
Siccome il blog è mio e quindi lo gestisco come mi pare, oggi, invece di propinarvi qualche battutina su Berlusconi o Obama, vi segnalo un interessante studio su letteratura e darwinismo (qui la notizia in italiano, qui in inglese, qui l’articolo scientifico originale, per chi se lo volesse leggere, e sia ringraziato il cielo che in area anglosassone pubblicano quasi tutto in internet, così ognuno se lo può recuperare da solo!).
J.A.Johnson, J.Carroll, J.Gottschall, e D.Kruger, sono quattro professori americani che hanno studiato la letteratura inglese dell’Ottocento alla luce delle teorie evoluzionistiche di Darwin. In pratica hanno cercato di verificare, test alla mano, se la letteratura in qualche modo cooperasse alla definizione di “tipi” umani che, proprio perché simili per carattere ai protagonisti dei romanzi più letti, finivano per ottenere il “successo” dal punto di vista evolutivo, e quindi, detto in soldoni, riuscivano a riprodursi più di coloro che, invece, non essendo per nulla simili ai protagonisti letterari o assomigliando troppo ai “cattivi” dei romanzi, restavano, come si dice in Veneto, al palo, e ciao ciao dna da passare ai discendenti.
Secondo questo studio, la letteratura ottocentesca anglosassone ha avuto un peso fondamentale nelle selezione naturale della specie, per lo meno della “specie” degli inglesi/americani fra Ottocento e Novecento. I protagonisti dei romanzi di successo erano uomini e donne dotati di un forte senso dell’altruismo, pronti e sacrificare le loro vite per la comunità a discapito del vantaggio e, alle volte, della stessa sopravvivenza personale. Diventati dei modelli di riferimento, hanno contribuito a far considerare più affascinanti quelle persone reali –maschi e femmine– che avevano le loro stesse caratteristiche. Di conseguenza chi era considerato altruista, pronto a sacrificarsi per il bene altrui, generoso et similia veniva considerato un partito interessante, sposato di corsa e riusciva a passare i suoi cromosomi ed anche i suoi valori alla generazione successiva; gli altri, egoisti e “cattivi”, non venivano presi in considerazione, non riuscivano a riprodursi e quindi rimanevano in compagnia dei loro geni, senza lasciare eredi, anche se, presumibilmente, essendosi divertititi assai di più nel corso della loro vita. Oggi l’influsso dei romanzi ottocenteschi pare sempre forte in area anglosassone –sarà perché da quelle parti ancora leggono– ma lascia anche aperti interrogativi su quanto possano influenzare le scelte evolutive della nostra specie, ora, serial tv e programmi di grande ascolto in cui vengano proposti come “positivi” e “affascinanti” certi tipi umani a dispetto di altri. Se si fan vedere alle figlie tutte le puntate di Verissimo è facile che da grandi vorranno sposare un Briatore; se guardano invece il dottor House può darsi che preferiscano flirtare con primari ospedalieri tendenzialmente atei: i genitori dovrebbero tenerlo presente quando lasciano le pargole davanti alla tv.
L’articolo non fa che confermare, e far rientrare nell’ambito delle teorie darvwnistiche, ciò che a lume di buon senso tutti sospettavano riguardo alle funzioni primarie delle letteratura, o rispetto alla forma narrativa in genere. L’uomo, da sempre, crea racconti per far passare non solo informazioni ma soprattutto modelli di comportamento utili al gruppo di cui fa parte: la narrazione, sia essa un mito, un poema epico, una storia, un romanzo, presenta ai suoi lettori/ascoltatori personaggi esemplari, le cui caratteristiche sono scelte in base a quelle considerate positive o negative nel gruppo di appartenenza. Lo scopo informativo delle letteratura è sempre stato secondario rispetto a quello formativo, e non è poi un caso se gli scrittori, quando propongono opere che vanno contro la morale del tempo o l’ideologia dominante, sono aspramente perseguitati: le loro critiche sono vissute come contestazioni pericolosissime, in quanto minano non solo, vista la teoria proposta in questo studio, l’ordine sociale vigente, ma i fondamenti stessi della strategia evolutiva adottata dal gruppo di appartenenza.
