Svuotare tutto. Non lo fai mai, perché la casa è il tuo guscio e posto, per quanto poco, ce n’è sempre abbastanza. Abbastanza per mettere lì e dimenticare quelle cose che non ti servono, e non ti serviranno più, ma in un angolo del cervello non vuoi lasciare andare, perché buttarle significherebbe ammettere che un periodo si è chiuso davvero, e tu non sei pronta, non vuoi. Così le lasci lì nel limbo del fondo dei cassetti, cosicché il tempo faccia lo sporco lavoro di fartele dimenticare per sempre, senza però costringerti ad uno strappo netto finché di loro ti ricordi ancora.
E loro restano là, per anni, abbandonate negli angoli oscuri degli scaffali, sepolte in quaderni ordinati che hai scritto e conservato per esami di cui manco ti ricordi il voto e la precisa dicitura: sono oggetti, appunti, nomi, fotografie slabbrate e confuse piene di volti cui non sai associare nemmeno più un nome, numeri di telefono fissi segnati a penna quando ancora non esistevano i cellulari, indirizzi di posti in cui non sai nemmeno se sei poi mai andata, post it indecifrabili ma che all’epoca dovevano esserti sembrati importantissimi e vitali.
E da quel caos che ineluttabile getti nel sacco nero della spazzatura, di tanto in tanto, ti colpisce un nome, che emerge dalle ombre del passato: di un’amica che non senti da decenni e che non hai nemmeno capito perché non hai sentito più: l’unica spiegazione è che vi siete perse senza un motivo vero, perché ad un certo punto ci si è dimenticato di sentirsi per una settimana, e poi la settimana è diventata un mese, e poi il mese un anno, e poi il tempo si è accumulato così tanto che non c’era più nulla da dirsi, e la vostra amicizia era come una corda che si è sfilacciata ormai troppo per tentare di riannodarla. Oppure il nome di qualche ragazzo, e poi di qualche uomo, che tu guardi perplessa, vedendolo scritto così, nero su bianco, con la tua scrittura, perché ricordi improvvisamente quanto eri convinta di amarlo, e quanti sospiri hai fatto mormorando quelle sillabe che ora, lì, sul foglietto stropicciato, sembrano lettere buttate a caso, senza più emozioni e senza alcuna poesia.
Svuotare tutto, e prendere atto che il tempo passa, anzi è passato, quelle rimaste lì per tanto tempo non sono più ricordi ma solo cose, e arriva il momento di fare posto perché ci possa essere spazio per il futuro, o anche solo per l’aria che devi respirare adesso e non può essere ammorbata da tutta la polvere che hai accumulato prima.
Svuotare tutto. Il sacco è lì. Via.
È tutto un grande addio,
un giorno Gondrand passerà,
te lo dico io,
col camion giallo porterà
via tutto quanto e poi più niente resterà
del nostro mondo
(Paolo Conte, Fuga all’inglese)
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Sono quasi un’accumulatrice compulsiva. Ogni volta prendo in mano un vecchio maglione sgualcito maaaaa può ancora restar nel cassetto. Poi trovo un quaderno delle elementari e penso possa essere sempre un bellissimo ricordo. Un paio di orecchini mai messi eee magari mi capiterà di regalarli ad una amica….
Niente finisce nel sacco nero! 😖
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