Questioni di ortografia leghista

E’ carino, Luca Zaia. Per celebrare la vittoria, ha scritto sulla Padania un articolo in dialetto veneto. Peccato che sia pieno di pacchiani errori di ortografia.

Per evitare figuracce del genere, in futuro, Zaia sarà meglio che segua di un corso veloce di ortografia veneta, per imparare, ad esempio, quando e come usare la “elle”, mettere le x al posto giusto e gli accenti dove è necessario.

Quanto alla Padania, faranno bene a capire che il federalismo comporta alcuni obblighi, fra i quali quello che le bozze del giornale non le possono far rivedere a degli stranieri. Come i Lombardi, per esempio.

 

24 Comments

  1. Ehm, credo tu conosca la storia del Leone di San Marco che poggia la zampa sul libro aperto , o chiuso, sugli edifici delle citta’ conquistate dalla Serenissima.

    Sul libro aperto che riporta la scritta “Pax Tibi” e qualcos’altro che ora mi sfugge perche’ sono avvinto dalle tenebre dell’ignoranza, dicevo, sul libro aperto quando la conquista da parte di Venezia era avvenuta o pacificamente, o quando la citta’ conquistata aveva accettato di sottomettersi senza rompere i maroni.

    Chiuso, quando la fanteria pesante veneziana aveva dovuto distribuire compilation di sberle per convincere i riottosi, o in seguito a rivolte.

    Nel caso di Zaia mi par di capire che sara’ meglio che poggi la zampa su un vocabolario di lingua veneta redatto da Casanova, Ruzante, Boaretti, Goldoni etc etc.

    O su un iPod contenente lezioni di veneto, cosi’ si fa prima e si e’ piu’ gggiovani.

    *Avvertenza: la frase seguente contiene pesanti e gratuite invettive campanilistiche*

    Quanto ai Lombardi, di’ a Zaia se non potremo piu’ recarci in Veneto, vuol dire che aspetteremo il vostro arrivo a seguito della prossima piena del Po, come regolarmente avviene da secoli…

    Dal 1951, ci sono piu’ veneti al mio paese che a Rovigo.

    Just kidding Galatea, just kidding.

    😉

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  2. “veneto”, lo sappiamo tutti, non vuol dir nulla.
    veneziano, mestrino, trevigiano, bellunese, chioggiotto, ecc. sono diversi. così come in Puglia barese, leccese o tarantino. così come in Sicilia il palermitano, catanese o messinese. così come persino fiorentino e pratese si riconoscono. ecc.
    vogliamo imporre un “veneto” medio standard?
    vogliamo imporre un diverso centralismo?
    i leghisti ci cascano sempre sulla questione linguistica…

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  3. In base al fondamentale principio, per il momento purtroppo non sancito dalla Costituzione, “paroni in casa nostra”, da veneziano mi auguro che il neopresidente si attivi per evitare il dilagare nelle calli veneziane di idiomi foresti tipo quella roba strana che parlano i trevigiani…

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  4. @liczin: qualche mese fa, al cambio di formato, il Gazzettino ebbe la geniale pensata di uscire con una edizione “in veneto”. I Veneziani, quando lo lessero, si incazzarono da morire, perché non ci si capiva nulla. 🙂

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  5. Osservazione da non veneto:
    A parte le parlate correnti che son per definizione localissime, mi risultava che (a differenza di altre lingue locali in Italia) esistesse una norma di veneto letterario, pur non recentissima (Goldoni et al.; documenti ufficiali dellla Repubblica; etc.). Volendo SCRIVERE in veneto, non conviene usare quella?
    Attendo risposte e chiarificazioni dai veneti, vorrei capire.

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  6. Non sappiamo se il sig. Zaia abbia un sito un blog un forum o buchetti del genere. Se lo troviamo, gli manderemo questo thread come segno della vostra buona volontà: perché, continuando così, alle prossime elezioni i leghisti perderanno altri voti, e avranno bisogno della sig.na Galatea e del suo seguito.

