Famiglie universitarie

Poi dicono che gli intellettuali non riescono mai a trovare soluzioni pratiche ai problemi del paese. Da anni tutti chiedono misure concrete a favore della famiglia. Bene, nelle Università italiane la soluzione si è trovata da tempo. Infatti, a scorrere i nomi dei docenti assunti nei vari dipartimenti, si capisce che sono tutti una grande famiglia, nel senso letterale del termine: il 40% dei docenti universitari, in Italia (fonte Repubblica 3/10/2008, p. 40), è parente. Del Preside di facoltà, dell’ordinario di cattedra: figli, mogli, nipoti, tutti dentro, a dimostrazione che il sangue non è acqua, e se non è detto che l’intelligenza sia ereditaria, la cattedra, almeno quella, ereditaria può essere sì, anzi fa quasi parte del corredo genetico.

Nessuno dubita della specchiata onestà di costoro e dei loro alti meriti culturali, per carità, ma certo la cosa andrebbe risolta, se non altro per evitare risvolti pesanti sulla vita familiare. Ogni volta che indicono un consiglio di corso di laurea, per esempio, dato che ci son dentro tutti, dalle nonne alle cugine zitelle di terzo grado, per trovare una baby sitter che tenga d’occhio i nipotini – quelli sotto i tre anni, beninteso, gli altri sono già titolari di assegni di ricerca per alti meriti scientifici – bisogna chiamare la vicina di pianerottolo, e non è cosa.

21 Comments

  1. Fra i ricordi personali di quando studiavo ho quello di un mezzo barone, che oltre alla moglie (il figlio no, era troppo zuccone persino per riuscire a laurearsi nella facoltà di papà e mammà) aveva anche l’amante nello stesso istituto. Il che immagino complicasse non poco la logistica, visto che la cosa era risaputa anche fra noi discenti. In pratica, una casta più chiusa di una nobiltà bizantina…

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  2. Le mogli e i figli li sgammano perchè hanno lo stesso cognome. Se la ricerca tenesse conto anche di amanti, protetti e figli di amici copriremmo il 100% dei posti. Forse anche qualcosa di più.

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  3. Scusate tanto se sono un prof. universitario, e quindi parte della casta cattiva che sperpera il denaro pubblico.

    Permettetemi però almeno di difendermi da accuse veramente infamanti. 40% di parenti?!? ma poi parenti di chi? che vuol dire? per essere parenti bisogna essere almeno in 2. Dove li hanno presi questi numeri? non ho letto l’articolo di repubblica (e non ho intenzione di comprarla oggi), ma dimmi, nell’articolo mettevano un riferimento a qualche documento con i dati, magari prodotto da qualche ente? Erano dati divisi geograficamente, o per istituzione, o per facoltà, classe disciplinare? Veniva spiegato il metodo di raccolta dei dati?

    Non dico che non ci siano. Anzi, dico che ce ne sono troppi. Ma di professori universitari ce ne sono anche tantissimi bravi, anzi eccellenti, e moltissimi onesti che non ruberebbero una lira nè potrebbero mai permettere sconcezze del genere. Non si può accusare un’intera categoria in questo modo. A scrivere queste sciocchezze (40%!), a buttare lì con leggerezza questi numeri si fa una sola cosa: si aizzano interi settori sociali gli uni contro gli altri, fino a produrre una bella guerra civile tra corporazioni e mestieri, proprio quello di cui abbiamo bisogno ora in Italia. Dipendenti pubblici contro provati, tassisti, notai, piloti Alitalia, tutti ad accusarsi di chissà quali privilegi. Galatea, se poi ti ci metti anche tu con le battute (100% se contiamo le amanti) … se hai il dente avvelenato prenditela con quelli del tuo dipartimento che sono stati disonesti, non con tutta la categoria.

    A Pisa, vicino casa mia, sul palazzo che ospita l’Agenzia delle Entrate, da qualche giorno è appeso uno striscione da stadio con scritto: “Agenzia delle entrate – alla cittadinanza: Qui non ci sono assenteisti nè fannulloni”. Uno striscione da stadio, capite?

