Il testamento biologico e la libertà di messimpiega. Ovvero, perchè un parrucchiere cattolico non può rispettare le volontà delle clienti

Il salone Ricci&Capricci è il parrucchiere storico di Spinola. Il proprietario è David, che, al secolo, sarebbe un più prosaico Davide Celegon, ma, al momento di prendere in gestione la rinomata attività di famiglia, ha compiuto due tagli epocali, sacrificando al neolook da giovane imprenditore del settore capelli una imbarazzante cresta similpunk, che portava dai tempi delle superiori, e l’ultima lettera del nome.

L’arrivo di David, che sostituiva la Rosanna – sua celebre mamma, da tempo immemorabile delegata a prendersi cura di onde e doppie punte di tutte le signore di Spinola – di primo acchito è stato visto, dallo zoccolo duro delle clienti storiche, con molto sospetto, dovuto al tenace permanere, nella nostra società pur moderna, di arcaici pregiudizi. Motivo principe della diffidenza era, infatti, che David non xè miga reciòn. Ora, c’è poco da fare: le signore di Spinola son di mentalità aperta e disposte a provar tutto, ma per qualche settimana l’idea di affidare le loro messimpieghe ad un eterosessuale dichiarato – dotato di moglie, tre figli e rinomato perché, dai tempi delle medie, non s’è fatto scappare una delle sciampiste in forza al negozio – ingenerava angoscia.

Per ovviare all’inconveniente e mantenere la clientela, David ha investito in un totale rinnovamento del locale. Se ai tempi di mammà entrare nel suo salone ricordava una scena dei Peccati di Peyton Place, ora pare un set di Sex and the City: la fila di poltroncine con sopra il casco è stata sostituita da tronetti bianchi di forma ovoidale, che paiono tolti dallo sbaracco dell’Enterprise; gli specchi non ricoprono più solo la parete, ma qualsiasi cosa sia ricopribile, dato che, dove finisce lo specchio, inizia una intarsiatura a mosaico di vetro specchiato (“Per richiamare la tradizione veneziana del vetro!” ha spiegato il giorno dell’inaugurazione l’art designer del locale, scelto, per la tranquillità delle signore, fra quelli inequivocabilmente gay), il bancone della cassa è diventato una postazione futuribile con computer e schermo a cristalli liquidi, su cui compare l’agenda elettronica per gli appuntamenti e la scheda informatizzata della cliente: qui, con un clic, vengono registrate tutte le varianti possibili, dal numero di colore a quello di doppie punte; o meglio, dovrebbero venirci registrate con un clic: in realtà, data la cronica incapacità di Noemi, l’ultima giovane sciampista del vecchio salone ora promossa da David “addetta alla reception”, vengono segnate come un tempo nelle schedine cartacee, che sono nascoste in uno degli anfratti del bancone modello Star Trek. Dentro al cassetto, ho verificato buttandoci un’occhiata distratta, sono relegati anche una serie di arredi che facevano parte integrante del vecchio negozio, e che l’art director ha preteso sparissero prima ancora che lui accettasse di fare un sopralluogo nel locale: sono finiti lì, dunque, oltre ad una gondoletta di vetro e una pallocca con Santa Maria Novella di Firenze che se la volti fa cascar la neve, i due crocefissi di plastica (uno modello standard, l’altro preso ad Assisi e copia in miniatura di quello di Cimabue) l’immaginetta di Padre Pio, il ritrattino di Papa Giovanni, il piatto con sopra Woytila benedicente e una cartolina in cui il neoeletto Ratzinger ghigna una cosa che dovrebbe essere un sorriso. David, del resto, si sa, non si perde una messa: ogni domenica è in chiesa, scortato da moglie e pargoli, rigorosamente seduto sul banco a destra della porta; posizione scelta non tanto per umiltà, quanto perché gli offre l’innegabile vantaggio di poter tenere sotto controllo a colpo d’occhio, mentre ascolta la predica, la tenuta di tutte le permanenti fatte il sabato pomeriggio.

Il mio rapporto con David è conflittuale: lo è quello di tutte le donne con il loro parrucchiere, lo so, ma il mio è aggravato dal fatto che ci conosciamo dai tempi delle medie, e già allora mi tirava i capelli: praticamente un destino. È che io di mio sono tignosetta, soprattutto per quanto riguarda i tagli. David è abituato alle clienti che arrivano lì, sorridono, e gli dicono: “Fai tu.” Io arrivo e gli spiego cosa voglio, magari portando o trovando sulle riviste anche l’immagine di una modella che ha il taglio che desidero, o il colore. Lui, gliene va dato atto, ascolta con compita educazione sorride, annuisce, assicura; poi prende le forbici in mano e fa regolarmente quello che pare a lui.

