Il bus e il mondo

Sul bus c’è un consiglio generale delle Nazioni Unite: marocchini, cingalesi, senegalesi, slavi di tutta l’ex cortina di ferro, badanti russe che parlano al telefonino con la patria lontana, indiane eleganti nel loro sari con pargoletti in passeggino.

Nessuno mi dedica un sguardo, perché sono tutti di ritorno dal lavoro o vanno a casa, e hanno altro a fare che importunare me o chiunque altro. Ma a star a sentire le sirene dei media, dovrei provare comunque un qualche disagio nel rendermi conto che probabilmente sono l’unica italiana vecchio stile in quel frullato di mondo.

Dovrei, già. Invece, chissà perché, il patema d’animo mi assale soltanto quando mi accorgo che l’unico altro italiano del bus è un tizio molesto, palesemente ubriaco, che sta cercando disperatamente di attaccarmi bottone.

5 Comments

  1. l’antropologo augé scrisse un saggio basato sullo studio delle persone nel metro di parigi; io, molto più modestamente da tempo uso il filobus come luogo ove studiare ad avvertire con chiarezza i mutamenti del corpo sociale, delle forze del vivere; il mio filobus fa capolinea presso un ambulatorio asl ed è quindi un vero campionario della sofferenza, della vecchiaia, del disfacimento della schiatta autenticamente ligure; stampelle in abbondanza, narrazioni di anche rifatte, di prostate estratte, di intestini tagliati e ricuciti, di pillole e punture a volontà, la massa dolente degli anziani, naviga su quel lazzaretto semovente; però il contrasto maggiore è che sullo stesso filobus, in senso inverso girato il capolinea, salgono giovini donne dalla pelle scura, con vivaci e sornioni bimbetti, bambine dalle treccine nere decorate con fettucce rosse; sono i giovani, sono la vita fresca, ma hanno la pelle color cioccolato; poi ci sono delle belle donne sulla quarantina, ben curate, dagli occhi azzurri e lo sguardo tagliente, parlano rumeno; che ci fa un signore di oltre cinquantanni, barba brizzolata, valigetta sbrindellata coi disegni dentro e occhiali da sole, unico pessimo esemplare della progenie nostrana? a me piace tantissimo stare lì in mezzo, da ragazzo volevo fare il marinaio e girare il mondo, e invece, senza fatica, il mondo è qui, sul mio filobus; scusi signorina galatea l’invadenza, con l’età si diventa prolissi

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  2. Fin da bambino, quando venivano per casa i primi marocchini con i tappeti, ero così incuriosito, poi sono stato il primo cliente del primo ristorante cinese aperto in zona, faccio spesso la spesa nei vari negozi orientali e alla macelleria islamica, quando vedo un nero per strada vorrei abbracciarlo ed invitarlo a cena, ricordando i manifesti con i bambini affamati dell’Africa che vedevo in chiesa…
    A me questo nordest multicolore piace da matti, ci ha portato, oltre alla “naturale” malavita (che c’era anche prima) di cui la gente si lamenta, anche tante storie, tante esperienze, tanta conoscenza, tante speranze, assistenza, consolazione, amicizie, amori. Tra stranieri ormai parlano una lingua mista di italiano, veneto, arabo, russo, come in un porto di mare. Cucinano spesso la pastasciutta al posto del couscous, amano la pizza, bevono il cabernet anche se per alcuni sarebbe proibito (questo mi da già un po’ più fastidio). Ti dirò, l’unico colore che non sopporto è il VERDE PADANIA! Sono sicuro che anche tu sei multicolor: è una forma di intelligenza e umanità che, come tutte le persone degne di abitare sulla Terra, di certo possiedi.

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