Pavane per un amico infelice

E piantala, una buona volta, di frignare con quell’aria perenne da tragedia greca! Di lamentarti, e lamentare che sei infelice, e quando non te ne puoi lamentare aggirarti intorno con l’aria triste e saputa di chi ha visto il peggio, ha conosciuto il peggio, ha provato il peggio e nessun altro potrà mai soffrire così. Piantala di pensare che sei l’unico che sia stato tradito, lasciato, abbandonato, che sei l’unico rimasto solo e con un pugno di mosche in mano, l’unico che si sente un fallito, l’unico che ha sofferto e ha capito il mondo ed ora sa guardarlo per l’immensa schifezza che è.

Piantala di comportati come se il Destino ti avesse fatto chissà che.

Ha fatto a te quello che ha fatto a noi tutti. Si chiama vita.

13 Comments

  1. stavo per dare un pugno ad un amico che si lamentava di essersi storto un piede proprio dopo aver fatto l’abbonamento in palestra…sono proprio sfortunato, perseguitato, m’hanno affatturato… eccc… ed io che sorrido nonostante le metastasi e un mucchio di altri guai che lui conosce, alla fine l’ho guardato negli occhi e ho detto… si sei proprio sfigato! (il sottotitolo era: se ti lasci stranire da cazzate del genere!)… ma temo che non abbia capito, e non sarebbe stato in grado di farlo manco se lo avessi urlato dentro le casse maxi dei concerti di piazza… bahhhhhhh

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  2. @Enrica: Ecco, sì, appunto. Questo si è separato dalla moglie. E ok, si soffre. Però ad un certo punto basta con l’odio generalizzato contro il mondo e le donne e l’amore. Sennò sotto sotto vuol dire che ti ci diverti a stare male.
    (Ad un certo punto credo che sia una forma di presunzione decidere che l’intero universo è una schifezza solo perché le cose non vanno bene a noi)

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  3. Quanti ne conosco!
    Alle volte la cosa si declina in un atteggiamento rabbioso, pronto allo scatto!
    Ne conosco, donne e uomini, accanto ai quali ridere diventa un affronto al loro dolore…. (a volte reale a volte assolutamente marginale).
    La felicità degli altri è un’inguistizia, la rappresentazione delle proprie gioie deve essere mesta per non incorrere nel loro disprezzo, la spensieratezza e il cazzeggio sono indice di assoluta superficialità…
    Quante volte avrei voluto dire: conosco esseri meravigliosi che pur avendo sofferto come e più di te sono ancora disposti a sorridere e persino a conosolare gli altri….

    Poi c’è anche il disgraziato perenne (quello che “sono nato così”), che vuole essere consolato, che ha tanto bisogno degli altri e quando il gioco si fa duro deve fare sempre la pipì…. poverina/o: la sua debolezza si traduce in una perenne “inc..ata” per gli altri. Stare alla larga è sempre la cosa migliore…

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  4. Ci sono persone necessarie alla realizzazione di questo genere di riflessioni, sulla vita, sulla morte, sulla sfiga, sulla legge di Murphy, su tutto quello che può capitare quando meno (o più, non dimentichiamo le profezie che si autoavverano) te lo aspetti. Come faremmo senza di loro? Come potremmo indignarci, farci crescere la voglia di sbatacchiarle contro un muro a causa della loro petulanza frignante?
    Eppure, senza di loro non ci renderemmo di essere così forti e pazienti, coraggiosi/e, saggi e pieni di ottimismo e incrollabile voglia di continuare malgrado i disagi che la vita ci consente di conoscere e di cui facciamo esperienza per poi, in qualche modo, farcene una ragione o l’altra. Senza un contrappeso, qualcuno che ci faccia da specchio deformante, da amplificatore del “Lamento di Federico” non potremmo renderci conto di essere, alla fine, giunti/e ad un compromesso accettabile fra costi e benefici, fra forza e fragilità. E tutto questo ci rende più dolce il vivere anche se per la serenità è necessario altro da questo.
    E’ una questione di modo d’essere e di divenire. La qual cosa non si impara ma ci si inventa. Ciascuno con la propria fantasia.

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  5. La sofferenza degli altri ci è sempre estranea e, talvolta, il palcoscenico nella quale questa è rappresentata, vorremo che fosse altrove e il teatro, deserto.
    La bruciatura sul dito, la puntura della vespa fanno male ad un solo Ego, che non è mai il nostro. E quando ci accade, il resto del mondo non siamo noi.

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  6. Ciao ciao Galatea, non so come si usa un blog ed entro in punta di piedi….La lettera a Pavane rende molto l’idea di come io spesso sia una persona lamentosa con qualche angoscia nel vivere la vita….nel senso che la vita mi piace molto e la vivo: di fronte ai problemi oggi in questo particolare momento storico mi defilo o penso di essere il centro di tutte le sfighe….anche questa è vita….

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