Lo struscio saldifero a Spinola è composto di due elementi imprescindibili: guardare le vetrine e mettercisi. Dopo l’abbiocco natalizio fatto di mangiate e mangiate, stomaci che scoppiano per il troppo cibo e pazienze che trovano il proprio limite per troppa e concentrata frequentazione dei parenti, l’Epifania viene cara come un “mea libera tutti!”. Il falò della Vecchia coincide con l’apertura dei saldi, durante i quali si macinano decine di chilometri in pochi metri quadrati, ovvero nello stretto budello della via che va dal Municipio alla piazza.
Andare ai saldi è l’equivalente della messa di Natale a mezzanotte, uno di quelle occasioni in cui la comunità si ritrova solidale a celebrare i riti che la fondano. Ma rispetto alla messa di mezzanotte ha un di più, dovuto alla collocazione cronologica. La messa di mezzanotte viene infatti a mezzanotte e il 24, cioè troppo presto per poter sfoggiare i regali ricevuti. I saldi vengono il 6, ovvero giusto alla conclusione di tutte le festività: si è quindi in grado di cumulare tutto ciò che si è ricevuto o ci si è regalati da soli e sfoggiarlo in pubblico, che spesso è poi l’unico motivo per cui ci si è fatti il regalo.
Lo struscio saldifero è dunque fatto di gruppetti familiari in cui in genere il padre sfoggia la macchina nuova di pacca, ancora lucida come quando è andata a prenderla in concessionario. Le macchine nuove hanno una lucentezza tutta loro, fatta di cera passata con affetto dal venditore, e l’affetto che un venditore prova per la merce che è riuscito a piazzare supera a volte persino quello di una madre. Le auto sono in quella fase in cui, come i neonati i primi tre giorni, sono perfetti e non hanno pecche. Il neo proprietario adora tutto di loro, dalla cromatura al colore dei tappetini. Non hanno un grammo di polvere, odorano ancora di plastica e pelle, per uno strano miracolo non sono ancora ingombre di tutto quello che tra poco le sommergerà: carte e cartelle del lavoro, borse, buste termiche per la spesa, peluche di bambini, incarti di merendine che furono, caramelle sumere mezze succhiate ai tempi di Hammurabi. Il padre-guidatore riserva alla sua auto le stesse cortesie che riservava alla moglie quando erano ancora appena fidanzati, apre le portiere con premura, controlla ogni possibile pericolo. Si preoccupa se qualcuno le va troppo vicino, teme che gliela tocchino, odia tutti quelli che la guardano per strada e al tempo stesso pretende che tutti la mangino con gli occhi, perché aver comprato una macchina che nessuno vuole è un po’ come essersi messo assieme ad una donna che nessuno trova figa.
I figli delle coppie sono invece impegnati in altri sfoggi, ovvero nell’uso continuo e smodato in pubblico e in qualsiasi occasione dei doni natalizi. Se sono piccoli si muovono portandosi dietro una nuvola di giocattoli, ovviamente intrasportabili. Pretendono di fare il giro per saldi trascinandosi appresso quattro bambole formato 1.:1 e quindi alte un metro e mezzo, dieci scatole di Lego semimontate (seminando come Pollicino mattonicini e pezzettini fondamentali all’assemblaggio per strada) o aggeggi per ballare e cantare il karaoke, e ammorbano con i loro strilli, urli e corse l’intera superficie di Spinola e zone limitrofe, mentre genitori si guardano bene dal dire loro nulla, visto che li hanno portati a bella posta in giro con tutto quel ben di Dio per far vedere ai vicini quanti regali hanno sono riusciti a fare ai loro figlioli, e più alto è il volume a cui i piccoli gridano più si diffonde la loro fama paterna e materna.
Se i figli sono più grandi, va detto che almeno sono silenziosi. Dai dieci anni in su, infatti hanno chiesto regali tecnologici, e quindi sono zitti ed impegnati a spippolare su di essi, senza degnare genitori, passanti e mondo intero di una qualsiasi attenzione. Che cosa facciano è un mistero. Il bimbo paffuto dal sorriso di cherubino a dieci anni si trasforma in uno strano essere di cui si riescono a vendere solo i capelli, la cui frangia è perennemente china su uno schermo digitale, che sia quello di uno smatphone, di un tablet e di una qualche altra diavoleria. Probabilmente sta chattando con altri teenager all’altro capo del mondo, o forse con degli alieni pronti ad invadere la galassia, ma di fatto risponde, quando risponde, a grugniti, alternati da qualche sospiro disperato se per caso la morosetta o il morosetto gli tirano un pacco all’ultimo momento per attività indeterminate che non vengono nemmeno chiarite, perché tanto i grandi non possono capire.