Certo, pensare che basti leggere un best seller ed adottare i valori del protagonista per garantirsi il successo riproduttivo è una semplificazione eccessiva; ma l’attrazione esercitata dai modelli culturali imposti dalla società è forte e pervasiva, agendo a livelli parzialmente inconsci e non rilevabili, spesso, dal pubblico: la narrativa (scritta o filmata) agisce come la radioattività: forse non ti accorgi che c’è, ma ti contamina.
Lo studio americano ha preso in esame la letteratura inglese dell’Ottocento; mi chiedo, e sarebbe interessante a questo punto andarlo a scoprire, cosa potrebbe risultare da uno studio simile in Italia. Siamo un paese che legge poco, e l’influenza della nostra letteratura ottocentesca sulle strategie riproduttive potrebbe essere stata molto minore. Quanto, però, dell’individualismo generoso ma pressapochista italico potrebbe derivare dall’aver presentati per anni come positivi, nelle opere liriche allora di grande diffusione, personaggi come il Manrico del Trovatore, mammone, pasticcione e rivoluzionario arruffato? Quante fanciulle si sono innamorate di individui simili, convinte di aver portato all’altare un eroe, mentre avevano solo accalappiato un deficiente? Quanto il tipo di educazione data da sempre in Italia alla classe dirigente in pectore –che ha privilegiato la formazione classica, declinandola però solo come palestra di retorica fine a se stessa, e ha presentato come punti di riferimento, all’interno della cultura classica medesima, i tromboni alla Cicerone– ha spinto pletore di ragazze a sposare avvocaticchi azzeccagarbugli di provincia, abili intrallazzatori di sottobanco, perché genitori e parenti vedevano in essi la reincarnazione dei grandi del foro romano e dell’impero? Quanto il costante dipingere come positivi personaggi gattopardeschi, che si battono perché, cambiando, tutto resti come prima, ha ingessato e continua ad ingessare nel nostro paese ogni cosa, giacché chi manifesta questo tipo di mentalità congelata è considerato partito serio, affidabile e auspicato come padre per la prole dalle donne di buon senso?
Finora la propaganda (letteraria, politica) si è sempre pensato avesse degli influssi limitati nel tempo, cioè costituisse un lavaggio del cervello subliminale, magari, ma contenuto al numero di coloro che venivano esposti ad essa e, almeno in linea di massima, per il periodo in cui venivano esposti; questo studio, invece, lascia intendere effetti più deleteri ed a più lungo termine, che incidono sui processi di selezione della specie e del gruppo, favorendone o minandone l’adattabilità a nuove condizioni ambientali, e quindi la sopravvivenza futura.
Sarebbe interessante, dunque, uno studio anche qui da noi. Se non altro per evitare che chi scrive le sceneggiature del Maresciallo Rocca o di don Matteo non ci rovini solo la serata, annoiandoci mortalmente, ma arrivi addirittura ad influenzare le strategie evolutive del nostro gruppo umano per le prossime generazioni. C’è di che rabbrividire, ammettiamolo.
Ciao, post bello e interessante…
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mi viene in mente una domanda, magari dopo mi vado a cercare lo studio: perchè i modelli positivi si diffondano per via biologica è necessario che l’accoppiamento sia libero da convenzioni sociali ed economiche. Siccome non sono proprio sicuro che questa fosse la condizione normale nell’ottocento vittoriano mi sembra che ci sia una falla non da poco nel ragionamento.
Inoltre, siamo sicuri che i modelli veicolati dalla prima grande ondata di consumo culturale di massa (la letteratura ottocentesca appunto) non andasse semplicemente ad intercettare i gusti del pubblico? Quindi casomai una certificazione dei modelli positivi più che una creazione dal nulla..
