La logica meritocratica di Lapo

Ad un convegno sul Made in Italy, Lapo Elkann ha dichiarato che c’è la necessità di una Italia diversa, in cui venga premiato il merito e non il fatto di essere amico di o figlio di.
Il che, pensandoci, ha una sua logica.
Lapo, infatti, è nipote.

9 Comments

  1. Ma se Lapo dice un ovvietà condivisibile questa diventa falsa solo perché l’ha detta lui?
    L’Italia è piena di inutili cretini inamovibili a tutti i livelli, mi sembra puerile deridere chi fa notare che andare avanti così per poi andare in piazza a sbraitare che la crisi la deve pagare qualcun altro è un suicidio garantito.
    Oltre a questo Lapo ha detto che sa benissimo di essere un privilegiato e il fatto che abbia voluto fare un annetto come operaio in catena di montaggio alla Piaggio a 18 anni per vedere come vive la gente al di fuori del suo ambiente me lo rende più simpatico di molti illustri intellettuali con la puzza sotto il naso che affollano i nostri quotidiani.

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  2. Io credo che il problema sia più complesso che il semplice affermare che è giusto premiare il merito e non la «potenza» parentale. È un pensiero giusto ma ovvio. La domanda più pregnante sarebbe domandarsi il «come rendere possibile» questo premio al merito. Anzitutto quindi deve esistere una struttura istituzionale efficiente, una rete di servizi efficaci sul territorio, tali da poter essere maieutici di queste qualità. Un giovane capace, intelligente, desideroso di agire, se nasce e cresce in un luogo che non aiuta a usare queste qualità, è un talento già sprecato in partenza. Al massimo se la caverà con una bella valigia e un bel biglietto low cost solo andata. Quindi a impedire il successo della persona talentuosa non è solo il raccomandato che gli soffia il posto, ma è tutto l’insieme. Certamente le varie congreghe autoreferenziali che si attribuiscono emolumenti da sultano del Brunei senza alcun reale riscontro con i risultati ottenuti sono la prima zavorra che impedisce alla barca di navigare. Un giovane capace in Italia ha una sola vera via d’uscita: partire. E questo è molto triste.

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  3. Ormai rischio di diventare monotono, nel mio affermare la condivione al 100% di ciò che dice Diego.
    Del resto, lui stesso, nel suo blog, ha postato un pezzo in cui afferma che l’unica vera lotta al sistema si fa con l’educazione, da intendersi in senso lato come qualcosa di ben più ampio del mero bon ton.
    Non è cosa da poco. Richiede lustri se non secoli. E’ un lungo percorso formativo delle genti, come famiglia e scuola lo sono per l’individuo. Del resto, Roma non si fece in un giorno.
    Tuttavia dà risultati sicuri, obiettivo che non riesce neppure alla più repressiva delle leggi penali.

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  4. C’è un aspetto della meritocrazia che sfugge ipocritamente sia ai suoi sostenitori che ai suoi detrattori, cioè che il principale motore della meritocrazia non è premiare i bravi i produttivi , i competenti, come cianciano sia i Brunetta che le Camusso, ma lo stigma sociale nei confronti dei lavativi, dei parassiti e dei furbi a tutti i livelli, per fare esempio estremo il pensionato d’ anzianità che incassa di pensione molto di più di ciò che i contributi pagati permetterebbero esercita un suo diritto nel pieno rispetto delle leggi e di tutte le formalità, ma è comunque una persona che sta divorando nel suo piccolo il futuro delle prossime generazioni, e decine di milioni di piccoli fanno molto più danno di un ladro grosso.
    Io ho 55 anni e lavoro da 36, se dovessi andare in pensione adesso mi vergognerei come un ladro.
    Secondo me non esisterà meritocrazia in Italia finché ci saranno troppe persone che con la scusa puerile che il merito non si può misurare esattamente pretenderanno indulgenza nei confronti del demerito e della furbizia.
    L’educazione può essere un aiuto, ma nelle condizioni attuali l’Italia quando avrà una popolazione “educata” sarà già morta.

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  5. @–>Pierino

    “ma lo stigma sociale nei confronti dei lavativi, dei parassiti e dei furbi a tutti i livelli”

    Difatti, questo stigma lo puoi ottenere solo da un sedimentato sentimento diffuso di riprovazione nei confronti di queste “furberie”, come accade nei paesi del Nord-Europa.
    Quello che si riscontra in Italia, invece, per larga parte, mascherato da indignazione, è solo invidia nei confronti di coloro che possono permettersi le furberie.
    Per questo non succede mai nulla e si continua a vederne di tutti i colori, compresa l’impunità di quelli che vengono scoperti.
    Purtroppo per rimediare a questo non c’è altra strada che l’eduzione: educazione civica, educazione sociale, educazione culturale. Se le leggi non trovano riscontro positivo in questo sedimento, non c’è norma punitiva che tenga per farle rispettare.
    Percorso lungo? Lunghissimo, certamente. E’ probabile che io sarò già morto prima di veder realizzato questo sogno, ma son convinto che non esistano scorciatoie.

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