Le donne da struscio, invece, si dividono in due categorie: quelle che vanno ai saldi per far vedere ciò che hanno ricevuto e quelle che ci vanno per prendersi finalmente quello che non sono riuscite prima a farsi regalare. Le prime girano con broncio svogliato, indossando pellicce (purché di visone, perché se devi passare per una stronza che se ne frega degli animali, almeno vale farlo solo per un visone selvaggio e mielato), spesso accompagnate da improbabili cappelli a tesa larga con penna da cacciatore delle Alpi, che le fa sembrare basse e chiatte come funghi freddolosi. Le più scapricciate indossano i nuovi montoni scamosciati, che costano più dei visoni ma sono eticamente corretti, perché per qualche misterioso motivo il montone ammazzato non suscita la stessa riprovazione etica di una volpe o di un ermellino scuoiati, forse perché può essere ridotto in arrosticini.
Le altre invece, che si muovono con la determinazione di un sergente dei Marines a cui hanno affidato la liberazione dell’Iraq, sono vestite con snikers e maglioncini tecnici, perché i saldi, signora mia, non sono una occupazione, ma una disciplina olimpica, che richiede abbigliamento adeguato come la maratona. Biancheria color carne che non segna anche se ci si prova vestiti strecht, jeans e maglione facilmente sfilabili, scarpe comode che consentano sia la lunga sosta mentre si attende il camerino libero sia lo scatto da velocista quando si intravvede il capo desiderato sulla gruccia e bisogna battere sul tempo altre concorrenti. Come in un video gioco, si procede per livelli: ci sono quelle che hanno aspettato ora per agguantare il capo o le scarpe e la borsa che vogliono da mesi ma non riuscivano a permettersi, quelle che girano svogliate per sfizio perché hanno già comprato tutto, in realtà, e il loro compito ai saldi è solo far vedere alle amiche e al mondo che loro quei capi lì li hanno già presi e li indossano, anzi a vederli in sconto, quasi quasi, provano un tale scoramento da meditare di regalarli alla colf moldava. Il livello massimo sono invece quelle, poche, agguerrite e incazzatissime, che nei negozi si presentano il 7 per tentare di cambiare i regali ricevuti dai mariti, i quali, dopo trent’anni di matrimonio, ancora non hanno minimamente capito che taglia portino le mogli o compagne, e si ostinano a regalare reggiseni e completi intimi da escort di lusso prosperose a donne piatte come tavole e che nei momenti di massima sexytà indossano pigiami in pile multistrato e muffole o, viceversa, regalano a panterone cougar leopardate la vestaglia che la nonna Peppa avrebbe scartato perché troppo deprimente.
Un capitolo a parte, invece, meritano i neo proprietari di cani, ovvero quelli che per Natale hanno deciso di regalare un cucciolo alla famiglia anche se per carattere e abitudini sono manifestamente incapaci di occuparsi persino di un criceto in gabbietta. I cani in questione non vengono scelti per simpatia, ma per moda. Così al 7 in piazza si ritrovano decine di coppie e famigliole che, a seconda dell’anno, hanno tutti prima un Dalmata, poi un pastore maremmano, poi un carlino, un boxer o un bulldog francese, e quest’anno un lupo cecoslovacco che pare tanto un metalupo di Games of Thrones, e i ragazzi di casa – dicono i genitori annuendo comprensivi – vogliono tanto sentirsi Samsa e John Snow. Le povere bestie sono spaesate e confuse e irritabili, perché sono cuccioli appena arrivati in una famiglia nuova, e trascinarle per saldi dove persino gli esseri umani più strutturati vengono spintonati e calpestati non è una idea intelligente. Per giunta sono accompagnati da questi immani cretini, che non hanno mai avuto in casa nemmeno un cane di peluche e scoprono (orrore!) che un lupo cecoslovacco grosso come un pony tendenzialmente diventa ingestibile al terzo negozio di abiti chic in cui viene trascinato e parcheggiato in un angolo, mentre i padroni provano tutto il provabile, soprattutto se poi ogni dieci passi qualcuno ferma il neo proprietario per urlacchiare: «Ma che beeeeello! Che amore!!» e cerca di carezzare e sbaciucchiare quel vitello incazzoso.
Ma nulla può eguagliare ai saldi l’occhio acquoso e beffardo dei cani da borsetta, ovvero chiwawa e barboncini nani, che sbucano da tasche di pelliccia o altri sacchetti al braccio delle padrone, impegnate in sessioni di auguri tardivi o in strusci per negozi. Abituati da novembre ad essere vestiti con cappottini dai colori improbabili (addirittura rosso con cappellino natalizio o corna di renna di peluche sul capo!) trovano la massima soddisfazione nel far capolino con il loro musetto da topo cattivo e guardare con sarcastico cipiglio la marea di esseri umani che si azzuffa per un golfino in sconto, come se si consolassero nel vedere che chi ha tolto loro la dignità in fondo è perché non ne possiede affatto.
I cani da borsetta hanno capito tutto 🙂
"Mi piace""Mi piace"
le persone sarebbero da rinchiudere in psichiatria a rimuginare sulle loro idiozie. Divertentye la giornata di saldi. Più spettacolare è vedere nel buio della notte bruciare la vecia.
"Mi piace""Mi piace"