Galatea scende al mare (e risale)

Il mare. Già, si fa presto a dire il mare. Su un’isola, poi, oltre all’isola, non c’è altro. È attorno, davanti, e dappertutto, il mare. Ogni cantone che giri, te lo ritrovi di fronte. Ma riuscirlo a toccare, pare strano, è tutta un’altra faccenda. Perché l’Isola, come s’è già detto altrove, è tutta una discesa. O una salita. Ma andando in su o in giù, c’è sempre da lasciarci i polmoni per strada: perché quando sali, il fiato lo dimentichi ai piedi del monte, ma quando vieni giù, buon Dio, rischi di ruzzolare per certi calanchi che il fiato lo tieni sempre sospeso, chiedendoti: “O Madonna, ma arriverò alla fine sana?”

Rossana la faccenda del mare l’ha risolta a modo suo: lo guarda dalla terrazza della sua villa, ogni sera, mentre si fa l’idromassaggio su una Jacuzzi che tiene comodamente tre persone, stravaccate come vogliono. Un paradiso di bolle che stantuffano in tutte le direzioni possibili, plof, plof, plof, plof, carezzando rotolini di ciccia e malleoli doloranti, mentre il sole s’inabissa fra gli scogli dell’isolotto dirimpettaio. Una vista che mozza il fiato anche quella, ma con una fatica incomparabilmente inferiore a quella richiesta per scendere dalla montagna.

Per i primi tre giorni, ci siamo limitate alla vascona plof plof plof. Ma il quarto, ohibò, Viviana, la nipotina di Rossana e la sottoscritta han chiesto, con sguardo pietoso da cerbiattino che chiede il latte a mamma: “Sì, ma domani andiamo al mare, vero?”. Rossana la Rossa, per antico istinto di donna di sinistra, non sa dire di no alle richieste che vengono dai soggetti più deboli, per quanto le sappia insensate. Così, la mattina dopo, ha organizzato la discesa al mare dell’intera tribù, formata da Galatea, Michele, lei stessa, la piccola ed Elena e Davide, i genitori di Viviana. Fra le varie spiagge dell’Isola, ha scelto Cala Storta; scelta obbligata perché a Cala Grande ci cadono le pietre, a Cala Piccola ci si può arrivare solo in barca e a Cala del Diavolo, be’ a Cala del Diavolo basta il nome a spiegare perché è meglio tenercisi alla larga, no?

Alle dieci di mattina, fatta colazione, siamo tutti pronti, o meglio tentiamo di dare questa impressione, mentre in realtà continuiamo a dimenticarci cose in giro e ficcarne altre alla rinfusa negli zaini. Rossana, che non perde mai il sangue freddo, dirige le operazioni: “Teli da mare? Nello zaino di Michele. I panini? Li prendiamo al supermercato a Borgo. Telefonini? Portiamoli tutti che non so quale ha campo..”

Quando esco dalla camera, con il mio prendisole di cotonina leggera leggera, vede oliva, la borsa verdognola, ciabattine verde oliva loro pure, ed in testa un bel cappello bianco a tesa larga, con bordino ovviamente verde oliva, Elena mi guarda molto ammirata: “Oh, ma guarda come sei bella!- aggiungendo subito dopo, con solido buon senso- Ma vorrai mica venire al mare così?”

Già, perché la romantica tenuta fin de siecle farà tanto Morte a Venezia ed è pertanto adattissima alle spiagge sabbiose del Lido, ma qui è decisamente inappropriata.

Devi prenderti le scarpine di gomma per camminare sugli scogli, o ti fai fuori i piedi..” spiega Elena.

Eh, una parola. Le ho cercate per tutta Venezia, le scarpine di gomma, ma vuoi perché a Venezia di scogli ce ne sono pochetti e quindi non è molto sentita la necessità di apposite scarpine, vuoi perché io ho un numero di piede pediatrico, un trentatrèemezzo-che-non-è-nemmeno-trentaquattro, niente, nisba, nix: solo ciabattine carucce e del colore in tono con il prendisole, ma del tutto inadatte alle salite dell’Isola e alle sue pietre di roccia lavica a strapiombo sul mare.