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  7. @janko: No, un Veneto standar con ortografia fissata non esiste ancora. Esistono codificazioni letterarie del Veneziano, lingua usata, appunto, non solo dal Goldoni e dai suoi epigoni, ma anche dagli ambasciatori della Repubblica Serennissima per stendere i loro rapporti a partire dal ‘500. Ma, appunto, è Veneziano (per giunta arcaico), non “Veneto”, e ha costrutti ed ortografia diversa dal “Veneto” (in realtà a sua volta diverso al suo interno: Trevigiano, Vicentino, Veronese, etc.). Differenze evidenti sono, per esempio, la costruzione delle interrogative, per altro già osservata da Dante nel De Vulgari Eloquentia: in Veneziano l’interrogativa si costruisce con il verbo anteposto (Vas-tu fin S.Marco? Me Fas-tu ‘sta cossa?)mentre nei dialetti di terraferma questo non avviene (Te vé casa? Te me fé ‘sta cossa?. Per non parlare delle differenze di lessico specifico e di accento (parlare con un chioggiotto e con un veneziano a volte significa aver l’impressione di parlare con due persone provenienti da regioni diverse).
    @red. cac. : Vede, caro red, il suo commento dimostra che, per altro come al solito, non ha capito un accidenti; anche perché Lei non è Veneto, e quindi parla di cose che manco riesce ad intuire. In Veneto e soprattutto a Venezia, al contrario di quanto ho visto in altre regioni d’Italia, il dialetto è parlato da tutti, qualsiasi sia la categoria sociale di appartenenza o lo schieramento politico. Si parla in Italiano nelle occasioni formali, e poi, per il resto del tempo, in dialetto. Quindi, quando i Leghisti vanno a sfruculiare sul dialetto, ci pungono sul vivo, perché è una cosa che usiamo abitualmente, io per prima.
    Erano famose le prese per il culo di Visentini, presidente della Fondazione Cini, a Rocchetta, nei primi anni ’80 fondatore della Lega Veneta, poi confluita nella Lega Nord. Siccome Rocchetta aveva registrato il messaggio della segreteria telefonica in “Veneto”, ma anche questo presentava gli stessi problemi degli articoli di Zaia (E cioè che non era “Veneto”, ma solo un messaggio in trevigiano) narrano le leggende che Visentini, quando gli lasciava un messaggio, chiudesse con: “E quando la vorà che ghe insegna un pochéto de dialeto, son qua.”

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  8. Se qualcuno avesse voglia di approfondire, segnalo Luigi Meneghello; in particolare “Maredè, maredè”
    (vicentini magnagati…)

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  9. Chiedo scusa per la mia ignoranza … perché il dialetto veneto ha anche una grammatica ben definita ? voglio dire esiste un solo dialetto universalmente riconosciuto ?

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  10. il veneto evidentemente è ancora tutto da codificare, a quanto intendo. magari elevando a standard il veneziano, ossia l dialetto della capitale. e così in séguito a questo, per non dover sottostare a venezia ladrona, ci sarà chi chiederà la secessione di qualche provincia, e poi, all’interno di questa, di qualche comune, e così via. perché il secessionismo non ha mai fine.

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  11. @Mimmo: No, appunto, uno standar universalmente riconosciuto come “Veneto” non esiste; esistono grammatiche e vocabolari dei vari dialetti (veneziano, vicentino, etc.). Quello di Zaia parrebbe una variante di trevigiano, scritta però ad orecchio e senza neppure una minima logica ortografica: Se si nota, infatti, c’è una totale anarchia nell’uso delle “elle”, che in Veneto non si pronunciano (però si devono scrivere): alla prima riga si legge: “A xe na vitoria granda”, mentre l’ortografia corretta pretenderebbe un “la xé”; si continua con “sta qua a xe na vitoria del Veneto”. Poche righe più in basso, però, improvvisamente scrive “a la vizilia”, quindi compare, misteriosamente, un articolo con la “elle”. Perché? Non si capisce.
    Altrettanto creative le coniugazioni dei verbi: “Ne toca a noaltri far in maniera de rincurar a volontà del popolo”: a parte che è “la volontà”, sempre per la elle di cui sopra, ma “rincurar” non è attestato: casomai è “rancurar” (raccogliere); stesso problema, poche righe sopra,dà il “tegnar”, che invece dovrebbe essere un “tegnìr” (tenere) e il vegner, che è tipicamente trevigiano, ma non regolare in veneziano (dovrebbe essere “vegnìr”). Ugualmente creativo ma privo di logica l’uso della j: se va usata quanto la j è intervocalica e semiconsonantica, come in “vojo”, allora dovrebbe essere usata anche in “desbrojar”, che invece lo Zaia scrive “desbroiar” (sbrogliare). Incomprensibile poi la frase: “penseo che sia un dogo farse dar el federalismo”. “Dogo” in luogo di “zogo” (gioco) non so di dove possa venire fuori, forse da qualche campo di Conegliano, ma lo capiscono solo là. Curiosa poi la costruzione nella frase: “Ma la xe ora che se descante”(svegli): “che la se descanta”, casomai, perché il congiuntivo va rispettato, e l’uscita corretta della III persona singolare è in -a (che ti ti te descanti, che elo el se descanta).

