Non si è mai certi di nulla, signora mia. Eluana Englaro, l’eutaniasia e lo strano concetto di autodeterminazione

Sulla vicenda di Eluana Englaro è ovvio che il Foglio non potesse stare zitto: è un campione, il Foglio, a difendere tutte quelle categorie che, essendo momentaneamente o ancora prive di coscienza, non possono cortesemente far sapere ai solerti giornalisti del Foglio medesimo che la loro difesa magari non è gradita.

Dunque il Foglio non tace, no, si guarda bene dal tacere, e delega la difesa ad oltranza della vita di Eluana a Daniele Bellasio, anzi, titola premuroso in occhiello, ai dubbi laici del Bellasio.

C’è qualcosa di intrinsecamente divertente, a pensarci bene, in quel ribadire laici, in questo continuo sottolineare da parte del fronte pro vita che quelli che scrivono siffatti editoriali sono laici, laicissimi, anzi laicerrimi: ché se io fossi un credente, m’incazzerei anche: tutto il giorno Santa Madre Chiesa sta a spiegare che i laici non hanno una visione completa della realtà, che la ragione laica vale solo in quanto ancilla fidei, e poi, quando tocca difendere un principio, la prima cosa che si sottolinea è che chi lo difende è laico, slegato dalla fede; un po’ come un negoziante che passasse tutto il tempo a sputare sulla merce dei Cinesi e poi, per rassicurare il cliente su cosa compra, dicesse: «Tranquillo, è prodotto in Cina!».

Ma passiamo oltre, ed andiamo ad analizzare l’articolo nello specifico. Un passo, particolarmente:

«Io avevo capito che la volontà individuale era il principio ultimo, il motore immobile di ogni diritto rivendicato come moderno, la casa laica e inviolabile dove rifugiare i miei amori, pensieri, desideri, paure, piaceri. Se dubito di Dio, credo in Io, no? Io, anarchico e relativo ma non per questo relativista, sono il padrone della mia vita, soprattutto se non la considero un dono, ma anche se la considero un dono. Io, da una prospettiva liberale, posso tutto quello che non riguarda il tu e il voi e il loro. Se la mia volontà può essere dedotta da un tribunale, da un altro da me, presunta a partire da fatti e parole mie, per me crolla l’ultimo invalicabile muro di difesa di una società che scivola sempre più verso la spersonalizzazione dei diritti trasformati via via in “conquiste di civiltà” sociali e politiche. Ma io? “Quando sia univocamente accertato, sulla base di elementi tratti dal vissuto del paziente, dalla sua personalità e dai convincimenti etici, religiosi, culturali e filosofici che ne orientavano i comportamenti e le decisioni, che questi, se cosciente, non avrebbe prestato il suo consenso alla continuazione del trattamento”, chi lo decide? I miei convincimenti sono in continuo divenire, per questo siamo vivi, cogito ergo sum, continuo a cogitare dunque continuo a esserci. Ma il pensiero è impenetrabile e se la scelta è irreversibile, la delega non è possibile, perché nessuno può davvero sapere che cosa avrei pensato o voluto io in quel preciso momento.»

Nel caso specifico Eluana Englaro aveva espresso al padre, che se ne é fatto portavoce, la richiesta, semmai si fosse trovata in coma, di poter essere lasciata morire piuttosto che essere tenuta in vita artificialmente, in stato di incoscienza e senza alcuna possibilità di tornare in possesso delle sue facoltà. L’aveva espresso, ovviamente, quando era ancora cosciente ed in grado di esprimere opinioni. La sua volontà individuale, quello che il suo Io, con tanto di maiuscola, voleva, pare pertanto chiarissima e non equivocabile. Ci fosse stata in Italia la possibilità di fare un testamento biologico legalmente valido e giuridicamente vincolante per i medici, probabilmente lo avrebbe fatto; ma dato che questa possibilità non c’è oggi e men che meno era data allora, Eluana non ha potuto far altro che esprimere la sua volontà nei discorsi ai familiari ed agli amici,e questi, quando, malauguratamente, si sono trovati di fronte al caso specifico cui lei faceva riferimento, hanno chiesto al tribunale che questa volontà venisse rispettata.

