Le condoglianze difficili

Capita che lo vieni a sapere così, con enorme ritardo, che un amico ha perso il padre, a cui lo sapevi legatissimo. Ma non sai cosa fare, perché ormai sono anni che non vi sentite più, e perché lui ti aveva fatto capire che non era più il caso. 

Capita che d’improvviso ti renda conto di non sapere bene come comportarti, perché vorresti chiamarlo, ma pensi che non sai nemmeno bene quanto tempo è passato, ed è certo troppo tardi, e poi non è nemmeno il caso, perché non pensi che sentirti gli farebbe piacere, e anzi forse il risentirti riaprirebbe vecchie diatribe e farebbe sorgere nuovi equivoci, che sinceramente non hai voglia di riaffrontare ancora. 

Rifletti su quanto siano stupide certe convenzioni, e quanto ci frenino, e ci aggroviglino in cose che poi non sappiamo nemmeno più sbrogliare. Perché tu gli hai sempre voluto bene, e ti dispiace di averlo saputo così, e di non avergli potuto almeno dire una parola di conforto. Che poi magari non gli sarebbe servita a nulla, perché le parole in questi casi non servono mai. E poi pensi che in fondo magari lui non si è davvero neppure accorto che non c’eri, perché poi sopravvalutiamo sempre il peso che abbiamo e le tracce che lasciamo nelle vite altrui. E forse non lo chiami per delicatezza, ma per vigliaccheria, perché non vuoi scoprire che ti ha davvero dimenticata, e delle tua assenza non si è nemmeno accorto, come non si accorgerebbe ora della tua presenza.

E allora non lo chiami, per tutto questo grumo di cose che non sai spiegare neanche tu, e neppure hai voglia di spiegare. 

Però ti ricordi che di tanto in tanto, passa sul tuo blog, e allora gli lasci questo post, per dirgli che ti dispiace, davvero, e tanto.

Lo scrivi anche se sai che il post farà la fine che fanno i messaggi in bottiglia lanciati nel mare.

Affondano, e basta. 

1 Comment

  1. meglio farsi coraggio e chiamare, la morte è un evento che alla fin fine, rasserena, smussa, chiama che è meglio

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