L’umanità

Che poi alla fine, con quella faccia impastata di sangue e cerone, l’occhio mezzo spento, l’aria smarrita di chi proprio non se l’aspettava, il mezzo saltello per star sul predellino comunque, le guardie del corpo che lo pigliavano e lo sbattevano sul sedile con la testa mezza riversa indietro, come si fa con i vecchi quando cascano e bisogna portarli in fretta all’ospedale; con tutto questo, dicevo, a me ha fatto una pena infinita, una pena della miseria; m’è venuto in mente che c’ha settantatrè anni e fa il pataca dove gli capita, spara cazzate anche pesanti, rompe i coglioni, dice frasi a vanvera, ci fa far figure in giro; sì, è vero, è gretto, volgare, inopportuno, fa il fenomeno; ormai alle cose che racconta ci crede poco anche l’ultima donnina che ha rimorchiato, che alla fine ha fregato anche lei, niente soldi e niente condominio; di amici non ne ha tanti e deve cercarseli all’estero: gente che poi, te la raccomando, uno che ti regala un letto come deve essere messo;  a me viene in mente uno zio di mia mamma, che giocava d’azzardo e faceva tanto quello sveglio,  poi alla fine s’è ridotto senza soldi, andava avanti a prestiti, rompeva i coglioni a tutti, nessun parente lo voleva tra i piedi, lui sempre in giro a salutare i passanti in piazza, come stai come non stai; alla fine gli è venuto un coccolone, lì vicino a casa, abitava dai miei nonni che  più che altro lo sopportavano; mi ricordo che lo soccorremmo, io e un altro mio parente, e pensare che quello zio mi faceva soggezione quand’ero piccolo, perchè era alto e sembrava sempre sapere il fatto suo, e me lo son trovato tra le braccia mezzo morto, respirava male; gli abbiamo allentato la cravatta, che la portava sempre, respirava come poteva, diceva solo diobono muoio, i miei parenti tutti intorno, arriva, st’ambulanza? e lui che voleva provare a sorridere simulando di riprendersi, un’ l’è nulla, ansimava, poi sbiancava; mi ricordo le mani gelate, la bava che gli usciva di bocca piano piano, il corpo abbandonato, gli infermieri che lo mettevano sulla lettiga come un pacco, ovvìa, su, che alla fine sull’ambulanza son salito io e basta, non c’era posto, gli altri dietro sulle macchine; con la mano gelata, che gliela tenevo, l’infermiere che non sapeva bene cazzo fare, gli metto la maschera dell’ossigeno o no, e lui che gli diceva senza voce ma un’ si disturbi; e a me,p ianissimo: tu-te s’è salito,ma agli altri un’ gli garbo.

State bene.

Ghino La Ganga

12 Comments

  1. “ormai alle cose che racconta ci crede poco anche l’ultima donnina che ha rimorchiato”… temo invece che siano in molti a continuare a credere alle cose che racconta…

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  2. Anzitutto,grazie,inchino e baciamano alla pdrona di casa Galatea per l’ospitalità, e complimenti per la scelta di Bacon.

    Indi:

    per Buboreale:
    mah. Comincio ad avere dei dubbi.

    per Francesco Cuccuini:
    sì.

    per Lesandro:
    possibile.

    per Ugolino:
    Probabile.

    per Lameduck:
    che osservazione sgradevole.

    per guido dalla germania:
    Abito in zona: passato davanti stamattina, è aperta.

    per Chacorro Quente:
    grazie, troppo buono.

    per Ary:
    grazie,troppo buona.

    Grazie per la lettura a tutti;
    state bene.
    Ghino La Ganga

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  3. Mi hai fatto venire malinconia per lo zio, e nostalgia per una parlata che amo.
    Piacere, Ghino La Ganga (stavo per scrivere di Tacco). Quindi pardòn, anche se pare sia un antenato della Bindi.

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  4. per Enne:
    piacere mio.
    No,solo La Ganga: quello di Tacco era una altro.
    Rosy Bindi è di Sinalunga,mi risulta: dunque la parentela con il Ghino Di Tacco vero ( non il Craxi sull’Avanti) è verosimile.
    Aver qualche marrano tra’ parenti un’l’è nulla; il peggio è pe’ soldi che gli si diede, c’un si ripigliano (commento di mio nonno, a proposito di altro zio disinvolto).
    Stai bene.
    Ghino La Ganga

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