    L’Italia sta per implodere, manca poco.

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  4. Caro Knulp,
    le cifre riportate dall’articolo di Repubblica sono prese da un libro di Roberto Perotti, L’università truccata; Perotti è ordinario di Economia all’universita’ Bocconi di Milano, editorialista del Sole 24 Ore e redattore de Lavoce.info; il suo saggio prende in esame un po’ tutto il sistema universitario italiano: e uscito qualche tempo fa e,a quanto mi consta, i suoi dati non sono stati messi in discussione, quindi presumo che siano abbastanza affidabili. Il 40% citato, per essere precisi, si raggiunge nella facoltà di Medicina dell’Università di Messina, ma anche in altri atenei i numeri sono di poco inferiori: alla facoltà di Economia di Bari, ad esempio, 42 docenti su 179 hanno almeno un parente in facoltà. Sarà un caso, non dubito. Certo è che avere un parente/amico/amante già professore universitario aiuta: se ce l’hai, molto spesso, vai a finire in cattedra in età in cui i colleghi, anche se preparatissimi, combattono quotidianamente per vedersi rinnovare una pulciosa borsa di studio.
    Nessuno sostiene che tutti i professori universitari siano corrotti, o nepotisti, o mascalzoni (se non altro perchè ho molti amici professori universitari io pure e sono persone correttissime). Ma che in Italia molto spesso la selezione di chi arriva ad avere una cattedra sia fatta in base a criteri che nulla hanno a che fare con il reale valore della persona candidata, e invece siano legate alle sue conoscenze ed ammanicature varie, è un dato di fatto: tu stesso, se lavori là dentro, sarai disposto ad ammetterlo. Uno dei motivi per cui molti dei cosiddetti “cervelli” fuggono all’estero è anche questo: è un ambiente dove il nepotismo è fortissimo e le consorterie fanno spesso il bello e il brutto tempo. Avviene dappertutto, si dirà: questa è l’Italia. Appunto: fa schifo.

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  5. x Knulp
    Che l’Italia stia per implodere ci troviamo d’accordo.
    Che si cerchi di aizzare categorie contro altre categorie è evidente, anche se sono escluse (ovviamente per viltà) le forze dell’ordine
    Ma a volte l’istituto della raccomandazione non ha bisogno di attori intenzionalmente disonesti, ma anche di bravi padri, di mariti semplicemente compiacenti etc etc. Pochi possono ruggire dicendo “Papà e mamma sono parenti alla lontana”
    Un mio amico assistente si fidanzò con un’allieva. Appena lei si rese conto che era un onest’uomo che avrebbe avuto bisogno di un lungo mutuo per comprare casa, questa lo piantò
    Ci sono intere genìe di professori di medicina, giurisprudenza con rapporti di parentela. Il mondo universitario non è all’altezza dei contenuti che veicola ed anzi ha sistemi di selezione più arcaici di semplici aziende di credito.
    Alcuni difensori d’ufficio parlano non di “raccomandazione”, ma di “segnalazione”. Ci credo, a questo punto, che imploderemo.
    Per farci capire ci vogliono spranghe, fucili e pistole

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  6. x Knulp
    Anch’io ho provato la via della ricerca tanti anni fa. Il risultato è stato che:
    1- I soldi sono troppo pochi per sperare di viverci, almeno finché non si diventa di ruolo.
    2- I posi di ruolo sono troppo pochi, in pratica i nuovi concorsi non bastano neanche per rimpiazzare chi va in pensione.
    3- Per ambire ad un posto di ricercatore è necessario che qualcuno abbastanza inserito nei meccanismi confezioni un concorso per il candidato (lo confezioni in modo che solo il candidato possa ottenere un punteggio elevato).
    4- Il potere in università e ricerca (CNR) spesso non è proporzionato ai meriti. Posti importanti sono spesso occupati da somari annoiati e maneggioni.
    5- La buona ricerca esiste! Ma è meno diffusa di quanto si potrebbe credere.