Così anche per il discorso sull’italia attuale rappresentata in tv, con l’aggravante che sicuramente l’offerta culturale della letteratura ottocentesca era più variegata di ora.
Però sicuramente l’intento pedagogico di chi scriveva allora era sicuramente maggiore (oddio…mica tuti..) di quello di chi fa televisione oggi.
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@->paolo: Oddio, possono anche essersi riprodotti senza essersi sposati, in fondo…
Ovviamente lo studio è leggermente meno tagliato con l’accetta di come l’ho riassunto,e qualche dubbio di fondo la lascia anche a me. Ma credo che nel momento in cui un determinato modello o tipo umano viene recepito come affascinante e positivo dal gruppo (per esempio, chi si sacrifica per gli altri sì, chi è egoista no) i problemi legati alle convenzioni sociali ed economiche si attenuano: il padre preferisce dare la figlia in moglie a chi risponde alle caratteristiche giudicate importanti dal gruppo; chi dimostra quelle caratteristiche viene premiato, spesso, anche con il successo economico o comunque con un prestigio sociale, per cui, se chiede in moglie una ragazza è difficile che gli venga risposto di no.
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molto, molto interessante. il darwinismo si poggia anche sul concetto di mutazione (almeno quello moderno) e in effetti nel 900 e oggi i modelli che influenzano maggiormente il comportamento son quelli cinematografici e televisivi. su questo c’è una letteratura sterminata, anche se con taglio non darwinistico. personalmente trovo che il darwinismo sociale abbia spesso portato a gran castronate, ma non in questo caso.
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Uh ciao, Zop!
Sì, in effetti questa volta mi sembra una tesi interessante. Sul Darwinismo sociale anche io ho molti dubbi, ma in questo caso penso che l’ipotesi possa anche reggere.
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ecco. lo sapevo. son cresciuta con film di tarantino, adesso aspetto che il moroso mi proponga di andare a rapinare ristoranti…
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Prima di tutto un appunto, immagino destinato a te per la generosa riduzione che ne hai fatto più che agli autori dello studio: il modello sembra quello del pavone-maschio, che fa la ruota, e la pavoncella-femmina che ne rimane colpita, tanto più quella ruota somiglia a quella proposta dalla letteratura.
L’attrazione è sempre bilaterale e immagino che tale ragionamento possa e debba, mutatis mutandis, essere fatto anche nel verso opposto.
Nonostante io nutra una qualche simpatia per il darwinismo sociale, non quello delle SS, chiaramente, fatico a vedere l’arte, e la letteratura in particolare, in modo utilitaristico.
Credo sia interessante, in questo senso, il capovolgimento proposto da Paolo, non potendo essere trascurata la funzione rappresentativa della realtà svolta dall’arte in generale; alcune volte l’artista è colui che vede meglio, e talvolta molto prima, ciò che sta succedendo intorno a lui.
Per buttarla in politica, sarebbe bello pensare che il berlusconismo sia effetto di Berlusconi, ma è molto più probabile che sia lui, Berlusconi, ad essere il portato di una degenerazione civile del nostro belpaese.
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Premesso che non ho letto l’ articolo citato, sono convinto che si scambi causa ed effetto.
In linea di massima gli scrittori scrivono quello che il pubblico vuol leggere (e se scrivono qualcos’ altro non li pubblicano).
Non dubito che la letteratura influenzi la società, solo credo che l’ effetto inverso sia molto più forte.
Oggi un film alla john waine con gli indiani brutti, sporchi e cattivi non se lo filerebbe nessuno, balla coi lupi negli anni ’50 avrebbe fatto ridere più di Stanlio e Ollio.
@paolo
Non credo proprio che la letteratura ottocentesca sia più variegata di quella odierna, è l’ impressione che ottieni condensando un secolo in poche decine di libri ben selezionati.Il volume di produzione editoriale è enormemente maggiore oggi, e se il consumo di massa deprime la qualità media non credo abbia effetti negativi sui migliori scrittori.
