L’Isola è l’Isola

Rossana non ha una casa, ha tutta una montagna. Per lo meno, possiede l’intero cucuzzolo, ma il cucuzzolo è qualcosa di enorme, una punta che non finisce mai, e quando ci arrivi vedi ai piedi tutta l’isola, e le isole vicine, e l’immensità del mare.

Appena sotto il cucuzzolo, infatti, c’è la sua casa, una villa verde acqua dall’elegante profilo ottocentesco, incastonata nel bianco della calce viva. Attorno il giardino del paradiso, un eden di gerani, ginestre, cespugli, piante di more, nespole e fichi che crescono e fruttiferano perché questo di loro le piante in natura fanno: producono.

È un posto talmente bello che non sai dove voltarti, perché quando ti giri per fissare meglio un angolo di panorama il cuore ti si intristisce a pensare che non riesci nel contempo a continuare a guardare anche il resto. L’occhio corre insaziabile, fino al confine estremo dell’orizzonte, dove il blu del mare e del cielo sembrano fondersi l’uno dell0’altro, come sfumature dello stesso drappo.

Eppure non è neanche ciò che vedi a colpirti di più, ma quello che non si vede però pervade tutto: la luce.

È meravigliosa, sull’isola, la luce: netta, senza sbavature. Separa le cose come un bisturi. Mostra gli oggetti come non li hai mai potuti vedere prima. È una luce greca, apollinea: definisce contorni perfetti. Per noi che veniamo da terre di brume incerte, in cui i confini sono avvolti da perpetue foschie, è una sorta di rivelazione: è una luce che chiarisce, nel senso più letterale del termine, che l’essere è e il non essere non è e non può essere. Parmenide, per capire l’arcano, non ha dovuto poi ragionarci tanto su, gli è bastato affacciarsi alla finestra.

Mi hanno sempre affascinato le correlazioni fra i luoghi e le forme di pensiero che nascono in essi: in fondo le idee sono pur sempre suggestioni scaturite dall’osservazione da ciò che ci troviamo attorno. E c’è sicuramente una correlazione stretta, necessaria, tra la nascita della filosofia ed il sole terso della Grecia, o del nostro Sud, che permette a colpo d’occhio di sintetizzare un paesaggio nei suoi tratti fondamentali, comprenderlo ed individuare la sua più specifica sostanza. Così come la spietata durezza di Roma antica si spiega anche con la brulla ruvidezza dei suoi dintorni, l’aria malinconica e povera di certi suoi agri tristi dove terra e palude intersecate promettevano sempre più bestemmie che raccolto. È la fame atavica del contadino che l’ha spinto a tentare l’avventura dell’impero.

Qui, in questa terra sospesa, anche gli abitanti sembrano vivere in un limbo, vogliosi di adottare i ritmi e gli stili di vita del Continente, ma al tempo stesso pervicacemente attaccati al loro particulare, all’abitudine paesana, alla maldicenza di buon vicinato, aperti come marinai e chiusi come contadini. Sono doppi come questa terra splendida e crudele, che ti affoga di sole brillante e ti tramortisce di nero maestrale, arida e al tempo stesso ferace, ricca e povera assieme, piena di contrasti violenti ed insanabili. Come lo è sempre, del resto, la vera bellezza.

4 Comments

  1. “Rossana non ha una casa, ha tutta una montagna.”

    Beata lei. Io c’ho una casetta di due stanze con cucina con un giardino minuscolo.

    Piacerebbe anche a me vivere in un limbo di contrasti insanabili e dedicarmi ai dialoghi con Parmenide.

    Yossarian

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  2. Pure io ho una casettina piccina picciò…i dialoghi con Parmenide, però, si possono fare ovunque. Basta che lui risponda, beninteso. 😉

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