E’ che alle volte, noi, il nostro cuore lo trattiamo male. Dovrebbe essere come una trousse di gioielli, piccola e ordinata, in cui si tengono al riparo da sguardi e mani indiscrete gli oggetti più preziosi, e invece ci buttiamo dentro di tutto, anche la paccottiglia, gli anellini brutti trovati per caso nei pacchetti delle patatine, i monili in plastica rovinati dal salso di estati che non sono più, i sorrisi vuoti raccattati per sbaglio da persone che non ti guardano negli occhi e non vogliono sapere chi sei. Lo usiamo non come uno scrigno ma come una soffitta, che diventa pian piano ingorgata di oggetti e di polvere, di ciarpame coperto da cumuli di ragnatele, che per pigrizia lasciamo crescere convinti che ciò trasformi le carabattole vecchie in antiche, le ciofeche in oggetti pieni di fascino.
Bisognerebbe avere il coraggio di ripulirlo a scadenze regolari, il cuore. Prendere atto che certe cose non servono, non sono mai servite, van gettate via, sono state fregature fin dall’inizio, e non è che tenendole là son destinate ad acquistare un qualche valore, perché c’è sempre una differenza ben marcata fra la bottega di un antiquario e quella di un rigattiere, ed è quel sottile discrimine che non bisogna passare mai.
Sennò quando arriva qualcosa di nuovo e di bello, se arriva, c’è il rischio che non si sappia dove metterlo, venga soffocato dal groviglio di oggetti e di ricordi inutili che ha occupato tutto, si perda nel caos, si sporchi fra la polvere accumulata, si intristisca e perda valore.
E allora ogni tanto bisogna prendere coraggio e ramazza e via, fare spazio, buttare. Le cose che non servono più, che abbiamo lasciato intrufolare e non dovevamo, lasciarle fuori dalla porta, nel mondo, a disposizione di qualcun altro che se le voglia prendere, o consegnarle alla discarica per rimanere là a sciogliersi nel tempo, come doveva essere fin dall’inizio perché la loro sorte era quella, e non ci si poteva far nulla.
E una volta rassettato lo spazio dentro di noi, più vuoto ma finalmente in ordine, guardarlo soddisfatti, respirando quell’aria linda di libertà che hanno sempre i nuovi inizi e le stanze pulite.
Un bellissimo post Galatea. Con modalità d’uso multiple. Grazie.
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ma che coraggio ci vuole, e che male fa a volte buttare certe cose che ci paiono indispensabili solo perché ci sono da troppo tempo…. poi, non avendole più, ci stupiamo come sia stato facile separarsene, ma prima di trovare il coraggio,,,
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hai ragione, io proprio quest’anno dopo aver preso una mazzata da una cosiddetta amica che si e’ rilevata una persona piena di risentimento ed invidia in modo inaspettato, soprattutto perche’ praticamente non ci vedevamo da anni ma ci tenevamo in contatto telefonico e di email, per poi quando sono ritornata a “casa” ho visto che tutto era tranne quello che mi ricordavo…
allora, si’ meglio fare un po’ di piazza pulita e fare spazio al nuovo se ci sara’, altrimenti meglio il vuoto, l’aria fresca e’ sempre meglio di una stanza piena di puzzo stantio…..
Lo hai scritto con parole che mi hanno proprio toccato, sempre un piacere leggere il tuo blog.
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Bellissimo! Complimenti come sempre!
Sì ci vuole coraggio per fare “pulizia”, forse perché la stanza del cuore è già angusta pur sembrando infinita.
Un saluto da Vongole & Merluzzi!
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Bello, veramente. Mi ci ritrovo e forse anche per questo lo apprezzo così tanto.
Bisognerebbe far pulizia, di tanto in tanto, ma a volte rimangono i segni, come quello che rimane su una parete bianca un quadro che vi è rimasto appeso per troppo tempo…
Ci vorrebbe forse una mano di pittura… ma non è che siamo quel che siamo anche grazie (o a causa) dei segni lasciati indietro da tutte ‘ste carabattole?
Buone pulizie di fine estate…
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Fare il vuoto dentro di noi e intorno a noi: very Zen.
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la metafora è ben scritta e densa d’immagini vivide, potrebbe essere anche la traccia di un video ad hoc
ma le cose non stanno così, perchè la memoria non è un ripostiglio, un immoto baule dove dormono dei ricordi
la nostra mente quelli che ritiene ricordi «vecchi» li rielabora ogni volta sul piano del presente, con dettagli sbagliati, con colori cambiati, il passato è sul piano del presente, una specie di trompe l’oeil
quante volte un luogo della giovinezza se lo rivedi dal vero e ti accorgi che nel tuo ricordo lo avevi modificato?
difatti uno dei problemi più interessanti delle attuali neuroscienze è la conservazione dei ricordi, giacchè continuamente si rinnovano i tessuti cellulari e i ricordi, magari di trent’anni prima, come fanno a permanere?
accade che i ricordi li ricreiamo continuamente dentro di noi, sono «oggetti del presente», il passato non è un ripostiglio immobile
a parte questa mia noiosa digressione, però il testo di galatea è ben scritto, come sempre
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E’ il coraggio che manca, le mie soffitte reali e virtuali sono piene di cose ingomranti e “forse” inutili ma continuo a non trovare la forza per sbarazzarmene e avolte speri arrrivi una tempesta o un terremoto a portarle/portarti via.
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È un post MERAVIGLIOSO!
GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE E ANCORA GRAZIE per averlo scritto. Ogni tanto mi convinco di sapere che cosa fare con il mio cuore e i miei sentimenti, ma poi mi accorgo che non è così, che c’è sempre qualcosa da imparare.
Grazie ancora =)
Valentina
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Anche io sono d’accordo con Diego: il tuo post è ben scritto; a me soprattutto piace l’immagine di un cuore come uno scrigno.
E così mi sembra di trovare questo punto di contatto con entrambi: il cuore appunto non è una soffitta (anche se noi lo trattiamo così), non è un ripostiglio immobile. Spesso è un guazzabuglio. Che poi, quell’anellino trovato per strada, chissà se fatto vedere a un gioielliere, non si riveli per essere più prezioso di quel che pensassi…
Le stanze ordinate a me piacciono molto (e, arrivata a una certa soglia, DEVO rimettere in ordine la mia!). Ma non è meno vera (e viva) una stanza disordinata.
Comunque finisce sempre che, per convincermi a mettere davvero in ordine tutto (e magari trovare anche spazio per un fiore, o un nuovo acquisto) più di tanti buoni propositi, basta che ci sia qualcuno che mi dica che verrà a trovarmi…
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