Avvertenza: Questo post ha un argomento da vecchia zia, e un tono da vecchia zia. Del resto ho l’età per essere una vecchia zia, per cui stacce.
Ho come il sospetto che al mondo sia morta la gentilezza. Non che avesse mai avuto una gran vita, eh. In tutte le epoche, la gentilezza è sopravvissuta a stento, ma almeno nei tempi andati godeva di un certo rispetto sociale la sorella un po’ più ipocrita e borghese, ovvero la buona educazione. Invece oggi pare si sia estinta tutta la famiglia: anche la cugina cortesia ha tirato le cuoia.
Mi spiego: da un po’ di tempo ho l’impressione di vivere in una società di selvaggi. Le persone vivono, si muovono, si agitano con l’unico dichiarato intento di saltarti al collo, manco fossimo durante una apocalisse Zombi. Persino conoscenti di lunga data, quindi non buzzurri venuti fuori da qualche caverna maleodorante, ma gente con cui hai condiviso tratti di vita più o meno lunghi, hanno perso ogni freno inibitorio. Ti apostrofano in malo modo per farti notare quelli che loro ritengono tuoi errori o mancanze, ti aggrediscono per futili motivi se solo osi esprimere un concetto che si discosta da ciò che ritengono corretto, si aggirano incazzati quasi che il loro compito giornaliero fosse quello di riuscire a trovare un qualcuno su cui sfogare la rabbia che evidentemente hanno addosso, ma non si sa perché.
Ora, io non ho propriamente un caratterino accomodante, lo ammetto. Ma di solito, se attacco, è perché qualcuno mi ha attaccato per prima. Mentre noto che oggi si parte in quarta senza nemmeno tentare non dico di capire i motivi delle azioni dell’altro, ma senza proprio considerarlo. Mi sembra di stare in una specie di sparatutto in cui chi incroci per la strada ha il solo obiettivo di impallinarti. Così, a caso.
L’Italia è una nazione rabbiosa. Come un vecchio cane di periferia abbandonato alla intemperie. Tenta di mozzicare chiunque gli si avvicini, senza chiedersi neanche se sia amico o nemico. Mozzica e basta, con la bava alla bocca.
Nelle conversazioni di lavoro, ma persino in quelle casuali il punto non è più scambiarsi informazioni, o parlare, e nemmeno avere ragione, ma riuscire a umiliare l’interlocutore. È una specie di mentanizzazione dello scambio fra esseri umani. Non ci sono più due persone che parlano, c’è uno che blasta l’altro e la vittoria è riuscire ad annientarlo nella maniera più violenta.
E no, non sono i social. Io vede gente che si comporta così anche fuori, e magari non ha avuto nemmeno un profilo FB. C’è chi ti chiede informazioni con il tono di un re che apostrofa il suo schiavo, e una volta ottenutele manco biascica un grazie, chi è incazzato per motivi suoi (e per colpe sue) ma ti riempie di insulti come se in errore fossi tu, chi scrive o fa o dice svarioni assurdi e quando gli fai notare che lo sono invece che chiedere scusa rimarca che comunque il cretino sei tu, chi quando gli fai non dico una critica ma appena appena un velatissimo rimprovero ti scarica addosso una serie di contumelie personali tirando fuori episodi della vita privata che non solo non c’entrano nulla ma neppure si capisce come dovrebbero aiutarlo ad avere ragione.
Ora io davvero non so cosa ci sta succedendo, e neppure perché. Ma non stiamo bene. Tutti, mi ci metto anche io. Sembriamo i topini impazziti che chiusi dentro una scatola iniziano a morsicarsi fra loro, senza altra ragione che il loro panico.
Forsa siamo stanchi. Forse siamo depressi.
Ma io non escludo una spiegazione più semplice. Siamo semplicemente diventati dei grandissimi stronzi.
Abito in Francia. Quando mi chiedono la differenza con l’Italia, sono ormai vari anni che rispondo “la gente qui non è così incattivita”.
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Coraggio, cara. Pensiamo positivo, no? Magari la gentilezza non è morta, magari si è presa solo una vacanza, così, per riprendersi un po’ dallo stress cui è sottoposta in questo periodo di crisi che dura ormai da… Béh, da parecchio direi, ricontrollando i manuali di storia.
Ora magari lei e la cugina Cortesia sono ospiti nella graziosa villa al mare di Educazione, che in effetti si era ritirata a vita privata già da un po’, mi risulta.
Ma consoliamoci e diamoci da fare per invogliarle a ritornare! In fondo con le Upupe, quei graziosi uccellini quasi estinti negli anni ’80, emblema e simbolo della LIPU, ha funzionato, no? Ora vedessi quante ce ne sono dalle mie parti, e come canticchiano a tutte le ore con quel loro canto gioioso che… No, lasciamo stare, pare il trillo della sveglia, è francamente orribile. Ma comunque! In alto i cuori e sorridiamo al prossimo! (se non è il maniaco appostato alla fermata dell’autobus).
Concludo, mia cara, con una piccola sfida: senza acredine nè malanimo di sorta, da romana ti dico: SE la tua avvertenza iniziale era intesa al plurale, lo “stacce” va declinato come “statece”.
E se era inteso invece ad personam, ho frainteso io! 😉
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