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  12. omniaficta, io allora mi secedo dal lazio… casa mia passa in toscana! (ma solo casa mia, il resto del condominio resta sotto la polverini!) 🙂

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  13. Mi scusi, sig.na, io non sono veneto, e come tutti gli altri italiani ignoro che in veneto è molto parlato i dialetto. Ignoro persino che a Sacile si ritengono veneti e non furlan.
    Ma anche se Lei ci va giù con il solito come al solito, io mi limito a ribadire che di questo passo, e senza il Suo aiuto, saranno presto messi all’angolo.

    p.s.
    E’ vero che qui a Genova molti ormai non parlano il dialetto, e parecchi non lo capiscono neppure. Ma forse, anche come ligure, so che la grammatica normativa della grafia dei dialetti o non esiste, o è uno dei molti tentativi. O Lei pensa che il genovese presenti meno problemi del veneto. Direi che è vero il contrario. Insomma, Lei ci scrive un post, ma non credo che il comitato centrale della lega si riunirà domani per risolvere illico et immediate la questione. Vede (e ci perdo ancora un po’ di tempo) non è che Lei scriva sempre cazzate: è il presunto rilievo dei suoi post che…no, non fa non ridere, e nemmeno rotolare.

    p.p.s.
    Un giorno, quando ho pazienza, Le spiegherò perché Lei, pur essendo qua e là erudita, non ha davvero capito niente della cultura classica, né letteraria né storica. Buona Pasqua, o buone feste, fa lo stesso.

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  14. ah, mi scusi, sig.na: quando il topo gonzo delira, Lei secondo me ha il diritto-dovere di raschiarlo: proprio come per me, che anzi può raschiare quando vuole, Lei lo sa.

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  15. Non esiste una lingua veneta scritta. Questa è una lettera originale del 1763, in periodo di Serenissima Repubblica:
    “Carissima sorella 28 Mgio
    Carissima sorella io vi saluto di buon cuore salutando anche Elisabetta et anche mie sior Amie ed anche il Barba ed anche tutti della Toletta e vi prego di mandarmi una straseta di camisa da mudarme che li patroni mi variscono dalla rogna et anche vi prego di mandarmi uno straseto di petene da petenarme che mi vengono la tegna dalli pidocchi e
    anche vi prego di mandarmi quaranta soldi da pagar l’aggio acciochè non mi tormentano più e varate di farli a un poco a paromo ed anche vi prego per carità di mandar per qualche Cavalier di veder di farmi andar al Chiaro per carità ed anche vi prego di aiutarmi di qualche paneto che al Signor vela remunerarà al mondo dé là e vela mantegno che se
    vengo fora de sta miseria di far giuditio e di vardar di farmi omo e di tender al sodo e di non far più basilar nisuno e con questa ve auguro un felicissimo Anno salutandovi.
    Carissimamente Antonio Palmarin vostro fedelissimo fratello.”
    [Tratto da http://www.diritto.it ]
    Tanto, per amore di precisione.

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  16. Come già su Metilparaben mi permetto di fare il pignolo sul termine pacchiano attribuito agli errori di ortografia. Penso che sia una svista per “marchiano”. Trovo pacchiano scrivere un articolo in dialetto locale (peraltro sbagliando appunto l’ortografia), ma ciò non toglie che l’errore in sé non può che essere marchiano

    enrigo

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  17. @Galatea: Una piccola osservazione: in veronese le L ci sono eccome! Mai doppie, ma ci sono. Ecco l’enesima dimostrazione che un dialetto veneto non esiste, tantomeno una lingua veneta.

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