    In pratica un sistema da rifondare dalla base. Non mi stupiscono affatto i risultati delle ricerche di Perrotti.

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  7. Sarò meno rivoluzionario di voi, ma non credo che servano spranghe, ne fucili, ne pistole. Ne credo basti dire che l’Italia fa schifo. Io in Italia ho deciso di viverci. E di lavorare all’Università. Quello che contesto è che si prendano dei dati (anche reali) e si sbattano in un articolo per “attaccare” un’intera categoria.

    Se all’Università di Messina sono al 40% all’Università di Trento o al Politecnico di Milano saranno al 2% o al 3%. La facoltà di medicina di Messina è poi rinomata per essere un covo di delinquenti, e lì dentro si è arrivati pure alla gambizzazione. Dipende poi dalle categorie: è ben nodo che medicina e giurisprudenza sono piagate dal male del familismo e del clientelismo, e anch’io nel mio piccolo ne ho sentito di bruttissime. Alla facoltà di farmacia di Pisa, dove mia moglie si è laureata, un’unica famiglia domina con una decina di docenti (fratelli, mogli, cugini).

    E i concorsi sono truccati, lo so bene. Addirittura nella mia Università (Scuola Superiore Sant’Anna) si è verificato un caso opposto: siamo andati su tutti i giornali per un concorso di medicina (cardiologia) in cui il candidato interno, nonostante fosse incredibilmente più bravo, è stato fatto fuori dalla commissione ostile. Grazie a intercettazioni ambientali, il presidente della commissione è finito poi agli arresti domiciliari.

    Ma dire che il 40% dei professori italiani ha fatto carriera per la sua parentela significa offendere anche chi non è parente di nessuno e per entrare ha vinto un onesto concorso.

    Io da tempo ragiono sul futuro dell’Università, e mi batto per cambiarla. Sebbene io sia relativamente giovane (o forse proprio per questo) nella mia piccola Università ho partecipato alla definizione del processo di autovalutazione della ricerca e della didattica. Vi assicuro che ci sono tante facoltà serie (soprattutto nelle scienze e nell’ingegneria) che hanno messo su serissimi meccanismi di valutazione della ricerca e della docenza in base ai quali distribuire i fondi interni. Il mio dipartimento si sottopone annualmente a un processo di revisione di fronte a un comitato di 5 revisori internazionali. Ci battiamo per innalzare il nostro “ranking” nelle classifiche internazionali, spingendo i nostri ricercatori a fare di più ogni giorno.

    Tante università di punta in Italia da anni si battono per inserire analoghi meccanismi di valutazione a livello nazionale, ma la politica (sotto la spinta dell’altra parte del mondo universitario) ha finora nicchiato, limitandosi a tagliare i fondi a tutti, buoni e cattivi.

    Io avrei una proposta “liberista” per l’Università. Il meccanismo attuale dei concorsi è ben lungi dall’impedire l’assunzione di parenti. Anzi, il meccanismo dei concorsi “de-responsabilizza” completamente le Università. E io non credo sia emendabile. Ne ho parlato in dettaglio qui. Mi piacerebbe dibattere la mia proposta con quanta più gente possibile.

    Anzi, mi piacerebbe che in questo paese la smettessimo di continuare ad insultarci a vicenda, e ci rimboccassimo le maniche per cambiarlo.
    Lo so che con certi politici sembra essere fatica vana. Ma vi ripeto: nonostante tutto ho deciso di rimanere qui, e quindi mi tocca darmi una mossa.

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  8. Ci sono diversi premi Nobel che sono imparentati fra di loro: la famiglia Curie in Marie, Pierre e Irene han vinto il premio. Hanno vinto il premio Nobel i fratelli Tinberger, infine William e Lawrence Bragg, Niels e Aage Bohr, Hans ed Ulf von Euler, Arthur e Roger D. Kornberg, Manne e Siegbahn, J. J. Thomson e George Paget Thomson erano padri e figli.

