Ci vorrebbe uno Zola. Uno di quegli scrittori dell’Ottocento vecchio stile, che viaggiavano con il taccuino e la matita in tasca e prendevano appunti di nascosto, appoggiati alle colonne del foyer. Uno di quelli che carpivano conversazioni e modi di dire con l’aria di chi non ascolta e non è là per ascoltare, ma segna e memorizza tutto, e poi la sera, nella sua stanza, controlla documenti, articoli di giornali, legge carte, le archivia in scatoloni di cartone che riempiono stanze intere, per capire da lì, dai rimandi segreti fra un detto e un non detto, fra un accenno ed un silenzio, come si può inventare una trama che non è inventata, ma è un collage di cose vere che assieme ci stanno senza sforzo, perché se non c’è la prova che siano accadute davvero così, a dire che sono andate così basta la logica e il buon senso.
Ci vorrebbe uno di questi scrittori così, per andare dietro le quinte dei concorsi per Miss estivi, ascoltare le confidenze delle diciottenni in costume che si controllano il décolleté, trovandolo sempre inadeguato alla misura richiesta dai loro sogni, sentirle scambiarsi dritte su quale sia il giurato più porco, e il privè in cui sia più figo essere invitate per il dopocena, con l’innocenza sbruffona di chi pensa che il sesso è solo sesso, che in fondo è poco meno di niente, e il moroso a casa dovesse mai saperlo capirà, perché mica è amore. Vederle pronte a scalare divani non solo dei produttori, ma degli agenti, tanto son già passate per quello del pr, che non era manco un divano, a dire il vero, ma una sedia nello sgabuzzino dietro il bancone del bar, e magari anche per la poltroncina del locale assessore, quello che fece loro vincere il primo concorso “Bel Perizoma” del villaggio vacanze Solemare, l’estate al mare di due tre anni fa, quand’erano in vacanza con i genitori.
E poi dalle ragazze passare al sottobosco dei politici di mezza tacca, degli assessori con quasi delega, dei portaborse locali con quasi portafoglio, diplomati a stento in qualche istituto tecnico d’incerta fama e da lì entrati nel circolo e nelle grazie di qualche potente che viene nominato sempre con il solo nome, a millantare una confidenza che è insieme garanzia per lui di complice anonimato; agli imprenditori con villa e piscina, moglie coetanea distratta e mantenuta slava giovane e annoiata, sempre in transito per non si sa dove, in macchine scure guidate da autisti in occhiali neri, che paiono ex parà ma sono solo il nipote della cuoca di famiglia, quello buttato fuori da tutte le scuole perché capace solo di fare il bullo e pestare i compagni fin dalla prima elementare. Seguire le loro cene fra compari, nelle case splendide firmate dall’architetto che, per la pagnotta, ha dovuto far compromessi con la sua visione di alto design e lasciare loro l’angolo della griglia, dove stanno sbracati, fra maschi, le gambe larghe, la polo sdrucita ma Lacoste, la bottiglia di vino aperta sul tavolo, ruttando, raccontandosi nei dettagli le ultime performance a letto, mentre si dividono un nuovo appalto o un nuovo malloppo. Descrivere la rassegnazione cattiva delle loro donne, mogli o amanti, fatta di soldi spesi per ritorsione in boutique e centri estetici, dileggio crudele di abitudini erotiche sotto le lenzuola, sorrisi senza rughe pietrificati dall’indifferenza gelida per dover sopportare poche ore al giorno o alla notte quei bifolchi cretini che pagano i conti e pensano per questo di meritarsi qualcosa di simile ad una parodia di interessamento, dato per disprezzo o pietà; di confidenze lasciate alle commesse assieme alle mance per sopportarle, perché con la parigrado non si può incrinare l’immagine di una perfetta felicità e sfacciata fortuna, ma con una praticante parrucchiera, con una ricostruttrice di unghie si può malignare e sputtanarsi anche un poco, sfogarsi come si si sfogherebbe con un muro che resta là, perché tanto fra te e lei resta sempre quella distanza siderale che divide i padroni dai servi.
