ora) e tutte le varie alternative tra repubblica, monarchia (e con quale casa regnante?), federazione o stato unitario con il pragmatismo eroico di tutti loro, a cominciare da Garibaldi, repubblicano che accetta di costruire si l’Unità, ma a favore di una monarchia.
Per me, la lezione è che qualcosa di buono si può fare qui ed ora, e col capitale umano esistente, per quanto sia improbabile, contrario al buon senso (quanti si saranno sentiti dire “ma chi te lo fa fare?” “non lo capisci che così va il mondo”), difficile. Insomma, questa storia ci insegna che le sconfitte per quanto disastrose possono essere superate, che un’idea assurda può diventare collettiva e smuovere le cose, che non c’è alcun bisogno di arrendersi davanti alle piccolezze umane, ma che i rischi esistono, e riguardano proprio le cose più importanti, perché nella successiva imbalsamazione del Risorgimento si sono perse sia l’istanza di rinnovamento sociale e democratico, sia la consapevolezza del ruolo delle donne (ho scoperto dopo che Anita Garibaldi e Rosalia Montmasson Crispi e tutte le altre erano patriote per convinzione personale, e non perché si fossero innamorate dei fascinosi eroi, cosa che per loro personale sventura capitava, ma per così dire a valle della scelta politica).
In ultimo: “malmotoso” è un neologismo che fa pensare ad un forte moto ondoso o è una trascrizione sintetica di malmostoso?
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Anche io amo Cavour sopra tutti gli altri. Forse il suo animo di agricoltore … simile al mio.
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->mandava sì la gente a farsi massacrare sui campi di battaglia, apparentemente senza un senso, come in Crimea, ma perché era uno dei pochi in grado di superare l’atavico provincialismo italiano
Cavour era solo un criminale come tanti altri governanti che ha mandato i contadini a farsi massacrare in Crimea perchè aveva bisogno di un po’ di centinaia di morti per sedersi al tavolo della pace, giusto per citare un altro grassone di un secolo dopo. Questo vule dire che non era altro che un fottutissimo e bastardo assassino. E se in Crimea ci fosse andato a crepare un tuo figlio o un tuo fratello o un tuo padre vorrei proprio vedere se ti sarebbe stato così simpatico. Scusa il tono un poco incazzato, massimo rispetto personale per te ma su queste cose, che personalmente giudico idealizzazioni intellettuali che possiamo permetterci perchè è passato tanto tempo e non siamo coinvolti, confesso di diventare molto intollerante. A questo punto ho più rispetto per il brigante Gasparone che almeno rischiava il culo in prima persona.
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Se poi vogliamo fare un’analisi storica del processo di unificazione e delle sue conseguenze, Cavour è stato uno dei responsabili se l’unifcazione si è svolta sotto le bandiere dei Savoia e non all’insegna di una rivoluzione sociale. Questo ha fatto in modo che lo stato che ne è nato fosse conservatore, aristocratico, dominato dagli agrari. Ha portato Garibaldi a sparare sui contadini al Sud in difesadegli interessi dei suoi sponsor che gli avevano fornito fucili, brigantino e stoffa rossa per le camicie, e Bava Beccaris sui manifestanti al Nord, e sull’onda lunga al fascismo e non è privo di conseguenze sulla condizione attuale, se non altro nella creazione di un popolo dal livello culturale bassissimo, conservatore e becero. Non è tutta colpa di Cavour, chiaro. Ma lui stava da quella parte della barricata.
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io credo che cavour non volesse cambiare nulla della società in cui era immerso. è certo che il suo interesse principale fosse che la bandiera sabauda sventolasse in tutta italia, sia come aristocratico che come piemontese. la repubblica ovviamente la temeva, proprio perchè sarebbe stata la base, come idelizzato da Mazzini, per una vera trasformazione sociale, cosa che in realtà cavour non desiderava affatto.
tra il pragmatico statista monarchico e il “terrorista” repubblicano, preferisco il secondo. non sappiamo come si sarebbe evoluta l’ italia se fosse diventata subito repubblica, ma sappiamo dove ci portò la monarchia pusillanime che cavour contribuì ad arricchire, ovvero ad un mussolini che governò per 20 anni al posto suo con i risultati che tutti noi conosciamo, le cui spese paghiamo ancora oggi. no, cavour non mi sta proprio simpatico, anche se son piemontese.
