Ti piacciono gli spazi, più che i contenuti, il pubblico che guarda, più che la cosa guardata.
Quarantenni lungocriniti con borse improbabili a farfalla, funghi preistorici dalla Storia Infinita e poi tappeti di sfere brillanti di Star Trek, che gli amici più colti dicono uguali sogni di a Gaudì e tu taci per non fare brutta figura; le commesse di sala che stanno su fb dai loro notebook personali, i video proiettati in stanzette piccole e afose e buie, quelli che vanno in giro con la maglietta con lo schotch da pacchi come decorazione, e sono accanto a donne truccate come Amy Winehouse parlandone da viva. E cammini tantissimo, e ci sono quelli che ti superano perché vogliono entrare prima di te nell’istallazione, quelli che fanno la coda per entrare nell’istallazione o forse sono loro un’istallazione, poi all’improvviso tutti a guardare i video nell’unica stanza dove ci sono le sedie, perché nella stanza prima c’erano i divani ma anche il cartello che non ci si poteva sedere, e tu ti siedi con cautela perché l’effetto moglie di Sordi è sempre in agguato.
E poi c’è l’uomo in short con il cappello di paglia alla gaucho: e tu ti domandi perché? Quell’altro che ha il cappello tipo borsalino ma lo porta come un cubista di discoteca, gnocche in tacco dodici aggrappate alle braccia di fidanzati in jeans, quelli che si portano il panino da casa e lo scartano dopo aver conquistato una poltroncina all’ombra, mentre le morose si tolgono i sandali dopo il padiglione dell’America Latina e aver visto i libri fossili dal Cile.
Giapponesi che si fotografano, Italiani che si fotografano, tutti che fotografano le opere che non guarda nessuno se non da dietro un obiettivo fotografico; uomini dalle sopracciglia cispose che guardano teste di giraffe uscire dal muro; Italiani che parlano in inglese a coreane che non capiscono; Gheddafi, dei indiani e crocefissi, i ritratti di Sgarbi e Berlusconi, gente che esce dalla mostra curata da Sgarbi, gente che dice che Sgarbi è un coglione, uomini con la pancetta assieme a donne con la pancetta assolutamente normali, centauri, radiografie di Mantegna, Pieri della Francesca, Americani vestiti da Europei fra Europei vestiti da Americani, volti di partigiani, nei quadri un po’ troppo Dalì, vecchiette che guardano incuriosite sculture con orge, gente vestita come se fosse da tutt’altra parte, la mentalità italiana per cui l’artista deve essere sponsorizzato dal vip, le guardie che fanno i cascamorti con le belle figliole, gente con granite, bambini che aspettano l’istallazione che spruzza nuvole d’acqua per bagnarsi le mani, bambini che giocano a carte sul prato, guide che danno spiegazioni assurde di opere assurde in un luna park per bambini colti troppo cresciuti.
E poi sì, ci sono anche le opere d’arte. E’ la Biennale.
Sei alla ricerca di troppi perché, la regola base in posti del genere è non farsi domande. Potresti scoprire che è un lunapark anche per grandi che vogliono solo apparire colti
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Il senso del post è quello, infatti.
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è proprio questo il bello della Biennale! 😉
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Anch’io credo che l’arte oltre al contenuto sia anche il contenitore con noi variopinti accessori umani. Immagino le opere durante l’orario di chiusura malinconicamente inanimate in attesa della riapertura e della vita che susciteranno nei nuovi visitatori.
Vabbé volevo solo dire che era un bel post.
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ma tu alla biennale ci sei andata per vedere le opere o per “scannerizzare” gli altri visitatori?
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Non c’è spettacolo più divertente dell’arte contemporanea….
Ecco si, grazie per il memo: devo andare alla Biennale, è tutta estate che me lo ripeto…
Sono troppo vecchio per il Gardaland e il Mart sta diventando troppo sobrio ultimamente…
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🙂
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ma tu alla biennale ci sei andata per vedere le opere o per “scannerizzare” gli altri visitatori?
in effetti la domanda del mio amico, artista in biella, non è banale
nel senso che l’ironia e la divertita notazione di costume, come sempre ben tratteggiata dalla penna di galatea, non deve però scivolare in uno strisciante qualunquismo, giacchè dall’arte è facile trasferire questo troppo facile buon senso anche alle idee, alle tesi inusuali, alle forme di dissenso
certo, conosco artisti, io stesso scrivo delle cervellotiche presentazioni (scherzo ma non lo sanno…), so bene quante persone troppo piene di sè aleggiano in certi ambienti
ma non su può buttar via il bambino con la (molta) acqua sporca
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@galatea: cosa succede alla moglie di SORDI?
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@luca: La famosa scena in cui si siede su una sedia esposta alla Biennale e gli altri attorno la scambiano per un’opera d’arte e la fotografano.
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Anche qui:
http://giojoy.wordpress.com/2011/06/09/pavilions-for-the-people/
😉
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