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Interessante. Ma dall’articolo non emerge un fattore fondamentale: il fatto cioè che determinati comportamenti, sui quali operava la selezione positiva, fossero o meno geneticamente determinati, cioè se certe tendenze si rafforzino in un meccanismo a feedback o meno. Tendenzialmente mi pare di no (il comportamento umano è geneticamente determinato in modo univoco? a me risulta di no).
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Forse si sono scordati di Kipling e della sua esaltazione della missione civilizzatrice del colonialismo britannico che tanti danni che ha fatto. Ciò confermerebbe in parte la tesi di questi autori, ma dimostrerebbe che non sempre i modelli “vincitori” erano così positivi, almeno dal nostro punto di vista. 🙂
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Mmm io trovo la tesi un po’ raffazzonata se mi consenti. Ho storto il naso quando l’ho letta sui giornali. Il processo di selezione sessuale e’ molto piu’ complesso di quanto possa sembrare nell’Homo sapiens.
Prima cosa nell’800 i fruitori delle opere letterarie piu’ famose erano pochissimi e forse rappresentevano appena il 10% dela popolazione.
Secondo, vi erano barriere sociali impossibli da scavalcare. La figlia della alta borghesia non poteva andare a sposarsi un balordo di periferia.
Terzo, la capacita’ di un pool genico (mettiamo quello dell’onesta’, se mai esiste) di imporsi nella popolazione consiste anche e sorpattutto nella quantita’ di prole prodotta. Cosa che tra le classi piu’ agiate (cioe’ quelle che hanno letto quei romanzi) e’ palesemente inferiore a quelle piu’ povere.
Quarto, poi perche’ si da per scontato che i lettori prendessero come punto di riferimento gli eroi e i valori positivi e non quelli negativi??
Quinto, i lettori di romanzi ottocenteschi o di trame con valori positiivi non e’ detto che poi conducano una vita esemplare. Basti guardare una biblioteca a causa di un gerarca nazista per rendersi conto che si nutrivano di romanticismo ottocentesco e classici latini.
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@marcello:
non volevo dire che la letteratura dell’ottocento è più varia di quella attuale. Volevo dire che è più varia dell’offerta di fiction televisiva attuale..
🙂
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@->Fabristol: Perfettamente d’accordo con te sul fatto che la selezione sessuale sia molto più complessa di così. Da come io avevo capito l’articolo, però (può essere che abbia capito male, eh) qui non si presuppone l’esistenza di un pool genico dell’onestà; si dice solamente che, essendosi imposto nella società un modello di “uomo ideale” o “donna ideale” che doveva avere determinate caratteristiche (cioè, per esempio, essere onesti, aiutare gli altri, sapersi sacrificare, etc.) nel momento in cui si doveva scegliere un partner per la procreazione (non necessariamente sposarselo, quindi) si prediligevano individui che, apparentemente, possedevano le stesse caratteristiche morali degli eroi dei romanzi. Ripeto, l’osservazione non è una novità epocale, ma è interessante. Pensa giusto l’esempio che hai fatto tu, e cioè che la figlia di una famiglia altoborghese difficilmente avrebbe potuto scegliere di sposare un “balordo”. E’ vero. Ma è anche vero che, dopo aver letto quintalate di romanzi romantici che inneggiavano all’amore svincolato da ogni laccio sociale e presentavano eroine disposte a seguire l’amato anche andando contro le convenzioni, la figlia della famiglia altoborghese poteva sentirsi autorizzata a violare le regole sociali e, se non sposare, per lo meno finire a letto con il suo “balordo”, magari procreandoci assieme un pargoletto.
2. Nell’800 i fruitori di opere letterarie erano più di quelli che si crede: romanzi d’appendice, spesso però scritti da autentici geni della letteratura come Balzac, Zola, Dickens, erano letti anche dagli analfabeti (se li facevano leggere, infatti); la morte di Sherlock Holmes decisa da Conan Doyle causò quasi una sommossa popolare…
3. è ovvio che la tesi, applicata alla letteratura, è un po’ tagliata netta, perché fra letteratura e società c’è sempre una osmosi complessa. Cionondimeno io credo che nella selezione del partner entrino anche, e spesso con peso determinante, fattori legati ai modelli culturali imposti, e la letteratura è una facitrice per eccellenza di modelli culturali.