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temeva molto che l’unificazione nazionale si saldasse con istanze sociali progressiste, e quindi fu molto intelligente nel capire che «comunque» la spinta in senso nazionale andava assecondata; ebbe grandissime intuizioni, come il proseguimento del progetto napoleonico per l’arsenale della spezia, ma nel complesso l’ho sempre letto come un avversario delle istanze sociali del tempo; mazzini mi è sempre stato simpatico, per il fatto di essere più sognatore, probabilmente più inconcludente e velleitario, ma un’anima più nobile di quella di cavour; garibaldi, l’ho sempre amato
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E’ curioso. Pure io, in questi ultimi tempi, sto rivalutando il Cavour e riducendo il Mazzini. In fondo, fu più la capacità politica e diplomatica del piemontese a portar risultati, che la sterile lamentela del ligure esule ovunque, salvo dove servisse davvero. Maglio scordarsi, poi, i seguaci di quest’ultimo : che spesso facevan più danni che altro (vedi nota sotto per Luigi).
Inchino e baciamano.
Ghino La Ganga
P.s.: per Luigi : sarà come dici Tu, ma tra il madar bersaglieri a morire in Crimea per guadagnarsi l’alleanza della Francia in vista della seconda guerra d’indipendenza – come fece il Cavour – e il metter bombe tra la folla cercando d’ammazzar Napoleone III, col solo risultato di far una strage di civili inermi e mancar proprio l’imperatore – come fece il Felice Orsini – preferisco il primo.
Aggiungo che, a ordinar di far fuoco sui contadini insorti di Bronte, mi risulta che fu il Bixio.
Stai bene.
Ghino La Ganga
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A me Mazzini sta simpatico proprio perché suscita sentimenti negativi a 360 gradi. E questo non perché fosse lui inconcludente, ma perché purtroppo le sue idee (la repubblica come chiave per un profondo rinnovamento sociale e democratico dell’Italia, di cui c’e un grande bisogno ancor oggi) sono state a suo tempo sconfitte. E nulla mi leva dalla testa che la quasi universale antipatia per Mazzini sia dovuta proprio alle sue idee, al suo volere antipaticamente restare fedele ad un’idea precisa, per nulla velleitaria, ma purtroppo sconfitta. Mazzini ha pagato con una vita durissima, con l’esilio, con il dolore suo e della sua famiglia la sua insofferenza per l’arbitrarietà e la cieca violenza del potere, degli squilibri sociali, delle gerarchie insensate, della mancanza di democrazia e libertà che ancora ci portiamo dietro.
@ Ghino: anche a me fa orrore l’idea di buttare bombe in mezzo alla folla, ma ti faccio notare che lo stesso Napoleone III restò colpito dalla lettera che Orsini scrisse per spiegare il suo gesto prima di essere ghigliottinato e, che io sappia, la fece diffondere.
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Orsini, comunque, non aveva più rapporti con Mazzini all’epoca dell’attentato
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Caro Ghino,
a parte che non vedo perchè dovrei scegliere tra l’uno e l’altro: perchè non Ghandi o King? Perchè devo sempre scegliere tra Stalin e Hitler? Ma a parte ciò, dicevo: Orsini aveva uno scopo giusto e ha sbagliato bersaglio per incompetenza, Cavour aveva uno scopo che io giudico schifoso, ossia proprio l’alleanza con la Francia. Per di più è vero che Orsini ha ammazato della gente che non c’entrava un emerito, ma si è esposto in prima persona-. Cavour invece se ne stava tranquillamente a corte mentre altri andavano a crepare per lui. Sei libero di preferire chi vuoi ma io ritengo che fossero ben altre le cose di cui aveva bisogno il popolo italiano. Ritengo che il comportamento di Cavour all’epoca non fosse molto diverso da quello dei nostri governanti che han mandato soldati italiani in Afghanistan ed in Irak. Ritengo anche che questo post non faccia onore alla notevole intelligenza della padrona di casa, che a mio parere si è lanciata in una tirata dal tipico sapore d’intellettuale (intellettuale nel senso deteriore in cui lo intendeva Orwell), più che altro nata dalle polemiche di questi giorni sull’Unità d’Italia, sulla lega etc. Lega che è un partito schifoso e razzista, ma che qualche motivazione di essere ce l’ha e a mio parere dà delle risposte sbagliate (il razzismo) a delle domande giuste (autonomia, decentramento…che per inciso farebbero solo che bene anche al Sud!). Mi fa tristezza vedere che, per far contro a questo partito politico, la sinistra non abbia saputo fare di meglio che far ricorso ad un patriottismo che io trovo oscillare tra il becero e il triste. Ma non mi meraviglia che i nostri tristi partitini di sinistra non siano riusciti a trovare di meglio. Mi fa tristezza che ci si sia accodata anche la mia blogger preferita. In un modo più intelligente di Benigni, per carità. E non si può essere sempre d’accordo. Un poco è un’idiosincrasia mia che quando vedo una bandiera mi viene l’orticaria, un poco è un riflesso condizionato a questa versione della storia da scuola elementare, in cui si confonde artificiosamente i