
A Spinola, il Natale è del parroco, ma l’Epifania è di Suor Eusebia.
Piccola e rotonda come un pandorino appena uscito dal forno, Suor Eusebia è da sempre l’animatrice dell’asilo-scuola materna di Spinola, da cui tutti i bimbi del paese passano, come dall’ambulatorio per le vaccinazioni. Quanti anni abbia, la suora, è un mistero più impenetrabile di quelli di Fatima. A memoria d’uomo c’è sempre stata, con il suo colorito roseo e il sorriso d’acciaio, un’infilata di dentini messi in parata lì pronti a morsicare se per caso ti azzardi a contraddire qualcosa che ha detto. Non sta con i bambini, perché Suor Eusebia non fa la maestra, e c’è il fondato sospetto che i bambini non li sopporti proprio; ma, vero talento manageriale, è una event maker di prima grandezza. Non c’è fiera, sagra, festa di paese o di quartiere dove l’asilo non abbia un banchetto in cui raccogliere offerte grazie a orribili lavoretti fatti fare ai pupi, che mamme, papà e i parenti tutti sono ricattati a comprare con un sapiente uso cattolico del senso di colpa genitoriale. Il suo capolavoro, però, è il Mercatino dell’Epifania, allestito nel cortile della scuola, che viene aperta apposta durante le vacanze natalizie, con permesso speciale del Sempresindaco Taragnin, il quale mai oserebbe dire di no a Suor Eusebia, dalle cui sgrinfie è passato quando era pupetto, e da cui sotto sotto è terrorizzato ancora.
Il Mercatino è improntato ad una sana logica di bieco sfruttamento: a settembre Suor Eusebia comincia il giro dei negozi del paese, con il suo sorriso stampato in faccia e la determinazione di un emissario mafioso che viene a riscuotere il pizzo. Si presenta sulla soglia con aria da angioletto e inizia la giaculatoria sull’asilo che è povero, e sul dovere di ogni bravo cristiano, ma anche cittadino ateo, ma anche residente provvisorio del paese, a donare. Svaligia cartoncini colorati in cartoleria, passamaneria assortita in merceria, plastica di ogni tipo nelle aziendine dell’intorno, favorita dal fatto che tutti o quasi i titolari o sono suoi ex alunni, o sono padri e nonni di alunni in corso, o, se particolarmente giovani, presto potranno avere figli suoi alunni. Torna quindi all’asilo, dove i bambini, fin dall’inizio di novembre, vengono precettati a cucire, imbottire, tagliuzzare ed incollare qualsiasi materiale come piccoli schiavetti pakistani, sotto lo sguardo amorevole delle maestre e quello un pelino meno amorevole di Suor Eusebia, che controlla come un falco il rispetto di tempi e scadenze. Per le realizzazioni più complicate, quelle che i bimbi con tutta la buona volontà non possono farcela a portare a termine, vengono precettate, sempre a titolo gratuito, madri e nonne degli infanti, con una organizzazione del lavoro da laboratorio del terzo mondo: “Tu, Alberto, hai nonna a casa con la macchina da cucire? Allora per martedì dille che prepari i venti orsetti rosa…tu, Fiorenza, ricordati di dire alla zia che per mercoledì voglio le venti scatolette ricoperte con la carta…” “Ma mamma lavora…” “Lo può fare alla sera mentre guardate la tv, no?”
Finita la parte di creazione e stoccaggio dei materiali, Suor Eusebia passa alla realizzazione della vendita. I gazebi sono generosamente dati ogni anno a titolo gratuito dal Comune, fiori ed addobbi per decorarli dai fioristi di Spinola, mentre i bar e le pasticcerie forniscono panettoni, pandori e vin brulè da distribuire gratis. Il personale per la vendita (in piedi, al freddo, in mezzo al cortile della scuola, tutti i giorni dal 3 al 6 gennaio, con orari 9-12.30 e 15.00-20.30) è formato da volontari, che di solito sono babbi e mamme dei bambini dell’asilo, i quali, se per caso volessero andarsene in montagna in quel periodo, sono amorevolmente invitati a non farlo dalla inamovibile Suor Eusebia, che pretende da tutti almeno un pacchetto di quattro ore di servizio, allungabili indefinitivamente alla bisogna.
La mattina dell’Epifania è diventata per il paese l’evento mondano dell’anno. Gli altri giorni si vende, ma alla Befana il mercatino scintilla, i volontari sono tutti in tiro, le signore arrivano in pelliccetta e scarpine tacchettate con i mariti al braccio e, alle dieci in punto, suor Eusebia, vestita da suora sì, ma con un portamento da top model che l’abito sembra un’alta moda di Armani, dà il via ai gran festeggiamenti, culminanti nel rogo della “Vecia” e distribuzione del vin brulè. Con le autorità del paese – Parroco, Sindaco, assessori in carica, Trio e Crespano in primis – a far da corona e sfondo, una volta tanto, alla piccola apoteosi di suor Eusebia, così scintillante anche lei da sembrare quasi una madonna del Tintoretto pronta ad essere assunta in cielo.
