
Mi è difficile parlare di Fabrizio, perché gli voglio bene. È sempre difficile per una donna, dire di un uomo “gli voglio bene”, perché poi ci si incasina nei sottintesi e nei fraintendimenti, e c’è il rischio che il “ti voglio bene” sia preso da tutti per un “mi piace”, “lo amo” o qualcos’altro ancora che nemmeno sai. Ma Fabrizio, grazie a Dio, che gli voglio bene senza altre accezioni ed altre mire lo sa, da sempre; e siccome, oltre che volergli bene, lo stimo perché è un ragazzo intelligente, se ne frega anche delle possibili chiacchiere, dei sorrisini, dei commenti, e quando gli amici chiedono, speranzosi, dopo l’ennesima serata passata con me al cinema, o a chiacchierare: “Ma allora, con lei, state insieme sì o no?”, guarda l’interlocutore con i suoi occhioni chiari e risponde: “Ma no, siamo amici.”, con il sollievo pieno di chi dice la verità, punto e basta.
Al saperlo in giro con me, in ogni caso, rosicano in tante. Perché Fabrizio, vivaddio, è uno di quei tipi che paiono fatti apposta per interpretare il ruolo del principe Azzurro nei sogni di qualsiasi donna fra i quattordici e i cent’anni: alto, bello, con una carriera di successo, soldi – suoi e di famiglia – che grondano dalle tasche. Non bastasse, è pure affascinante: gran senso dell’umorismo, buone letture, un gusto infallibile per i film e la musica da ascoltare, ed un sano entusiasmo per tutto ciò che è nuovo, e che lo porta a sperimentare qualsiasi roba arrivi sul mercato, che sia una playstation o un corso di scialpinismo in Nepal. È fatto così: magari poi si annoia a morte, ma ci va.
Forse è proprio questo l’unico difetto che so trovargli, e che gli ho sempre rimproverato: la sua ansia di essere troppo perfetto, troppo all’altezza, troppo, e perennemente, cavaliere senza macchia e senza paura. È così da quando lo conosco, è più forte di lui: me lo ricordo già a quattordici anni tanto a posto da parere ad ogni ora stirato di fresco, addosso il maglione giusto, e la camicia con la righina in tono al colore della cucitura dei pantaloni, un particolare che notiamo solo io e lui, magari, ma per lui è fondamentale.
Unico figlio maschio in una famiglia moderna, sì, ma dove l’erede è comunque lui e non le sorelle, di questa responsabilità ha sentito tutto il peso fin da piccino, e forse l’ha sentito ancor di più perché nessuno glielo ha mai addossato esplicitamente: alle imposizioni palesi ci si può ribellare, alla muta aspettativa che leggi negli occhi di mamma e papà che t’adorano e ti sanno in grado di farcela, ragazzi, è dura: non si può deludere chi ti ama ed è disposto ad appoggiarti in tutto.
Ecco, Fabrizio è venuto su così, a botte di congiuntivi corretti e ottimi voti a scuola, intercalati a belle feste tra amici, ed amene compagnie di gente che gli si affeziona senza difficoltà, perché Fabrizio è disponibile, onesto, leale e buono, per altro, come un pezzo di pane. Donne, poi, quante ne ha volute e ne vuole: bellissime, da far cadere la mascella agli amici maschi per l’impossibilità di esternare altrimenti l’invidia, e pure intelligenti, perché quella storia che le donne se sono belle sono stupide, diciamolo una volta per tutte, è una cazzata. Almeno un paio, lo so da confidenze certe, sono state innamorate di lui alla follia. Non ho mai capito, invece, se lui le abbia amate mai davvero; o meglio sì, ma a modo suo, ed il suo modo era ed è quello di assumere il ruolo di fidanzato perfetto, senza una sbavatura. Fabrizio è l’uomo che ti viene a prendere a casa, e ti riaccompagna, e ti coccola e ti fa sentire una principessa in una favola fintanto che stai con lui; risolve i problemi, prende iniziative, non dimentica un anniversario, e si ricorda di compleanni, e messaggini; c’è quando serve, e quando non c’è sai sempre che se vuoi lo trovi; è affettuoso, comprensivo, e sa sempre cosa fare, e quando farlo, e come. Vivere con lui è scivolare sul velluto; forse è per questo che, alla fine, scivola scivola, ti chiedi se non ti ritrovi per terra di culo. Perché quell’eterna, monolitica perfezione finisce coll’essere non solo innaturale, ma evanescente, e dopo un po’ ti viene il sospetto che sia perfetto con te come lo sarebbe con qualsiasi altra e in qualsiasi altra circostanza, perché il suo modo d’essere ha un che di autoreferenziale, che prescinde da chi gli sta intorno e dal contesto in cui è calato. Non è una maschera, no, ma una specie di inconscio obbligo cui tener fede.
Lui, che non è scemo, ci soffre da un po’, di questa cosa, anche se questa cosa non la sa mica definire: da qualche mese, chiusa l’ennesima storia, è più ombroso, più tetro, tanto che qualche amico s’è pure preoccupato fino a telefonarmi, ché non sembra più lui.
“Parlaci un po’ – mi hanno detto – prova a capire…”
“È che, alla fin fine, ho l’impressione che non vogliano bene davvero a me.” m’ha confessato, d’impeto, dopo un’ora di chiacchiere menate per l’aria di fronte ad una birra, in un pub ai confini col nulla.
Aveva una faccia sempre bella, mentre lo diceva, ma un po’ stanca, sciupata, persino con una accenno d’occhiaie e una punta di terreo sotto la consueta abbronzatura; la voce era arrocchita, segno certo che fuma troppe sigarette, e, avrei giurato, la camicia un po’ ciancicata, finalmente, come se, per la prima volta in vita sua, dopo averla messa addosso ci si fosse formata una piega. Muoveva le mani, nervosamente, di continuo, senza trasmettere più sicurezza, senza farti più pensare al velluto; non era più un cavaliere, ma un normale essere umano, anche un po’ con le scatole girate ed un sano accenno di angoscia negli occhi. Fragile, spaventato, indifeso: in una parola, dolcissimo.
Ecco, si lasciasse vedere ogni tanto così, dalle sue donne, si innamorerebbero di lui perché è lui, e non avrebbe più dubbi.
Dimmi: e il rospo come c’è rimasto?
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Il ragazzo ha avuto genitori troppo esigenti. Personalmente preferisco gli uomini un po’ “chiusi” che si “aprono” solo con me perché mi fanno un dono. E’ il regalo che apprezzo di più dall’altro sesso: rendermi partecipi di un rapporto esclusivo!
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io ho un amico simile. solo una volta ha fatto cadere la maschera. e mi ha fatto piacere essere vista come una persona di cui ci si può fidare a far le confidenze, e allo stesso tempo ero veramente dispiaciuta per lui: un uomo così (o come il tuo fabrizio) può essere veramente il principe azzurro…
PS
ma anche tu ti senti anormale perchè non sei innamorata di lui? perchè a me succede, a volte… mi sento sbagliata io… bah…
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È un brutto momento. Bisogna essere prima belli fuori e poi belli dentro. Come se fosse un esame scolastico, la prova orale dopo la prova scritta. Se inciampi nello “scritto” non vieni ammesso all’ “orale” e il mondo è pieno di Principi Azzurri che gracidano invano.
Con invidia fanculizzo Fabrizio. Non sono un Principe, neppure un Duca o un Marchese, forse poco più di un Giullare. Per questo nessuno può immaginare quante foreste incantate devo attraversare per trovare Principesse come Tispe o Juni.
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