concetti di Stato, Nazione e Popolo, come se gli Italiani fossero stati meno Italiani quando non avevano uno stato nazionale-chiedo scusa per la “scuola elementare” ma io la vedo così. E anche se fossero stati meno Italiani cosa ci sarebbe stato di male? Ci siamo chiesti quanti danni ha portato al popolo italiano la modalità in cui è stata fatta la riunificazione? Ci siamo chiesti quante guerre ha fatto lo stato italiano nei 150 anni che si sono appena celebrati? Libia, Etiopia, Eritrea, Somalia, Abissinia, Albania, Grecia (due volte), Francia, Yugoslavia, Unione Sovietica, Iraq, Afghanistan, sono i paesi che questo stato ha invaso, e di sicuro ne manca qualcuno. E io dovrei festeggiare i centocinquant’anni della fondazione di ‘sta merda? Non sto parlando dell’Italia, sto parlando dello Stato italiano, ma a quanto pare un secolo e mezzo di propaganda son riusciti a con-fondere le due idee in modo inestricabile, se devo stare qui a dire queste banalità. Ma sopra a tutto il resto c’è anche il fatto che continuo a considerare intollerabile che esista gente che possa decidere di mandare altri ad ammazzare e a farsi ammazzare. E vederne esaltare uno mi fa incazzare, nè più nè meno che a veder esaltare Crapone.
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Ah sì: il Bixio era stato mandato da Garibaldi, a quel che mi risulta, con lo scopo di rimettere ordine perchè l’Eroe dei due Mondi non si poteva permettere di perdere l’appoggio della borghesia dello stato delle due Sicilie nè della monarchia Sabauda. Che poi Bixio abbia fatto magari un po’ di testa sua, io lo chiamerei un eccesso di zelo ma non è stato affatto incoerente con gli scopi di chi l’ha mandato lì.
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” mandava sì la gente a farsi massacrare sui campi di battaglia, apparentemente senza un senso, come in Crimea, ma perché era uno dei pochi in grado di superare l’atavico provincialismo italiano che fa ritenere il nostro cortile di casa l’ombelico del tutto. ”
Mm..
A me sembra una riprova che il Cavour aveva un bel po’ di pelo sullo stomaco, mandando migliaia di Italiani a morire lontano dai confini nazionali pur di raggiungere il proprio obiettivo politico..
Gigi
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Correzione:
migliaia di persone, non ancora italiani
Gigi
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Vogliamo provare a vedere le cose da italiani del sud nel 1860? All’epoca, noi meridionali vivevamo in un paese che non è inferiore agli altri (es. il reddito pro capite della Campania è nettamente superiore a quello del regno sabauda; o ancora, alla Borsa di Parigi, i titoli di Stato del Piemonte erano quotati il 30 per cento in meno; i titoli di stato del Regno delle due Sicilie, il 20 per cento in più; al tesoro circolante dell’Italia unita, quando si fece cassa comune per le finanze, il Regno delle Due Sicilie contribuì con il 60 per cento dei soldi, la Lombardia con l’1 per cento, il Piemonte con il 4 per cento, ma con oltre la metà del debito pubblico). Riprendo il discorso. Il meridione (quello che oggi è il meridione) primeggia in molte cose, in altre no; la capitale, Napoli, è la terza d’Europa, la prima d’Italia per magnificenza, modernità, popolazione, cultura (nonostante, certo e non è poco, abbia più analfabeti che nel resto della penisola). Napoli ha la miseria della plebe (cosa che esiste tuttora, perché da noi la plebe non è mai diventata popolo), ma insieme a Parigi è la città più colta. Nell’industria noi meridionali siamo avanti e, in molti campi all’avanguardia: alla mostra di Parigi del 1956 siamo stati premiati come paese più industrializzato d’Italia; terzo nel mondo. I borboni sono meno disattenti al benessere del popolo di quello che ci viene detto nella scuola unitaria; con loro si sono avute: la prima assegnazione di case popolari; provvidenze e agevolazioni per i contadini; la prima campagna italiana di profilassi antitubercolare; sino alle pensioni “per i letterati poveri”. Negli anni precedenti l’annessione (pardon l’unificazione), dal Sud non emigra nessuno, mentre vanno via a milioni dalle altre regioni d’Italia. Pur nei ritardi riscontrabili nelle infrastrutture, specie stradali, i collegamenti marittimi sono strepitosi: nostre sono la seconda flotta mercantile e la terza flotta militare in Europa. La Calabria era meglio collegata allora al resto del Regno, di quanto lo sia oggi con la Salerno-Reggio Calabria. Qui abbiamo avuto la prima ferrovia d’Italia, il primo telegrafo, i primi ponti sospesi in ferro, l’illuminazione cittadina a gas. Nel 1860, le tasse sono ancora basse, i Borboni non le hanno mai aumentate in 126 anni di regno. E vengono spese bene, ministro delle Finanze, per quasi quaranta anni è stato il toscano Bernando Tanucci. L’economia politica, quale disciplina universitaria, è stata inventata qui. Il primo provvedimento straordinario dell’Italia unita per il Sud è la tassazione aggiuntiva: fu affibbiato alle ex regioni del Regno borbonico l’imposta del decimo di guerra.