Quando riemergo dalla nebbia del phon, inizia la baruffa: “Ti avevo detto che non li volevo così!”

Sciocchezze, stai divinamente! Ma lo saprò ben io cosa ti dona, no?”

Sì, ma a me non piace. Sembro un carciofo, non voglio andare in giro così!”

Sono un professionista. Lascia che la decisione ultima la prenda io.”

È una battaglia persa, lo so.

Come tutti i cattolici, siano parrucchieri, dottori o cardinali, ti possono lasciar dire cosa vuoi fare del tuo corpo, ma poi devi adeguarti a quello che vogliono loro.

15 Comments

  1. Galatè,
    ma di che ti meravigli?

    Una volta un mio amico delle medie andò a confessarsi, perchè si sentiva in colpa per “essersi toccato lì sotto” (lui parlava così, io da ebreo non capivo mai perchè parlasse come un romanzo harmony). Sai cosa gli disse il prete? “Che la voglia di toccarsi era legittima, ma non era lui a poter decidere per il suo corpo”. Se fosse stato un film di Almodovar, il prete l’avebbe toccato lui il mio amico, ma nella realtà le cose sono DECISAMENTE + infide. Loro non toccano fisicamente, toccano nell’anima docile e malleabile dei bambini.

    Quel mio amico ora è sposato, ma va 2-3 volte a settimana a puttane. Perchè sa che “la sua volontà di trombare è legittima, ma lascia alla puttana decidere per il suo corpo”.

    Ragazzi, la chiesa fa solo danni. Andrebbero rinchiusi tutti.

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  2. Temo che non sia una prerogativa dei parrucchieri cattolici, ma di chiunque si senta arbiter elegantiae (arredatori, stilisti, ecc) 🙂
    Scherzi a parte, proporrei come articolo “zero” della costituzione l’affermazione che ognuno è padrone del proprio corpo, della propria vita e del proprio destino (almeno nei limiti in cui le sue scelte non hanno ricadute dirette e gravi sugli altri – classico l’esempio di chi ha malattie infettive).

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  3. […]Star Treck […]

    Orrore e raccapriccio, cosa vedono le mie fosche pupille… si scrive “Star Trek”, per le puntute orecchie di Spock!

    Bello il parallelismo tra parrucchieri e sacerdoti, non ci avevo pensato… in effetti, a lavar la testa, son buoni entrambi. Il mio barbiere, invece, dopo aver insistito per qualche tempo che mi facessi delle meches gialle o il pizzetto verde, ha capitolato. Si vede che i parrucchieri per signora sono più codigni (trad. “testardi, tignosi, resistenti, ecc.”).

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  4. Osservazione che condivido. Galatea,

    e vorrei allargare all’insieme della società italiana – con il ricordo di una frase detta durante un attivo di sezione (quando c’erano le sezioni di partito) da Lucio Lombardo Radice:

    “L’Italia è un paese liberale, non democratico. In Italia si può dire, non si può fare.”

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  5. @->fulmini: Di questi tempi, Pasquale, mi sa che è vero soprattutto il contrario: L’Italia è un paese nè liberale nè democratico, ma solo molto ipocrita: si può far di tutto, in realtà, basta però che non si dica. 🙂

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  6. Io dovrò cambiar pizzeria: ma Sua Signorìa La Ninfa, il parrucchiere, no?
    Quanto al David tonsore: proverà anche a far l’originale quale mancato reciòn, ma è solo un banale cattolico papista .
    Sicchè,la mia teoria del calcio in culo forte gliela esporrei subito, al primo colpo di spazzola non conforme.

    Inchino e baciamano.
    Ghino La Ganga

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  7. Ehm. Secondo me, la cosa è un po’ scappata di mano. La stoccata finale del post aveva la punta rivolta al Vaticano, non al povero David.

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  8. La cosa che mi da più noia non sono i cardinali ma la pletora di parlamentari pluridivorziati (quando va bene) che gli vanno dietro per intercettare un “voto cattolico” assolutamente minoritario da almeno 15 anni.

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