Vittorie e sconfitte

battaglia

Non è il cellulare che squilla. Certo, quello è fastidioso, perché suona in continuazione, ogni due minuti, e non si può iniziare un discorso, o parare giù un boccone, senza che l’aggeggio maledetto non emetta un trillo metallico al limite della denuncia per inquinamento acustico. Non è neppure la cravatta. Sì, vabbe’, non gliela avevo mai vista, la cravatta, cioè una cravatta, ma una qualsiasi, perché Luca me lo ricordo solo in maglione e jeans sdruciti, e adesso, invece, non ha solo la cravatta ma anche un completo che è proprio un completo, cioè pantaloni e giacca uguale, e, da come cadono, nemmeno di taglio perfido. Non è neppure l’orecchino. O meglio, non è neppure l’assenza dell’orecchino medesimo, perché non c’è più, e mi fa strano, dato che, porca miseria, quando a quattordici anni mi sono fatta i buchi io, per gli orecchini, e avevo fifa, era stato lui a trascinarmi nella bottega di piercing, dicendo allegramente: “Ma cazzo, l’ho fatto persino io!”

Insomma, non so cos’è, ma quando me lo vedo davanti in pizzeria, Luca, che mangia e parla e ascolta tutto assieme come suo solito, non lo capisco bene ma qualcosa che non è tanto solito c’è.

Mi dico: saranno gli anni. Ne sono passati, in fondo, da quando ci siamo incrociati la prima volta: lui leader carismatico degli studentelli, capello lungo, occhio ceruleo, codazzo di bellocce al seguito del suo eloquio già allora prorompente; io ragazzetta perbenino, con gli occhiali, la vocina flebile, le gote pronte a diventare di porpora se un chiunque le regalava un’occhiata.

Di me, i suoi non si fidavano, perché non avevo la faccia di una che è di sinistra. Ogni volta che entravo in casa con il mio trucco sobrio ma mai sbavato, le scarpe coordinate alla borsetta, le unghie con lo smalto in tono alla fascia per capelli, si guardavano come a dire: “Perché cazzo te la porti dietro, questa?”

Il padre era operaio, la madre donna delle pulizie; i tre figli li avevano tirati su a colpi di sacrifici e di smadonnamenti per farli studiare e andare tutti al Liceo. Due, al liceo, s’erano anche persi: i genitori li volevano dottori, loro, Luca in testa, invece facevano occupazioni, sit in, organizzavano cineforum, dibattiti: non c’era casino in cui non si infilassero, e negli anni del riflusso quando eravamo a scuola noi, c’è da tener presente, per trovare casini in cui infilarsi ci voleva una certa determinazione. All’università, stessa solfa. Non era stupido Luca, anzi; poi gli esami li dava. Ma come per hobby. Mentre organizzava nella Pedemontana gruppi di discussione sui diritti degli immigrati. O fiaccolate antilega, nei paesi del Trevigiano. O tentava di fondare centri sociali alternativi nella campagna veneta. Tutte iniziative, insomma, che avevano la stessa probabilità di riuscita di un film porno in cui avessero affidato a me il ruolo di protagonista, per dire.

É che lui delle cause impossibili purché giuste si innamorava a prima occhiata. Quella pragmatica, di solito, ero io. Nicchiavo, smorzavo gli entusiasmi, cercavo di non tradire gli ideali, sì, ma facendo i conti con la realtà, restando con i piedi per terra. Le baruffe, Madonna! Quando proprio era invelenato, sputava un “Borghesuccia!” con tanto di quell’acido che avrebbe potuto sciogliermi seduta stante. Eppure, ci volevamo bene. Perché, al di là di tutto, quello che ci univa erano le nottate a chiacchierare su come si sarebbe potuto cambiare il mondo, anzi, su come lo si dovesse cambiare, punto e basta.

Persi: non è neppure che ci siamo persi, poi. Lui, d’accordo, ha seguito la sua carriera politica, sul territorio e poi a Roma. Ma ogni tanto ci si è visti, in questi anni di lontananza. C’era sì quel guardarsi a distanza che permette di rilevare quanto si è ingrassati, o dimagriti, e se ci si conserva bene nonostante il tempo, oppure no. Ma sempre con una confidenza di fondo che hanno e sanno recuperare in fretta quelli che sono stati davvero qualcosa l’uno per l’altra.

Così, stavolta, che il “progetto” politico lo avevo io, una volta tanto, che ero io a volermi organizzare, smuovere le acque, darmi da fare per partire dal basso e scrollare di dosso ad un paese l’indifferenza, chiamare lui per primo era stato un gesto spontaneo.

Ma ora che me lo trovo di fronte, porca miseria, lo guardo, e una parte del mio cervello non si concentra, perché è alla ricerca di quella maledettissima nota stonata che sente in sottofondo, e non sa identificare.

Non è l’aria più matura, né la ruga che s’intravvede sotto gli occhi, e neppure i capelli, che non sono più corti, epperò sono diventanti fascinosamente brizzolati.

Poi di botto, smetto di osservarlo e lo ascolto. Sta dicendo:
“Be’, sì, ma bisogna tener conto delle circostanze, valutare il contesto…insomma, il progetto è buono, anzi buonissimo, hai perfettamente ragione, sono d’accordo con te e poi tu lo sai che di te ho stima infinita…ma che vuoi, secondo me, adesso, la politica va fatta tenendo presente le variabili, poi tutte le sensibilità: presentare un progetto così fuori dagli schemi… insomma, per carità, quello che dici è giusto, giustissimo, e tu sei una persona valida…ma questa battaglia non hai la forza per vincerla, insomma, io penso che bisogna combattere solo le battaglie che si è certi di vincere e il resto lasciarlo fare ai partiti tradizionali…”

Ecco, capisco cos’è cambiato, adesso.