Scriveva Antonio Gramsci: la miseria del Mezzogiorno era inspiegabile storicamente per le masse popolari del Nord; esse non capivano che l’unità non era avvenuta su una base di eguaglianza, ma come egemonia del Nord sul Mezzogiorno, e che il suo incremento economico-industriale era in rapporto diretto con l’impoverimento dell’economia e dell’agricoltura meridionale.
Ecco, per questo non mi piace Camillo Benso di Cavour. Nella mia mente, è con lui che è iniziato il declino inarrestabile della “mia terra”. Certo, l’unità di Italia per me oggi è un valore positivo da difendere e preservare. Ma non chiedetemi di provare simpatia per il conte.
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Certo che il bravo Camillo qualche merito deve averlo avuto, se non altro quello, a 150 giusti dalla sua morte, di essere ancora tanto “vitale” da riuscire a suscitare quasi una baruffa. Per quanto mi riguarda, e qua ci terrei a sottolinearlo, a me la simpatia per Cavour è venuta spontanea in quinta elementare, come ho detto, ben prima di avere idee “politiche” di qualche tipo: Cavour mi sta simpatico come mi sta simpatico Ulisse, per dire, per cui mi spiace, ma una volta tanto sinistra e destra e polemiche attuali sull’Unità e le celebrazioni non c’entrano un beneamato: l’ho sempre trovato un gran personaggio.
Per me la politica è l’arte del possibile, il che vuol dire che il bravo politico deve avere anche la capacità, mica tanto scontata, di capire cosa sia “possibile” e cosa no. Con tutto il rispetto per Mazzini, i suoi moti rivoluzionari e l’idea di una Italia repubblicana ed anticlericale in quelle circostanze storiche erano impossibili, e la prova ne è che, difatti, non riuscì a realizzarle, anche, credo, per una incapacità sua di organizzare bene alcunché di pratico; così come assai improbabili, in un paese di contadini analfabeti sostanzialmente incapaci di ribellarsi ai Re, erano rivoluzioni socialiste. Cavour invece seppe capire bene, a mio avviso, cosa si poteva realizzare. Non era un rivoluzionario, certo, ma del resto una unificazione non è una rivoluzione; seppe sfruttare al meglio e spesso far nascere le circostanze per portare avanti il suo progetto. Forse fu persino “fortunato” a morire nel ’61, quando i grandi problemi sociali stavano per venire al pettine, ma lui ne restò fuori in quanto già defunto.
Fu spregiudicato? certo. Fu opportunista? Certo. Un bravo politico lo deve essere. Fu anche abbastanza onesto, però, e dinteressato, e soprattutto intelligente. Ne avessimo avuti altri, di personaggi simili, nel secolo e mezzo successivo.
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Ma certo Galatea, Cavour fu un grande statista per il “suo” Piemonte, sull’orlo della bancarotta. La ragione dell’unità d’Italia, con annessione (mi spiace doverlo riscrivire, ma questo è quello che è successo) era l’impoverimento del meridione per arricchire il nord. E Cavour seppe splendidamente coniugare la ragione dei pratici (la sua ragione) con l’ideale dei romantici. Facendoli vincere entrambi. Teniamocela stretta questa unità, ma non dimentichiamo mai cosa realmente è successo. Come ci siamo arrivati, e per quali motivi, a quella unità. E siamo anche pronti a rivedere le simpatie infantili. Tutto qua.
