E’ del PD

Nino suda. Non è solo il caldo. È la tensione.

La sala è piena. Non strapiena, ma più piena di quanto ci si sarebbe potuto aspettare in una campagna elettorale poco emozionante, e per di più per un incontro che s’è fatto di tutto per rendere indigesto, programmandolo alle cinque del venerdì pomeriggio, con la calura che già picchia e tutti o quasi in partenza per il mare, e affibbiandogli per soprammercato un titolo respingente come: “Spinola, nuove prospettive urbanistiche e progetti condivisi per il futuro a partire dal presente”.

Ogni volta che mi cade l’occhio sul volantino, di un rosetto palliduncolo incerto da partecipazione di nozze mal riuscita, mi mordo la lingua per non sbottare.

“Ma chi cazzo volete che venga ad una roba chiamata così?” ho urlato esasperata all’ultima riunione con i vertici del PD locale, tutti attorno ad un tavolo, in conclave, per decidere le strategie della campagna a sostegno di Nino.

Hanno fatto finta di non sentirmi. Per essere precisi, ho il sospetto che non mi abbiano sentito proprio. Han questo di bello, le riunioni piddine: che paiono affogate nell’ovatta. Una può parlare, discutere, dimenarsi, incazzarsi e infine alzare platealmente la voce, ma le orecchie dei presenti, cioè il gruppo dirigente del Partito, sembrano avere di serie un filtro automatico: qualsiasi suggerimento, idea o critica non provenga da chi fa già parte della cerchia di comando non arriva, non viene proprio nemmeno recepita: cade sul pavimento senza nemmeno una cortese donna delle pulizie che la raccolga per buttarla nel bidone della raccolta differenziata.

“Ma perché cazzo mi dici di venire, se tanto non mi ascoltano?” ho chiesto a Nino imbufalita, non appena siamo usciti sul ballatoio, fuori dalla sede, mentre per la prima volta in vita mia sentivo il bisogno di cominciare a fumare, tanto per avere una scusa e sbuffare platealmente in faccia a qualcuno.

“Devi capire…loro sono fatti così…bisogna aver pazienza…”

Bisogna aver pazienza! Porca Zoccola, dovrebbe essere quello lo slogan della loro campagna, ce l’hanno sempre in bocca. Se i volantini riescono male, gli incontri sono organizzati da cani e all’ultimo momento, i relatori di (semi)prestigio danno forfait perché di venire in quel buco di mondo che è Spinola non gli passa manco per la capa, e i concorrenti invece macinano come macchine da guerra passando ad uno ad uno i possibili elettori incerti, la risposta rassegnata è sempre quella: bisogna aver pazienza. Son convinti di dover affrontare una gara di ascetismo, non delle elezioni.

Sono buoni, i Piddini di Spinola. Presi singolarmente, dei bijoux. Fan tenerezza, a vederli attorno al loro tavolo sbilenco che non riparano per non spendere soldi inutili, mentre prendono appunti su fogli rigorosamente riciclati per non far torto alla Natura e bevono acqua non gasata e non fredda come massima trasgressione. Tutti, quelli del gruppo dirigente,  padri di famiglia cinquantenni e più, con l’aggiunta di qualcuno già nonno; impiegati a posto fisso in oscuri ufficietti statali o in ancora più oscure aziendine dell’intorno, in virtù di un diploma da perito o di una terza media strappati qualche millennio fa. Che escano dalla parrocchia o dalla ex sede PCI, sono fatti con lo stampo: grigetti, morigerati, così educati che quando a me scappa un “cazzo!”, anche solo di stupore, arrossiscono imbarazzati per riflesso condizionato: non perché una signorina certe cose non le dice, ma perché cose simili non le dicono manco loro.

Il solo pensiero di dover affrontare le elezioni procura loro ansia; pensare di poterle vincere, poi, non ne parliamo: perderle con onore è il massimo risultato a cui puntano,e per conseguirlo impostano ogni cosa secondo i più rigorosi canoni testati nelle fallite campagne elettorali precedenti: qualche incontro nei quartieri cercando di scegliere il tema più noioso che venga in mente, contatti con i media guardinghi e sempre con l’aria di chi cerca impacciato di nascondere qualcosa o non si fida, gente tenuta a rispettosa distanza, perché a chi difende la massa il popolo però fa un po’ schifo; giovani, ecco, per carità, giovani sì, perché le fotine dei trentenni stanno bene sul volantino della lista, ma basta che poi stiano zitti e si limitino ad assentire alle riunioni, se proprio alle riunioni devono venire, ma sarebbe meglio anche di no. Del resto la gran botta di innovazione l’han già fatta mettendo in lizza Nino, che di anni ne ha quarantacinque, quindi è praticamente un bimbo. Si sono fidati di lui perché lo han visto nascere, e il padre è ancora il padre, nonostante sia morto da anni, ormai: è l’unico particolare che ha impedito di ricandidarlo anche stavolta, ché per loro quello sarebbe stato il massimo, ohè.

Così Nino, che ci tiene a fare il sindaco quanto un gatto randagio brama una doccia, sì è ritrovato candidato. Ed ora è là, dietro al sipario del teatro comunale, che guarda la platea di nascosto, la bocca arida, la fronte sudata, il terrore che gli cola lungo la camicia come un brivido nonostante i trenta gradi di temperatura.

Si è preparato un discorso, lo abbiamo scritto assieme con la massima attenzione e cautela, perché l’importante per il partito era non dire nulla di troppo sconvolgente e rivoluzionario, sennò la gente si spaventa; e poi lo abbiamo ripetuto innumerevoli volte, correggendo qua, smussando là, perché sembri spontaneo, dato che la naturalezza è sempre la più costruita delle pose. Ma adesso gli pare di non ricordarsene una sola battuta, tiene stretti in mano i due foglietti tanto forte che li ha ridotti a cenci brancicati.

Mi avvicino, lo abbraccio, gli sussurro all’orecchio: “Non preoccuparti, vai a braccio, sarai bravissimo!”

“Già, ma ho paura di sbagliare… e se poi non sono efficace? E se invece dico qualche stupidaggine e li spavento? Che cosa dico?”

Sospiro. Mi verrebbe da sorridere e rispondere: “Di’ qualcosa di sinistra…”

Ma è del Pd.

È un racconto di fantasia, non si fa riferimento a elezioni, candidati, paesi o Pd realmente esistenti. In effetti, spesso è già un sintomo di fervida immaginazione persino sostenere che esista davvero, un Pd.

5 Comments

  1. “il gruppo dirigente del Partito, sembrano avere di serie un filtro automatico: qualsiasi suggerimento, idea o critica non provenga da chi fa già parte della cerchia di comando non arriva, non viene proprio nemmeno recepita: cade sul pavimento senza nemmeno una cortese donna delle pulizie che la raccolga per buttarla nel bidone della raccolta differenziata.”
    Non ti crucciare, mia cara Gala. La situazione è identica a quella di ogni altra dirigenza di partito. Te lo dice uno che le ha girate tutte, o quasi. 😉

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  2. Veramente bello. E per queste cose che, pur avendoci creduto, mi sto allontanando dall’idea di partecipare attivamente al PD e vasoconvincendomi che per me non c’è altra possibilità che fare la “voce critica”.
    Però Nino merita paluso per il suo coraggio, che io non avrei mai, anche perché rischierei di dire cose troppo di sinistra e di spaventare la gente. La cosa divertente è che io in ogni caso non sono mai stato un militante di sinistra… Ma a essere più di sinisra di loro ormai ci vuol davvero poco.

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