Ma per il laico Bellasio il fatto che un individuo abbia espresso chiaramente e scientemente una volontà non conta, perché, dice, potrebbe aver cambiato idea (mentre era in coma, si suppone…), e quindi il tribunale non ha assolutamente diritto di seguire quella che era una sua direttiva esplicita: la deve tenere in vita finché non muore o si riprende quel tanto per confermare con la sua voce di voler essere lasciata morire. Tutto questo perché, dice, i convincimenti sono in continuo divenire.

Partendo da questo presupposto, anche se Eluana avesse stilato un testamento biologico valido legalmente il trattamento non potrebbe essere sospeso, perché anche solo un secondo dopo aver firmato il modulo non si può essere matematicamente certi che non possa aver cambiato idea. Ma, se il presupposto è valido, anche qualsiasi altra forma di documento firmato da Eluana o da qualsiasi altra persona e riguardante qualsiasi altra attività avrebbe un valore dubbio e impugnabile. Prendiamo il caso di un paziente che dia un consenso informato per una operazione: come faccio ad essere certa che, mentre è sotto anestesia, non gli venga qualche dubbio e voglia togliere l’assenso al chirurgo che lo sta affettando? Prendiamo un testamento normale, in cui il signor X lascia la casa al figlio e la collezione di farfalle al nipote: esso viene scritto quando il signor X è in vita, ovviamente, e viene aperto quando il signor X è morto, magari anni dopo: anche se non lo ha ritoccato mai, posso io essere certa, certissima, matematicamente certa che il signor X, un attimo prima di trapassare, non abbia pensato che era meglio lasciare la collezione di farfalle al figlio e la casa al nipote, e solo la sventura di essere, al momento, impegnato a tirar le cuoia gli abbia impedito di modificare le sue volontà scritte? Visto che i convincimenti sono in continuo divenire, il pensiero impenetrabile e nessuno può sapere cosa ha voluto in quel preciso momento che faccio? Sospendo il testamento ed organizzo una seduta spiritica per accertarmi se il signor X è ancora di quell’idea? Lascio tutto affidato al curatore testamentario e gli eredi si arrangino con un trullallero trullalà?

Vi sono casi in cui la legge considera valido e vincolante un contratto fatto con una stretta di mano, a parole, fidando sulla testimonianza dei presenti. Se io dico più volte ai miei cari, ai miei amici, ai miei parenti che, se dovessi finire in coma, non voglio essere tenuta in vita artificialmente, perché la loro testimonianza non può essere considerata sufficiente a chiarire la mia volontà?

La società umana si fonda sul presupposto che la delega ad altri sia possibile, e che l’essere umano – in ciò sta la sua differenza con gli animali – possa proiettarsi nel futuro, prendere decisioni per casi che materialmente non ha ancora vissuto e dare disposizioni nel caso essi si verifichino. Qui le disposizioni erano state date in conversazioni con il padre e con gli amici. Il tribunale dunque non ha imposto nulla, ha solo preteso che tali disposizioni, sia pure date in maniera informale (dato che formalizzarle all’epoca non era possibile e tutt’oggi non è possibile!), venissero rispettate. Si tratta di una decisione perfettamente conforme a quel pensiero liberale di cui Bellasio si considera a paladino. Sempre che, beninteso, nelle insondabili profondità della sua mente non abbia cambiato idea nel frattempo.

PS: Dovessi entrare in coma irreversibile e i medici giudicassero improbabile un mio risveglio, vorrei essere lasciata morire in pace anche io, e che fossero spente le macchine che mi ancorano alla vita. Prendete questa per una dichiarazione manifesta e pubblica della mia volontà e, nel caso, fatela rispettare attraverso un tribunale. Grazie.

6 Comments

  1. Si sorride amaramente leggendo il tuo post…
    Questi “laici fogliaroli” calpestano la logica e il buon senso come se niente fosse.

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  2. D’accordo. Lo stesso vale per me, Galatea. L’ho lasciato scritto anche nel blog – divenuto sito.

    Io stesso ero sul punto di “staccare la spina” – a Eftimios – gli ultimi giorni della sua vita breve. Non l’ho fatto solo perché era calmo, olimpico, e voleva vedere come sarebbe andata a finire guardando la morte in faccia.

    L’abbiamo visto, come è andato a finire. Con calma. Calma e gesso – dicono a Roma. Siamo qui a raccontarlo. L’ultima volta che l’ho sentito respirare ha sorriso.

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