Suor Eusebia al suo Mercatino ci tiene come ad un figlio, forse di più. Da brava event maker, sa però che il controllo su ogni particolare è il fondamento di tutto. Gli assalti al suo dominio sono infatti pressanti e subodoli, e van continuamente rintuzzati: un anno è il parroco, che vuole assorbire il mercatino nei suoi festeggiamenti, per farsi bello con il Vescovo in visita prenatalizia dei successi della raccolta fondi per l’asilo; una altra volta è il comitato delle dame di carità pelosa, signora Crespano in testa, che, con la scusa di voler aiutare, cercano di scippare a suor Eusebia la conduzione; un altro ancora qualche gruppo di giovani mamme piene di noia che si credono in diritto di “portare nuove idee” e soprattutto di gestirle da sole. E suor Eusebia no, è là in perenne vedetta, come un soldatino in trincea, a curare e crescere la sua creatura e a sorvegliarla con infinita pazienza ed attenzione. Perché basta un passo falso, uno solo, per cadere nel precipizio: suor Eusebia queste cose le sa, perché è suora, ma mica fessa: dubita di tutti e pensa che l’Universo pulluli sempre di oscuri nemici, che van blanditi quando serve e colpiti senza pietà ove necessario. Quindi, più serpente che colomba, si muove per i meandri di Spinola con mille cautele, per ciucciare fondi a tutti ma non dovere troppi favori poi a nessuno, ed essere sempre lei, solo lei e unicamente lei a muoversi da padrona nel campo.
Quest’anno, con le elezioni alle porte, i sondaggi sui possibili vincitori incerti al massimo ed il fronte cattolico poi così spaccato, suor Eusebia più che giocare di sponda ha dovuto improvvisarsi funambola ed acrobata. Il suo comitato festeggiamenti è stato un capolavoro di diplomazia che neanche una commissione ONU: lei Presidente, la Sempresorella Carmen Taragnin delegata alle forniture di pandori e panettoni ed organizzazione catering, la moglie del vicesindaco, nonché candidato Erberto Guidi, soprintendente agli addobbi ed al cerimoniale, e, per non far torto a nessuna delle fazioni dentro casa Crespano, la ex nuora Patrizia ad occuparsi delle mamme degli ex alunni, e la nuora in carica (ipocritamente definita “fidanzata”, ad onta delle convivenza già in corso) Betty a far salamelecchi a quelle degli alunni ancora in corso, ma su due banchi diversi, così il povero Alfonso non rischia di incrociarle assieme.
Coinvolgere anche i Piddini è risultato più difficile, perché il candidato sindaco piddino, Nino, non risultava sposato, né ufficialmente fidanzato, né in alcun modo convivente, e l’unica compagna nota, per giunta, è conosciuta come feroce mangiapreti e, soprattutto, come fiera avversaria dei ninnoli natalizi in ogni loro forma. Per fortuna suor Eusebia s’è ricordata dell’esistenza – e ce n’è voluto parecchio – di Giacinta Catton, moglie del ragioner Catton, economo del partito: donna scialba ed anonima persino più del marito, ma indiscutibilmente moglie e persino nonna. Suor Eusebia s’è dunque precipitata ad invitarla, e l’ha in pratica strascinata ad occuparsi del banchetto delle decorazioni a ciondolo, cosa che la povera Giacinta ha fatto con lo stesso spirito di sacrificio e rassegnazione con cui per anni ha servito fritture alla festa dell’Unità.
Suor Eusebia, dunque, è arrivata alla mattina del 6 ragionevolmente soddisfatta dei suoi sforzi, volti a tenersi buoni ogni possibile vincitore senza doversi schierare, eppure con una strana sensazione addosso, un brivido lungo la schiena diverso da quello generato dal clima rigido: il presentimento che tutto fosse andato troppo liscio per essere vero. Quindi, con un pizzico di ansia, si è presentata nel cortile dell’asilo persino prima del solito, e ha presenziato all’apertura ed allestimento di ogni singolo gazebo. E qua i suoi timori si sono risvegliati vieppiù. Perché mentre il banchetto della Giacinta era doverosamente incasinato, con la Giacinta stessa palliduccia non per il freddo, ma per il terrore di dover persino parlare con gli acquirenti, e Nino, in fianco a lei, chiaramente dimentico del suo ruolo di candidato, si preoccupava solo di aiutarla a superare il trauma e non far franare miseramente pile di orribili addobbi pasticciati dai bambini, nelle postazioni della Sempresorella e della Firstlady in Pectore le cose erano così ordinate e tranquille e le due tanto calme e flautate da far sospettare qualche colpo gobbo in arrivo.