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io penso che giustificare il pragmatismo politico del camillo benso, sia deleterio. perchè secondo questa visione “realpolitik”, allora anche il bacio all’ anello di gheddafi da parte di berlusconi è da considerarsi politicamente pragmatico e per questo giustificabile. berlusconi era molto cavouriano nelle sue trattative con il dittatore libico, infatti stava per fregare in velocità tutti gli altri europei in quanto agevolazioni petrolifere con le sue trovate “diplomatiche”… e guardacaso proprio ora tutto svanisce perchè l’ europa non vede l’ ora di spodestare il gheddafi militarmente. un po’ sospetto visto che è stato sopportato per ben 40 anni tra attentati aerei, missili vaganti e cialtronerie di varia natura.
la realpolitik di berlusconi stava funzionando alla grande, come ha funzionato quella del camillo benso…non per questo mi sento di affermate con tranquillità che le motivazioni di entrambi fossero disinteressate, e che lo scopo fosse il benessere del proprio popolo al di sopra di tutto. anzi, non lo penso proprio.
ma ripeto, è solo il mio modestissimo parere mazziniano.
p.s. Mazzini vedeva oltre, infatti alla faccia di cavour ora siamo repubblica, per quanto ancora imperfetta, certamente meglio ch’ essere monarchia savoia.
guarda solo chi oggi sarebbe re…
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@Andreana: Cavour lavorava per il “suo” Piemonte. Mi pare abbastanza ovvio: anche Giulio Cesare lavorava per la “sua” Roma, e di certo i Galli massacrati non saran poi stati molto convinti che lui fosse un grande. E probabilmente i Persiani invasi non giudicavano molto simpatico Alessandro Magno. Resta il fatto che Cavour, avendo in testa un disegno ben preciso (l’Italia da mettere insieme con la tecnica del carciofo), riuscì a realizzarlo, pur fra mille difficoltà. E l’Italia unita, che Cavour creò certo attraverso una annessione al PIemonte, ebbe un peso specifico ben diverso nella politica Europea e nella storia successiva di quanto la miriade di staterelli precendenti avrebbero potuto avere.
Era un progetto arrischiato e dal successo per nulla sicuro, quello di riuscire ad unire l’Italia, quindi, se è riuscito a realizzarlo (ed è stato l’unico, mentre ci provarono in molti), è la dimostrazione che è stato un grande politico, e questa mi pare una considerazione che va un po’ al di là delle semplici “simpatie infantili”. Arrivato in politica come Ministro dell’Agricoltura, si impegnò in un primo tempo per modernizzare economicamente il Piemonte, che, come dici tu, prima di Cavour era indietro rispetto ad altre regioni d’Italia, come la Toscana o lo stesso Regno di Napoli. Ma il Regno di Napoli o la progredita Toscana non ebbero un Cavour. E non ebbero nemmeno una classe dirigente non-unitaria degna di questo nome, tanto è vero che tutti coloro che avevano idee moderne poi appoggiarono la causa unitaria e finirono con l’accodarsi e aiutare il progetto di Cavour, pur con mille distinguo, perché ad un certo punto, come Garibaldi capì benissimo (E Garibaldi non è che Cavour lo amasse particolarmente), capì che era l’unico progetto percorribile proprio perché era stato costruito da un uomo furbo che sapeva bene fare la politica. Siccome io Cavour lo apprezzo per quello che fece, e l’ho chiaramente scritto, non vedo perché dovrei “rivedere” le mie simpatie infantili, in fondo.
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@papibuldozer: la Realpolitik è una brutta bestia, perché bisogna saperla fare bene, per essere poi ricordati come grandi statisti e non come patetici buffoni. Cavour forse mandava a Napoleone la cugina con il compito di sedurlo, ma non si era così scemo da farsi sorprendere mentre baciava la mano all’imperatore.
E sì, hai ragione, Mazzini vedeva oltre. Vedeva così oltre che non riuscì mai però ad organizzare un moto che non fallisse. Si può essere grandi visionari ed intellettuali ma non saper realizzare una cippa delle proprie idee, e invece Cavour sì, il che, come politico, me lo fa giudicare assai migliore. Quanto alla monarchia, io sono tenacemente repubblicana. Ma Cavour aveva a che fare con un Vittorio Emanuele, che, pur con tutti i suoi difetti, fu certamente il migliore della dinastia. Degli altri si sarebbe magari vergognato. Ma non li conobbe. E la storia non si fa con i se.
