Il giorno dopo l’8 marzo

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La cena è la cena, e le ragazze sono le ragazze. Da anni, con scadenze irregolari, ma ferree, noi quattro: Giulia, Amanda, Luisella, e io. Da anni a casa di Amanda, ma con me, eventualmente, ai fornelli, perché Amanda ha una cucina ipergalattica però le fa senso persino toccarla, tanto che non credo l’abbia mai fatto, da sola, se non in caso di estrema necessità, e Luisella e Giulia nei confronti del preparare qualcosa di commestibile hanno una incapacità genetica: riescono a far appassire gli spaghetti come rose sfatte, dando loro una sola occhiata.

Da anni si ride, si scherza, ci si prende in giro e si spettegola. In sottofondo i dischi, sullo schermo un film che non guarda nessuna, appoggiati un po’ ovunque i bicchieri mezzi pieni e i sacchetti di patatine mezzi vuoti, sul divano, sulle poltrone e sui cuscinoni gettati a terra noi, in tutte le pose e in tutte le maniere, assieme compunte e svaccatissime, perché arriviamo dai rispettivi lavori ed impegni truccate e acchittate nel vestito buono e con la messa in piega fresca e dopo due minuti siamo lì a ciondolare il piede dal bracciolo e sghignazzare con la bocca semipiena, contente, come ragazzine, di essere trentenni che possono di nuovo comportarsi come adolescenti.

E Giovanni?” chiede Luisella ad Amanda.

Uh, ma sì, ci si sente, siamo restati amici…” ride, con aria svagata da donna di mondo.

E *****?” chiede Amanda a me.

No, io e lui non siamo rimasti amici..” rido, con aria svagata da donna di mondo.

E Carlo?”chiede Luisella a Giulia.

Uh, con lui sono sempre amica…” e ride di gusto, perché Giulia sa ridere solo così.

Di cosa parlano i maschi, quando riescono a dribblare noi donne e guadagnarsi una serata da soli? Di sport, di videogiochi, di donne. Di che cosa parliamo noi femmine, quando ci ritagliamo una serata fra noi? Di sport, perché Amanda e Luisella cambiano squadre a seconda dei calciatori più fighi; di computer, perché Giulia ha un nuovo pc, e poi ha pure scoperto che il tecnico che glielo deve installare è tanto caruccio (“E Carlo?” “Eccheccentra Carlo, mica perché sto assieme a lui non ho più gli occhi, no?”) e di uomini, che poi han dilagato anche nelle due categorie precedenti, quindi alla fin fine sono l’unico argomento vero della serata.

Gli uomini, si sbuffa, che vuoi dire degli uomini? Già, che vuoi dire? Che sono uomini, un altro pianeta: loro vengono da Marte e noi da Venere, e qualcuno, per giunta, deve anche aver incasinato le coordinate per lo sbarco o non aver ben capito dov’era il punto di ritrovo. Che sono carini, carucci, anzi carucci da morire. Che senza non si può vivere, ma anche con, mannaggia, è una bella sfida.

Stiamo lì, il calice in una mano, l’altra persa fra i capelli a tormentare un riccio ribelle, stravaccate, rilassate e pensose, a lagnarci di quelli che ci ritroviamo vicino, e a lamentarci di quelli che non abbiamo vicino più. Perché gli uomini, tutti gli uomini, sono così: graziosi, ma infantili; dei pupattoloni da proteggere o da sgridare; poco sensibili, goffi, per nulla astuti; limitati spesso in tutto, tranne che nella stronzaggine, quando ti vogliono far male, ma anche allora sempre con una incapacità di fondo, perché l’uomo può essere crudele solo in modo incosciente, dato che la perfidia consapevole è solo femminile.

Li amiamo, sì, certo che li amiamo; ma con un che di divertita condiscendenza, una forma di bonomia che cade dall’alto, come la regalia che il padrone fa ai sottoposti, a Natale: sono carini, gli uomini, ma nel migliore dei casi li descriviamo e li trattiamo come dei bambinoni ingenuamente furbi, furbescamente egoisti, che trovano una morosa ma sognano una mamma, o viceversa, e comunque sono contenti quando le hanno sotto mano tutte e due.

E noi donne, noi donne, invece, siamo proprio diverse, siamo proprio un’altra cosa: perché siamo ingenue ed entusiaste, ma anche maliziose, e sottili; perché loro sono così semplici e noi, noi invece così complicate; perché loro con un pizza e una birra e una finale di coppa li fai felici, e noi invece no, ci vuole almeno un film romantico con Johnny Depp, una cioccolata calda con panna e un coro greco di amiche pronte a sfazzolettare per ogni commossa tirata su di naso; perché noi abbiamo le nostre ansie, e le nostre paturnie, e siamo intrattabili, sì, ma perché è nostra natura femminile, e ci mancherebbe altro che la capissero loro, che sono maschi. Perché abbiamo senso estetico, e voglia d’avventura; perché non ci impantofoliamo, e quando lo facciamo è perché abbiamo voglia di famiglia, quindi per nobile scopo. Perché se siamo insopportabili è perché abbiamo magoni e dubbi e tristezze dovuti al nostro animo grande e tormenti che derivano dritti dritti dalla nostra superiore sensibilità.

