a Giuliana Dea, perché non sei l’unica, sorella..
Che cosa faccia il tipo di preciso non l’ho mai capito. So che ci incontriamo tutti i giorni in spiaggia, vicini di lettino: io con il mio libro e lettore mp3, lui con il lettore mp3 e un tablet, da cui legge, e su cui ogni tanto riceve delle telefonate dalla sua ditta che sono diventate ormai un must fra gli ombrelloni, anche perché risponde gridando a voce così alta che non si capisce a cosa gli serva il telefono: la segretaria lo sentirebbe anche aprendo semplicemente la finestra.
Le conversazioni vertono sempre su documenti che non si trovano o su cose che lui dice di aver fatto ma non risultano. Ed è tutto un: «Ma guarda che la relazione è nella cartella “011”, l’ho archiviata ieri!» e poi: «Ok, se non è nella cartella sarà nella valigetta…» e dopo un po’: «Ok, allora magari la fai tu, basta che compili il modello prestabilito…» Sprazzi di parole che spalancano scenari in cui la povera impiegata è costretta a saltabeccare da un computer ad un archivio per trovare pratiche in realtà mai evase, finché, sfatta e stravolta, decide di compilarle da sé, mentre il tizio sprofonda nel suo dormiveglia da abbronzatura, rosolandosi al sole come un corpo morto.
L’altro giorno, in un impeto di socializzazione o di noia, ha attaccato bottone con me.
«E tu cosa fai di mestiere?» ha chiesto.
«L’insegnante. Italiano alle medie.»
Ha assunto una espressione contrita: «Ah, precaria, poveretta…»
Ho sorriso: «No, io sono di ruolo da anni, ormai.»
Lui mi ha guardato stranito, come se gli avessi detto di essere una astronauta della NASA che è appena tornata da Marte.
«Di ruolo? Caspita, e come hai fatto ad entrare? Chi ti ha messo dentro?»
Stavolta lo guardo io come se fosse appena atterrato da un pianeta alieno.
«Nessuno – dico – ho fatto il concorso anni fa, l’ho vinto e sono entrata di ruolo subito…»
Lui sorride, con quel sorriso a mezzo fra l’ebete ed il complice che si dipingono sempre sul viso quelli che si credono uomini di mondo, la sanno lunga sulla vita e non si fanno menare per il naso: «Sì, vabbe’, ma per vincere il concorso qualcuno che ti ha raccomandato ce l’avrai avuto, no?» dice, con il tono tipico di chi sottintende: cazzo, sei una statale, non vorrai anche raccontarmi la balla che qualcuno là dentro entra per merito, dài, lo sanno tutti che no.
Sento un formicolio alle mani, quello che ti viene quando avverti il bisogno fisico di tirare un pattone sul muso a chi hai di fronte, ma per una ingiustificata forma di civiltà, purtroppo, sai che ti tratterrai.
«No. – replico gelida – non conoscevo nessuno e non mi ha raccomandata nessuno. Mi sono preparata e ho vinto il concorso, punto.»
Lui il sorrisino ebete non se lo toglie dal viso, anzi lo accentua: poco ci manca che faccia pure l’occhiolino di complicità: «Vabbe’ se non lo vuoi dire, ti capisco…»
E si rigira sul lettino, tornando al suo coma da abbronzatura.
Mentre il formicolio alle mani si trasforma nella voglia prepotente di trovare un kalashnikov e smitragliargli la faccia, il tablet suona, e la voce della povera, sventurata segretaria gli sottopone l’ennesimo problema che lui avrebbe dovuto risolvere ma si è dimenticato. Lui ascolta per un po’, prova con una delle solite scuse che tirano in ballo pratiche chiuse ma misteriosamente scomparse e poi biascica: «No, vabbe’, ho capito…se non ce la fai da sola a risolvere il problema vao a chiedere a mio zio in direzione…sì, certo, non ti preoccupare, vedràaiche ci pensa lui come al solito…»
E a questo punto sarei tentata di chiedergli io grazie alla raccomandazione di chi è riuscito a farsi assumere nella ditta dove lavora. Ma non ne ho bisogno.
ahahah … bella. E triste.
