Catullo, il signore del bacio

Oggi, 6 luglio, è la giornata mondiale del bacio e noi la festeggiamo con lui, Valerio Catullo.

Se si parla di baci, come si a non parlare di lui? Di Valerio Catullo, che del bacio è re, anzi l’imperatore, perché nessuno più di lui in letteratura ė riuscito a cantarlo e a farne un protagonista.

Il bacio di Catullo non è un apostrofo rosa fra le parole, che quelle svenevolezze romantiche le si lascia ai Rostand. Il bacio di Catullo no, non è un momento, non è una parentesi, non è una svista. È un bacio che vuole stare lì, al centro della scena, una costante, come la velocità della luce nell’universo. Non comincia, non finisce, ma si rinnova e fluisce, come l’acqua del fiume di Eraclito, in cui sei immerso sempre, che tu lo voglia o no.

Quelli di Catullo sono baci che ti mangiano le labbra e l’anima, baci che tolgono il respiro e assieme la vita. Sono baci che assapori, prima, dopo, durante, sono fisici e reali persino se sono scritti.

I baci di Catullo muovono il mondo, e lo rinnovano, e lo creano, perché quando le labbra entrano in contatto nascono ogni volta nuovi universi. Sono un continuo smettere e poi ricominciare, e non stare vicini, ma essere insieme. Anzi fondersi, perché sono baci che fanno perdere i confini, i limiti, e non esiste più tu o io, e non esiste più sé o altro da sé e forse nemmeno noi.

Per questo i soli possono tramontare e risorgere, e noi, esseri umani alla fine morire e sperderci nel nulla, ma i nostri baci no, sono lì, nel cosmo, immobili, eterni, come le stelle, come i pianeti, come quella forza vitale, insopprimibile, che ci trascende e ci crea.

La forza cosmica del bacio.

Canova, Amore e Psiche, il bacio

Catullo, carme V (trad. Luca Canali)

Vivamus, mea Lesbia, atque amemus,
rumoresque senum severiorum
omnes unius aestimemus assis.
Soles occidere et redire possunt;
nobis cum semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda.
Da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum;
dein, cum milia multa fecerīmus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut ne quis malus invidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum.»(IT)

«Viviamo, o mia Lesbia, e amiamoci,
e le dicerie dei vecchi severi
consideriamole tutte di valore pari a un soldo.
I soli possono tramontare e risorgere;
noi, quando una buona volta finirà questa breve luce,
dobbiamo dormire un’unica notte eterna.
Dammi mille baci, poi cento,
poi ancora mille, poi di nuovo cento,
poi senza smettere altri mille, poi cento;
poi, quando ce ne saremo dati molte migliaia,
li mescoleremo, per non sapere (il loro numero)
e perché nessun malvagio ci possa guardare male,
sapendo che qui ci sono tanti baci.»

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