Quante volte l’ho sentita, questa solfa, declinata in tutte le possibili sue sfumature, con sorridente ironia quando le storie van bene o almeno vanno, con sofferta amarezza e groppo di pianto, quando invece si spezzano, franano e adieu? Quante volte l’ho recitata anche io questa giaculatoria che è quasi un panegirico mascherato, perché l’assunto finale e la conclusione scontata è che noi siamo meglio, e loro no, ma ce li teniamo così perché altre soluzioni non si profilano? Quante volte l’ho sentita sciorinare a teatro, in tv, da sedicenti comiche, sedicenti esperte, sedicenti psicologhe, sedicenti scrittrici brillanti e cabarettiste, in monologhi più o meno ironici, in tirare colte, in disamine dall’aria molto scientificamente corretta? Noi donne siamo così, superiori e perciò inadeguate al mondo, alla vita, ansiogene e infelici, ma di quella infelicità propria dei grandi, dei Prometei incatenati: siamo tutte eroine e tutte Lellecoste, Sex and the City ma con l’animo pronto al sacrificio di una Maria Goretti, costrette ad affiancarci a questi nanetti di cui, per motivi inspiegabili, ci innamoriamo e per amore dei quali, per motivi ancor più inspiegabili, accettiamo di tarparci le nostre presunte ali. Noi soffriamo di più, capiamo di più, dei sentimenti siamo in grado di scrivere tutta la storia, mentre loro compitano a stento qualche raffazzonato abc. Li trattiamo come bamboli, e poi ci scocciamo se loro vedono in noi una madre. Siamo sempre, immancabilmente superiori, insomma. Magari, accettassimo una volta di considerarci solo uguali, chissà, non ci troverebbero così insopportabilmente rompiballe.

P.S. Sì, lo so, con tutto quello che fanno a noi donne in questo periodo vi aspettavate post serioso. Ma noi donne siamo anche così: talvolta, in mezzo all’orrore, lasciateci almeno un po’ anche divertire.

16 Comments

  1. Di cosa parlano i maschi, quando riescono a dribblare noi donne e guadagnarsi una serata da soli?

    Ma di sesso hard-core, Stella, al 99.99%!

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  2. @->Cometa: Bah, probabilmente pensano al sesso hard core. Oddio, visto il periodo, qualche volta ho l’impressione che in realtà pensino al mutuo ed alle pratiche inevase in ufficio.

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  3. @ galatea: quoto paolo. come vedi, funziona. e invece, voi donne pensate esattamente quello che volete farci credere di pensare? ma allora, chi è complicato e chi elementare?

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  4. Ecco… medita su questo:
    Anche per dire che siete rompiballe, e tendenzialmente superiori (confessa!), hai scritto un post rompiballe 🙂

    Classico da donna.

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  5. @->Capemaster: certo, sono una rompipalle incorreggibile. Per questo sono tremendamente sexy, no? 😀

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  6. La metterei così: in una serata come quella descritta nel post mi romperei le palle, nonostante quattro piacevoli ragazze, perchè si passano in rassegna tutti i topòi del caso.
    E’ altrettanto vero che una presenza maschile in un contesto del genere cambierebbe parecchie cose: certi argomenti non si toccherebbero.
    Questo è il motivo per il quale ci sono serate di sole donne,e serate di soli uomini: ci si rigenera,togliendo l’autolimitazione.
    Se poi qualcuno riesce a non autolimitarsi in presenza d’un/una o più rappresentante/i dell’altro sesso, allora è un pezzo avanti: non dà più peso alle differenze nè al ruolo da ricoprire, è semplicemente se stesso ed è,probabilmente, felice e libero dai luoghi comuni; che sono pure un tantinello noiosi,tra l’altro
    Ok,l’ho fatta troppo lunga: finisco qui.

    Ah,dimenticavo: se Giulia scopre alcune delle notevoli possibilità date dal nuovo pc, mi sa che non la tenete più.

    Inchino e baciamano.
    Ghino La Ganga

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  7. Io mi rispecchio solo per la pizza. Calcio e birra mi danno il vomito. Più il calcio che la birra in effetti. Per il resto io non parlo mai di figa. Ho l’abitudine di non lanciarmi in argomenti che non conosco.
    In compenso posso dissertare per ore sulla fenomenologia dei calli alle mani.

    T_T

    Saluti.

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  8. Gli uomini hanno creato l’otto marzo per consentire alle donne di riunirsi in gruppo per parlare di maschi. Da qui la nascita del maschilismo egocentrico.

    Sarebbe buona educazione che i due sessi imparino a convivere, almeno a dialogare. Altrimenti diventa giustificabile qualsiasi odio, quello fra destra e sinistra è il primo che mi viene in mente.

    Aggiungo che trovo i discorsi delle donne molto interessanti, forse perché le loro capacità sociali non risentono dei tabù che noi maschi siamo costretti a mantenere.

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  9. @Goodidea: Siamo in clima goliardico, d’accordo, però l’8 marzo per me è argomento su cui scherzare mi rivolta lo stomaco. Mi tornano in mente gli eventi bruttissimi che l’8 marzo coagula, l’incendio della fabbrica Triangle, la condizione delle donne allora, ma anche il fatto che oggi tornano/continuano ad essere il capro espiatorio, insieme ai bambini, della frustrazione, delle nevrosi consumate nel segreto del foyer domestico.

    Chiedo a Galatea ed alle altre donne qui: cos’è per voi questa festa? E’ diventata solo occasione di cenette rigorosamente vietate ai maschi, oppure quello che sento io ancora esiste?
    ciao, cometa

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  10. Io credo di non aver mai fatto una uscita o festa tematica per la festa dell’8 marzo. Colgo l’occasione di solito per ripassarmi date ed eventi che hanno segnato la lotta per l’emancipazione. E magari rompere le scatole anche ad altri, almeno un pochino, per un giorno.

    Ps. Non sarebbe male almeno una volta comunque fare una festicciola privata, che faccia anche questo, con garbo. Per una volta, si potrebbe. 🙂

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