Ma Elena condivide con la sorella Rossana il carattere determinato e pratico; e così mentre l’una al supermercato di Borgo fa la spesa tenendo conto delle allergie e delle intolleranze di tutti (ed è come riuscire a risolvere il cubo di Kubrik, perché una può mangiare il mais, ma il grano e derivati no, l’altra il grano, ma non il mais e la margarina, l’altro ancora non tollera il latte, i latticini e i loro derivati, quindi l’esegesi delle etichette diventa più complicata che quella delle infinite variazioni della Thorà), l’altra mi adotta e mi trascina per i due negozietti di articoli marini, dove fra secchielli dei Puffi e palette delle Winxs, riesce a scovare non solo due scarpette in gomma per gli scogli piccine picciò, ma persino di un bianco che può accordarsi bene con cappello e l’olivetta del prendisole. “Ecco, adesso sembri una romantica turista inglese!”dice soddisfatta. E se non fosse che sono nera come un tizzone e nel migliore dei casi posso passare per magrebina, sarei tentata di crederle.

Non resta quindi che scendere in spiaggia. Sì, detto così pare facile. Non fosse che il Padreterno, l’Isola, l’ha creata senza ricordarsi di inventare prima gli ascensori. Per arrivare alla cala c’è una gradinata stretta e lunga scavata nella roccia, pittata di calce bianca, su cui bisogna passare in fila indiana in limine allo strapiombio. L’unica piazzola di sosta è nei pressi della villa di un famoso giornalista televisivo, dotata di cancello in ferro battuto che può far concorrenza a quello del ranch degli Ewing a Dallas e di piscina coperta di tettoia, forse per evitare che qualche sovversivo, appostatosi più in alto, possa prender la mira e sputacchiarci dentro. C’è pure un muro, tirato su di fresco e ricoperto di edera, ma finta. Mentre mi fermo per tirare il fiato, mi vien da pensare che uno capace di ricoprire di edera plastificata un pezzo di muro in un paradiso del genere, figurati se poi si schifa a ricoprire qualche notizia che gli aggrada poco. Comunque, sia i muri che le notizie li ricopre malissimo.

Quando finalmente arriviamo alla cala, capisco che i miei problemi non sono affatto risolti, ma appena cominciati. Gli scogli dell’Isola, infatti, sono colate di lava solidificate, il che significa che sono tutte un grumo: trovare il posto adatto a posare il piede è più incasinato che un Sudoku: c’è sempre una pendenza traditrice e un sasso sporgente che ti frega. Gli altri, habituè della cala, zompettano con l’agilità di caprette sui dirupi alpini (e, come quelle, mi fanno ciao); io mi sembro Fantozzi, pur se in tenuta più chic che la mutanda ascellare: ogni tre passi zompo, sì, ma per evitare il ruzzolone.

Arrivati ai lettini, Viviana è scatenata: “Andiamo a fare il bagno?”

Uh, l’acqua è di una tale trasparente bellezza che pare chiamarti per nome. Solo che bisogna riuscire ad entrarci. Viviana è una sirenetta: ci si tuffa con una grazia che pare rientri nel suo elemento naturale. Io scarto a priori il tuffo, e provo a scendere poco a poco, facendo i gradoni di culo; solo che l’onda traditrice ha gli informatori: lo sa quando è il momento di peggior sbilancio, e arriva subito, con il bel risultato che mi cappotto e plonfo, lasciando mezzo ginocchio sullo scoglio, temo. Dolorante, ma non doma, comincio a considerare la cosa come una faccenda personale fra me e il Tirreno: lui sarà tosto, come mare, ma io sono tosta, come femmina. Quindi cambio tattica, aggiro gli scogli da destra e, grazie all’aiuto di Elena che è già a mollo, finalmente riesco ad entrare in acqua. Che paradiso! Sembra di nuotare in un acquario: torme di pesciolini mi solleticano il piede, quasi quasi ti verrebbe da inseguirli.