E poi, poi seguire negli uffici dei professionisti le facce smunte e servili dei laureati precari, il loro lividore d’angoscia per un contratto sempre in scadenza e sempre da rinnovare, la rabbia meschina di chi ogni giorno si vede passare davanti le ricche pietanze e non riesce a tenerne fra le mani neppure qualche briciola, e medita la notte su come trovare la scorciatoia per rubare tutto il piatto, perché da studente ti possono anche aver fregato con quella palla del merito, ma oggi no, hai imparato a suon di ceffoni che nel mondo reale non conta essere intelligente, conta essere furbo. Pedinarli la sera, nei pub, abbracciati alla loro ragazza del momento, attorniati dagli amici del momento, a cianciare di vite future, vacanze, computer, come se fossero cose che si potranno permettere davvero, mentre le sanno legate alla scadenza del rinnovo, o all’aiuto costante di mamma e papà.
Poi passare a raccontare quelli un po’ più vecchi di loro, già corrosi dal pallore e dalla pinguetudine dei trent’anni avanzati, con il loro lavoro che li inchioda all’inferno della chiavetta per la macchina del caffè, il “Buongiorno Dottore!” che non ti dice nessuno come lo diceva a tuo padre, perché oramai sono dottori tutti e comunque tuo padre non conta più un cazzo, come te.
Descriverli nel gorgo del loro tran tran quotidiano, svegliarsi, docciarsi, vestirsi, trangugiare i biscotti, portare a scuola i bambini, telefonare alla moglie per coordinarsi con gli orari di riacchiappo dei pupi a scuola e per la spesa al supermercato, tornare a casa distrutti per trovare i piatti da lavare nel lavello e la spazzatura con i cartoni della pizza da portar fuori, come una maledizione. Narrare i loro occhi vuoti mentre guardano le loro donne slavate, che hanno apposta scelto così per non sentirsi mai messi in discussione e che scopano controvoglia, immaginando tette di veline, il sabato sera, per un’abitudine che rassicura la loro normalità. E le loro donne grige, inacidite, così convinte nel profondo che avrebbero meritato qualcosa di più, qualcuno di migliore, case più grandi, figli meno cafoni, suocere meno longeve e cognate inesistenti. Seguirle nei loro giri di shopping in negozi mediocri, nei periodi di saldo, per comprare vestiti quasi uguali a quelli di firma e sandali che nove volte su dieci non indosseranno mai, alle loro scrivanie su cui i computer tengono la foto di George come desktòp; alle recite dei figli, alle riunioni dei genitori, a scuola, dove sono rappresentanti di classe, e sfogano in meticolosi appunti ad insegnanti e presidi la frustrazione del vuoto che si portano dentro; ai corsi di ceramica fatti con le amiche, ai compleanni dei figli organizzati nel giardino di casa con le torte fatte a mano perché mica fanno mangiare ai loro bambini le schifezze di un Mc Donad’s loro, no. Ci vorrebbe uno Zola per raccontare l’angoscia inenarrabile di vite così felici, di famiglie così normali e perfette, la malignità intrinseca dei circoli di sagrestia, l’untuosità del parroco, la carità pelosa delle madamine disposta a dare aiuto a tutti i derelitti solo in cambio di un eterno campionario di quotidiana contrizione, perché si può andare a far volontariato a salvar le puttane per strada, ma quelle devono poi indossare per tutta la vita la maschera deferente della puttana redenta.
Ci vorrebbe uno Zola per scrivere la noia cinica degli intellettuali, le cerchie dove è d’obbligo essere politicamente corretti con tutti, salvo con chi non sa citare il giusto rigo di Saramago o Lacan, gli arabeschi che coprono abissi di libri letti con il solo scopo di usarli come arma d’offesa, l’aria di superiorità che nasconde l’invidia per chi ha un passaggio in tv, una comparsata di striscio davanti ad una qualsiasi telecamera accesa, due righe di recensione nella terza pagina di qualcosa.
Ci vorrebbe uno Zola per descrivere tutto questo, e altro ancora: per descrivere quello che ogni giorno ci troviamo davanti, a cui viviamo in mezzo. Peccato che non lo troviamo.
Mi hai fatto venire una tristezza…
Credo sia uno dei tuoi scritti piu’ belli.
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stupendo, veramente uno dei più bei post che abbia letto.