    Andando a fare ricerche negli articoli scientifici spesso e volentieri capita di trovare scienziati che han lo stesso gognome. Vorrei anche ricordare le famiglie Strauss, Bach e Mozart se vogliamo parlare del campo artistico.

    I “figli d’arte” sono sempre esistiti, semplicemente perché se fin da piccolo ti trovi in un certo tipo di ambiente, e vieni anche invogliato a seguire un certo tipo di carriera è molto probabile che tu riesca a farcela. Se sei figlio di un professore di chimica e inizi a leggere libri di chimica a sei anni, ti piace la chimica è possibile che tu la impari meglio e sia in grado di diventare professore più facilmente che il figlio di un bancario o di un coltivatore diretto. Io ho avuto come professore un “figlio d’arte” e ti posso assicurare che era preparato sapeva spiegare bene e se volevi chiedere qualcosa in ufficio bastava dargli un colpo di telefono il giorno prima.

    Dopodiché che ci possano essere posti in cui si viaggia di raccomandazione e di favori ad amici ed amici degli amici non ne dubito. Ma la cosa non è limitata all’università od agli enti pubblici.

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  9. x Knulp
    Parlare con spranghe, pistole, fucili non è rivoluzionario. Ti ho rassegnato più che altro la mia disperazione per il fatto che si sta giocando a manipolare sofisticamente l’opinione pubblica.
    Dire che si sia fatto carriera per nepotismo non vuol neanche dire che il soggetto è un incompetente, dal momento che molti competenti carriera non ne hanno fatta e non ne farebbero se non avessero un santo in Paradiso.

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  10. Spero che Knulp non insegni sociologia. In questo caso, se si proibissero le “generalizzazioni”, come lui sembra suggerire, perderebbe il posto. Ossia, mi correggo. Perderebbe il lavoro, ma certamente non il posto.

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  11. @erasmo: infatti non insegno sociologia. In quanto alle generalizzazioni, sono importanti e utili quando fatte correttamente. Come avrai già capito, il mio problema è che, se si prende il dato di picco (40% alla facoltà di medicina dell’università di messina) e si presenta come dato medio in tutta italia, la generalizzazione mi sembra quantomeno non corretta, sia in sociologia che in altre branche del sapere.

    Quanto al mio posto di lavoro, sono ben disposto a metterlo a disposizione di chiunque voglia e possa dimostrare di essere migliore di me. Ma non credo che trasformare tutti i dipendenti in precari, oppure semplicemente punirli con il 10% di stipendio in meno per ogni giorno di malattia, come ha fatto il nostro “geniale” ministro, possa aiutare ad rasserenare il clima di questo paese. Il problema secondo me è come riformare il sistema, valorizzando i bravi e capaci e punendo i truffatori, ma senza offendere e punire intere categorie di lavoratori.

    La titolare di questo blog, che considero un’ottima scrittrice e probabilmente un’ottima insegnante, sa quello che voglio dire, data l’ignominosa campagna di discredito nei confronti della scuola pubblica italiana che viene condotta dai cosidetti “commentatori” di praticamente tutte le parti politiche. Di questo passo, i pochi insegnanti volenterosi e bravi che sono rimasti perderanno presto la voglia residua di fare bene.

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  12. “I “figli d’arte” sono sempre esistiti, semplicemente perché se fin da piccolo ti trovi in un certo tipo di ambiente, e vieni anche invogliato a seguire un certo tipo di carriera è molto probabile che tu riesca a farcela”

    in effetti è vero, io sono figlio di un impiegato con la terza media che andava a caccia e di una madre casalinga con la quinta elementare…
    e in questi giorni, nonostante una laurea in architettura, ho una tremenda voglia di rinchiudermi a fare il casalingo e dal tetto spare col fucile che fu di mio padre a chiunque passi.

