In politica, non tutte le soubrette vengono per nuocere: Teodora, ovvero la pornostar che salvò Bisanzio

teodora

Ogni tempo ha le sue Carfagna e Minetti, o meglio, le sue Ciccioline. Semmai, a far la differenza coll’antico, non è tanto il modo con cui certe signore giungono al potere, ma cosa se ne fanno quando l’hanno raggiunto.

Prendiamo, ad esempio, la storia simbolo di Teodora di Bisanzio, moglie di Giustiniano. Quello, per dire, che Dante mette nel Paradiso come esempio e modello di imperatore cristiano. La moglie no, Dante in Paradiso non ce la mette, perché sulla signora le voci che giravano erano tante, forse troppe: infatti a darle della velina forse le si fa addirittura una cortesia. Lo storico bizantino Procopio (detto per inciso, uno con un archivio che Dagospia sembra in confronto il sito d’un chierichetto), quando ne descrive la carriera usa toni più adatti ad una pornostar di successo. Teodora nasce in una famiglia di circensi, ma all’epoca, a Bisanzio, il circo non era proprio una cosa simile a Moira Orfei. Il padre, che sorvegliava gli animali per gli spettacoli dei gladiatori, morì presto, e la bimba Teodora, tanto per cominciare, si trovò immediatamente invischiata in una bella famiglia di fatto, con mamma che si unisce ad un altro e le figlie lasciate a vagolare in mezzo alle gabbie, quando andava bene, e ai gladiatori. Già da piccola la sorella maggiore la usava come paggetto, mentre si dedicava agli incontri con i suoi amanti. Poi, cresciuta, Teodora si votò all’intrattenimento dei soldati in spettacoli per la truppa. Procopio sottolinea che non sapeva né ballare, né cantare, quindi con la Parietti qualche punto in comune decisamente c’è. Il Lele Mora di turno la scritturò subito, perché era una donna che teneva la scena, soprattutto spogliandosi. Dal vivo, ovviamente, dato che allora i calendari non erano ancora stati diffusi sul mercato. La sua specialità erano i banchetti vip, cui partecipava con una schiera di giovinotti che le facevano da guardie del corpo. Su cosa potesse succedere durante queste esibizioni, si fanno ipotesi su ipotesi: di certo non avevano nulla da invidiare alle notti più folli del Bilionaire, e forse neppure a qualche filmino di Rocco Siffredi. A queste feste Teodora trovò protettori: un governatore, ad esempio, che la portò con sé ad Alessandria d’Egitto. Scaricata da questo – o scaricatolo lei, qui la cosa non è ben chiara – si rifece una verginità – ehm, sociale: l’altra no, era andata da tempo – passando qualche mese in un convento, dove si mise a studiare quattro acche di teologia. Scema non era scema, ma dubito molto che potesse avere una vera passione per le disquisizioni sull’omousìa; conoscendo il tipo, è più probabile che qualche abate sia stato il suo Bonaga. Deve averla riportata in contatto con il giro giusto, perché, dopo un periodo congruo a certificare il suo ravvedimento, tornò a Bisanzio e qui incontrò Giustiniano, che prima la prese come amante ufficiale (concubina more uxorio: sì, perché all’epoca la legge, nella cristianissima Bisanzio, contemplava una contratto legale che assomiglia tanto ad un Dico, ma non ditelo ai nostri cardinali, che sennò gli va di traverso il vin santo), e poi, fattala patrizia e morta zia imperatrice che non la poteva vedere, se la sposò ufficialmente, innalzandola al trono.

Procopio perde interi paragrafi a descrivere senatori e generali intenti a mandar giù il rospo di dover chiamare “signora” una che fino al giorno prima avrebbero nominato con ben altri titoli. Ma Teodora, in realtà, per Giustiniano fu una fortuna. Lui era impegnato a trar della legge il troppo e’l vano, come dice Dante. Lei, che per le pubbliche relazioni aveva un genio innato, gli garantì l’appoggio del popolo con i suoi agganci al circo, fra le tifoserie degli Azzurri, gli ultrà dell’epoca. E quando alla fine allo stadio scoppiarono tumulti, e la situazione era ad un passo dall’esplodere, Teodora tirò fuori tutto il carattere per cui era famosa. Il marito, di fronte alla folla che aveva invaso le strade e rumoreggiava sotto le finestre della reggia, pensò di scappare. Teodora no, s’impuntò. Se Giustiniano il trono l’aveva ereditato, lei se l’era sudato sangue. Lo costrinse a restare, a resistere finché non arrivò il generale Belisario in soccorso, e il Giustiniano gli ordinò una di quelle mattanze da restare epocali, tanto che per lavarsi la coscienza dovette poi in fretta e furia progettare S.Sofia in espiazione.

Belisario e il suo esercito gli salvano il regno, ma fu in realtà Teodora che lo costrinse a non mollare il trono, salvandogli, anche qualcos’altro.

Morì giovane, Teodora, per un cancro. Ma si tolse la gran soddisfazione di farsi ritrarre, lei, unica donna e di costumi più che chiacchierati, in una chiesa, al fianco e sullo stesso piano del marito. Se andate a Ravenna, a S.Vitale, alzate gli occhi e la vedrete lì, maestosamente ieratica e non bellissima. E pure nella staticità di quel mosaico bizantino, se guardate bene, ci potete leggere negli occhi un brillio di divertito sfottò, una sguardo che non saprei, ma ricorda tanto certe occhiate oblique di Moana Pozzi quando l’intervistatore di turno le chiede se è vero che sul comò tiene S.Agostino.

Per cui, cari lettori, la storia insegna che il problema non è se i politici frequentano veline, o se le veline vogliono, ad un certo punto, far la politica. E insegna anche che è meglio non scandalizzarsi quando si pensa che uno Stato stia andando a puttane.

Qualche volta, Teodora insegna, può essere la sua fortuna*.

*Questo post, lievemente modificato a seguito degli eventi odierni, era già stato pubblicato il 5/04/2006, sul mio vecchio blog.

7 Comments

  1. Forse se la meritocrazia entrasse anche nella selezione del personale politico, i risultati sarebbero migliori. anche se dovessimo privarci di qualche soubrette o di qualche vecchio porco.
    nonallineato

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  2. Il post è molto bello, applausi scroscianti. Ma per la selezione del personale politico proporrei il sorteggio (Atene, Venezia, molti Comuni medievali..).
    Tanto peggio di così…
    Sul fatto che attricette,tronisti, veline e pin up facciano parte del variopinto panorama sociale hai perfettamente ragione. E poi se il paese non si scandalizza per il tasso di puttanieri e mercanti del pubblico bene ad uso privato presenti nelle istituzioni a tutti i livelli, chi usa esclusivamente le proprie risorse per la carriera non può essere che un passo avanti verso la meritocrazia. Certo Moana al confronto appare di un’altra categoria.
    Ma forse la Parietti ha solo frequentato un po’ troppo Bruno Vespa, come Bertinotti.

    P.S. qualcuno avverta la Carfagna che la locuzione “In politica è bene non mangiare troppo” non è da prendere alla lettera..

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