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Nel secondo paragrafo dai alle ragazze dei concorsi di miss semplicemente la patente di puttana con il massimo punteggio, quelle che si fanno sbattere al bar, poi nel divano, quindi nel boudoir, nel lettone di ….
Non tutte possono fare la maestra dalla penna rossa.
Per il resto che dire? Mi pare che il tuo racconto frequenti sempre le stesse stanze ideologiche. Tutte le questioni poste apertamente nella società attuale implicano già un certo tipo di risposte. Il problema è che non ne vengono poste di quelle che porterebbero ad altro che a questo tipo obbligato d’analisi. Non ci vuole Zola per questo tipo di ricamo, basta un Dagospia.
🙂
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e ci vorrebbe una Galatea in ogni blog!
(Se già non ascolti Caparezza, te lo consiglio… non arricciare il naso, molti non lo comprendono ma tu ascolta bene – la canzone “cacca nello spazio” è perfetta per questo post).
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Come, non lo troviamo? Scrivi un capolavoro di post come questo, ti riveli ancora una volta osservatrice acuta (e sconsolata [come me], più che cinica), e poi dici che uno scrittore che descriva tutto questo non c’è? Non sarai Zola, ma sei decisamente brava.
Ci vedo un bel pezzo di Veneto, purtroppo; manca solo l’ipocrisia del fingersi devoti cattolici (quando la vera religione di queste terre sono i schei e il lavoro, idolatrato come unico fine della persona) e poi siamo al completo.
Brava Galatea! Bacione.
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Ma potrebbe anche andar bene il Maupassant di “Bel Ami”.
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Dev’essere una vita dura quella di chi si crede superiore al mondo intero, mentre il mondo intero non si cura nemmeno della sua esistenza.
Com’è, esattamente, che ci si sente a camminar per strada e pensare che siano tutti deficienti?
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mi sono venuti i brividi: post memorabile.
ma anche se non zola, il germi di “signore e signori” andrebbe bene lo stesso… ma non c’è più nemmeno lui.
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Dovresti scriverlo tu, questo libro.
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Bello. Una serie di appunti presi qua e la guardandosi attorno, senza neanche bisogno di nascondersi per vedere meglio. E’ tutto così evidente se si vuole vedere.
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Magnifico post.
Non aggiungo altro, posso solo complimentarmi.
Una cosa del genere dovrebbe obbligatoriamente essere letta e commentata nelle scuole.
Bravissima.
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scrivi il libro, non troppo lungo, pubblicalo su lulucom, anche in versione download e io lo compro
commento al testo:
emerge chiaramente la critica di fondo al nostro tempo post moderno: ha prevalso essenzialmente il principio di piacere sul principio di realtà, per cui tutti i soggetti, seppure da posizioni diverse, perseguono un unico scopo, cioè l’immediato, disperato, piacere, e nessuno crede più in una qualche possibilità che nasce dalla propria volontà positiva, dalla propria adesione a valori ed insegnamenti; latitano soprattutto i padri, del tutto fuori ruolo; l’orizzonte post moderno vede uomini e donne mai realmente maturati, adulti, ma in un eterno limbo adolescenziale; in qualche modo perfino l’autrice del bel brano, è dentro questo problema, ma per lo meno la sua risposta è di tipo intellettuale;
sei una persona strana galatea (mi riferisco alla persona d’internet, non la persona reale che non conosco), da un lato narcisista come tutti gli scrittori, ma nel contempo imbevuta di un potente senso morale, quasi arcaico;
in ogni caso complimenti, il libro scrivilo, ma breve però, perchè questo nostro tempo ci ha purtroppo resi tutti frettolosi; perdona la prolissità
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Ho letto il tuo post, sono andato dal ferramenta, ho comprato due metri di ottima corda di canapa, ho guardato su interent come si fa un bel nodo stile vecchio west e adesso sto vagando per la casa, in cerca d’una bella trave robusta che possa sostenere senza spezzarsi ottantacinque chili di carne flaccida, circa ….
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Non ci vuole uno Zola, non ci serve più.
Aveva senso quando i vizi privati e le ipocrisie borghesi erano ancora fragili segreti.
