
Noi Italiani siamo bravi, quando ci troviamo di fronte a qualcosa che non ci piace. Perché ad usare la politica dello struzzo, chiudere gli occhi e ficcare la testa sotto la sabbia, ripetendo come un mantra: “Se non lo vedo non esiste, se non lo vedo passerà!” sono buoni tutti, persino i banchieri americani. Noi invece riusciamo ad arrivare ad un livello superiore di sottigliezza, ché, va notato, quattromila anni di civiltà e l’eredita di Greci e Latini non sono passati invano: noi la realtà la guardiamo in faccia, anzi la analizziamo nei minimi particolari: Così minimi che, a furia di minimizzare, li spezzettiamo, li isoliamo, e poi li ricomponiamo in un quadro del tutto nuovo, che agli eventi originali può essere appena appena vagamente ispirato: non è solo la finanza creativa una nostra invenzione, la realtà creativa è il nostro cavallo di battaglia: del resto, si sa, siamo un popolo fantasioso, e il made in Italy può mica limitare il suo impatto a gonne e cinture.
Prendiamo, ad esempio, il razzismo. Qualsiasi Stato al mondo in cui, nel giro di meno di due settimane, si fosse registrata una serie di atti di intolleranza nei confronti degli stranieri pari o anche inferiore a quella verificatisi in Italia, si sarebbe già messo le mani nei capelli e avrebbe ammesso, seppure a malincuore: “Ragazzi, ok, abbiamo un problema.” In fondo, a ben guardare, non c’è niente di disdicevole nel fatto che in un Paese alcune frange di individui siano violenti o idioti: capita persino nelle migliori famiglie che un figlio venga su scemo. Ma i genitori intelligenti, appena se ne accorgono, cercano di rimediare: ché se invece fai finta di niente, ed anzi continui a sostenere che è un genio, il pupo resta scemo e i danni che combina si moltiplicano in modo esponenziale. Da noi no, ai figli scemi siamo affezionati manco fossero le perle di famiglia: sono pargoletti innocenti, e chi li tocca è un cattivone. Così se qualcuno, giustamente, dice che picchiare un cinese perché è cinese è razzismo, e sostiene che l’Italia abbia una pancia razzista finora non espressa appieno solo per via della mancanza di stranieri (ma c’eravamo attrezzati con i meridionali, che, pur se prodotti interni, sono a tutt’oggi cortesemente definiti “terroni!”), ecco, si fa notare che sta dicendo uno strambotto: “Razzisti, noi, ohibò, non fia mai! Sono solo casi particolari, coincidenze.”
Così, ci spiega un acuto articolo del Giornale stamattina, a Tor Bella Monaca i ragazzini che hanno spaccato il naso ad un trentacinquenne cinese sono solo giovinetti persi nella periferia nullificante delle metropoli moderna: “I suoi aggressori vanno a caccia di stranieri. È la ragione sociale del loro stare insieme. La mattina bene o male vanno a scuola, la sera si trasferiscono in una Hollywood cattiva, un altro mondo dove sfogare il nichilismo e inventarsi una sporca identità. Negli ultimi tempi, sotto queste torri periferiche, bande di adolescenti hanno sfasciato le auto dei vigili, un’ambulanza del 118, i vasi del centro commerciale. Qui a Tor Bella Monaca, come in tutte le banlieu del mondo, non è razzismo, ma violenza senza ideologia. Sono pugni, sputi e insulti che galleggiano nel vuoto”. Chiariamo, insomma, razzisti non sono: non picchiano solo gli stranieri, ma anche i Vigili, se capitano a tiro: a riprova che, nel menar le mani, non hanno alcuna pregiudiziale ideologica, neh.
