(Ringrazio per la collaborazione Barbara Fantechi, che ha rivisto l’articolo per controllare che, da umanista, non avessi scritto sfondoni…)
C’è questa cosa che si dice sempre, ovvero che le materie umanistiche e quelle scientifiche sono cose diversissime, tanto che, se uno legge in giro, pare che umanisti e, chessò, matematici non possano manco capirsi, si odino ferocemente, se si incontrano per strada si sputino. C’è quest’altra cosa che si dice da un po’, e dappertutto, che le materie umanistiche sono quelle che rovinano i nostri figlioli, con il corollario di: «Signora mia, il pupo non lo faccia studiare al classico, che se passa qualche anno a studiare lettere poi è rovinato, di scienza e di matematica non capisce nulla, una vita buttata via, creda a me!»
Ecco, lasciatemelo dire: è una colossale scemenza. E no, non aspettatevi un post che magnifica la letteratura e la poesia, e le grandi svirgolate delle sensibilità artistiche. La colossale scemenza sta nel fatto che non esistealcuna distinzione vera fra il cosiddetto modo di ragionare scientifico e matematico e quello umanistico. Le differenze sono epifenomeni, la struttura profonda è invece la stessa.
Prendiamo l’analisi della lingua. C’è qualcosa di più umanistico del dizionario? Un librone che parla di parole e del loro significato. Una roba che non ha a che fare nulla con la matematica e tutto con le lettere.
Ecco, ma come viene costruito un vocabolario? Seguendo la teoria degli insiemi. Il dizionario è un insieme che contiene tutte le parole di una lingua. L’insieme lo chiamiamo A e le parole x, che sono elementi appartenenti ad A (x ∈ A), x è definito come tale che è una parola usata nella lingua italiana. È un insieme potenzialmente infinito, ordinato, con un un ordine che in matematica viene detto lessicografico.
All’interno di A noi creiamo dei sottoinsiemi che raggruppano gli elementi x in base a loro peculiari caratteristiche. Tipo x è un pronome, un aggettivo, un sostantivo, un verbo, oppure un nome astratto, concreto, derivato, primitivo. Ognuno di questi sottoinsiemi (verbi, aggettivi, nomi primitivi, nomi derivati etc.) è incluso nell’insieme A. Ogni elemento x può essere incluso in più sottoinsiemi e la definizione del dizionario (esempio: “Casa, nome comune di cosa femminile singolare primitivo concreto”) viene creata elencando l’appartenenza del termine ai vari sottoinsiemi.
Anche il significato della parola viene definito attraverso passaggi della teoria degli insiemi. Prendiamo la polemica sul termine “sindaca”.

All’interno di A esiste un sottoinsieme, chiamiamolo C, i cui elementi x rispondono a questa definizione: C= {x: x è una parola della lingua italiana che descrive colui che esercita la funzione amministrativa in una città) La parola in questione è sindaco. La definizione dice però Colui. Il che implica che si tratti di un maschio. Se voglio indicare una femmina che esercita la stessa funzione devo usare la parola sindaca. Che è il femminile di sindaco e segue le regole del sottoinsieme di parole con tema in -o che al femminile escono in -a.
Quando il dizionario deve dare la definizione del significato di una parola x, ovvero di un elemento, deve essere il più preciso possibile. Tecnicamente deve riuscire a trovare una definizione così precisa e selettiva che all’interno del sottoinsieme C ci può stare una ed una sola parola. A quel punto la definizione è perfetta.
Quando io traduco da una lingua ad un’altra, anche lì io uso la teoria degli insiemi. Cerco nell’insieme A (parole della lingua italiana) l’elemento x e lo pongo in relazione biunivoca con un elemento x dell’insieme B, che contiene le parole della lingua francese, inglese, greca, sanscrita.
Il dizionario, l’apprendimento delle lingue, le traduzioni usano quindi ragionamenti e processi matematici. Noi umanisti ragioniamo così o non ragioniamo correttamente e non possiamo fare il nostro lavoro.
Ne consegue che se un ragazzo passa alcuni anni a studiare lingue (antiche o moderne) e non materie scientifiche non sta sprecando tempo. Sta imparando ad esercitare la stessa logica che se stesse risolvendo equazioni di matematica.
Ne consegue che umanisti e matematici non sono due mondi separati. Sono uguali. Usano gli stessi strumenti, solo applicati a campi diversi.
Tutto il resto è fuffa. E chi la propaga non ha capito una cippa di cosa sia la matematica o l’umanesimo, credete a me.
Beh, molto meglio sindac* (che nel parlato diventa sindac-asterisco, ma asterisco o asterisca o asterisc*? e quindi sincac-asterisc-asterisc-… )
Ok, ok, scherzo.
Grazie dell’articolo
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Molto interessante!
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Ciao Galatea, ho letto il tuo articolo – come sempre molto interessante e divertente 8e per questo intelligente)… opsss… Ti mando un mio vecchio articolo di appunti “sul tema”,,, se può interessarti…
Un caro saluto [com’è stato il rientro a scuola? 😉 ]
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Michele Di Salvo
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