Oggi, tutto quello che hai elencato, lo trovi perfino sui quotidiani di provincia, per non parlare dei settimanali specializzati in gossip. In internet si scava ancora più a fondo…
Non ci serve uno Zola, ma chi prende la corda che Lector ha ben costruito e ne fa il giusto uso, non su di lui, ma sui gangli marci di questo sistema. Ma essendo contro la pena capitale, propongo la fustigazione pubblica, molto più utile e divertente. Sono forse come Ghino, anche io in attesa di vendetta, un Giudizio Universale de noantri.
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@Enrico: grazie.
@vegetarian: Sei un tesoro.
@alice: mah, certe conversazioni da restro di concorso le ho ascoltate personalmente. Non tutte le ragazze che si iscrivono sono così, per carità, ma la favola della bella ed innocente Lucia Bosè catapultata a Miss Italia da dietro il bancone della pasticceria e poi sui set senza aver dato mai prima neanche un bacio era di altri tempi. E ho il sospetto che fosse una favola anche allora, Alice.
@LadyLindy: Caparezza lo adoro. Ho tutti i suoi album. Tranne quello di Miki Mix. 😉
@guido: Sì, mancano i falsi bigotti, è vero. Ma si può sempre fare una seconda puntata. E no, non sono Zola. Non sai quanto avrei dato per esserlo.
@alberto: Sì, anche Maupassant potrebbe bastare.
@marcoboh: Germi. Un regista che adoro.
@deserteur: ogni tanto ci provo, ma non mi viene.
@guido dalla germania: per carità, nelle scuole facciamo leggere almeno lo Zola originale.
@.franco: come diceva Holmes, se vuoi nascondere una cosa, mettila in bella vista. (Forse non era Holmes, ma vabbe’)
@lector: Aiuto, fermatiiii! E’ solo un post, non voglio vittime sulla coscienza! 😀
@goodidea: forse hai ragione tu. Ormai siamo così andati oltre che anche gli anticorpi non ci farebbero più effetto. Solo che il nostro giudizio universale temo che sarà ridicolo ed imbarazzante. Come ci meritiamo.
@diego: Non è senso morale, cerco di descrivere. Sul fatto che sono “strana” non c’è dubbio. 🙂
@tommy: Non lo so, ma immagino che tu mi possa illuminare in merito.
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Torna al riformismo del tasto destro del PC.
Macc-artista.
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L’aggettivo più appropriato per classificare questo post credo che sia… feroce.
😉
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perché non ci sono abbastanza persone che descrivono questo e cosa cambia è sempre lo stesso schifo
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Mariangela,ogni volta che ti leggo è un piacere,ormai quasi fisico,è come la pastiglia di simvastatina che prendo ogni sera per controllare il colesterolo:non so bene a cosa serva,ma so che mi fa bene.
Il modo che hai di raccontare il vissuto quotidiana,il dietro le righe dell’umano comportamento,le piccole storie,direbbe Guccini ignobili,ma anche quelle più leggere,è come mettersi davanti allo specchio la mattina,guardarsi,vedersi e scoprire una ruga di più.
Questo post,è bellissimo,io ti frequento solo da 2/3 mesi,ma è quello che mi piace di più.
E,come al solito,lo pubblicherò nella mia bacheca di Facebook.
Grazie,Mariangela.
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giuro che quando ho aperto il tuo blog ho pensato: “Zola chi? l’ex calciatore?”. Mi ci è voluto mezzo minuto per capire che era l’autore di Nanà e l’Assommoir….
Miei sfasamenti a parte, bellissimo post.
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ciao galatea, ti offendi se dico che tu sei il mio zola? le prime volte che leggevo i tuoi lunghi post, su spinola, sui personaggi storici, quelli come questo sulla società mi chiedevo, ma è matta questa a scrivere questi mattoni? ma poi ho visto che altro che mattoni, e mi sono messo a collezionarli, aspettando sempre che ti decidi di fare sto libro diviso in tre parti, la storia, la società, spinola e poi magari una varie, vedi tu. un piccolo inciso, ieri al mio paese c’era una manifestazione per l’elezione o selezione di miss provincia, ragazzine giovanissime da tutta italia, una cosa sconvolgente, ancor più sconvolgente le madri e qualche padre di queste future miss
ciao mariulin
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E si, ci vorrebbe uno Zola per descrivere quel leggereo senso di ammirazione, legato ad un pizzico d’invidia quando leggo simili articoli, chiedendomi di nascosto perchè io non riesco mai a scrivere così… (forse esco poco :D) Battute a parte trovo il tuo articolo molto vero, di quelli che li leggi di gusto e tutti di un fiato e te li gusti come un piatto o una bevanda che sognavi e che non bevevi da tempo.