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@Galatea, come tu stessa dici la storia non si fa con i se. Quindi quale sarebbe stato il peso specifico del Regno delle due Sicilie dopo, non lo sappiamo. E probabilmente neanche ci interessa. Scusami se ho parlato di “simpatie infatili”, ma mi sono limitata a riprendere quanto tu avevi scritto nei tuoi post: che la simpatia per Cavour ti è nata alle scuole elementari, quindi prima di qualsiasi coscienza politica. E immagino prima di qualunque studio storico serio.
Per il resto, non ho sicuramente messo in dubbio la natura di statista di Cavour. Mi sono limitata a sottolineare che quel grande statista piemontese, dal mio punto di vista – oltre che di quello di tanti storici sui cui studi le mie idee sono diventate convinzioni – è all’origine del depauperamento del Sud Italia.
Forse è una pecca minore, forse il prezzo dell’impoverimento del Sud si doveva pagare alla nobile causa dell’Unità, non lo so. Quello che so è che un po’ mi dispiace. E siccome tu hai parlato di simpatia, sul piano della simpatia, proprio non ti seguo.
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1-per quanto riguarda Mazzini, il suo (fondamentale)contributo fu quello di infondere negli animi dei pre-italiani il desiderio del cambiamento, senza il quale cavour, garibaldi e l’ombra inglese nulla avrebbero fatto. senza se.
2- cavour non si fece sorprendere a baciar mani imperiali? forse perchè non esistevano fotocamere, telecamere e “cimici”…per lui una gran fortuna. con qualche se, lo ammetto.
3-ovvio che il paragone con berlusconi era provocatorio, anche se…
buona domenica. ora ho un motivo per ringraziare cavour, senza di lui forse non avresti mai risposto ad un mio intervento ahahahahahahahah
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@ Galatea: la storia certamente non si fa con i se, ma nemmeno ipotizzando che tutto quello che è successo è avvenuto perché era l’unica cosa possibile o perché (cosa che contraddice la prima) coloro che le auspicavano erano degli incapaci. A me fa un grande dispiacere che Mazzini sia stato ripetutamente sconfitto (cosa da imputare anche ai mezzi di cui disponeva, perseguitato proprio dalle istituzioni del Regno sabaudo e poi del Regno d’Italia) e che le sue idee (e quelle di altri) siano state sistematicamente represse.
Che Cavour facesse gli interessi del Piemonte e non dell’Italia intera mi sembra un’aggravante, non una spiegazione che ne lascia intatta la statura. Lo stesso Garibaldi fu molto critico con le politiche seguite nella post unificazione (d’accordo, Cavour non c’entrava più, ma cosa ci si poteva aspettare
dallo stato monarchico unitario e repressivo?).
Andreana non cita la feroce repressione del brigantaggio, l’imposizione della leva militare, la distruzione sistematica del patrimonio di conoscenze, per esempio sul territorio, che causò non solo una battuta d’arresto di 40 anni nella bonifica, ma anche l’adozione di un approccio “ingegneristico” e limitato alle pianure, invece di quello olistico, molto più moderno, di gestione e difesa del territorio elaborato e seguito dai tecnici “borbonici”, le conseguenze sull’industria meridionale della creazione improvvisa di uno spazio economico unico.
Altre vie erano percorribili, sia nel cammino verso l’unificazione, sia dopo. Non si sono percorse. Ne paghiamo (e ne abbiamo pagato in questi 150 anni) le conseguenze: abbiamo uno squilibrio territoriale da manuale, un deficit democratico pazzesco e di lunga lena e differenze sociali insopportabili.
Resto dell’idea che il lungo processo di unificazione dimostri che anche le cose più inverosimili si possono realizzare, che per realizzarle non bisogna aspettare di avere un materiale umano migliore, e che sia necessario essere si pragmatici ma ostinatamente attenti ai rischi. Per me, rappresenta una lezione di speranza che i nostri mali collettivi possono essere superati, a patto di stare molto attenti. E, per dirla con Mazzini, se si può, si deve.
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è molto interessante la lettura «da sud» che fa andreana
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@laura: Se la storia non si fa con i se, bisogna anche non attribuire ad un personaggio singolo una intera catena di fatti successiva. Cavour fu primo ministro d’Italia per tre mesi, e poi morì. Attribuirgli anche tutti i successivi sviluppi e fallimenti della politica italiana (nel Sud e nel Nord) mi pare un po’ troppo. Sarebbe come a dire che è colpa di de Gasperi se oggi è primo ministro Berlusconi.