4. Sì, la biblioteca dei nazisti era piena di romanzi ottocenteschi, e quella dei fascisti pure. Qui entra in gioco il problema di come i romanzi vengano percepiti dal lettore. Altro problema grosso come una casa: alcuni modelli di eroe si formano partento da letture “aberranti” del testo: le intepretazioni dei classici greci e latini ne sono la prova.
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cara Galatea, trovo il tuo post interessante e pieno di suggestioni; tuttavia, vorrei proporti (e proporre ai tuoi lettori) un piccolo quiz (tratto da V.Nabokov, Lezioni di letteratura, Garzanti). Secondo te un buon lettore dovrebbe [si possono dare quattro risposte]:
1. appartenere a un club del libro;
2. identificarsi con l’eroe o con l’eroina;
3. concentrarsi sull’aspetto socioeconomico;
4. preferire una storia con azioni e dialoghi a una che non ne ha;
5. aver visto il film tratto dal libro;
6. essere un autore in erba;
7. avere immaginazione;
8. avere memoria;
9. avere un dizionario;
10. avere un certo senso artistico.
Son convinto che la tua compentenza non deluderà le esigenze nabokoviane
🙂
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@->Luca Massaro: Oh mamma…direi avere immaginazione, memoria, senso artistico e soprattutto un dizionario. Il club del libro, ecco, quello lo lascerei proprio stare.
🙂
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Meno male non avesso messo nessun Monte premi! 😀
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Be’, contando che era Nabokov, sarebbe stato strano che fossero stati altri, neh 😉
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uhm… io non son riuscito a leggerlo tutto il post
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Cara Galatea, credo che applicazioni troppo estese di una teoria che si applica ad un livello (quello biologico) della realtà portano solo a metafore a volte fuorvianti.
Gli autori hanno fatto bene a metterlo in rete e a non far pagare niente a nessuno.
Già in campo più strettamente biologico l’etobiologia di Wilson non mi sembra avere la stessa cogenza della teoria evoluzionistica di Darwin di cui è un’estensione anche piuttosto fantasiosa.
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Moooooolto interessante. Lo linko al mio blog. Brava, come sempre. Kay
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Grazie, Kay. Sempre un piacere sentirti! 🙂
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ti smonto subito la tua teoria come fasulla anchese
l’articolo è interessante ma non mi prendi in castagna
ti informo solo che il piu grande architetto di tutti
i temi Frank Lloyd Wright,.. a cui io sono stato di recente paragonato , si ispirava al principe TALIESIN una figura leggendaria gallese, una specie di druido, letterario, ispirandosi a tale figura letteraria ha fatto 9 figli e cambiato la storia dell’architettura mondiale per sempre…
Le energie e le intelligenze umane che ci pervengono.. dalla mente umana stessa servono per, portare avanti la specie come un tutto unico organico, l’epoca del dualismo
è finita per sempre, è una toria la tua vetero-femminista
ma interessante proprio perchè la verità è un altra.
the insider : “lo spettro”
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Chissà che s’è fumato, questo….
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bhè è interessante stò studio…maaaaa….le donne hanno sempre scelto gli uomini che sono come degli eroi, uomini forti, che sanno provvedere alla famiglia, premurosi, dolci, romantici fin dalla notte dei tempi e dubito fortemente che all’epoca dell’homosapiens leggessero, e nell’ottocento comunque vi erano molti analfabeti, quindi , da persona che comunque legge, credo che questo studio ha cannato un poco…forse dovevano prendere in considerazione una sfera più ampia…Cavolo noi donne siamo romantiche, vogliamo essere coccolate e non dipende dai libri è solo la nostra natura “fragile” nei confronti dell’amore che lo richiede…
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credo che i nostri politici abbiano letto davvero poco.
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