Che un tempo, Luca, per essere al mio fianco, ti saresti chiesto solo se la battaglia era giusta o sbagliata, non se la si potesse vincere o no.

11 Comments

  1. Ma guarda, è diventato un politico DOC. Per fortuna ci sono le eccezioni come te!
    Anche io sono curiosa del tuo progetto, comunque per me un bravo insegnante la buona politica la fa già col suo lavoro…

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  2. Le battaglie sono giuste o sbagliate dalla partenza: quelle giuste partono dalla conquista di una certa segreteria…
    ;D
    Inchino e baciamano.
    Ghino La Ganga

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  3. @->Ugolino e Deserteur: Questo è ovviamente un racconto (non mi stanco mai di riperterlo: qui nel blog faccio, anche se minima, letteratura, quindi quello che narro non è reale e nemmeno i personaggi che descrivo)

    Nella realtà però si trattava di un progetto piccolino-ino, che mi ha portato a candidarmi alle primarie del centro sinistra per sindaco del mio paese, come sanno quelli che frequentano la mia pagina su facebook. La candidatura non è andata “bene” nel senso che non sono riuscita a vincere e, su quattro concorrenti, sono risultata quarta, anche perché dietro non avevo nessun partito politico, ma solo l’appoggio di singoli cittadini. Ho comunque raccolto più dell’8% dei consensi degli elettori del centro sinistra. Mi sono divertita molto, ora stiamo pensando se dar vita ad un movimento-lista civica per appoggiare il candidato risultato vincente, che, per inciso, è anche una gran brava persona e spero con tutto il cuore che vinca comunque a giugno, perché è competente e se lo merita.

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  4. … sono risultata quarta, anche perché dietro non avevo nessun partito politico…
    Non è una vittoria, ma neppure una sconfitta. È semplicemente l’inizio.

    Ti assicuro che è importante chiedersi se la battaglia è giusta o sbagliata, perché se decidi di continuare incontrerai sul tuo cammino solo una cosa: valanghe di fango e veleni, che porteranno addirittura la tua coscienza a dubitare di te stessa. Temo che ricorderai quel “borghesuccia” come un complimento, in fondo hanno trasformato una battaglia in guerra, e ci vuole pelo sullo stomaco per affrontare simili catastrofi.

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  5. Stasera mi sono rivisto Delirio di Beppe Grillo.
    Guardalo.

    La persona che appoggerai politicamente ha una chiara idea su come risolvere lo smaltimento dei rifiuti? Su come eseguire una loro raccolta differenziata e capillare? Sa cos’è il “compost”?
    Sa come impedire ad una persona l’uso quotidiano di una macchina, invece di organizzare 4 persone su un mezzo di trasporto (lavoro, prendere i bambini a scuola, fare la spesa)?
    Ha il coraggio di imporre severe regole per la costruzione o la ristrutturazione di edifici pubblici e privati per il risparmio energetico?
    Sa che esistono netbook (piccoli computer portatili) che possono eliminare lo “zainetto” degli scolari già oggi a 180 euro (prezzo al cliente finale senza sconti per quantità o incentivi)?
    Ha intenzione di proteggere le piccole industrie manifatturiere e agricole locali, e combattere ogni abuso edilizio?
    Adora la frase: “lavoriamo per meno, ma lavoriamo tutti”?

    Il rischio (serio) è che Mariangela Vaglio riesca a far eleggere quella gran brava persona, che forse è nella sua ingenuità integerrima, ma che sia costretta a lasciare al partito la spartizioni di tutte le poltroncine.
    Conosco gran brave persone che hanno detto “no” a posti sicuri da sindaco perché non era lasciata loro carta bianca.

    Non vorrei che un giorno, osservando i lavori di conversione di un incrocio in rotonda, capissi di essere stata vittima di un raggiro, divendando complice di un “piccolo” delitto a danno di tutta la comunità.

    Se è davvero una gran brava persona continua a credere nella tua battaglia. Ma non restare intrappolata in questa politica “vecchia” e (in fondo) mafiosetta.
    Meglio una Galatea che resta in linea col suo blog per informare sui soprusi e gli sciempi che vengono compiuti in nome del Popolo Italiano.

    E piantala di leggere il Giornale, sai bene che le identità si distruggono col veleno e la violenza. Ciò che vogliono è solo distrarti, il mitridatismo non esiste. Usa la tua energia per costruire, non per impedire ad altri di distruggere ciò non è mai esistito. (esempio: energie rinnovabili: no, le centrali nucleari non si faranno anche se lo dicono. Giustizia e magistratura, perché il ceto medio sta scomparendo, siamo in mano a criminali organizzati e Carlo Giuliani è morto.

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  6. Io le battaglie le ho perdute tutte.
    Ciò non mi ha tolto la voglia di lottare per quello che ritengo giusto.
    E’ proprio il fatto di aver seppellito le idee utopiche che ci ha fatti diventare un paese cattolico, democristiano prima, berlusconiano poi.
    Da morti, ci imbalsameranno e ci metteranno nel museo di storia naturale (se ne esisteranno ancora), reparto dinosauri.
    Ma finché un sognatore sarà vivo, il sogno non può morire.
    ciao, cometa

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