Qualche minuto fa ero sotto la doccia. Una di quelle belle docce calde che ti rimettono al mondo nelle giornate ingrugnate e piovose. E mentre me ne stavo lì, a godermi gli sbuffi di vapore e il profumo del bagnoschiuma, mi sono resa conto di quanto, nella mia vita, non fossi meritevole, ma solo fortunata.
Ho avuto una fortuna sfacciata, da non crederci. Ho una casa bella, spaziosa, con elettrodomestici che fanno quasi tutto ciò che voglio senza sforzo, l’acqua corrente, il riscaldamento. Mi basta un click per comprare tutto ciò che mi serve e farmelo recapitare comodamente a casa, perché ho i soldi per pagarlo, e anche la cultura necessaria per capire come funziona internet.
Ho avuto fortuna fin da piccola, perché avevo una famiglia aperta, formata da persone intelligenti, che mi hanno sostenuto quando ne ho avuto bisogno, ed erano anche economicamente benestanti, quindi non ho neppure dovuto lottare per molte cose che altri devono conquistarsi a morsi: le avevo già. Amavano anche l’arte e la cultura, e quindi mi hanno fornito della migliore educazione, comprato libri, portato in giro a vedere musei, iscritto ad un buon liceo e all’università, dove ho incontrato altre persone intelligenti che mi hanno aiutato a sviluppare i miei talenti e il mio carattere.
Grazie a ciò sono diventata quello che sono. Ho saputo magari cogliere alcune occasioni, ma erano occasioni che ho avuto grazie all’ambiente in cui ero inserita e al percorso che avevo fatto. E quel percorso non era stato merito mio, ma per gran parte della fortuna. Anche i miei talenti li ho sviluppati a partire da ciò, perché sarebbe bastato nascere altrove o attorniata da altra gente e sarei potuta divenire probabilmente tutt’altro, seguendo inclinazioni buone o cattive che ho comunque dentro di me, e che sono rimaste magari in sottofondo, senza emergere.
L’acqua scorreva, calda, e io pensavo che sarebbe bastato uno sberleffo del destino per cambiare tutto. Sarei potuta adesso essere in campo profughi in Libia, alla mercé di aguzzini pronti a vendermi come schiava, o su un barcone destinato ad affondare. Nessuno dei miei talenti pur così spiccati potrebbe in quella situazione aiutarmi a sopravvivere. Potrei meno drammaticamente essere diventata qualcosa di diverso: una estetista, una cuoca, una manager tagliatrice di teste, una operaia che lotta per non venire licenziata, una donna sposata ad un marito violento. Sarei potuta anche essere già morta. Sarei potuta essere uomo, e la mia esperienza di vita del mondo e della vita sarebbe molto diversa, perché il sesso condiziona, nel bene e nel male, la mentalità, lo status sociale, il modo di pensare e di comportarsi.
Gli antichi, che erano più saggi di noi o forse soltanto più abituati ad un mondo dove gli sconvolgimenti della vita e dello status erano più repentini e violenti, onoravano la fortuna. I grandi condottieri romani attribuivano a lei i loro grandi successi, consapevoli che sul campo di battaglia e in politica alle volte il merito conta fino ad un certo punto quanto la sorte ti rema contro,
Noi viviamo in un mondo ossessionato dal merito. Crediamo che tutto dipenda da noi è perciò proviamo poca empatia per coloro che non ce la fanno. Siamo convinti che ciò che ti capita dipenda sempre in larga parte solo da te. Dimentichiamo però che dipende da te è legato a ciò che sei e all’ambiente che ti ha creato. Alle tue frequentazioni, che qualche volta sono casuali, al pezzo di mondo in cui vivi e ti capita di conoscere, allo stato sociale, al tuo stato di salute, alla famiglia che ti ritrovi e ai soldi che hai. Il merito è nostro ma spesso la sua formazione è casuale, legata a fattori che non controlliamo e non possiamo mettere in conto. E così le nostre vittorie. Se per le sconfitte si individuano facilmente molte cause, per la vittoria spesso conta anche banalmente essere al posto giusto nel momento adatto. Abbandonarsi al flusso della sorte, più che domarla.
Più invecchio e più vedo che i miei meriti reali sono in realtà pochi, e la fortuna tanta. E forse per questo non amo chi è ossessionato dalle metriche del merito, e si sente di aver diritto ad una cosa per le sue abilità sole. Perché queste mi sembrano sempre più marginali rispetto a quel gran tiro di dadi che è la vita di ognuno di noi.
È più consolatorio, pensare di essere i dominatori del proprio destino. Ma è una storia che ci raccontiamo per sentirci a posto con la coscienza, perché pensiamo che se una cosa ci arriva perché ce la meritiamo la sorte cattiva non ce la toglierà all’improvviso, per un capriccio. Ma probabilmente non è vero. Nel caos del mondo noi siamo delle piccola trascurabili variabili che si aggrappano ad un senso che non c’è. Il merito è solo un mantra per sconfiggere la più atavica delle nostre paure: quella di non sapere cosa ci aspetta e di non poter far nulla per affrontare l’ignoto.
La più ataviche delle mie paure: quanto potrò cambiare del mio destino.
Io che ho una storia diametralmente opposta alla tua. Che ho dovuto rosicchiarmela questa vita.
Ma che mi sento fortunata, perché le parole mi hanno salvato…anche perché non so fare neppure una coda ai capelli…sarei stata una pessima parrucchiera….