Stessa analisi va fatta, secondo l’articolista, per il caso dell’ambulante senegalese picchiato con un mazza da baseball dal vicino di banchetto, italiano, con la collaborazione di un altro sodale: “A Milano un senegalese litiga con un ambulante. «Ti do dieci minuti per sparire da qui». Spinte, grida, arriva un altro ambulante, sempre italiano, e con una mazza da baseball colpisce il senegalese. L’uomo cade a terra, ferito. I passanti lo soccorrono. Il senegalese occupava uno spazio che non era suo, vendeva dove non doveva vendere. È razzismo? È una maledetta storia di piccoli interessi.” Già, l’abusivo fosse stato italiano, si lascia intendere, il colpo in testa se la beccava lo stesso: del resto, mica si possono semplicemente chiamare i Vigili, per tali questioni minute, sennò, vedi sopra, va a finire che una mazzata tocca darla pure a loro.
Non parliamo poi se a sparare sugli immigrati è un gruppo di fuoco della camorra! Razzisti, i boss dei Casalesi? Ma quando mai! “A Castelvolturno, la camorra voleva regolare i conti con due africani che insidiavano il suo territorio, i suoi malaffari. […]. Sono andati lì e hanno sparato. Dovevano ammazzarne due e ne hanno massacrati sei. Tanto la vita, per questi bastardi, non conta nulla. Due o sei è solo un sovrapprezzo. È razzismo? No, è camorra.” Ce ne consoliamo.
Chi vuol per forza identificare una radice razzista, un profondo malessere in tutto ciò, spiega l’articolista, è in malafede: getta a vanvera accuse di razzismo per colpire il governo di Berlusconi: “C’è qualcuno che ha una fretta bestiale di evocare il peggio. Un esercito di piccoli Savonarola che vogliono vedere in faccia il mostro, per dare una forma concreta a quel desiderio malsano di apocalisse che si portano dentro. L’equazione è facile: questa Italia, questa Italia dove governa Berlusconi, non può che essere il peggiore dei mondi possibili”. L’Italia, di Silvio o meno, invece, stando alla corretta interpretazione dei vari fatti, non è un paese razzista, ma quando mai! Al massimo è un paese dove prosperano bande di ragazzini annoiati ed abbandonati a se stessi, che bruciano le auto e le ambulanze in periferia e menano a caso; di piccoli venditori che regolano a suon di botte i contrasti con i vicini, perché, evidentemente, la loro interpretazione del libero mercato comprende la possibilità di legnare a piacere chi ti soffia un possibile guadagno; di camorristi che sparano indisturbati su chiunque – neri, gialli, rossi – per mantenere il controllo del territorio. Gli Italiani non sono razzisti, sono così e basta, ci spiegano al Giornale, fornendoci finalmente un ritratto veritiero degli abitanti del Bel Paese.
Quasi quasi preferivo che fossimo razzisti sul serio, va’.
bè io razzista vorrei esserlo per poter dire che quelli del Giornale li manderei tutti ai forni. Ma non vorrei mi dicessero che non sono razzista, ma solo uno sporco comunista.
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complimenti per l’articolo sul Corriere del Veneto… però la foto non ti rende giustizia! 😉
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Mi dica, ora che il corriere del Veneto le ha dedicato mezza pagina, cambierà qualcosanel suo blog?
eh eh eh1
Complimenti Gala, meritati.
In quanto alla foto, si sa che tu sei timida davanti all’obiettivo, comunque sei grande 8e pure bella)
ciao
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Questo affannarsi nel coprire e sotterrare una verità evidente fa il paio col revisionismo storico e l’apologia del fascio che si respira sotto Regime. Ops, Governo Berlusconi!
Avrete visto o sentito che anche a Parma abbiamo avuto il nostro momento, col sindaco che si è precipitato in TV per difendere il buon nome della città. No, non c’è razzismo in Italia, tutte le attenuanti del caso fanno pensare che si tratti in realtà di banale Evaristo.
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brava Gala, te lo meriti. punto.
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Galatea, ti leggo spesso ma non ho commentato ancora quello che scrivi. Stavolta intervengo per farti i miei complimenti più sinceri.
Brava e grazie per quello che hai scritto.
Simona
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Oh santi numi !
Sarà che ho il cervello allineato verso lo scontro ma possibile che il 60 % degli italiani abbia votato un duce ?
Io non ci credo.
Io credo che semplicemente siamo ancora a livelli infantili nel riconoscimento dei ruoli.
D’altronde non siamo il paese dove tutti sono presidenti di qualcosa ?
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