Non c’è confronto con articoli dove l’unica cosa che si possa notare è l’uso di frasi in latino quelle che servono per far capire: Oh io ho studiato… dove si legge del loro essere disponibili a salvare il mondo, dove si legge di cosa faranno.. ma senza far trapelare cosa, e soprattutto quando!
Perchè trattasi per la maggior parte di persone donne, uomini anche, che hanno avuto una mano tesa per ogni cosa e situazione, e si ritrovano così a ricoprire spazi, a stare nel mezzo, piacenti di esserlo anche se oltre non comprendono una …
Ma ci sono e ci vogliono restare offendendo chiunque osi contraddirli in quanto, loro possono permetterselo!
La mano che vedono, finchè dura è sempre tesa!
Quando non sarà più tesa sarà di certo per colpe di altri, mai per la loro ingordigia ed arroganza!
Grazie e scusami per lo sfogo!
Ciao.
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Post molto bello.
Ma: il nostro Zola ce l’abbiamo già avuto in questo senso, e ha l’improbabile nome di Muccino. Andate, tutti, a rivedervi il film del 2003 “Ricordati di me”; in esso si trova molto di quello di cui parla questo post.
Dal quarantacinquenne deluso che non trova più stimoli nella propria vita.
Alla moglie di lui, che cerca un’effimera quanto fallimentare evasione nel teatro.
Alla ragazza arrivista pronta a far infilare nelle proprie mutande chiunque, pur di arrivare al successo. Mentre i suoi genitori sono troppo impegnati con le proprie paturnie per chiedersi come faccia la loro figlia a fare mete su mete così velocemente.
Al fratello, infine, liceale sfigato in cerca di una ragione per vivere.
Sul serio, c’è tutto. Il nostro Zola (ma forse era più un Maupassant) è già passato di qui.
Peccato che nessuno gli abbia badato.
(P.S.: sì, lo so, non è un autore così dotato, il nostro Muccino. Ma che diamine, è stato l’unico, assieme forse a Virzì, a tentare di raccontarla sul serio questa realtà.)
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Devo accodarmi a chi mi ha preceduto per due riflessioni: la prima è che questo mi è parso uno dei post più belli di sempre, e la seconda è che per molti Zola vive anche nel nuovo millennio, testimoniando il presente in questo e in altri blog.
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alla fine mi pare che la domanda che traspare dalla lettura dei post sia rimasta sostanzialmente inevasa: perché ci vorrebbe uno Zola e invece ci dobbiamo accontentare di Muccino e Verdone?
Provo delle risposte: anzitutto perché Zola nei suoi ritratti procede ad uno scavo psicologico e ambientale e non ad una semplice ricognizione di superfice alla Muccino; poi perché gli Zola esistono e basta cercarli nei luoghi giusti: nella letteratura scandinava, per esempio, c’è Stieg Larson di Millenium, e nell’area aglossassone solo l’imbarazzo della scelta.
E in Italia? Non c’è solo Saviano, tanto per dire. Tutto dipende dai gusti della platea.
E per quanto riguarda i blog? Personalmente ne conosco pochi e perciò non saprei dire se esiste qualcosa di realmente valido sul piano propriamente letterario (posto che ciò sia possibile in tale àmbito). Però ci sono dei godibili “gouaches”, gratuiti e a portata di clik, purtroppo non sempre scritti in un buon italiano come quelli di Galatea. Quindi il richiamo a Zola è solo un modo retorico, poiché, per questo genere di cose, la nostra cortese e brava blogger se la cava benissimo.
🙂
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bello, scrivi bene.
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Un po’ troppo pessimista ma davvero bello, complimenti!
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