Stavo pensando l’altro giorno che tantissime persone (quindi forse anche io) tendono a pensare che gli altri utilizzino le nostre stesse categorie di pensiero per approcciare il mondo. Ecco anche perchè con alcune persone semplicemente non puoi andare d’accordo. Poi pero’ per fortuna penso che mi sbaglio spesso 😉
Buon mare
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10 punti per l’ironia! Purtroppo il modo di pensare del tuo ‘simpatico’ vicino d’ombrellone è il modo di pensare comune e diffuso in Italia. Vincere un concorso pubblico per merito non è neppure concepito! Eppure io ho più di un’amica che ha vinto concorsi con fatica, studiando molto e facendo sacrifici. Ma tanto nessuno ci crede…
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Come si dice dalle mie parti “Che Aseno de omo”
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@jackilnero: Sì, è che spesso le persone sono così imbevute di stereotipi che ti rendi conto che replicare non conta nulla: tanto, anche se gli dimostrassi con prove alla mano che si può vincere il concorso senza raccomandazioni, lui direbbe che mento. E’ un po’ come ragionare con quelli che credono nelle scie chimiche, insomma.
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io non ho nessuna predilezione per la categoria degli insegnanti, anzi sono spesso molto critico sul loro atteggiamento
ma, con tutta onestà, non ne conosco neanche uno che sia entrato per raccomandazione
probabilmente la faccenda cambia all’università, dove in effetti un certo nepotismo è facile da riscontrare
c’è un problema, in italia, di legittimazione fra gruppi sociali, che avvelena ogni tentativo di ragionamento serio
gli artigiani, i lavoratori autonomi, vengono dipinti come evasori, furbastri, praticamente ladri da parte dei dipendenti pubblici
i dipendenti pubblici, vengono dipinti come scansafatiche, privilegiati, praticamente ladri da parte di artigiani e lavoratori autonomi
in mezzo i dipendenti del privato, che sono considerati sfigati da tutti e considerano gli altri tutti privilegiati
allora, una buona volta, bisognerebbe tornare a valutare le persone per quello che sono: ci sono insegnanti che sono ottime persone e insegnanti che sono autentici banditi rubastipendio, come ci sono imprenditori e professionisti che sono ottime persone ed altri che sono autentici banditi
io sono stanco di sentirmi dire che, come artigiano, sono un evasore fiscale, in quanto non è vero e alcuni, quando lo sono, è proprio questione di sopravvivenza
ma insultare tutti gli insegnanti e non solo i singoli che prendano un buon stipendio sicuro e poi non offrono un servizio in cambio, è sbagliato, provoca reazioni corporative, avvelena solo il clima sociale
il problema è che della propaganda dozzinale se ne serve a piene mani la politica
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@Galatea: tanto, tanto vero. Ma so che è un problema che affligge anche me (il pregiudizio dico), che vorrei fare del dubbio il mio unico strumento. A volte riesce, a volte semplicemente non ci rendiamo conto.
@Diego. Ma stai zitto, evasore!
…
Ovviamente scherzo, hai colto un punto molto importante: divide et impera. Noi poveracci ci si scanna per un tozzo di pane. E sai cosa mi viene in mente? Che la gran parte di italiani contesta i politici solo per invidia, al loro posto farebbe lo stesso. Ci sto mettendo un po’, ma me ne sto convincendo.
… mi viene da pensare che questo schifo un po ce lo meritiamo
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Di tutto ciò che nel bene e nel male (io propendo per la prevalenza del primo) concorre a costruire ciò che si chiama “italianità”, questo che descrivi è forse il lato deteriore.
Non la predilezione – quindi una scelta tra due opzioni – per il nepotismo, che come ben dice jackilnero arriva sino all’invidia per chi è più bravo a rubare, ma l’incapacità stessa di concepire che si possa essere promossi in base al merito, cioè che il merito non esiste, non ci sono due opzioni; che stima di se stesso e dell’umanità può avere un individuo con valori tanto distorti? cosa può insegnare a suo figlio?
È una pagina davvero triste.
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L’ennesimo imbecille messo a fare un lavoro al di sopra della sue capacità. Ne è pieno il mondo. Sarà per quello che va come va?
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“c’è un problema, in italia, di legittimazione fra gruppi sociali, che avvelena ogni tentativo di ragionamento serio (…)”
novantadue minuti di applausi per Diego. Si crede sempre che ragionare per categorie e generalizzazioni sia la cosa più facile, quando invece è la più difficile.
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Ah… l’annoso problema della meritocrazia. Al di là del ragionare per categorie e della legittimazione fra gruppi sociali, c’è alla base un problema trasversale agli stessi.
Non è un caso che, se ci pensate, l’artigiano che evade sarà la stessa persona che pensa che TUTTI gli statali sono parassiti, così come lo statale parassita è colui che pensa che TUTTI gli imprenditori sono evasori.
In fondo è quello che ci racconta Galatea: un “raccomandato” che pensa che gli altri siano per forza tali.