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  13. ah, dimenticavo… mentre si spara sulla scuola pubblica non si spara invece sull’università, in quanto i baroni son ben rappresentati in parlamento. tanto che nessuno parla chessò, di chiudere un po’ delle 27 facoltà di architettura, anzi, ne stanno aprendo una ventottesima a matera.

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  14. non so perche’ e’ difficile considerare che l’universita’ non e’ affatto un mondo separato e chiuso, ma e’ banalmente una parte, e nemmeno troppo importante, della societa’ civile. Nell’universita’ si rispecchiano quindi tutti i (pochi) pregi e i (molti) difetti della societa’ in generale.
    Se i medici, siano essi ospedalieri, privati o universitari, sono governati da una fortissima corporazione, con fenomeni di nepotismo molto forti, e’ evidente che lo stesso identico aspetto si avra’ in quella parte del mondo medico che fa parte dell’universita’.
    E se le corporazioni, accompagnate da forte nepotismo, sono forti in praticamente tutte le “libere professioni”, sara’ lo stesso nelle loro estensioni universitarie.
    Per quelle parti, che pure esistono, della societa’ civile in cui le corporazioni non ci sono o sono molto meno forti, si potra’ osservare una equivalente minore aspetto nepotistico nella loro estensione universitaria.
    Tutto questo per dire che non e’ l’universita’ il cuore del problema, che risiede invece nella struttura ancora corporativa di larga arte della nostra societa’. Combattere questo aspetto e’ necessario se si vuole uno sviluppo delle forze produttive ed una maggiore potenzialita’ del sistema nazione nel suo complesso. L’universita’ verrebbe sanata automaticamente, essendo una conseguenza, e non una ragione.

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  15. è vero mikecas… però consentimi di dire che certe corporazioni sono molto più forti di altre. si è mai sentito parlare della corporazione delle maestre elementari? e vuoi dirmi che c’è nepotismo nella scuola elementare come c’è nell’università o tra i notai? vuoi dirmi che la corporazione maestre elementari (se esiste) è forte come quella dei baroni universitari? vuoi dirmi che è presente in parlamento? e come mai le scuole le tagliano mentre le università berlusconi, col precedente governo, le ha moltiplicate tanto che ci sono facoltà anche nelle più sperdute lande del nostro paese? e complici di questa moltiplicazione sono stati per primi proprio i baroni universitari.

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  16. @lineadisenso:
    il tuo intervento mostra che in effetti c’è proprio un “tutti contro tutti” in Italia, dove le varie categorie, corporazioni, gruppi sociali si azzuffano fra loro addossandosi la colpa di non si sa bene cosa. Maestre contro baroni universitari ancora non l’avevo sentita.

    Che i “baroni” universitari, e in generale i docenti, siano responsabili almeno in parte se non in toto dello sfascio dell’Università è cosa accertata, non intendo qui difendere in maniera acritica la categoria. Il governo Berlinguer diede l’autonomia alle università, e moltissimi atenei docenti usarono questa autonomia malissimo, cioè per assumere raccomandati, moltiplicare le lauree e aumentare a dismisura la spesa. La colpa fu anche e soprattutto del governo di allora (Berlinguer ministro) che non seppe instaurare nessun meccanismo di controllo della spesa o della qualità dei risultati. Ovvio che la gente si allarga se gli dai soldi e autonomia e poi non controlli i risultati, e questa massima si applica a tutto il mondo non solo all’Italia.

    Dire però come fai tu che il governo Berlusconi è amico o anche solo complice dei baroni universitari è una stronzata bella e buona. Se vuoi conoscere l’entità dei tagli, puoi leggerti questi miei due post (1) (2).

    Che poi certi atenei continuino la politica di espansione e di conquista aprendo nuove facoltà e nuovi corsi universitari, questo può essere che sia vero, se le regole glielo consentono, perché senza un controllo serio tanto poi paga pantalone. Dire che serve una riforma in senso meritocratico delle Università è lapalissiano, e l’unica speranza rimasta è che la Gelmini ci mandi qualche sottosegretario a occuparsene in maniera seria prima di arrivare allo sfascio definitivo (ma ci credo poco, sinceramente).