Quanto al resto, ribadisco il concetto: altre vie erano percorribili, ma di fatto chi le voleva percorrere non ebbe la capacità di farlo, e non seppe costruire l’occasione per renderle tali, a causa di errori di valutazione e di errori organizzativi. Come intellettuale Mazzini era sicuramente capace magari di vedere più in là di Cavour, di avere idee più nobili ed ispirarsi a più alti ideali. Ma chi riuscì ad unificare l’Italia fu il Benso. Alle sue condizioni, certo, ma gli uomini politici su questo vanno valutati: dalla abilità nell’ottenere i risultati che si sono prefissi. Politicamente parlando, Cavour fu un ottimo politico, Mazzini non lo fu. Del resto, se gli fosse riuscito, anche Mazzini avrebbe creato una Italia a immagine e misura di quanto pareva ottimo a lui. Quindi perché Cavour va disprezzato per esserci riuscito?
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Forse non lo disprezziamo, povero Camillo. Però se il suo progetto (arricchire, o se vogliamo dire diversamente, sviluppare il Nord – e segnatamente il Piemonte – attraverso lo sfruttamento del Sud, perchè questo e non altro era il suo progetto) non ci piace, noi non lo apprezziamo. Le persone si valutano anche dai contenuti dei progetti, e non solo dalla capacità di realizzarli. Almeno, per me.
Ma comunque, va bene così. Paragonato ai nani attuali, era un gigante. Soprattutto perchè i progetti degli attuali nani (che sono assolutamente in grado di realizzare) sono, se è possibile, ancora meno condivisibili.
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per Laura: ben sapevo della lungimiranza del Napoleone; attualizzando il contesto, troverei infatti giusto diffondere il più possibile il libro “il prigioniero” della Braghetti sul sequestro di Aldo Moro, ed anche “Mara, Renanto ed io” di Franceschini: l’idiozia di chi prima ha commesso crimini orridi, poi cerca farneticanti giustificazioni per averli commessi, senza trovarle mai, ed anzi autodefinendosi in televisione “un coglione” ( come fece Alberto Franceschini su La7 tempo fa) costituisce un insegnamento senza pari.
Stai bene, un caro saluto.
Ghino La Ganga
Per Luigi: su ogni cosa abbiamo idee così diverse, che stento a credere apparteniamo allo stesso paese. Stai bene.
Ghino La Ganga
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Per Galatea: anche Hitler suscita un sacco di discussioni in rete, non mi pare che questo si possa definire un merito.
“gli uomini politici su questo vanno valutati: dalla abilità nell’ottenere i risultati che si sono prefissi”: cordialmente: sei impazzita? Su questo metro di giudizio Stalin Mao e Franco dovrebbero avere tutte le nostre simpatie. Anche Reagan non se la caverebbe male essendo riuscito a far crollare l’Unione sovietica. La Thatcher poi. Faccio notare che parlo di simpatie visto che sei stata tu a porre la discussione su questo piano. Se poi parliamo di giudizio politico, beh tutti questi personaggi furono certo dei “grandi della storia” e dei grandi politici ma non mi parrebbe il caso per questo di esaltarli e indicarli come esempio positivo alle generazioni future. Sorry ma tu non hai additato la grandezza politica di Camillo Benso ma hai espresso la tua simpatia per -se l’incipit significa qualcosa. Ovviamente hai il diritto di trovare simpatico chi ti pare (come io ho il diritto di pensare che hai detto delle sciocchezze) ma secondo me in questa discussione stai passando da un piano all’altro in modo abbastanza sconclusionato. (come hai scritto tu in un post di anni fa, i tuoi lettori non te ne fanno passare una! Niente di personale eh, solo un giudizio sulle tue argomentazioni di sta pagina qui.)
Per Ghino: non capisco cosa vuoi dire. A parte che io non mi sono mai considerato italiano in vita mia, credo che sia il concetto di fondo che è sbagliato. L’appartenenza nazionale o etnica o di identità che c’entra con le idee? Pur essendo dello stesso paese, ti meravigli di avere differenti idee da Berlusconi o da Bossi? Io no. Semmai, su ogni cosa abbiamo idee così diverse che stento a credere apparteniamo alla stessa area politica (quella che genericamente si fa chiamare “sinistra”). Stai bene pure tu,
Luigi
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@luigi: Per quanto mi riguarda, e credo per chiunque abbia un minimo buonsenso, Luigi, paragonare Cavour a Hitler è come paragonare l’acqua gassata alla nitroglicerina, con la scusa che sono liquide tutte e due. Quello che mi dà mortalmente fastidio, nelle discussioni che si ingenerano a seguito di un post come il mio, è proprio questo tipo di atteggiamento, in cui tutto viene estremizzato nella logica dell'”o di qua o di là”, e che è un tipo di evoluzione del discorso molto italiana: per cui non può esistere un personaggio che ha, come tutti, lati positivi e negativi, ma solo delle icone politicizzate che o sono dei tiranni o dei santi.