In questo meccanismo di proiezione della propria mediocrità, poniamo chi ci sta di fronte nella “mediocrity box”, che se fosse al di fuori della scatola non avremmo scusanti con noi stessi.
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spesso, chi ha il sospetto ha il difetto
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Naturalmente Galatea mi dedica i post perché io sono raccomandata, eh! 😀
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E poi ci si meraviglia se l’Italia è finita in merda…
PS: a proposito, tanti anni fa un mio parente mi raccontò di un bagnino, diventato subito impiegato e poco dopo dirigente di una filiale di banca, per aver salvato la pelle in mare alla figlia di un pezzo grosso della banca medesima: medaglia d’oro al valore del posto fisso?
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Vecchia mentalità. In fondo le sparate di Brunetta sono la versione estrema di questo modo di pensare.
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Beh, ragazzi. Oltre tre decenni fa, entrai in banca. Era appena morto mio padre e un lontano parente si premurò di raccomandarmi, di modo che la mia famiglia potesse avere una fonte di sostentamento. Vi lavorai per circa una decina d’anni, ed era una banca privata. Io fui raccomandato, ma pure tutti quelli che lavoravano in filiale con me lo erano (una sessantina di colleghi), come scoprii un po’ alla volta, spigolando confidenze a dritta e a manca. Collettivamente, se ne guardavano bene dall’ammetterlo, però.
Traetene le conclusioni che volete.
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@Lector: che non dobbiamo servirci della banca in cui lavori?
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@–>EdoLiberal
Non ci lavoro più da vent’anni.
In ogni caso, prova a farti assumere in banca senza raccomandazione, se ci riesci.
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“E’ un po’ come ragionare con quelli che credono nelle scie chimiche, insomma.”
Ti lovvo quando fai così… 😉
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Cambia posto al tuo lettino, prima che il formicolio alle mani diventi insopportabile! Tanto non c’è speranza.
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Ehi, cosa hai contro chi crede nelle scie chimiche?
😀
Inchino e baciamano.
Ghino La Ganga
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Certa gente è da raccomandare per andare a quel paese…
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certo che in italia ogni sospetto è purtroppo legittimo.
http://orientalia4all.net/2011/08/22/tutto-in-famiglia-il-nepostimo-nellaccademia-italiana-su-science-magazine/#more-4954
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@ghino: niente. Li evito come la peste e basta. 🙂
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Lector, ovvio, non è la raccomandazione in se il problema, ma il fatto che un incapace, stronzo, fannullone o incompetente può rimanere a vita in quel posto. infatti il problema rimane anche se uno stronzo, incapace, fannullone e (si spera che almeno quest’ultima non sia possibile) incompetente vince un concorso…
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@–>Nomedelblog
Volevo solo segnalare come la “raccomandazione”, in Italia, abbia un livello di diffusione molto superiore a quello che i commenti a questo post lasciano intendere si creda.
Vi sono interi settori economici “impenetrabili” per chi non è fornito di raccomandazione (banche ed assicurazioni, in primis). Anche parecchi “esami di stato” (avvocatura, magistratura) sono quasi impossibili senza la classica spintarella. Di altri, conosco, ma solo per sentito dire. Ne deriva un intero sistema paese “drogato”, con l’effetto che qualsiasi affermazione declamante la c.d. “meritocrazia” finisce per scadere inevitabilmente nella più squallida delle retoriche.
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ma infatti. una delle persone più integerrime che conosca (fin troppo, un sacerdote della correttezza), vent’anni fa si è fatto raccomandare tramite alte conoscenze romane, sai come? che non gli passasse davanti nessuno che non lo meritava. poi ha fatto il punteggio più alto, ma sapendo come vanno le cose, ha fatto una cosa che immagino non l’abbia fatto dormire per quache settimana….
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Negli anni settanta non si entrava in banca senza una raccomandazione, non so oggi…la carriera per merito si fa dopo, altrimenti si rimane allo sportello
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@–>Paolo
Da quel che ricordo, la raccomandazione assumeva quasi valenza fideiussoria per la banca. Nel mio caso e in quello di tutti i miei colleghi, all’atto dell’assunzione non ci fu alcuna richiesta di casellario o di carichi pendenti. E sì che maneggiavamo quotidianamente parecchie centinaia di milioni di lire e, per quel che ne sapevano loro, potevamo essere dei pregiudicati o dei tipi loschi. A garantire la nostra assoluta onestà e affidabilità era la parola del raccomandante che, a sua volta, doveva essere persona integerrima e notoriamente stimata. La capacità lavorativa passava senz’altro in secondo piano.
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Dati incoraggianti, non c’è che dire, eh…
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