Suor Eusebia ha fatto giri su giri di perlustrazione, per capire dove potesse nascondersi l’insidia: ha controllato gli scatoloni, la merce in esposizione, certa che da qualche parte dovesse celarsi un richiamo politico alla campagna elettorale, un manifesto, un volantino che le due intendevano rifilare a tradimento al pubblico. Ma niente, ispezione a vuoto. Le due, intabarrate nel visone d’ordinanza di dame prestate alla carità, sorridevano e sorridevano, con aria più innocente di quella dell’angelo apparso sopra la grotta di Betlemme.
Un attimo prima però dell’apertura ufficiale del cancelli, un qualcosa è barbagliato nella coda dell’occhio di suor Eusebia, già pronta ad accogliere il pubblico: si è voltata di scatto e ha colto la mossa furtiva con cui la Sempresorella e la Firstlady in Pectore avevano lasciato cadere di botto e in sincrono le pellicce di visoni, per sfoggiare entrambe le sottostanti felpone stampate: la Sempresorella una gialla con su scritto “Vota il tuo sindaco di sempre!” e la faccia rubizza di Taragnin in primo piano; l’altra, la Firstlady, di un bell’azzurro, con lo slogan “Spinola ama il nuovo!”, e su il volto più stiloso e glamour di Erberto Guidi troneggiante al centro.
Mentre Giacinta e Nino guardavano basiti senza riuscire fiatare per la subitanea trasformazione dei banchetti in comitati elettorali, suor Eusebia ha sentito montare dentro di sé una rabbia che era un’iradiddio. Alzata la mano per avvertire la novizia che i cancelli dovevano restare chiusi, si è precipitata come una piccola furia sulle due incaute attiviste:
“Fora de qua, tute e do, vialtre! Che qua non se fa politica, se lavora!” ha gridato, con piglio inconsapevolmente mussoliniano. E senza dal tempo alle due di dire né a né ba le ha trascinate fuori dal bancone e sostituite immediatamente con altre volontarie doverosamente impellicciate, e perciò politicamente neutre. Le due, spiazzate dalla reazione fulminea, non hanno avuto nemmeno il coraggio di fiatare, mentre la suora terminava l’esposizione della sua filosofia con un solenne: “Qua non ghe xè partiti, ghe so solo che mi!”
Così, rubizza e fiammeggiante come un duce appena di ritorno dall’affaccio al balcone, si è rigirata verso la novizia, per indicare che, sedato l’ammutinamento, il cancello poteva ora essere aperto. Nino, a questo punto, superato lo choc, le si è avvicinato, quasi balbettante: “La volevo ringraziare – ha detto – per aver fatto rispettare le regole della concorrenza… noi non vogliamo che la politica invada spazi non suoi…”
Suor Eusebia lo ha guardato come si guarda un vermiciattolo che attraversa la strada mentre sei in bicicletta: “Ghe mancaria altro che adesso le prime che se svegia a la matina le vien qua a far propaganda da mi! Le xé mona se le pensava de poderlo far! Ma ti ti xé sta mona a non averghe neanca provà, ostrega!”
E, girati i tacchi, si è stampata sul viso paffutello il suo sorriso di dentini aguzzi, ché la gente stava entrando, e lei doveva fare gli onori di casa.
È un racconto di fantasia, che non ritrae sempresorelle, mogli di candidati, candidati piddini o suore reali. Figuriamoci se in campagna elettorale qualcuno può pensare di usare questi scorretti mezzucci.
capolavoro!!
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😀 😀 😀
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Eh, già! Non si fa festa alla Befanetta, se non c’é la pelliccetta! E pensa tu quante tresche! Ovunque certa gente butta esche! E, però, quella suora. Alla fine, un po’ rincuora!
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Geniale!!!!
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Eusebia o Eustazia? Ah, vedo che hai già corretto il post! 🙂
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scusate la considerazione di carattere strettamente personale ma io ho avuto 2 zie (sorelle di mio padre) che per 50 anni e più sono state le “Suor Eusebia” del loro paesino in Provincia di Milano. Con lo stesso piglio e la stessa determinazione. Una è morta di tumore 6 anni fa. L’altra esattamente un’anno fa consumata da Alzheimer e guai vari. Io le ho assistite per anni come potevo, abitando a 100 kilometri di distanza, e il grosso del lavoro l’ha fatto l'”Armata Rossa”, una badante Ucraina straordinaria.
E il paese? Nessuno o quasi è venuto mai a trovarle. Hanno intitolato loro un’associazione benefica. Che figata.
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la considerazione personale mi ha fatto dimenticare i complimenti per il racconto. Sei formidabile.
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Suor Eusebia si destreggia bene nei meandri della politica e della sicietà che conta… insomma non si può nemmeno dire che lo fa in conflitto di interessi, tanto lei figli non ne ha, a meno che non si considerino tutti figli suoi 🙂
Il fatto che assomigli ad un pandorino me la rende simpatica!
Bel racconto
Ross
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