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Post molto bello e condivisibile. Complimenti.
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Non so se sono d’accordo. Anche di fronte a quegli eventi che normalmente consideriamo indipendenti dal volere umano (terremoti, inondazioni ecc.), la differenza tra la vita e la morte spesso e volentieri la fanno sempre gli uomini. Una persona estratta viva da sotto le macerie dai pompieri è fortunata? Fossi uno di quei pompieri mi risentirei a sentirla definire tale. Ed una che invece sotto le macerie ci rimane? Probabilmente paga con la vita l’incompetenza o la disonestà di un architetto o di un assessore. E così per tutto il resto. E’ ovvio che il tuo punto di vista sia soggettivo (specialmente sotto la doccia) quando ti fermi a riflettere sulla tua nascita nel cosiddetto mondo occidentale benestante, istruito (più o meno), ‘civile’. Ovviamente non hai avuto voce in capitolo in quella circostanza. Ma i tuoi genitori si. E immagino che da persone intelligenti si saranno fatte due conti prima di metterti al mondo. Avranno valutato le proprie disponibilità, la responsabilità di mettere al mondo una figlia e via dicendo. Quindi anche in quel caso, l’unico spazio lasciato al fato è stato quello di decidere un giusto assortimento di cromosomi. Che a pensarci bene è davvero l’unica circostanza in cui il fato ha voce in capitolo (ma ci stiamo attrezzando per togliergli anche quella). Taccio sulla ‘sfiga’ di nascere su un barcone in avaria alla deriva nel canale di Sicilia, perchè le responsabilità umane soprattutto in quel caso sono talmente pesanti che se ci penso mi viene voglia di scendere in strada con un fucile a pompa e farla io la mano del destino. Il merito alla fine sta nel saper sfruttare al meglio le opportunità, o nel saper affrontare le avversità, che ci troviamo di fronte. Opportunità ed avversità che però portano sempre la firma di Adamo in qualche modo.
Mi sto parlando addosso? Ditemelo se è così èh?
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Grazie.
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Ops! Intendevo grazie Galatea:-)
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Concordo e condivido in pieno!
La meritocrazia è importante, ma la confusione tra il merito e la fortuna credo sia da attribuire al calvinismo, di moda negli Stati Uniti, e ri-importato per a stessa ragione nel vecchio continente.
Brutta ideologia, quella per cui ci meritiamo tutto quello che succede (nel bene e, ancora peggio, nel male)
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Io la vedo esattamente al contrario.
La meritocrazia e’ l’unico antidoto al privilegio alla nascita.
Nella mia societa’ ideale non c’e’ alcun legame tra le condizioni alla nascita (sesso,ricchezza, cultura dei genitori, colore della pelle o nazionalita’ dei genitori) e risultati nella vita, e dipende tutto dalle tue capacita’ e dall’impegno che ci metti. E senza interferire troppo sulla vita familiare, che le soluzioni distopiche con lo stato che alleva bambini mi fanno orrore.
La meritocrazia e un sistema educativo ben funzionante sono il modo migliore per avvicinarsi a quell’ideale. Ovviamente arrivarci e’ impossibile: i genitori giustamente vogliono favorire i loro pargoli, e i mezzi economici e culturali sono diversissimi, come lo sono le relazioni sociali, ma idee migliori non ne vedo in giro.
@lesandro
io l’istinto lo capisco pure, ma a chi spari?
I casini delle nazioni povere dipendono in massima parte dalla cultura loro popolazione, che seleziona personaggi alla Mugabe
E i campi di detenzione in Libia dipendono un po’ dalla cultura tribale libica, un po’ dalle preferenze del popolo italiano, che chiede ai politici di fermare gli sbarchi con qualunque mezzo
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merito? Chi era costui? Direi che la nostra vita è già scritta al momento della nostra nascita. Il fato, altra componente proveniente dagli antichi, ci conduce per mano e ci fa scegliere la strada giusta. Quindi pochi meriti ma molto fato.
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Per quel poco che ho imparato nella vita, se vivere il merito come la spiegazione di tutto è senza dubbio un eccesso insopportabile, altrettanto lo è però usare la fortuna come la scusa di tutto.
E se proprio devo scegliere tra i due eccessi, personalmente, mi riesce un po’ meno detestabile il primo.
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Bello ma brutto. Cioè: bella questa consapevolezza, un po’ meno il senso di precarietà risultante, che però può aiutare nei rovesci.
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Scusa Galatea, ma il rompino che è in me non può impedirsi di segnalare una inusuale quantità di refusi nel testo.
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Una serie di combinazioni esistenziali hanno fatto del sottoscritto, oggi, il latore del seguente messaggio:
«Secondo [Galatea], nella vita si procede o per merito o per fortuna. Non abbiamo capito in quale delle due alternative ricadano le raccomandazioni.»
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Grazie prof, il tuo pensiero è corretto e lo condivido soprattutto per la parte inerente l’ambiente in cui cresci. E’ chiaro che anche le scelte che si fanno poi nella vita spesso dipendono dall’inprint che si è avuto nell’ambiente in cui si è vissuto. Ci vuole molto coraggio e moltissima forza per scegliere vie diverse.
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[Chiedo venia se reitero, ma sto cercando, con queste mansioni di basso livello*, di recuperare alcuni crediti.]
Recapito:
«E se una la dà per fare carriera, ha il merito di essere intraprendente o la fortuna di essere gnocca?»
*che mi merito tutte
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