A me Cavour umanamente sta simpatico, perché, se devo essere sincera, non trovo nella sua biografia i tratti del sadico tiranno. Al di là della simpatia personale, poi, fu un politico efficace, nel senso che riuscì a portare a casa quelli che gli obiettivi che si era prefisso e questo, secondo me, lo denota come persona di valore (se un bravo ingegnere è chi costruisce bene un ponte, un bravo statista è chi costruisce uno Stato), anche perché nel costruirlo, quello Stato, certo usò le armi della furbizia, ma tutto sommato senza prevaricare, tiranneggiare, usare violenza gratuita, e in questo fu certo migliore di tanti altri che vennero dopo.
Se poi si preferisce invece dire che siccome non fu “rivoluzionario” o repubblicano o di “di sinistra” allora va considerato “il male” a priori, come se fosse un Hiltler, be’ su questo mi spiace, ma non sarò d’accordo mai. Così come non sono d’accordo nel decidere a prescindere che Reagan, la Thacher (o persino il nostro Berlusconi) non possano essere definiti a loro modo “grandi personaggi”: lo sono stati, anche se la maniera in cui lo furono può non collimare con l’idea di “Bene” che io e te abbiamo. Poi , fra i tanti grandi personaggi, uno si sceglie quelli che gli pare meglio esaltare, fermo restando che anche nell'”esaltazione” ci sono vari gradi: un post in un blog dedicato ad un riconosciuto Padre della Patria non è esattamente cantare le lodi di un dittatore sanguinario.
Quanto poi al passare da un piano all’altro in maniera sconclusionata, per carità, può darsi. Detto da uno che mette nello stesso mischiotto Cavour e altri che c’entrano assai poco solo perché gli stanno tutti ugualmente sulle palle, scusa ma un po’ fa ridere, eh.
PS. Quanto a Ghino, non credo proprio che sia mai stato “di sinistra”. Ma chiarisciti con lui direttamente, semmai.
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Ciao Galatea,
mi riferivo solo ed esclusivamente alla tua frase “Certo che il bravo Camillo qualche merito deve averlo avuto, se non altro quello, a 150 giusti dalla sua morte, di essere ancora tanto “vitale” da riuscire a suscitare quasi una baruffa”, non ho paragonato Cavour ad Hitler ma solo indicato una falla in un tuo discorso.
Che poi è la stessa falla di “se un bravo ingegnere è chi costruisce bene un ponte, un bravo statista è chi costruisce uno Stato”: invece a mio parere un bravo statista è chi incrementa il bene della popolazione appartenente ai territori da lui amministrati, e questo Cavour non l’ha fatto. Come dicevo sopra, secondo la tua definizione appena riportata sono degli ottimi statisti anche Stalin (che costruì un’Unione Sovietica di ferro, capace di tenere testa ai nazisti prima e agli statunitensi poi e costruire la bomba atomica in cinque sei anni), Franco (che trasformò la Spagna a sua immagine e somiglianza esattamente secondo il modello che si era prefisso, cattolico e monarchico) e Mao (che fece lo stesso che Stalin, ma in Cina). Certamente furono dei gran personaggi ma se trovassi una loro esaltazione in rete reagirei male (molto peggio di come ho reagito qui per inciso). Non sto dicendo che siano personaggi simili a Cavour, nè l’ho mai detto: sto dicendo che la tua definizione è discutibile e porta a conseguenze alquanto pericolose. Allo stesso modo in cui non ho detto che “siccome non fu “rivoluzionario” o repubblicano o di “di sinistra” allora va considerato “il male” a priori, come se fosse un Hiltler”: no no no, ho detto che A POSTERIORI va a mio parere considerato un assassino in quanto mandò dei sudditi a farsi massacrare in Crimea per potersi sedere al tavolo della pace, giocando con le vite degli altri. Grande statista senza dubbio, simpatico…boh, dipende dai gusti (come diceva il tizio che succhiava calzini).
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