Poi capita così, che ti incazzi. Per una stupidaggine, una cosa talmente cretina che in realtà, in un qualsiasi altro momento, non la degneresti neppure di un blando corrugare di sopracciglio. Ma in quel momento no, ti prende lo stomaco, ti intorcola il cervello, e come il drappo rosso sventolato davanti al muso del toro.
Ti incazzi per tanti motivi, molti dei quali non hanno nemmeno molto a che fare con la cosa in sè: è la pressione di giorni e periodi troppo pieni, il caldo, la stanchezza, un’ingiustizia, per quanto minuscola, che si assomma alle migliaia di altre, per quanto minuscole, che ti è già toccato parare giù. Ti incazzi, e mentre lo fai ti rendi conto che stai passando un limite, sì, ma a caso, che sei come il vaso che trabocca perché troppo pieno, ma la colpa non è dell’ultima goccia ma di tutte quelle prima, o forse neanche loro, perché singolarmente non sono colpevoli di nulla, ma tutte assieme formano un’onda, che ti travolge e non sei più tu.
Ti incazzi, come quando ti innamori, un po’ perché proprio hai bisogno di incazzarti, perché devi sentire che puoi ancora perdere le staffe, che non sei morto, che non ti hanno del tutto domato, che sotto la patina del quieto vivere e dell’educazione imposta dalla convenienza ci sei ancora tu. Ti incazzi persino se sai che ti farà star male dopo, perché quell’attimo di incazzamento forse lo vale il rischio di pestare i piedi ad un potente e la certezza di pagarla dopo.
Perché per un attimo, quando sei incazzato, il mondo si blocca, non fiata, ha paura di te. È un po’ sentirsi come il Dio vendicativo del a Vecchio Testamento, quello che sconquassava città, folgorava eserciti o li annegava con tzunami nel Mar Rosso, solo perché gli girava così.
Poi passa. E ti resta l’amarezza di aver trasceso, di aver perso il controllo, di essere andato oltre quando non era il caso, il disagio di sentirti ancora più piccolo, ancora più meschino, forse anche più solo.
Siamo mortali, le nostre incazzature sono così: poco epiche, senza respiro, piene di dubbi e di difetti, foriere di angosce, incapaci di portarci davvero da qualche parte. Non come quelle divine, che non hanno ripensamenti al seguito, e neppure angosce, perché un dio incazzato è pur sempre giusto, e non si può recriminare.
Dicono che quando si è buoni si è vicini a Dio. Ma è quando ci si incazza che misuriamo davvero la nostra distanza da lui.
11 Comments
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Se ti riferisci al Dio cristiano, quaando si fece uomo si incazzò anche lui, coi mercanti nel tempio. Se fossi cristiano vedrei lavicinanza, non la distanza.
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Un Dio, citato nella Bibbia, come “il Dio degli Eserciti” beh quando si inkazza fa sul serio. Guarda te che casino col diluvio (poveri Liocorni che avranno mai fatto!?) e poi tutta quelle sceneggiata per un night club e due canne a Sodoma e Gomorra….si lo so son blasfema… 😛
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incazzarsi fa bene, a volte. ma, come sempre, non bisognerebbe mai fare cose irreparabili.
poi, chissà dio…
mah, per me ha poco senso assomigliare o meno a qualcosa/qualcuno che non esiste o, meglio, assomigliare a qualcuno che altri immaginano esistere in mille modi diversi
ma, se esistesse, avrebbe così tanto senso dell’umorismo da sentire dei tipi incazzosi (a torto o ragione) paragonarsi a lui?
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Bah, io mi incazzo e basta, poi, come G., mi pento.
Ma le mie incazzature durano pochi secondi: il problema sono quelli che tengono il muso, perchè loro, quando s’incazzano, ne dicono di molto peggio, agli altri, ma se provi tu a dirne metà a loro…
ASnonimo SQ
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Maalox Plus.
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Aaahhh! E’ vero, verissimo: quanto fa bene ogni tanto incazzarsi, sfogarsi, dirne tante, anche se poi ci ripensi e ti convinci che sei stato un idiota! Ma com’è catartico! E’ da tanto che non mi incazzo come si deve. Quasi quasi…..
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rimane del tutto insoddisfatta la curiosità del motivo di tanto furore, però il fenomeno nel suo traboccare è ben descritto
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S’è dell’ariete, ci si incazza e poi passa.
Però il vedere la faccia di chi si sta fanculando resta un piacevole ricordo : più spesso di quanto non si voglia ammettere.
Semmai è da specializzarsi per essere efficaci senza urlare a vuoto: ad esempio, cercare di costruire frasi tremende da pronunciare con calma, stile “ora è bene se ti allontani, perchè sto per ucciderti e non è bello per nessuno dei due”; oppure : ” sei un povero imbecille, il dramma è che lo sai e fai finta di no.” ( certo, l’esplosione incazzatissima alla Nanni Moretti ne ‘Il Portaborse’ è un modello: “sei un imbecille, lo sai che sei un imbecille? dì di sì, dì di sìììì!!!”)
😀
Inchino e baciamano.
Ghino La Ganga
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La mia frase preferita è che da quando hanno inventato la polvere da sparo non ho più paura di nessuno.
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Devi avermi sentita anche tu questa notte quando il nubifragio che ha colpito Bologna ha causato un allagamento della mia stanza da letto, urlare contro le nubi (tipo il tenente Dan in Forrest Gump) tutto il mio odio con frasi tipo “cazzo, sembra di stare saigon!” e infamare il mio povero fidanzato per la morte dei pomodori sotto un bombardamento di grandine. E’ così come dici tu: nel mio caso era più d’una la goccia
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L’ha ribloggato su Il vero lusso è essere se stessi.
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