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  17. @->Knulp: Caro Knulp, vorrei puntualizzare che da nessuna parte, nel mio post, c’è scritto che il governo Berlusconi è amico o complice dei baroni universitari: è uno dei pochi post in cui la Gelmini e Berlusconi non vengono nemmeno citati, nè direttamente nè per allusione, veramente. Nè mi pareva che fosse il senso della obiezione di LineadiSenso.
    Allora, ricapitolando le tue obiezioni: 1) l’Università in Italia è uno sfacelo; 2) è uno sfacelo perchè ci sono troppi baroni universitari; 3) la selezione fatta da questi baroni è bsata su criteri assai spesso discutibili, vale a dire moltiplicano le cattedre anche quando non servono, creano corsi ad hoc e magari li affidano a parenti ed amici.
    Però se lo diciamo io o LdS siamo di parte e fomentiamo inutile odio nei confronti dei prof universitari, se lo dici tu, che sei professore universitario, no. Ok. 🙂

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  18. touche!

    ok, hai ragione, a volte esagero. Ma sono un appassionato del mio lavoro, e vorrei davvero che l’università italiana migliorasse, perché ne abbiamo tutte le potenzialità. Soprattutto mi dispiace che tanti bravi ragazzi pagheranno per le pratiche dei vecchi baroni, e che i vecchi baroni contrinueranno a dominare ancora per molto tempo, purtroppo. E anche voi, oltre a “fomentare odio” (scherzosamente, non vi offendete), ogni tanto spendete qualche parola buona per noi ragazzi che lottiamo qui dentro.

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  19. io non sono un universitario, ma forse conosco l’universita’ piu’ e meglio di chi ci lavora….
    L’universita’ e’ ben lungi da essere un oggetto omogeneo, ma e’ invece divisa in molte strutture diverse, con leggi informali di funzionamento diverse, che si rifanno alle regole di funzionamento di quella parte della societa’ civile di cui sono banali estensioni.
    E’ quindi sbagliato accusare di qualche misfatto “l’universita’ “, ma bisogna precisare quale parte dell’universita’ si accusa, ma e’ anche sbagliato pensare che sia possibile modificare qualche meccanismo di funzionamento dell’Universita’ senza modificare prima lo stesso meccanismo della societa’ civile.
    Se la facolta’ di medicina e’ nepotistica, lo e’ perche’ e’ nepotistica l’intera corporazione dei medici, ed e’ la regola di questa corporazione che determina il funzionamento della relativa facalta’ universitaria, non il contrario.
    Per cui anche l’onesta speranza di knulp di vedere introdotto il merito come elemento di valutazione nell’universita’ rimarra’ una speranza se non viene introdotto il merito come elemento di valutazione nella societa’ intera.
    Vi sono fortissime differenze tra settori diversi dell’universita’, e anche tra una universita’ e l’altra, sempre dipendenti dell’ambiente sociale in cui sono inserite. Per cui se si hanno situazioni da codice penale, come quelle prese ad esempio, ma erroneamente generalizzate, dall’articolo che e’ stato lo spunto del post di Galatea, si hanno anche ampie situazioni che, se non proprio idilliache, sono perlomeno molto normali.
    Il saper distinguere aiuta molto a definire gli obiettivi di una eventuale lotta, o perlomeno di una salutare polemica.
    😉

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  20. @lineadisenso: quanto hai detto che cosa c’entra con quanto ho detto io? Anche Giotto era figlio di contadini ed il padre di Einstein era un piccolo industriale.
    Ripeto che comunque il fatto che i figli seguano le orme dei padri e che esistano i figli d’arte e` una cosa che succede direi dalla civilta` babilonese in avanti e che non è detto che dipenda da intrallazzi illegali.

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