Risalita, arriva il gestore del bagno, che porta due ombrelloni e li caccia nello scoglio, come non so. “Scusi – chiedo speranzosa – c’è una toilette?”

Mi guarda, basito: “Se vuole un posto per cambiarsi il costume, può andare nello sgabuzzino mio..”

No, dovrei far pipì..”

Ihhh, allora faccia un tuffo in mare…”

La pipì in mare? Oh mamma, lo so, è ridicolo, ma non sono capace a farla..ci provo pure, con nessunissimo risultato. Quindi, stoica, resisto. A metà pomeriggio, dopo che mi sono ben rosolata da tutti i versanti ed ho raggiunto un colorito che in Veneto mi chiederebbero il permesso di soggiorno, Rossana decide di tornare a casa. Eh, una parola. Perché ora la scala bisogna farla di nuovo tutta, in salita, e secondo me nel frattempo qualcuno ha persino aumentato la pendenza e il numero di gradini. Arrivati al pianerottolo del giornalista, medito di suonare il campanello e chiedergli asilo politico, e questa è la prova che ho le traveggole, perché, in condizioni normali, al massimo penserei di risolvere due problemi nello stesso momento e fargli la pipì davanti il portone di casa. Come Dio vuole, dopo una arrampicata che Messner ci fa un baffo (e sotto il sole a picco, cosa che potrebbe almeno giustificare, da parte nostra, l’avvistamento di un Yeti), raggiungiamo Borgo, dove troviamo un bagno – nel senso di toilette – e un’acqua e menta, che a questo punto mi sembra una invenzione assai più utile, nella storia della civiltà umana, della stessa ruota. Rinfrancati, cominciamo l’ascesa a Monte Ritto, perché la casa sempre sul cucuzzolo sta, e per quanto superaccessioriata, non è ancora in grado di spostarsi e venirci a prendere.

Ansimando, alla fine arriviamo. La vista è sempre da mozzare il fiato, avessimo ancora un filo d’aria dentro i polmoni: il mare e cielo, le isole e gli isolotti, fino al Circeo ammantato di una leggera bruma.

Rossana, sventolandosi, la guarda, poi si volta verso di me e fa: “Hai capito, adesso, perché preferisco la Jacuzzi sulla terrazza?”

Sì, mi sa di sì.

10 Comments

  1. Troppo tempo al computer, mia cara. Nuota, rosolati al sole, cammina, arrampicati, corri … e, soprattutto, dannata maniaca, per un po’ di giorni smettila di scrivere, per dio, che ci guadagni in salute! 🙂 🙂 🙂

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  2. Tranquilli, mi sono rosolata, ho persino nuotato (poco, lo ammetto, ma per innata pigrizia) e quanto ad arrampicarmi, be’, quello me tocca! 😉

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  3. No Galatea, continua a scrivere, che è bellissimo leggere in diretta i resoconti delle vacanze.
    E poi scrivere ti riesce meglio che arrampicarti 🙂

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  4. Conoscendo i soggetti citati e avendo già letto racconti sull’Isola posso ben immaginare le tue avventure 😉 spero mi perdonerai se ho riso come una pazza… 😀 Spero che il ginocchio stia bene!!
    Un caro abbraccio da una tribù che va al mare (Tirreno) su una dolce e piana spiaggia di sabbia.. l’acqua non regge il paragone ma almeno non rischiamo la vita per un bagno ^_^
    Lisa

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  5. Ma sono scritti per far ridere come pazzi!! 😀 E’ che io al mare sono un po’ fantozziana, però nell’Adriatico pianeggiante si vede meno.. 😉
    Baciotti a tutta la tribù dalla zia Galatea.

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  6. Mii sembra quasi di vederti!???? E forse aiutarti….
    La prossima volta ci dotiamo di deltaplano, almeno la discesa sara’ veloce, per la risalita mi inventerò qualche cosa.
    Un saluto veloce di rientro da L’isola che non c’è.
    annuska

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